sabato 29 giugno 2024

Corso di storia dell'architettura: IL REGIONALISMO CRITICO






https://youtu.be/FK1OzH2pRFU

Come reagisce la critica architettonica agli eccessi delle nuove avanguardie? Rivalutando le tradizioni regionali, in maniera critica. Nel 1983 Frampton pubblica il saggio Prospects for a Critical Regionalism. Da anni lavora sulla fenomenologia heideggeriana dello spazio. Viviamo, sostiene, in un mondo sempre più globalizzato che sta distruggendo ogni cultura locale, invadendo il pianeta con la stessa paccottiglia di prodotti tutti uguali. Se non si può fermare il processo moderno di civilizzazione, occorre cambiargli la direzione e fare uno sforzo, come auspica il filosofo Ricoeur, per comprendere in che modo si possa essere moderni e, allo stesso tempo, non perdere il contatto con le proprie origini. In architettura ciò comporta l'attenzione alle culture regionali, ai riferimenti urbani e geografici e ai valori tradizionali. Senza alcuna concessione al vernacolo, alle imitazioni degli stili locali o alle ricostruzioni alla Disneyland. Cita molti autori, ma due soprattutto, il ticinese Mario Botta ed il giapponese Tadao Ando. Agli antipodi geografici, accomunati però, nella loro modernità, da un comune dialogo con la tradizione locale. Un altro spunto di riflessione di questi anni, che si mescola all’attenzione per il contesto in cui si edifica, è la risposta che gli architetti danno alla sostenibilità ambientale ed al risparmio energetico. Nel 1987 Yeang scrive il saggio Tropical Urban Regionalism. No a edifici insensibili ai contesti locali: oggetti estranei ai luoghi che possono funzionare solo grazie ad un intollerabile spreco di risorse energetiche. Una maggiore consapevolezza ecologica impone oggi il rispetto della diversità ambientale con strutture che sappiano relazionarsi con il clima locale. Gli edifici non saranno più oggetti isolati e autoreferenziali, ma filtri ambientali in grado di attivare scambi tra il macroclima esterno e il microclima interno. Ciò può venire attraverso l'uso dell'informatica e la realizzazione di edifici intelligenti, che ricevono informazioni dall'esterno, le elaborano e, di conseguenza, attivano strategie diversificate. Come chi a seconda del clima, non utilizza sempre gli stessi vestiti ma si copre o sveste con il variare della temperatura. Grazie all'elettronica le strutture artificiali, prima inerti, possono oggi reagire come se fossero organiche. Le prime risposte si possono già intravvedere nella facciata dell'Institut du Monde Arabe di Jean Nouvel a Parigi, che cambia al variare della luce, attivando sensori collegati a sistemi computerizzati di controllo. Sulla stessa lunghezza d'onda di Nouvel si muovono Foster, Rogers, Grimshaw, Piano i quali, attraverso l'High Tech, sondano le possibilità offerte dalla tecnica per realizzare strutture intelligenti, ecologicamente corrette. Nasce l'Eco Tech che introdurrà, negli edifici i principi della sostenibilità ambientale. Saranno soprattutto l'elettronica e l'informatica, ma anche l'utilizzo di tecniche tradizionali, a farci entrare in relazione, in sinergia con lo spazio naturale. Un percorso per certi versi analogo lo compie nel 1988 Ito che basandosi su tecniche elettroniche, a Yokohama ricopre una struttura cilindrica in cemento armato, che serviva come serbatoio idrico e torre di ventilazione dei locali commerciali posti ai piani interrati, con 12 tubi al neon e 1280 lampadine collegate a una centralina che ne comanda l'accensione in relazione al variare dei venti e della rumorosità dell'ambiente circostante. Si tratta di una scelta radicale: la realizzazione di un organismo sensibile sia all'ambiente naturale che al contesto artificiale. Che senso ha continuare a produrre edifici che ingabbiano i loro abitanti senza farli partecipare al flusso della comunicazione con la natura e con l'ambiente metropolitano? Occorre creare un ambiente transfinito. Cosa intende? Sullo spazio transfinito Toyo Ito sta lavorando da diversi anni.Nel 1985 ha presentato a Dwelling for Tokio Nomad Women, una abitazione per le donne nomadi di Tokyo consistente in tre involucri trasparenti e essenziali (uno per truccarsi, uno per le attività intellettuali, uno per mangiare), che prenderanno il posto della casa nella metropoli contemporanea. Al di là della radicalità emblematica della proposta appare chiaro il versante verso cui si apre la riflessione. Perché realizzare pareti in uno spazio contrassegnato dallo scambio di flussi o avere abitazioni costipate di oggetti quando, attraverso il sistema odierno delle comunicazioni, è possibile accedere ai beni e ai servizi in tempo reale? E così il cerchio si chiude: locale e globale. Che è un po’ la direzione di ricerca che questi anni ottanta sembrano indicarci.



11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1

  

Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog  
HOMO LUDENS
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3

 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 3. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
 L’opera completa si compone di 3 volumi.

Corso di storia dell'architettura: I RAPPORTI TRA ARCHITETTURA E NATURA






https://youtu.be/m0qxQhzE5mo

Quali sono negli anni ottanta i rapporti tra architettura e natura? Molteplici ed esemplificarne alcuni contribuirà in parte a fare chiarezza. Ma prima una premessa. Gia’ la crisi energetica del ‘73 aveva dato il via ad una serie di riflessioni sul tema. Van der Ryn e Bunnell, in The Integral Urban House, invitano ad una biomorphic aesthetic fondata su forme naturali, per favorire il risparmio energetico. Forse si tratta di un'impostazione ancora ingenuamente naturalistica, ma con le prime concrete realizzazioni il discorso cambia. C’è un approccio possiamo dire semplificatorio. E’ quanto succede nel 1981 quando Maya Lin, una studentessa non ancora ventunenne, figlia di due intellettuali scappati dalla Cina di Mao Tze Tung, vince, con un progetto di alto valore paesaggistico, il concorso per la realizzazione del Vietnam Veterans Memorial nel Mall di Washington, vicino al Lincoln Memorial, al Washington Memorial ed al Campidoglio, cioe’ la sede del Congresso degli Stati Uniti. Il monumento è semplicissimo: una zona del terreno, delimitata da due tagli secchi, viene incassata mentre a raccordare il dislivello creato c’e’ una lastra continua di granito nero sulla quale sono incisi i nomi di tutti i soldati caduti. Il giudizio sull’opera vede subito delle contrapposizioni nette. C’e’ chi lo trova troppo semplice, minimalista, laconico, silenzioso, senza statue di eroi che cadono brandendo un'arma o una bandiera. Ma c’e’ chi si commuove di fronte alla vista del gelido ma eloquente elenco dei 57.000 morti, chi trova il nome del proprio caro e lo ricalca su fogli di carta con il frottage, chi fotografa la propria immagine riflessa sulla pietra sovrapponendola al nome di un amico scomparso. In ogni caso il Vietnam Veterans Memorial diventa subito un'icona popolare che accoglie 2.500.000 di visitatori l'anno. Ma il suo successo e’ ancora piu’ incisivo poiche’ comincia a farsi strada l'idea che si possa fare architettura col verde, riducendo l'intervento a poche e selezionate emergenze. Una integrazione più stretta tra edificio e verde è quella di Wines dei SITE nell'Hialeah Showroom un intervento del 1982, dietro alla facciata in curtain wall, colloca una serra per favorire il bilancio termico, che diventa il reale prospetto dell'edificio con interessanti effetti estetici. Successivamente nel Forest Building distaccano la facciata in mattoni dal corpo principale dell'edificio per far crescere una abbondante vegetazione. Ma c’è anche chi affronta la materia in maniera diametralmente opposta, usando la natura potremmo “contro natura”. Siamo nel 1982 e Tschumi vince il concorso per il parco della Villette di Parigi con una progettazione antinaturalistica, metropolitana, i cui riferimenti sono il razionalismo architettonico, la pittura astratta di Kandinsky, le teorie della complessita’, dei frattali, del caos e delle catastrofi di Thom, Mandelbrot, Prigogine, la logica rizomatica di Deleuze e Guattari rielaborate grazie alla luce dei programmi CAD di disegno su computer. Nel parco sono individuabili tre livelli progettuali: i punti, le linee, le superfici. I punti sono le follies, costruzioni organizzate su un reticolo cubico di 10x10x10m, cadenzate su una griglia modulare di 120 metri. Ognuna ospita una funzione diversa ed ha una forma nata da permutazioni casuali dei suoi elementi di base. Le linee sono i percorsi, due assi tra loro ortogonali, una serpentina e i muri. Le superfici sono spazi triangolari, circolari, rettangolari o più complessi per le varie attività. Così facendo Tschumi si scrolla di dosso le soluzioni preconfezionate, schemi, tipologie o morfologie consolidate e tronca con il passato. Aggrega gli elementi secondo un principio debole di ordine, per aggiungere o togliere senza alterare l'equilibrio complessivo, giungendo persino ad una logica casuale che introduce l'imprevisto generando una nuova complessità. Ed infine c’è la progettazione architettonica con la natura. Un architetto che esemplifica questa istanza è Ambasz che nel 1988 progetta il Lucile Halsell Conservatory a San Antonio in Texas, un edificio ipogeo coperto da un prato illuminato da lucernari e pozzi che evoca una vita nel sottosuolo insieme arcaica e tecnologicamente sviluppata. Quale di queste soluzioni risulterà vincente? E’ ancora presto per dirlo, o forse è già tardi visto l’effetto serra che marcia spedito in tutto il globo?


11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1

  

Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog  
HOMO LUDENS
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3

 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 3. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
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 L’opera completa si compone di 3 volumi.

Corso di storia dell'architettura: L'EREDITA' DEGLI ANNI OTTANTA

 https://youtu.be/vHN7ZZtJB4Y

(*) errata corrige: il muro di Berlino è crollato nel 1989 (non nel 1988 come detto nel video)

 

11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1

  

Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.

12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog  “Homo ludens” (
https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.



13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 3
. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/) L’opera completa si compone di 3 volumi.