Antonio Sant'Elia (Como, 30 aprile 1888 – Monfalcone, 10 ottobre 1916) è stato un architetto e pittore italiano, esponente del futurismo. «Noi dobbiamo inventare e fabbricare ex novo la città moderna simile ad un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa moderna simile ad una macchina gigantesca» (Antonio Sant'Elia, giugno 1914) Antonio Sant'Elia nasce il 30 aprile 1888 a Como da Luigi Sant'Elia e Cristina Panzilla. Scopre sin da bambino una predisposizione naturale all'architettura e al disegno, oltre che doti sportive, specie nel salto e nella corsa. Nel 1903 completa gli studi tecnici, quindi si iscrive e frequenta la scuola di Arti e Mestieri “G. Castellini” nel corso di costruzioni civili idrauliche e stradali. Nel 1906 si diploma capomastro con una valutazione di 160/200 (il miglior voto lo ottiene in disegno, 47/50) e trova subito impiego tra gli addetti al completamento del Canale Villoresi a Milano. L'anno successivo ottiene l'incarico di collaboratore esterno presso l'Ufficio Tecnico Comunale di Milano, in qualità di disegnatore edile. Nel 1909, dopo aver inviato per un giudizio redazionale lo studio di una villa alla rivista “La Casa” ed avendone ottenuto la pubblicazione, decide di iscriversi all'Accademia di Brera nel corso comune di Architettura per la durata di tre anni. Frequenta il primo anno con delle buone votazioni e nel 1910 rinnova l'iscrizione, ma non risulta che abbia effettuato l'esame di qualificazione. A Brera, oltre a subire l'influenza dell'insegnante di prospettiva Angelo Cattaneo, Sant'Elia diviene amico dello scultore Girolamo Fontana e di Carlo Carrà. Frequentando ambienti culturali come il Caffè Cova e il Caffè Campari, incontra Umberto Boccioni. Dopo la rinuncia allo studio di Brera, inizia per Sant'Elia un fruttuoso periodo di concorsi; nel 1911 partecipa al concorso indetto dall'Unione Cooperativa di Milanino per la progettazione di un villino che rispondesse ai concetti dell'igiene e del comfort, come recitava il bando. Ne ricava un diploma d'onore. L'anno seguente riutilizza lo stesso progetto, con qualche modifica strutturale e in versione più rustica, per costruire la “Villa Elisi” a San Maurizio, Brunate (Como), per conto di Romeo Longatti; per le decorazioni fu coadiuvato da Girolamo Fontana. Sempre nel 1911, insieme ad Italo Paternoster (suo compagno di studi a Brera), partecipa al concorso internazionale per il nuovo cimitero di Monza, entrando nella graduatoria finale. La commissione selezionatrice esprime, però, un severo giudizio nei confronti del progetto del comasco, in quanto lo ritiene improntato da una speciale e simpatica originalità, ma privo di corrispondenza tra gli alzati, la sezione e le piante. Nel 1912 Sant'Elia sostiene all'Accademia di Belle Arti di Bologna l'esame per il diploma di “Professore di disegno architettonico”, svolgendo il tema “Facciata di un famedio per il cimitero di una città di media grandezza”. Ottiene l'ottimo risultato di 67/70. Ancora più brillante è la votazione di 70/70 ottenuto per l'esecuzione del tema sulla progettazione ex-tempore di una “Facciata con portale di un transetto di una grande chiesa metropolitana di una città capitale”. Tornato a Milano nel 1913, decide di aprire uno studio di Architettura, continuando a collaborare però con gli altri studi, tra i quali quello di Cantoni. Per lo stesso Cantoni disegna gran parte delle tavole progettuali relative al concorso per la nuova sede della Cassa di Risparmio di Verona. Il progetto, approntato anche dal pittore Leonardo Dudreville, si classifica tra i primi cinque degni di considerazione. Invitati dalla commissione giudicatrice ad effettuare modifiche che riuscissero ad inserire meglio l'edificio in uno spazio ricco di richiami storici, il Cantoni e Sant'Elia ripropongono l'elaborato con minime variazioni, aggiudicandosi il terzo posto. Sempre nel 1913 esegue uno studio e realizza una tomba per Gerardo Caprotti, morto il 7 ottobre 1913, situata ora nel Cimitero Urbano di Monza. Nel 1914 muore il padre, Luigi Sant'Elia, e Antonio realizza così una nuova tomba nel Cimitero Maggiore di Como. Nel mese di marzo, accettando l'invito dell'Associazione degli Architetti Lombardi, espone in una sala della Permanente di Milano alcuni schizzi, ottenendo diverse segnalazioni di riviste specializzate. Negli ultimi giorni della mostra, Sant'Elia presenta le tavole della Città Nuova, intitolate "Stazione di aeroplani e treni”, "Sei particolari di spazi urbani”, "La casa nuova" e "La centrale elettrica in tre disegni e cinque schizzi d'architettura". L'11 luglio esce su un volantino della direzione del Movimento Futurista uno scritto con il titolo “Manifesto dell'Architettura Futurista”. Nel maggio del 1915 l'Italia decide il proprio intervento nel conflitto mondiale. Sant'Elia, condividendo le idee degli altri esponenti futuristi, assieme a Marinetti e Boccioni, sceglie di arruolarsi come volontario. Inizialmente fa parte di un battaglione volontari ciclisti e poi, nell'inverno del 1916, della Brigata "Arezzo" sul fronte vicentino. Qui, in luglio, ottenne una prima medaglia d'argento dopo un attacco condotto nella zona del Monte Zebio. Alcune settimane dopo viene trasferito sul fronte carsico. Incaricato della costruzione di un cimitero per i caduti italiani della Brigata Arezzo nei pressi della Quota 85 a Monfalcone, con tombe disposte in fila e allineate secondo la gerarchia militare, il 10 ottobre 1916 Sant'Elia guida un assalto ad una trincea nemica proprio nei pressi di questa quota. Durante l'azione viene colpito mortalmente alla testa da una pallottola di mitragliatrice. Dopo essere stato inizialmente sepolto sul Carso isontino, il 23 ottobre 1921 i resti dell'architetto sono definitivamente sistemati nel Cimitero Maggiore di Como. L'eredità di Sant'Elia è ragguardevole. Sebbene la maggior parte dei suoi progetti non siano mai stati realizzati, la sua visione futurista ha influenzato numerosi architetti e disegnatori: a lui è stata attribuita l'antesignana idea dell'esposizione degli ascensori sulle facciate degli edifici (anziché tenerli relegati "come vermi solitari" nelle trombe delle scale) ed i suoi disegni della Città nuova hanno ispirato il regista Fritz Lang per le architetture inserite nel suo capolavoro cinematografico Metropolis. La mancata realizzazione delle progettazioni santeliane non dipende tanto dall'inesistenza di piante o sezioni degli edifici, ricostruibili dai disegni esistenti, quanto dalla non accettazione di proposte così innovative. Le progettazioni di Sant'Elia sviluppano tematiche e intuizioni futuriste quali quelle dell'antidecorativismo, della caducità e transitorietà dell'architettura, del mondo come città collegata dalle comunicazioni aeree, della casa mobile, dei veicoli aerodinamici, del dominio su cielo, terra e mare. Nella sua produzione è racchiuso uno dei potenziali percorsi evolutivi che avrebbe forse compiuto l'architettura italiana, se non avesse negli anni venti-trenta troncato i legami con gli inizi storici e gli aspetti filosofici del futurismo e con la base nel mondo della tecnologia. A Sant'Elia va il merito di aver intuito la stretta dipendenza tra problema architettonico e problema urbanistico su cui, pur con linguaggi figurativi diversi, si è impostata la progettazione e la riflessione di tutti i movimenti architettonici moderni. L'interessamento del gruppo olandese De Stijl e di Le Corbusier all'architettura futurista è provato da scambi epistolari e da articoli su riviste europee.
sabato 18 gennaio 2025
Corso di storia dell'architettura: Rietveld 1888
Gerrit Thomas Rietveld (Utrecht, 24 giugno 1888 – Utrecht, 25 giugno 1964) è stato un architetto e artigiano olandese. Fu uno tra i principali esponenti del neoplasticismo nel campo dell'architettura e del design. Gerrit Rietveld nacque il 24 giugno 1888 a Utrecht, nei Paesi Bassi, figlio di un falegname di umili origini. Fu proprio presso la falegnameria del padre che Rietveld intrattenne la sua prima esperienza lavorativa, la quale si rivelò particolarmente formativa in quanto gli consenti dì venire agevolmente a contatto con il mondo dei materiali da costruzione. Terminato il tirocinio presso il laboratorio di mobili paterno Rietveld proseguì la sua formazione seguendo i corsi serali di disegno architettonico al Museo delle Arti applicate di Utrecht, sotto la guida dell'architetto Piet Klaarhamer. Nel frattempo lavorava presso un orafo locale, per poi dedicarsi a tempo pieno alla progettazione e fabbricazione di mobili, aprendo una propria bottega nel 1918. La famosa Rood Blauwe, la sedia rossa e blu, fu realizzata in questo periodo, tra il 1917 e il 1918 ed era vicina alla poetica del De Stijl, movimento al quale Rietveld aderì nel 1919, nello stesso anno in cui decise di consacrarsi definitivamente alla carriera architettonica. Ammiratore di Frank Lloyd Wright, Rietveld diede i primi frutti realizzando i modellini dei progetti di van Doesburg e di van Eesteren e collaborando con Huszár alla realizzazione di un padiglione espositivo a Berlino (1923); nel 1924 realizzò un autentico capolavoro, la casa Rietveld Schröder, nella quale si trovano cristallizzati i principi più pregnanti del Movimento Moderno. Al 1922 sposò Vrouwgien Hadders, che gli diede sei figli; Wim seguì le orme paterne divenendo un acclamato designer industriale.Durante gli anni trenta Rietveld si distaccò dal gruppo De Stijl e si avvicinò a stilemi più razionalisti. Nel 1928 partecipò alla fondazione del CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne), dove discusse di edilizia popolare e spazi minimi), e, a partire dagli anni trenta, intensificò le proprie energie creative, coltivando un'intensa attività progettuale (pregevoli la Sedia Zig-Zag, 1932-1934, le case a schiera per l'esposizione del Werkbund a Vienna, 1930-32, e il fabbricato del Van Gogh Museum ad Amsterdam, completato dopo la sua morte) e dedicandosi alla docenza, prima presso l'Accademia di Belle Arti de L'Aja poi all'Accademia di Architettura di Amsterdam. Rietveld morì a Utrecht il 25 giugno 1964.L'oeuvre di Rietveld rappresenta una delle massime espressioni della poetica del De Stijl. A contatto con le esperienze di Mondrian e van Doesburg, cantori di una coscienza estetica che rifiutava quanto non si risolvesse in un rigido ricorso alle linee rette, ortogonali, e ai soli colori primari (rosso, giallo e blu) e ai non colori (nero, grigio e bianco), Rietveld divenne uno degli interpreti più sensibili del verbo neoplastico nell'architettura e nell'arredamento, attività nelle quali diede prove eccellenti: «In Gerrit Thomas Rietveld [...] sembrano emergere due personalità, così ben definite da far sembrare la sua opera come non appartenente ad un unico artista. La prima, quella dell’ebanista artigiano dal linguaggio primordiale, che reinventa sedie e mobili come se prima di lui nessuno ne avesse mai costruiti, seguendo un codice strutturale del tutto personale; la seconda, quella dell’architetto dalle formule eleganti, impegnato ad affermare nell’architettura europea la tesi razionalistica e neoplastica. Le due attività si alternano, si sovrappongono e si fondono in una perfetta osmosi, dipanandosi in una logica sequenza» (Cassina) I rigorosi codici sintattici e ideali della metodologia neoplastica trovano espressione in Rietveld in una prosa architettonica finalizzata a enfatizzare l'esperienza dello spazio, finalmente emancipato dalla schiavitù del superfluo e dell'ornato. Lo spazio architettonico, secondo il giudizio di Rietveld, è perfettamente godibile dal fruitore solo se coerentemente modulato attraverso un'attenta scansione di piani geometricamente esatti, spogliati da quegli elementi futilmente decorativi e così finalmente apprezzabili nella loro integrità e pulizia. In questa composizione architettonica quasi astraente, dominata dal rigoroso intreccio di linee e superfici, interviene poi il «peso» dei vari colori fondamentali (nero, rosso, giallo, bianco e blu), quasi estrapolati da Piet Mondrian. L'assoluta razionalità e purezza formale delle architetture di Rietveld trova espressione anche nella ponderata scelta dei materiali costruttivi (linoleum, compensato ...), a suggerire esperienze spaziali intatte, trasparenti e pulite.