Il metodo che abbiamo proposto ha finito per imporsi nel mondo della produzione industriale, tanto da generare uno specifico settore di ricerca: l’ergonomia. L’ergonomia, è oggi la scienza che studia la forma ottimale, che deve possedere un oggetto, per essere utilizzato al meglio.
In campo architettonico, ci possiamo servire di questa procedura per individuare il limite dimensionale minimo.
Il discorso cambia se si pretende di valutare efficacemente, attraverso questa regola, il limite dimensionale massimo. Anche se poniamo ulteriori vincoli dimensionali (ad esempio, sulle percorrenze, che non devono risultare inutilmente defatiganti), didatticamente, questo metodo non è molto efficace.
Infatti, l’inesperienza, porta gli allievi a prendere per buono il rovescio dell’enunciato, ed a considerare, come l’indice sicuro di una edilizia di grande prestigio sociale e comfort, quella in cui lo spazio si spreca inutilmente.
Se è molto facile far capire, ad esempio, che, in una camera da letto troppo piccola, ci si muove e respira a fatica, viceversa, è molto difficile far capire il senso di disagio di dormire in un salone di oltre 100 mq.
L’aggregazione di arredi e di spazi funzionali porta alla creazione di piccoli ambienti funzionali che dovranno, poi, essere aggregati ad altri con funzioni omologhe e non incompatibili.
A. LIVING ROOM (375 cm x 390 cm) uso di arredi similari in situazioni diverse: 1. Conversazione 2. Cocktail (sono stati aggiunti piccoli tavolini) 3. Programma TV B. PRANZO (320 cm x 180 cm + 320 cm x 220 cm): 1. cucina 2. zona pranzo C. LETTO (275 cm x 400 cm) 1. 2 letti singoli LETTO (180 cm x 350 cm) 2. disabile |
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