domenica 11 maggio 2025

Corso di storia dell'architettura: Taut 1880

Taut 1880







Bruno Taut:
Architettura, società e utopia cromatica

Introduzione

Bruno Taut (Königsberg, 1880 – Istanbul, 1938) occupa una posizione singolare nella storia dell’architettura moderna. Figura poliedrica, sospesa tra l’utopia estetica e l’impegno sociale, tra il rifiuto del decorativismo liberty e la ricerca di una sintesi etica del costruire, egli rappresenta una voce critica e originale nel panorama dell’architettura europea del primo Novecento. La sua parabola biografica – segnata dall’esilio, dalla perdita di archivi e dalla marginalità rispetto ai grandi centri del Modernismo – non impedisce oggi di riconoscerne il ruolo centrale nel definire un’architettura a servizio delle masse, permeata di colore e tensione etica.


Formazione e primi influssi

Gli anni giovanili di Taut mostrano le difficoltà di un percorso non lineare, reso accidentato dalle ristrettezze economiche e dal suo disincanto verso gli istituti tradizionali di architettura. L’esperienza presso Bruno Möhring lo introdusse agli stilemi dello Jugendstil, ma già in questa fase Taut manifestò un precoce rifiuto per l’ornamentalismo fine a sé stesso. Più significativo fu invece il contatto con Theodor Fischer, che gli fornì non solo strumenti tecnici, ma anche un orientamento etico e sociale alla professione¹.


Utopia e impegno sociale

Il celebre Padiglione di Vetro all’Esposizione del Werkbund (1914) e la successiva esperienza della rivista Frühlicht segnarono la nascita di una concezione architettonica come veicolo di trasformazione sociale. L’architettura, per Taut, non poteva ridursi a mera costruzione funzionale o a esercizio formale: essa doveva assumere il ruolo di strumento educativo e collettivo, capace di plasmare comunità più armoniche.

Il progetto epistolare della Gläserne Kette (Catena di vetro) testimonia il carattere corale della sua ricerca, dove il sogno utopico conviveva con il rigore costruttivo². La Prima guerra mondiale, con il suo carico di distruzione, radicalizzò la sua critica al militarismo e al capitalismo, trasformando la sua poetica in un’istanza pacifista e comunitaria.


Architettura residenziale e colore

La stagione magdeburghese (1921-1924) e i successivi grandi insediamenti berlinesi – in particolare la Hufeisensiedlung di Britz – rappresentano la concretizzazione della sua idea di “architettura sociale”. Qui Taut mette in atto una sperimentazione cromatica radicale, convinto che il colore fosse uno strumento pedagogico e terapeutico.

Come osservava Adolf Behne, “Taut mise il colore al servizio dell’architettura”³, opponendo alle monotone Mietkasernen una nuova edilizia popolare capace di restituire dignità e gioia. L’uso dei cromatismi non era un mero espediente estetico, ma una vera e propria “politica del colore”, destinata a combattere l’alienazione attraverso la percezione sensibile.


Crisi, esilio e nuove geografie

La crisi del 1929 e l’ascesa del nazionalsocialismo segnarono una brusca interruzione. Considerato un “architetto bolscevico”, Taut subì persecuzioni, la perdita della cattedra e la distruzione dei suoi archivi. L’esilio in URSS prima, in Giappone poi, e infine in Turchia, tracciò l’ultima parte della sua biografia.

In Giappone, pur privo di grandi commissioni, Taut trovò un’eco profonda alla sua sensibilità per la semplicità e la purezza formale. In Turchia, al contrario, gli fu concesso un ruolo attivo nella modernizzazione voluta da Atatürk, culminata in numerosi progetti per scuole e infrastrutture urbane. La morte improvvisa nel 1938 interruppe un percorso che, pur segnato da continui spostamenti, non cessò mai di cercare una sintesi tra etica, estetica e società.


Critica al decorativismo e influenza giapponese

La distanza dal liberty e l’ammirazione per l’estetica nipponica rappresentano due poli critici centrali nella poetica tautiana. Contro il sovraccarico ornamentale della borghesia europea, Taut propose un’architettura di semplicità e rigore, ispirata a forme essenziali, ambienti luminosi e arredi funzionali. La sua adesione a modelli di vita parsimoniosi e comunitari si opponeva apertamente all’edilizia borghese, percepita come espressione di un capitalismo disgregatore.


Conclusione: l’eredità di Bruno Taut

Oggi, l’opera di Taut si situa a metà strada tra utopia e concretezza. Se da un lato i suoi scritti e i progetti visionari – come la “Città Alpina” o la “Città Cristallo” – appartengono al dominio dell’architettura utopica, dall’altro le Siedlungen berlinesi testimoniano la capacità di dare corpo a un’architettura sociale reale, capace di migliorare la vita quotidiana delle masse.

La sua eredità va dunque cercata non solo negli edifici, ma nella capacità di tenere insieme dimensione estetica, etica e sociale, offrendo un modello alternativo a quello dominante nel Modernismo internazionale.


Note

  1. Cfr. P. L. Schmal, Bruno Taut: Architekt der Moderne, Berlin, 2001.

  2. H. Wichmann, Die Gläserne Kette: Utopien für eine neue Architektur 1919–1920, Berlin, 1963.

  3. A. Behne, Der moderne Zweckbau, München, 1926.


Bibliografia essenziale

  • Behne, Adolf, Der moderne Zweckbau, München, 1926.

  • Hartmann, Kristiana, Bruno Taut und die Architektur der Moderne, Berlin, 1993.

  • Ruskin, John, Le pietre di Venezia, trad. it., Torino, 1988.

  • Schmal, Peter L., Bruno Taut: Architekt der Moderne, Berlin, 2001.

  • Wichmann, Hans, Die Gläserne Kette: Utopien für eine neue Architektur 1919–1920, Berlin, 1963.