Nel 1999 Leach pubblica "The Anaesthetics of Architecture",
un testo contro l'elettronica, la società della simulazione e delle immagini,
viste come responsabili della deprivazione sensoriale e della riduzione delle
dimensioni della corporeità. Le tesi sostenute sono l’estremo controcanto al
razionalismo critico della Scuola di
Francoforte. Secondo il testo, la società e’ saturata dalle immagini,
che hanno ormai, per il nostro sistema nervoso, il valore di una droga. Nate
inizialmente da un positivo desiderio informativo, le immagini producono un
eccesso di informazione che distrugge la comunicazione, finendo per intorpidire
i sensi più che a risvegliarli (iconorrea). Avremmo bisogno di meno dati
e di più concetti. In questo clima oggi l’architettura registra lo scollamento
tra forma e contenuto, porta al perseguimento dell’immagine indipendentemente
dal programma funzionale. L’architetto si trasforma in un manipolatore
pubblicitario che lavora sul succedersi delle mode ed impone al proprio
committente modi di vita fondati su imperativi formali. Ma c’e’ chi replica a
Leach con durezza: e’ compito dell'architettura una compromissione con il
divenire della vita e dei suoi valori. Cosi’ l’opera, da un unicum
indipendente dall'artista che lo produce e dal fruitore che lo intende, si
trasforma in una macchina evocatrice di infiniti usi e significati. E' questa
la grande lezione di Duchamp. I media, e le riviste di architettura sposano
le ricerche degli architetti d'avanguardia. Se scorriamo le principali riviste
mondiali a cavallo della fine del millennio troviamo: L’architecture
d’aujourd'hui propone progettisti proiettati sul versante dell'innovazione:
Gehry, Coop Himmelb(l)au, Libeskind.
The Architectural
Review titola Emerging
Architecture; Architectural Record titola: The Millennium. Future to come e presenta progetti visionari di Asymptote, Sorkin, Hariri &Hariri;
Casabella dedica il numero al tema USA, architettura come spettacolo che
propone Gehry, Garofalo, Lynn, Mcinturf, NBBJ, Diller + Scofidio e Asymptote;
Domus dedica il numero alle architetture bloboidali di Lynn, Mac Donald, , OCEAN,
NOX, Chu. Hadid nel
MAXXI (Museo Arti XXI secolo) il Nuovo Museo di Arte Contemporanea a
Roma, propone un edificio privo di prospetti, ma fatto da flussi. Ciò vuol dire
che non può essere contemplato da uno o più punti di vista privilegiati, ma
deve essere usato. Ma se lo spazio si trasforma in un insieme di
interrelazioni, ha ancora senso parlare di forma nel senso classico? Come muta la concezione dell'oggetto
estetico, strutturato come momento di opposizione -monumento perenne,
direbbe Orazio - rispetto alla provvisorietà del divenire? Secondo questi
architetti l'architettura ha il dovere di esprimere attraverso simboli di
immediata comprensione il mondo che ci circonda. L'universo è complesso? Tali
saranno gli spazi di un edificio. Gli scienziati lavorano sulla teoria del
caos? Le articolazioni saranno sghembe, oblique, frattali. Si orecchiano
cambiamenti nelle discipline filosofiche? Immagini inquietanti
materializzeranno l’assenza di punti di riferimento. Va di moda il pensiero
debole o il poststrutturalismo? Si decostruiscono gli spazi come
fossero concetti. L’uso dei CAD ha reso possibile questo. Ma siamo al vertice
della parabola. Toccata la vetta della complessità, in architettura inizia il
lento ritorno alla semplicità. Si comincia dalla smaterializzazione dei
contenitori: i muri da stabili, immobili, sordi a qualsiasi stimolo diventano
membrane. Perdono peso, guadagnano in leggerezza, acquistano, esattamente come
un sistema nervoso, intelligenza. E, grazie al loro complesso apparato di
sensori, si proiettano verso la natura e il contesto circostante di cui,
finalmente, riescono a captare creativamente le luci, i suoni, gli odori.
L'edificio, in altre parole, diventa parte integrante del sistema naturale con
il quale può interrelazionarsi. Cessa la distinzione tra architettura e natura,
tra città e campagna. E l'ecologia, da prassi fondata su divieti e privazioni
e, soprattutto, su rigide contrapposizioni (costruito/non costruito, verde/cemento)
diventa una disciplina propositiva di nuovi equilibri, in cui artificiale e
naturale coesistono, blurring, si confondono l'uno con l'altro. Blurring
sarà la parola chiave del terzo millennio 11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1
Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.
12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog“Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.
13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3 Vi racconto la Storia dell’Architettura 3. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/) L’opera completa si compone di 3 volumi.
La crisi sociale del 1977 investe anche la
dimensione urbana, con una metropoli che si espande senza un disegno unitario,
sempre più prepotentemente. A cio’ si oppone la corrente architettonica
genericamente detta del Post Moderno(che spesso e’ definita con altri nomi:Neorazionalismo,
Tendenza, Storicismo), attenta a porre l’accento sulla “splendida” dimensione
urbana della città ottocentesca ed all’ “armonia” preindustriale. Occorre
tornare alla civiltà delle strade, delle piazze, dei boulevard, dei campielli.
Si deve studiare la morfologia urbana (cioe’ la forma della citta’), la tipologia
edilizia (cioe’ i caratteri ricorrenti degli edifici), la Parigi di
Haussman e Napoleone III, la Vienna di Francesco Giuseppe. Solo con la
progettazione di spazi tradizionali, fatti a regola d'arte, ci si oppone alle
laceranti contraddizioni dell'urbano ed all’angoscia metropolitana. I maggiori
esponenti di questa corrente sono Krier,
Rossi, Grassi, Aymonino.
La Biennale di Architettura del 1980, che s’intitola, appunto, La presenza
del passato, sancisce questa tendenza nostalgica. Il direttore e’ Paolo
Portoghesi e la mostra registra un innegabile successo per il poetico Teatro
del Mondo, una costruzione galleggiante in legno di Rossi, e La
strada novissima, ispirata da una strada fittizia di un luna park tedesco,
una doppia quinta urbana, realizzata all'interno delle Corderie, sulla quale si
dispongono venti finte facciate, disegnate ciascuna da un architetto,
attraverso le quali si accede ad altrettanti spazi espositivi.
Saranno ricordate: la facciata di Hollein, una meditazione ironica sugli
ordini architettonici, il progetto di Gehry,
che propone l'ossatura a vista del balloon frame e il progetto di Koolhaas, una tenda color cielo
traforata da una sottile linea rossa e attraversata da una egualmente sottile
linea nera.
Delle tre soluzioni, quella di Hollein è
forse la più sofisticata ma è anche la perdente. Vincenti, perché profetiche,
sono le soluzioni di Koolhaas e di Gehry: l’architettura contemporanea non
sara’ fatta di pieni, ma di vuoti e di trasparenze, occorre abbandonare le
masse murarie, ripartire da zero, scarnificare, destrutturare, al limite… far
scomparire. E la mostra La presenza del passato che doveva sancire la
rinascita della architettura della tradizione, in realtà ne segna cosi’ l'atto
di morte.
L'architettura
postmoderna deriva dalla corrente di pensiero del postmodernismo,
definizione più completa della parola slang inglese post-modern, che letteralmente ha il
significato di “dopo moderno”; gli anglosassoni tendono anche a definirlo anche
come "late modern" cioè "tardo moderno".
In generale, per postmodernismo si
intende la tendenza e la consapevolezza della società contemporanea che
considera superato lo status quo del progresso continuo ed ascendente
proprio della modernità. Le certezze ideali, filosofiche, scientifiche in un
futuro sempre migliore ed in perenne ascesa vengono ad affievolirsi, fino a
negarne la validità. Occorre invece ripensare la storia e recuperare la memoria
del passato.
In particolare, nell'architettura postmoderna
si definiscono gli studi e le esperienze che, dalla metà degli anni anni
sessanta / anni settanta del XX secolo, hanno contestato le funzioni, le forme,
gli spazi i particolari, l'ambiente costruito propri del Movimento Moderno.
L'architetto post-moderno progetta una nuova architettura, che esprime una
libertà stilistica sgombra dai vincoli modernisti, che attinge dalla storia del
passato “frammenti” di diverse culture, elaborando non una falsificazione
storica, come l'eclettismo ottocentesco, ma una nuova composizione
“post-moderna”.
Charles Jencks, architetto paesaggista
americano, noto per i suoi scritti su questo movimento (uno dei più famosi è “The
Language of Post-Modern Architecture", Rizzoli, NY 1977), vede
l'architettura postmoderna come un “complesso” “fluire” di elementi e
significati da precedenti elementi e significati che abbiano storiche
motivazioni. Recentemente affermava: ”In molti aspetti il Movimento Moderno
ha privilegiato la semplificazione innata nei suoi principi. Il postmodernismo
è basato su una differente visione, che accorda cose che emergono da altre cose
e questo processo è generalmente formulato sotto i termini di una complessa
teoria (...) un'architettura della complessità basata su significati
(...)socialmente e politicamente motivati.”.
Storia e
sviluppo
Il movimento nacque soprattutto nei paesi
anglosassoni ed in specialmodo nell'America Settentrionale, dove i post-moderni
si schierarono contro la rigidità degli assiomi del Movimento Moderno, cercando
un superamento di quell'”ordine” architettonico internazionale visto da
taluni come disumano.
L'artista Pop inglese Peter Blake scrive un
libro nel 1977 dal titolo provocatorio: "La forma segue il fiasco",
che paragrafa la celebre frase "La forma segua la funzione" ("form
follows function") attribuita a Louis Sullivan, che voleva la forma di
ogni edificio la diretta conseguenza della funzione che esso doveva svolgere.
Fu poi la volta di un altro pioniere del post-moderno Robert Venturi, che
pubblica nel 1972 Imparando da Las Vegas (Learning from Las Vegas)
dove specifica una alterazione del linguaggio della Pop Art con l'assunzione di
elementi classici. In aperta disputa con le regole dell'"International
Style" conia il motto: “Meno è una noia”"Less is a
bore", polemicamente ripreso dal celebre detto di Ludwig Mies van der
Rohe: “ Meno è più” ("Less is more"). Dice in uno
scritto "l'architettura dovrebbe accordarsi con allusioni e simbolismi
ed i suoi riferimenti dovrebbero derivare da relazioni con il contesto sociale
e storico degli edifici (...) io amo la complessità e la contraddizione in
architettura". Cade quindi anche un altro postulato modernista coniato
da Adolf Loos: “ornamento è delitto”, che focalizzava la bellezza degli
edifici nella loro forma strutturale e volumetrica e non nelle decorazioni che
vi si applicavano.
L'architetto americano Charles Jencks
constata nel citato "Linguaggio dell'Architettura Postmoderna"
la ricomparsa di un'architettura antropomorfica, che nasce dalla combinazione
di classico e vernacolare. Quindi individua, addirittura, una data precisa di
fine del Movimento Moderno: il 15 luglio 1972, coincidente con la demolizione,
per le sue condizioni di inabitabilità, di un quartiere costruito negli anni
cinquanta nella città di Saint Louis, nel rispetto degli indirizzi dei CIAM
dall'architetto Nippoamericano Minoru Yamasaki.
Nel 1978 venne realizzata una delle opere più
significative del post moderno: Piazza
d'Italia di Charles Moore (1925-1993), incaricato dalla comunità
italo-americana di New Orleans di progettare uno spazio comunitario, che
ricordasse le origini del gruppo sociale. Nell'opera v’è sia la citazione, il
frammento storico, attraverso rielaborazione della ”fontana”, struttura
architettonica tipica dell'architettura Italiana, dove alcuni hanno voluto anche
rivedere una reinterpretazione della Fontana di Trevi. Appare poi il richiamo
al particolare architettonico ed ad un elemento storico, come il colonnato. La
fontana infatti si svolge in altezza con una serie di cinque colonnati
curvilinei ed autonomi, che costruiscono portici e nicchie seguendo la
circolarità della piazza: ognuno di essi, posto ad altezza diversa rispetto
agli altri, ridisegna un particolare e diverso ordine architettonico (Dorico,
Tuscanico, Ionico, Corinzio e Composito) quasi un cammino dentro la storia. C’è
infine il riferimento simbolico al tema: l'Italia, il cui stivale geografico
forma una gradinata all'interno della fontana e diviene parte integrante e
centrale della piazza.
Alcuni non riconosco pienamente Moore come
architetto post moderno; certo è comunque che quest’opera, pur riportando
elementi tipici moderni come l'articolazione spaziale della piazza (due
semicerchi sfalsati), rappresenta un superamento dei rigidi schemi
dell'"International Style".
Un'altra opera importante del movimento Post
è il Portland Public Service Building
di Michael Graves a Portland (1982), dove però le citazioni ed i riferimenti
del passato sono stilizzati e setacciati, riletti in chiave moderna, con
riagganci al classicismo nel collocato alla base ed una rielaborazione del
grattacielo in chiave postmoderna. V’e in questo edificio la critica più chiara
al tipico grattacielo del Movimento Moderno, tutto acciaio e vetro con
condizioni invivibili all'interno. Graves propone il ritorno alla costruzione
dell'edificio in cemento, frammista ad elementi storici e classici, che
esprimano quel bisogno di continuità storica che è per lui insito
nell'architettura.
Portland Public
Service Building di Michael Graves a Portland
1982
Postmodernismo
in Italia
L'architettura postmoderna non nasce in
Italia, anche se aveva avuto alcune anticipazioni in G. Canella e M. Achilli
nel Municipio di Segrate (1963),
dove echeggia una certa rotondità romana e monumentale e in Paolo
Portoghesi (Casa Baldi, 1960). Quest'ultimo
riuscirà più di altri ad inquadrare le teorie postmoderne in Italia, lavorando
parallelamente sia come progettista che come saggista. La sua posizione non è
di rifiuto totale del Movimento Moderno, quanto delle sue posizioni più rigide,
con un'attenzione costante alla rielaborazione della memoria storica,
attraverso l'unione di elementi contrapposti classico e moderno, interrelati
con il luogo. In un suo saggio così si esprime: ”L'architettura postmoderna
propone la fine del proibizionismo, l'opposizione al funzionalismo, la
riconsiderazione dell'architettura quale processo estetico, non esclusivamente
utilitario; il ritorno all'ornamento, l'affermarsi di un diffuso edonismo”.
Nel 1980, quale direttore del settore
architettonico della Biennale di Venezia, incaricò Aldo Rossi della
realizzazione del "Teatro del Mondo", un'architettura effimera, un
teatro itinerante, che come un'imbarcazione viaggiava per i canali di Venezia e
la cui costruzione era colma di riferimenti storici. Sempre nello stesso anno
organizzò all'Arsenale di Venezia la mostra di architettura "Presenza del
passato", dove riunì i maggiori architetti post moderni mondiali del
momento (come Robert Venturi, Charles Willard Moore, Hans Hollein, Frank Gehry,
Ricardo Bofill, Robert Stern, Franco Purini, Oswald Mathias Ungers e Paul
Kleihues).
Qui si realizzò la "Strada Nuovissima", dove si
costruirono dieci facciate contigue, ognuna di 7 metri di larghezza, con
un'altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 metri ad un massimo di 9,50,
metri, una specie di manifesto dell'architettura postmoderna (in seguito
spostata e ricostruita prima a Paris Salpetière, Parigi, Francia, come
"Presence de l'histoire" e poi oltre oceano a San Francisco USA come
"The presence of the past").
Nella “Strada Novissima“ gli architetti
postmoderni si sbizzarrirono: Frank Gehry negava il concetto di facciata
creando inganni prospettici , Rem Koolhaas giocava con la visibilità della
struttura del prospetto, Il Gruppo GRAU, Charles Moore e Adam Grimberg enfatizzavano la ripetizione di elementi classici, nicchie e archi
trionfali, l'architetto austriaco Hollein produceva una mescolanza di ordini in
diverse colonne (motivo caro al post-modern) ed infine Franco Purini
ricostruiva la capanna lignea vitruviana, ripresa però da un razionalista
neoclassico come Marc-Antoine
Laugier, in una sorta di
intellettualistica riconnessione tra "passato", "moderno" e
"post-moderno".
Architetti postmoderni
Tra gli architetti che in genere sono
considerati appartenenti al postmoderno (anche se con qualche distinguo)
possono annoverarsi: Charles Jencks, Robert Venturi, Charles Willard Moore,
Michael Graves, a cui vanno aggiunti Ricardo Bofill e Paolo Portoghesi.
Discorso diverso va fatto per Philip Johnson e John Burgee, che lavorano in
collaborazione e che divengono Post-moderni negli ultimi lavori. Vale la pena
ricordare che Philip Johnson, fu colui che negli anni trenta organizzò la
mostra a New York che consacrò a livello internazionale l'International
Style. Lo stesso dicasi per James Stirling, che prima attraversa in pieno
l'espressione Brutalista. Aldo Rossi è considerato anche architetto postmodernista,
ma più precisamente appartiene alla corrente del Neorazionalismo o Neomodernismo.
Peter Eisenman e Frank Gehry infine, seppur ritenuti da alcuni legati al
post-modern, sembrano andare oltre il movimento con la loro architettura decostruttivista.
11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1
Vi racconto la Storia dell’Architettura 1raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog HOMO LUDENS (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/) L’opera completa si compone di 3 volumi.
12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog HOMO LUDENS (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.
13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3 Vi racconto la Storia dell’Architettura 3. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog HOMO LUDENS (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
«L'era post-moderna è un'epoca in cui si devono fare continuamente delle scelte. È un'epoca in cui non può essere adottata alcuna ortodossia senza imbarazzo e ironia, perché tutte le tradizioni sembrano avere una qualche validità.» (Charles Jencks)
L'architettura postmoderna definisce alcune esperienze che iniziarono a manifestarsi dagli anni cinquanta del XX secolo, e che divennero un movimento solo nella seconda metà degli anni settanta. Il Postmoderno in architettura si caratterizza per il ritorno dell'ornamento e per il citazionismo ed è considerata una risposta al formalismo dell'International Style e del modernismo. Per il fatto che siano riapparse le citazioni e gli ornamenti questa architettura è stata anche definita neoeclettica, due opere paradigmatiche di questo eclettismo possono essere considerate la Neue Staatsgalerie di Stoccarda di James Stirling e la Piazza d'Italia a New Orleans di Charles Moore. Il movimento nacque soprattutto nei paesi anglosassoni ed in special modo nell'America Settentrionale, dove i post-moderni si schierarono contro la rigidità degli assiomi del Movimento Moderno, cercando un superamento di quell'”ordine” architettonico internazionale visto da taluni come disumano. L'artista pop inglese Peter Blake scrive un libro nel 1977 dal titolo provocatorio: "La forma segue il fiasco", che parafrasa la celebre frase "La forma segua la funzione" ("form follows function") attribuita a Louis Sullivan, che voleva la forma degli edifici fosse la diretta conseguenza della funzione che essi dovevano svolgere. Fu poi la volta di un architetto considerato pioniere del post-moderno Robert Venturi, che insieme con Denise Scott Brown pubblica nel 1972 Imparare da Las Vegas (Learning from Las Vegas) dove specifica un'alterazione del linguaggio della Pop Art con l'assunzione di elementi classici. In aperta disputa con le regole dell'International Style conia il motto: “Meno è una noia” "Less is a bore", polemicamente ripreso dal celebre detto di Ludwig Mies van der Rohe: “ Meno è più” ("Less is more"). Dice in uno scritto "l'architettura dovrebbe accordarsi con allusioni e simbolismi ed i suoi riferimenti dovrebbero derivare da relazioni con il contesto sociale e storico degli edifici (...) io amo la complessità e la contraddizione in architettura". Cade quindi anche un altro postulato modernista coniato da Adolf Loos: “ornamento e delitto”, che focalizzava la bellezza degli edifici nella loro forma strutturale e volumetrica e non nelle decorazioni che vi si applicavano. L'architetto americano Charles Jencks constata nel citato "Linguaggio dell'Architettura Postmoderna" la ricomparsa di un'architettura antropomorfica, che nasce dalla combinazione di classico e vernacolare. Quindi individua, addirittura, una data precisa di fine del Movimento Moderno: il 15 luglio 1972, coincidente con la demolizione, per le sue condizioni di inabitabilità, di un quartiere costruito negli anni cinquanta nella città di Saint Louis, nel rispetto degli indirizzi dei CIAM dall'architetto nippoamericano Minoru Yamasaki. Nel 1978 venne realizzata una delle opere più significative del post moderno: "Piazza d'Italia" di Charles Moore (1925-1993), incaricato dalla comunità italo-americana di New Orleans di progettare uno spazio comunitario, che ricordasse le origini del gruppo sociale. Nell'opera v'è sia la citazione, il frammento storico, attraverso rielaborazione della ”fontana”, struttura architettonica tipica dell'architettura italiana, dove alcuni hanno voluto anche rivedere una renterpretazione della Fontana di Trevi. Appare poi il richiamo al particolare architettonico e ad un elemento storico, come il colonnato. La fontana infatti si svolge in altezza con una serie di cinque colonnati curvilinei ed autonomi, che costruiscono portici e nicchie seguendo la circolarità della piazza: ognuno di essi, posto ad altezza diversa rispetto agli altri, ridisegna un particolare e diverso ordine architettonico (Dorico, Tuscanico, Ionico, Corinzio e Composito) quasi un cammino dentro la storia. C'è infine il riferimento simbolico al tema: l'Italia, il cui stivale geografico forma una gradinata all'interno della fontana e diviene parte integrante e centrale della piazza. Alcuni non riconoscono pienamente Moore come architetto post moderno; certo è comunque che quest'opera, pur riportando elementi tipici moderni come l'articolazione spaziale della piazza (due semicerchi sfalsati), rappresenta un superamento dei rigidi schemi dell'International Style. Un'altra opera importante del movimento Post è il Portland Public Service Building di Michael Graves a Portland (1982), dove però le citazioni ed i riferimenti del passato sono stilizzati e setacciati, riletti in chiave moderna, con riagganci al classicismo nel colonnato alla base ed una rielaborazione del grattacielo in chiave postmoderna. V'è in questo edificio la critica più chiara al tipico grattacielo del Movimento Moderno, tutto acciaio e vetro con condizioni invivibili all'interno. Graves propone il ritorno alla costruzione dell'edificio in cemento, frammista ad elementi storici e classici, che esprimano quel bisogno di continuità storica che è per lui insito nell'architettura. L'architettura postmoderna non nasce in Italia, anche se aveva avuto alcune anticipazioni in Guido Canella e Michele Achilli nel Municipio di Segrate (1963), dove echeggia una certa rotondità "romana" e monumentale e in Paolo Portoghesi (Casa Baldi, 1960). Quest'ultimo riuscirà più di altri ad inquadrare le teorie postmoderne in Italia, lavorando parallelamente sia come progettista che come saggista. La sua posizione non è di rifiuto totale del Movimento Moderno, quanto delle sue posizioni più rigide, con un'attenzione costante alla rielaborazione della memoria storica, attraverso l'unione di elementi contrapposti classico e moderno, interrelati con il luogo. In un suo saggio così si esprime: ”L'architettura postmoderna propone la fine del proibizionismo, l'opposizione al funzionalismo, la riconsiderazione dell'architettura quale processo estetico, non esclusivamente utilitario; il ritorno all'ornamento, l'affermarsi di un diffuso edonismo”. Nel 1980 Portoghesi, quale direttore del settore architettonico della Biennale di Venezia, incaricò Aldo Rossi della realizzazione del "Teatro del Mondo", un'architettura effimera, un teatro itinerante, che come un'imbarcazione viaggiava per i canali di Venezia e la cui costruzione era colma di riferimenti storici. Sempre nello stesso anno organizzò all'Arsenale di Venezia la mostra di architettura "Presenza del passato", dove riunì i maggiori architetti post moderni mondiali del momento (come Robert Venturi, Charles Willard Moore, Hans Hollein, Frank Gehry, Ricardo Bofill, Robert Stern, Franco Purini, Oswald Mathias Ungers e Paul Kleihues).Qui si realizzò la "Strada Novissima" secondo l'allestimento di Costantino Dardi, dove si costruirono venti facciate contigue,[2] ognuna di 7 metri di larghezza, con un'altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 metri ad un massimo di 9,50, metri, una specie di manifesto dell'architettura postmoderna (in seguito spostata e ricostruita prima a Paris Salpetière, come "Presence de l'historie" e poi oltre oceano a San Francisco come "The presence of the past"). Nella “Strada Novissima“ gli architetti postmoderni si sbizzarrirono: Frank Gehry negava il concetto di facciata creando inganni prospettici, Rem Koolhaas giocava con la visibilità della struttura del prospetto, Il Gruppo GRAU, Charles Moore e Adam Grimberg enfatizzavano la ripetizione di elementi classici, nicchie e archi trionfali, l'architetto austriaco Hollein produceva una mescolanza di ordini in diverse colonne (motivo caro al post-modern) ed infine Franco Purini ricostruiva la capanna lignea vitruviana, ripresa però da un razionalista neoclassico come Marc-Antoine Laugier, in una sorta di intellettualistica riconnessione tra "passato", "moderno" e "post-moderno". Il linguaggio dell'architettura postmoderna si basa sull'inclusione di elementi di origine classica o neoclassica, tuttavia «le deduzioni dal "classico" [...] non valgono come un "ritorno all'ordine", né [...] a rimeditare lo spessore storico della tradizione. Esse esaltano, piuttosto, un citazionismo intrinsecamente frammentario e sconnesso [...]». L'utilizzo di elementi greco-romani, presenti in molte architetture postmoderne, non comporta un ritorno al classico dopo l'era dell'architettura moderna. Infatti il riferimento al modello storico, presente nei progetti del postmoderno, è estremamente semplificato e serve soltanto a porre in risalto l'opposizione fra il moderno e tutto ciò che lo precede. Per cui classico in questo senso vuol dire pre-moderno ed il post-moderno ne è la ripresa. Tale sequenza può essere letta in due diversi modi: secondo alcuni il postmoderno avrebbe una forte carica creativa, e ricorre all'antico per costruire un suo linguaggio. Secondo altri il citazionismo postmoderno è autoreferenziale, le citazioni si innestano sul tessuto del razionalismo modernista, senza riuscire a creare un linguaggio nuovo; le citazioni classiche sembrano avere la funzione di distinguere il linguaggio moderno da quello postmoderno.Tra gli architetti che in genere sono considerati appartenenti al postmoderno possiamo trovare: Charles Jencks, Robert Venturi, Charles Willard Moore, Michael Graves, Ricardo Bofill e Paolo Portoghesi. Discorso diverso va fatto per Philip Johnson e John Burgee, che lavorano in collaborazione e che divengono Post-moderni negli ultimi lavori. Vale la pena ricordare che Philip Johnson, fu colui che negli anni trenta organizzò la mostra a New York che consacrò a livello internazionale l'International Style. Lo stesso dicasi per James Stirling, che prima attraversa in pieno l'espressione Brutalista. Aldo Rossi è considerato anche architetto postmodernista, ma più precisamente appartiene alla corrente del Neorazionalismo o Neomodernismo. Peter Eisenman e Frank Gehry infine, seppur ritenuti da alcuni legati al post-modern, sembrano andare oltre il movimento con la loro architettura decostruttivista.
11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1
Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.
12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog“Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.
13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3 Vi racconto la Storia dell’Architettura 3. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/) L’opera completa si compone di 3 volumi.