LA PIANTA ARCHITETTONICA
Come giungere ad una scelta planimetrica efficace?
In tutte le epoche, sono state fornite metodologie diverse, per aiutare (ma più spesso vincolare), la composizione della pianta (e del prospetto), secondo principi che contribuissero a mettere in sintonia l’artificialità della costruzione umana, con le presunte regole edificatorie assolute dell’ordine naturale. Ora sono state proposte leggi basate su canoni proporzionali geometrici e matematici (si pensi alle regole fornite, nel primo secolo a.C., dal grande trattatista latino Vitruvio per l’architettura classica), ora sono state introdotte leggi di derivazione bio-antropocentrica (si pensi al Modulor proposto, negli anni trenta, dal grande architetto franco-elvetico Le Corbusier). Spesso, queste regole vengono estese e generalizzate, anche al tracciamento dei prospetti e delle volumetrie dei corpi. Si tratta di scelte legate, ogni volta, a nuove concezioni estetiche dell’architettura, che restano però circoscritte a precisi periodi storici, fornendo regole apparentemente assolute, ma che, poi, vengono, nel tempo, regolarmente, trasgredite e superate, ogni volta che appare un nuovo edificio veramente significativo. Lo schema di lettura tipologico della realtà architettonica, in precedenza proposto, può aiutarci a fare chiarezza in tal senso.
1. Disegnare i singoli ambienti in scala e ritagliarli secondo il profilo esterno della loro forma (come se si trattasse di tante figurine).
2. Accostare e sovrapporre i singoli ambienti (le figurine) secondo criteri di logica prossimità e formare degli aggregati di ambienti (ridisegnarli in scala e ritagliare le nuove figure ottenute secondo il loro profilo esterno).
3. Definire l’orientamento e la posizione reciproca dei singoli aggregati di ambienti servendosi dello schema distributivo (posizionare le figure sullo schema dei percorsi).
4. Migliorare la compattezza della pianta, omogeneizzando la griglia ideale degli ambienti con la griglia ideale dei percorsi, e dimensionando al minimo indispensabile gli spazi asserventi (disegnare la pianta).
Ripetendo l’operazione per ogni attività, possiamo individuare tutti gli ambienti architettonici di cui abbiamo necessità.
Ognuno di essi potrà, allora, essere inteso come un mini-habitat, che dovrà dialogare al meglio con gli altri mini-habitat attigui, alla stregua di una serie coordinata di mattoni da assemblare e rifondere, compositivamente, in un tutt’uno omogeneo, di scala maggiore.
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