Diller Scofidio + Renfro 1954





















Diller Scofidio + Renfro è uno studio di design interdisciplinare americano che integra architettura , arti visive e arti dello spettacolo . Con sede a New York City , Diller Scofidio + Renfro è guidato da quattro partner - Elizabeth Diller (1954) , Ricardo Scofidio , Charles Renfro e Benjamin Gilmartin - che lavorano con uno staff di architetti, artisti, designer e ricercatori. Lo studio è stato fondato da Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio nel 1981; Charles Renfro è entrato a far parte nel 1997 ed è diventato partner nel 2004. Benjamin Gilmartin è diventato partner nel 2015. Elizabeth Diller ha frequentato la Cooper Union School of Art e ha conseguito una laurea in architettura presso la Cooper Union School of Architecture. È Professore di Architettura presso la Princeton University School of Architecture e visiting professor presso la Bartlett School of Architecture . Nel 2009, Diller è stato selezionato da Time Magazine come una delle "100 persone più influenti al mondo". Ricardo Scofidio ha frequentato la Cooper Union School of Architecture e ha conseguito un Master in Architettura presso la Columbia University . Scofidio è Professore Emerito di Architettura presso Cooper Union. Charles Renfro ha frequentato la Rice University e ha conseguito un Master in Architettura presso la Columbia University Graduate School of Architecture, Planning and Preservation . Renfro è stato professore in visita presso la Rice University e la Columbia University, tra gli altri. Dal 1999 al 2004 la Fondazione MacArthur ha premiato il lavoro dello studio con il premio 'genio' , affermando di “aver creato una forma alternativa di pratica architettonica che unisce design, performance e media elettronici con teoria e critica culturale e architettonica. Il loro lavoro esplora il funzionamento dello spazio nella nostra cultura e illustra che l'architettura, intesa come manifestazione fisica delle relazioni sociali, è ovunque, non solo negli edifici ". Il corpo internazionale delle opere architettoniche completate di Diller Scofidio + Renfro include il Lincoln Center for the Performing Arts Redevelopment a New York (compresa la riprogettazione di Alice Tully Hall ), la ristrutturazione e l'ampliamento della Juilliard School , l'Hypar Pavilion Lawn and Restaurant, [5 ] l'ampliamento della School of American Ballet , i lavori di ristrutturazione dell'atrio del New York State Theatre , l'ingresso a baldacchino per la Fashion Week al Lincoln Center, gli spazi pubblici in tutto il campus, Information Landscape e il President's Bridge.




Situato a Here East nel Queen Elizabeth Olympic Park di Londra, il V&A East Collection and Research Center reinventerà l'idea di archivio e deposito museale. Con un progetto guidato da Diller Scofidio + Renfro (e supportato da Austin-Smith: Lord), il Centro di raccolta e ricerca porterà i tesori fuori dal magazzino e alla vista del pubblico per la prima volta da generazioni. Il centro sarà una casa appositamente costruita per 250.000 oggetti, 350.000 libri e 1.000 archivi della collezione V&A di moda, tessuti, mobili, teatro e performance, lavori in metallo, ceramica, vetro, scultura, architettura, dipinti e design del prodotto. I visitatori saranno invitati in un viaggio dietro le quinte che scopre e dimostra come e perché gli oggetti vengono raccolti, come vengono curati, conservati e ricercati e come aiutano a dare un senso al nostro passato, presente e futuro come parte di mostre e programmi pubblici. Una sala di raccolta pubblica centrale capovolgerà il deposito. Sarà esposta una ricca gamma di oggetti che i visitatori potranno esplorare, da alcune delle più piccole curiosità della collezione alle stanze più grandi e significative e ai frammenti di edifici. I punti salienti includeranno l'ufficio di Frank Lloyd Wright degli anni '30 per Edgar J Kaufmann Jr. - un interno in compensato unico e completo del XX secolo - e un soffitto intarsiato del XV secolo dall'ormai distrutto Palazzo di Altamira vicino a Toledo, in Spagna, che sarà resuscitato nel centro come un vero e proprio elemento architettonico sopra un nuovo spazio pubblico per mostre ed eventi. Ulteriori spazi all'interno del Centro ospiteranno mostre pop-up, laboratori, spettacoli e proiezioni insieme a incontri dal vivo con il lavoro del museo, dalla conservazione e ricerca alla preparazione della mostra. Questo nuovo modello si basa sul continuo successo del The Clothworkers 'Centre for the Study and Conservation of Textiles and Fashion, situato a Blythe House, a ovest di Londra, dove è attualmente conservata la collezione V&A. Verrà creata una galleria di visualizzazione dedicata per mostrare una mostra mutevole di grandi oggetti arrotolati raramente visti dalla straordinaria collezione del V&A di stoffe, tappeti, tessuti, arazzi e dipinti per palcoscenici teatrali, tra cui uno sfondo teatrale largo 15 metri disegnato da Natalia Goncharova per la produzione londinese dei Ballets Russes del 1926 di Firebird di Stravinsky. Il V&A Collection and Research Centre aprirà nel 2023 come parte dell'East Bank, un nuovo concentrato di cultura, istruzione, innovazione e crescita che prende forma nel Queen Elizabeth Olympic Park come parte dell'eredità olimpica di Londra 2012.




Dopo il posticipo di Tokyo 2020, l’anno prossimo assisteremo a delle Olimpiadi che registreranno due nuovi record: oltre ad essere il primo rinvio ufficiale, i Giochi verranno disputati in un anno che termina con un numero dispari. Nell’attesa della ripartenza e mentre la fiaccola olimpica continua ad essere accesa come un faro di speranza, la comunità sportiva mette a segno un altro fondamentale passo per l’inclusione.A Colorado Springs, dopo sei anni dal concorso e dal cantiere, questa estate apre finalmente le porte il Museo Olimpico e Paralimpico progettato dallo studio di architettura Diller Scofidio + Renfro. Con una superficie di oltre 55mila metri-quadri, il Museo nasce come una grande galleria tra le tappe storiche dei team olimpionici e paralimpionici USA.Il progetto si compone di quattro volumi disposti a ventaglio e uniti da una grande rampa, il cui riferimento non può che essere il Guggenheim di New York, progettato da Frank Lloyd Wright nel 1943. Nel caso del Museo Olimpico e Paralimpico, la rampa oltre a diventare l’elemento architettonico di connessione tra i volumi, rappresenta il percorso più agevole che guida i visitatori lungo la storia del team. Larga 1,8 m, è infatti adatta ad accogliere il movimento fianco a fianco di due persone inclusa una sedia a rotelle. Il museo, la cui progettazione ha coinvolto gli atleti dei team USA, nasce infatti con l’obiettivo di essere uno degli spazi espositivi più accessibili e interattivi al mondo, con un tour personalizzabile in base alle esigenze di accessibilità.Lo studio, fondato a New York nel 1979 da Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio ai quali si aggiunge, dal 2004, Charles Renfro, non è nuovo a progetti da record. Dopo essersi fatti conoscere a livello internazionale nel 2002 per il Blur Building, lo studio nel 2009 ha progettato il parco cittadino sopraelevato di New York, The High Line. Oltre a riconoscimenti e onoreficenze, i progettisti hanno aggiunto al loro portfolio musei di rilevanza internazionale, come il
Broad Museum di Los Angeles e
The Shed a New York.Per il Museo di Colorado Spring, l’intero volume è stato avvolto da una superficie metallica composta da oltre 9000 pannelli in alluminio anodizzato piegato che, disposti seguendo la luce, producono sfumature di colore e tonalità che accentuano l’idea di movimento e dinamismo già suggerite dalla forma curva dell’edificio. I visitatori, una volta entrati all’interno del Museo e dopo aver personalizzato il proprio percorso, vengono condotti all’ultimo piano e, imboccate le rampe rigorosamente in discesa così da facilitare gli spostamenti, possono leggere e rivivere i traguardi del team a stelle e strisce.Al percorso museale si aggiungono un teatro, uno spazio per eventi, un caffè ed una piazza terrazzata che si presta ad ospitare eventi all’aperto, che si tratti di giochi invernali o estivi. Con il loro progetto, lo studio internazionale Diller Scofidio + Renfro sfata il mito per il quale progettare prestando attenzione all’inclusività può avere delle ripercussioni estetiche: gli interni, curati in ogni minimo dettaglio, rispettano i requisiti per i disabili, con particolare attenzione per quanto riguarda, tra le altre cose, i parapetti realizzati in vetro così da avere una visibilità a bassa altezza e pavimenti lisci per facilitare i movimenti di una sedia a rotelle.



Il grande centro multifunzionale firmato da Diller Scofidio + Renfro restituisce cultura a un quartiere che negli ultimi anni ha visto proliferare le proprietà immobiliari private Una vera tempesta di rimostranze sta per abbattersi su Hudson Yards, il mega progetto di sviluppo urbano da 25 miliardi nel West Side di Manhattan, che minaccia di sommergere in un mare di polemiche il tanto atteso complesso culturale progettato da Diller Scofidio + Renfro in collaborazione con Rockwell Group. Inaugurato all’inizio di aprile accanto alla High Line, lo Shed è un polo artistico multidisciplinare metallico e argenteo alto otto piani, 18.500 metri quadrati avvolti da un involucro semovente di acciaio e plastica semi trasparente che può distendersi in cinque minuti fino raddoppiare la superficie calpestabile della struttura con grande efficacia. Concepito come centro per collaborazioni artistiche interdisciplinari, l’edificio e il suo guscio dispiegabile sono in grado di ospitare mostre di pittura, scultura e media digitali, grandiose performance multimediali di danza, musica e teatro, e soprattutto mescolanze di quanto sopra. Questo frutto dell’ingegno di Liz Diller, socia fondatrice di DS+R – gli architetti della High Line e del Broad Museum a Los Angeles – e David Rockwell di Rockwell Group, famoso per i suoi progetti spettacolari e pluripremiati di spazi teatrali, ristoranti e alberghi, lo Shed nasce grazie al cambio di destinazione d’uso deciso nel 2005 dalla città di New York per la riqualificazione dello scalo ferroviario del West Side. Il progetto richiedeva la costruzione di una piattaforma sopra lo scalo di Long Island al costo di circa due miliardi di dollari, quindi la presentazione di un piano di sviluppo attuabile e il capitale per realizzarlo. La città imponeva che, come parte della valorizzazione di questo sito di 100 mila metri quadrati, chi avesse vinto l’appalto ne avrebbe dovuto destinare 1.950 a una non meglio definita struttura culturale, senza avere in mente alcun tipo di istituzione in particolare. Quando, nel 2008, una società immobiliare si aggiudicò i diritti edificatori, Diller e Rockwell decisero di collaborare in risposta alla richiesta da parte della città di proposte per la realizzazione di un complesso dedicato alla cultura. «Abbiamo iniziato col chiederci di cosa avesse bisogno New York che già non ci fosse», spiega Liz Diller. «Esistono già moltissime entità culturali dedicate alle arti visive, come gallerie e musei, e molte che soddisfano le necessità delle arti performative, come teatri e centri a esse riservati. Ma quello che manca a New York è un unico luogo deputato a tutte le arti, sotto uno stesso tetto». In quel momento il centro culturale era più che altro un’idea: non era stato stanziato alcun fondo per finanziarlo e all’epoca il mercato immobiliare statunitense era appena crollato, insieme al mercato dei titoli garantiti da crediti ipotecari. Il primo costruttore si ritirò dall’accordo di leasing da un miliardo di dollari per Hudson Yards e venne rimpiazzato da Related Companies. «L’idea suscitava grande entusiasmo – racconta Diller – ma a quel punto il concetto era: “Perché non lo realizzate e vediamo che succede?”». Il progetto era tenuto in vita da una donazione del National Endowment of the Arts e nel 2013, prima che Bloomberg terminasse il suo mandato, la città stanziò 50 milioni di dollari, poi aumentati a 75. Lo Shed è composto da tre elementi base. Il Bloomberg Building è lo spazio coperto principale, in cui trovano posto due gallerie aperte e prive di colonne con 2.430 metri quadrati di spazio espositivo e un flessibile teatro da 500 posti, che può essere configurato in diversi teatri più piccoli. Chiamato come il sindaco Mike Bloomberg, la cui amministrazione promosse il piano di sviluppo e la cui Fondazione donò 75 milioni di dollari al progetto, è racchiuso da pareti di vetro su tre lati, mentre il quarto si inserisce nella base di 15 Hudson Yards, un grattacielo residenziale di 88 piani e 285 unità con 107 appartamenti ad affitti accessibili, sempre disegnato da DS+R e Rockwell in un progetto insolitamente commerciale per DS+R. Ma occupandosi della progettazione di entrambi, gli architetti hanno potuto integrare tra loro le meccaniche dei due edifici, inserendo gli uffici e i locali di servizio all’interno del palazzo e liberando così spazio extra per la programmazione dello Shed. «Abbiamo potuto progettarli come un insieme», racconta Diller. Infine c’è il McCourt, un guscio d’acciaio su ruote avvolto in una membrana di Etfe (un polimero fluorato) simile a un cuscino. Il McCourt poggia su ruote a doppio binario realizzate come nelle gru a portale; un sistema a pignone e cremagliera sul tetto fa muovere la struttura avanti e indietro. All’interno, il soffitto del palcoscenico alla sommità è dotato di ogni tipo di attrezzatura di sollevamento, illuminazione, gru industriale e sistema di schermatura per poter appendere qualsiasi cosa dall’alto e illuminare il palcoscenico, per esibizioni di fronte a 1.200 spettatori seduti e più di 2.000 in piedi. Il McCourt prende il nome da un terzo donatore miliardario, l’investitore immobiliare Frank McCourt Jr. In definitiva l’obiettivo del progetto è offrire la massima flessibilità e spazi riconfigurabili, insieme a dotazioni tecniche aperte e predisposte anche al modo in cui gli artisti realizzeranno le loro opere in un futuro lontano. «L’idea era creare un’infrastruttura aperta, perché non sappiamo come sarà l’arte né quello che gli artisti faranno tra dieci, venti, trent’anni», conclude Diller. 
Progettato in collaborazione con James Corner Field Operations e Piet Oudolf, The High Line è un parco pubblico lungo 1,5 miglia costruito su una ferrovia sopraelevata abbandonata che si estende dal Meatpacking District agli Hudson Rail Yards a Manhattan. Ispirato dalla bellezza malinconica e indisciplinata di questa rovina postindustriale, dove la natura ha recuperato un pezzo di infrastruttura urbana un tempo vitale, il nuovo parco interpreta la sua eredità. Traduce la biodiversità che ha messo radici dopo essere caduta in rovina in una serie di microclimi urbani site specific lungo il tratto di ferrovia che includono spazi soleggiati, ombreggiati, umidi, asciutti, ventosi e riparati.
Attraverso una strategia di agricoltura - in parte agricoltura, in parte architettura - la superficie della High Line viene digitalizzata in unità distinte di pavimentazione e piantumazione che vengono assemblate lungo i 1,5 miglia in una varietà di pendenze dal 100% pavimentazione al 100% morbida, ricca di vegetazione biotopi. Il sistema di pavimentazione è costituito da singole tavole prefabbricate in calcestruzzo con giunti aperti per favorire la crescita emergente come l'erba selvatica attraverso le fessure del marciapiede. Le lunghe unità di pavimentazione hanno estremità affusolate che si pettinano in aiuole creando un paesaggio strutturato e "senza sentieri" in cui il pubblico può vagare in modi senza copione. Il parco ospita il selvaggio, il coltivato, l'intimo e il sociale
Lo sperone
The Spur, l'ultima sezione della High Line che si estende a est lungo la 30th St. e termina sopra la 10th Ave., unendo il parco con Hudson Yards. È dotato di una piazza su larga scala per la programmazione pubblica e l'arte, aree per sedersi e riunirsi e due fioriere "inclinate" di grandi dimensioni che presentano un lussureggiante ambiente boschivo.