martedì 3 gennaio 2023

Corso di composizione architettonica: Lezione 2 IL PROCESSO GRAFICO PER IL PROGETTO

 

Mendelsohn
Schizzo del grande architetto espressionista tedesco E. Mendelsohn della Torre-osservatorio Einstein di Postdam. Il disegno, essenziale nei tratti, ha una notevole capacità evocativa, in sintonia con lo spirito visionario dell’architettura espressionista, di cui M. è il massimo esponente.
 
Nelle discipline grafiche propedeutiche, il problema della rappresentazione dell’oggetto geometrico, è già stata affrontata, ma con la richiesta di un progetto, è su di un nuovo versante che la padronanza grafica deve dare i suoi frutti. Ora, si deve comunicare, attraverso il disegno, un messaggio un po’ più complesso del solito: l’idea di un progetto.
Le parole, da sole, ovviamente, non sono sufficienti a descriverlo in maniera adeguata. Pensare di ricorrere ad un disegno, per fornire la rappresentazione grafica dell’idea, è certo la cosa più diretta e naturale.
Ma, con ogni probabilità, l’allievo, mentre si accinge a disegnare, scopre che mille dubbi, tutti insieme, lo assalgono. La mano, che tante proiezioni ortogonali, assonometrie e prospettive aveva tracciato in passato con relativa sicurezza, impugnata la matita, resta sospesa sopra il foglio bianco, impacciata, incapace di tracciare una sola linea. Il disegno, quello che sembrava un prezioso alleato, alla resa dei conti, si sta dimostrando uno strumento troppo complicato da usare, un nuovo problema da risolvere, al pari di quello progettuale. Evidentemente si è sottovalutato qualcosa. Come uscire dall’impasse?
In generale, la natura complessa del problema grafico, ci suggerisce di considerare il disegno progettuale, non un atto concluso in sé, quanto, piuttosto, un itinerario grafico progettuale, che si compone di una serie, più o meno lunga, di tappe.
Per percorrerle occorre averne chiara la loro successione, dotarsi di materiali e strumenti adeguati, scegliere le tecniche più opportune da usare ed assumere i diversi atteggiamenti mentali di volta in volta necessari.
 
Progetto del grande architetto inglese R. Mackintosh della Hill House a Helensburg. L’inserimento di un edificio è frutto di un lungo lavoro di studio in cui nuovo (emergenza) e vecchio (permanenza) si fondono. L’edificio, personalissimo nella novità dell’apparato formale, presenta chiari riferimenti alla tradizione dei castelli baronali scozzesi.
 
L’OGGETTO DEL DISEGNO
Cominciamo quindi col chiederci: cosa dobbiamo disegnare?
Si possono presentare due possibilità:
1. Disegnare qualcosa che già esiste, e si tratterà, allora, di un disegno di rilievo.
2. Disegnare qualcosa che non esiste, e si tratterà, allora, di un disegno di progetto.
Talvolta le due finalità si fondono, come ad esempio in una ristrutturazione architettonica o in una valutazione visiva di impatto ambientale, dove, lo stato di fatto ed il progetto si sovrappongono.
Stabilito il tipo di disegno, chiediamoci adesso: a chi serve questo disegno? Anche in questo caso possiamo individuare due vaste aree di destinazione:

1. Potremo essere noi stessi i fruitori del prodotto (o una serie di interlocutori addetti ai lavori a cui basta comunicare la nostra intuizione) e, quindi, il disegno potrà essere un abbozzo grafico preliminare soggettivo, volto, più che altro, a fermare un’idea ed una suggestione sulla carta, per meglio precisarla successivamente.
2. Colui a cui il disegno è destinato, deve poter ricevere, dalla sua lettura, tutte le indicazioni di cui ha bisogno, per poter effettuare una scelta o seguire una direttiva di lavoro, dovrà, quindi, trattarsi di una rappresentazione grafica rigorosa oggettiva.
 
Schizzo ambientale dell’architetto inglese J. Reid raffigurante Derby Market Place. L’accuratezza dello studio sul contesto è importante per valutare la compatibilità del nuovo manufatto con l’ambiente circostante. L’investigazione ed il reperimento di una vasta gamma di segni architettonici qualificanti del territorio, fungono da motivi ispiratori del progetto.
 
TECNICHE TRADIZIONALI E COMPUTERGRAFICA
Passiamo, quindi, ad analizzare come scegliere gli strumenti ed i materiali più adeguati per il disegno. Ciò equivale a rispondere alla domanda: su cosa e con cosa disegnare?
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a due possibilità di scelta:
1. Possiamo ricorrere alla grafica computerizzata.
2. Possiamo utilizzare materiali e tecniche grafiche tradizionali.
Talvolta le due tecniche si fondono, ad esempio si possono digitalizzare elaborati grafici analogici, oppure ritoccare manualmente stampe di disegni vettoriali.
Chiediamoci, adesso, qual è un corretto atteggiamento mentale nei confronti del disegno di progettazione. Rispondere a questa domanda, è decisamente, più difficile delle risposte date alle domande precedenti.
La difficoltà è insita, proprio, nei fondamenti disciplinari, un po’ sui generis, un po’ speciali, della progettazione.
Cominciamo col dire che non esiste una specifica disciplina scientifica, detta progettazione, fatta della somma di teoremi da dimostrare, proprietà da individuare e leggi da rispettare. Ammesso che si possano dare delle indicazioni generali, esse non portano certo alla soluzione univoca di un problema progettuale. Ogni tentativo di far questo, nel passato, è sempre miseramente fallito. Anzi, a differenza di una scienza esatta come, ad esempio, la geometria che, date determinate premesse, utilizzati teoremi e formule adeguate, giunge ad una e solo una risposta esatta, la risposta progettuale corretta non è mai l’unica possibile per risolvere un problema, ma ne esistono diverse, tutte accettabili, dotate, ognuna, di pregi e di difetti differenti, frutto di consapevoli compromessi, da valutare caso per caso.
Di conseguenza, l’atteggiamento mentale da assumere, è complesso ed elastico, a metà strada tra la creazione artistica (come quella musicale, poetica, pittorica, teatrale, ecc.) e la sistematicità tecnica, in cui l’invenzione è l’espressione di una sintesi di saperi; il frutto di un processo mentale di invenzione formale, non slegato, però, dall’analisi attenta di una plurimillennaria testimonianza storica di stili, processi costruttivi, costumi sociali, ecc.
Con un semplice programma CAD si riescono ad ottenere immagini di un buon livello fotorealistico.
 
IL PROCESSO GRAFICO
L’itinerario progettuale e quello grafico vanno di pari passo, su di un comune sfondo di lettura critica della realtà edilizia e territoriale ed un primo modo di affrontare la loro complessità è quello di saperli rappresentare adeguatamente, attraverso un processo grafico, che gli dia corpo con immagini, che sono implicite alla sua esistenza.
Disegnandola, l’idea prende forma, acquista una nuova dimensione, si arricchisce di particolari, si può confrontarla con altre soluzioni similari. La configurazione dell’idea stimola, a sua volta, il processo progettuale, in uno scambio proficuo e continuativo. Ecco perché, la fluidità del processo grafico, è così importante per la progettazione.
È pur vero che il fine del progettista non è la produzione di un buon disegno, ma di un buon progetto, ed è altresì vero che, talvolta, dietro un bel disegno, si nasconde la pochezza dell’idea. Ma non si è mai dato il caso di un buon progetto che sia stato mal disegnato. Quindi occorre saper disegnare le idee.
I disegni, al pari delle parole, sono essenziali per migliorare la nostra capacità di comunicazione, quando dialoghiamo con gli altri. Per cui, è indispensabile essere pienamente consapevoli che esiste un codice grafico, evolutosi nei secoli, come una vera e propria lingua, costituito di un alfabeto, di un lessico, di una grammatica, di una sintassi dei segni iconici. Inteso come parte irrinunciabile del linguaggio progettuale, il linguaggio grafico deve, perciò, essere conosciuto, coltivato, valorizzato, reso duttile dall’uso, poiché si tratta di un fondamentale strumento da utilizzare.
E di lui, in particolar modo, vanno studiati i suoi elementi costituenti, le modalità di osservazione (processo di percezione iconica), le tecniche di produzione e composizione (processo di restituzione iconografica), le regole di lettura (processo di fruizione iconologica).
Essi ruotano, tutti, attorno ad una concezione estesa di grafica, il concetto di immagine.
Possiamo immaginarcela, simbolicamente, come un vettore, con direzione tra la realtà e la rappresentazione, ora con il verso rivolto dalla realtà alla rappresentazione, il rilievo, ora con il verso rivolto nel senso opposto, il progetto, anticipazione di una nuova porzione di realtà, la cui intensità oscilla dallo schematismo puro e al fotorealismo puro.
Come ogni lingua viva, anche il linguaggio grafico è figlio del suo tempo, ed il nostro è segnato, in ogni settore, da un’incalzante evoluzione tecnologica, che rende obsolete le conoscenze e che costringe a continui processi di sintesi interdisciplinare del sapere, estesi a comunità eterogenee sempre più vaste. In particolare, grazie all’aiuto di elaboratori sempre più potenti, i processi di comunicazione e di trattamento delle informazioni, sono rapidamente evoluti, creando nuovi standard (tecnici e linguistici) e nuovi costumi sulla diffusione delle conoscenze, i cosiddetti nuovi media.
Elemento chiave di questa fase storica è la tecnologizzazione dell’immagine. Forte del suo potere analogico di veicolare, con im­mediatezza, messaggi anche complessi (tutti capiscono un’immagine senza doverla tradurre in un’altra lingua), nel mo­mento che è stato possibile attribuirle anche il potere digitale, di essere prodotta, ac­quisita, modificata con molta minor fatica (secondo la duttilità di un algoritmo matematico, che pensa a cal­colare rapidamente ogni suo punto), essa si è subito affermata come uno strumento insostituibile di comunicazione.
Ecco perché, oggi, è più opportuno parlare di linguaggio delle immagini, anziché di semplice linguaggio grafico, includendo in esso argomenti, divenuti fondamentali, quali lo studio delle immagini in movimento e la produzione di grafica elettronica.
Questo nuovo e continuo ampliarsi del campo, ci porta a scegliere, di volta in volta, gli strumenti migliori per comunicare le idee tramite le immagini.
Possiamo ora ricorrere a tecniche consolidate da una tradizione millenaria, curando di potenziare la nostra manualità ad alto li­vello (immagini high touch), ora utilizzare tecniche recentissime, che usano la mediazione di strumenti elettronici, curando la nostra abi­lità di sfruttare al meglio le loro potenzialità (immagini high tech).
Spesso, gli allievi hanno difficoltà nella rappresentazione grafica. Non parliamo di dimenticanze sulle regole di tracciamento della prospettiva, sugli effetti ottenibili con le ombre o sui dubbi geometrici nell’intersezione di solidi in proiezioni ortogonali. Certo, un buon ripasso non fa mai male, ma un conto è disegnare qualcosa di assegnato, un altro è cercare di disegnare le proprie idee. La carenza, che segnaliamo, è piuttosto legata alla scarsa padronanza nell’uso del linguaggio delle immagini.

Un paradosso, potrà servire a spiegarci meglio.
Se chiediamo ad un allievo di schizzare una semplice idea progettuale (ad es., un piccolo e regolare gazebo in legno) trova sempre grande difficoltà.
Così non succede, paradossalmente, se deve descriverlo a parole ed a gesti (che pure sono strumenti linguistici disomogenei rispetto al fine). Questo perché, grazie ad una pratica linguistica, verbale e non verbale, quotidiana pluriennale, le parole ed i gesti gli sono familiari, al punto di essere i suoi principali mezzi di comunicazione.
L’allievo, però, non possiede una pratica del disegno, specie a mano libera, altrettanto consolidata, da permettergli di usare le immagini con la stessa scioltezza della lingua parlata.
Occorre rimediare, poiché per raccontare le idee architettoniche, i disegni sono proprio indispensabili.
Diventa necessaria una riflessione di base, sul modo di intendere il disegno: un nuovo processo di andata e ritorno, psicologico, su come si forma l’immagine mentale, grafico, su come la si restituisce
Infatti, il ciclo completo della progettazione, può essere letto, in termini di ciclo percettivo:
1. Il progettista trasferisce un’immagine mentale (idea progettuale) in un’immagine grafica (disegno di progetto).
2. Il realizzatore percepisce visivamente l’immagine, e la trasforma in manufatto.
Il manufatto diviene, a sua volta, oggetto di percezione da parte dell'utente.

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