Burnham (1846)




Daniel Hudson Burnham
tra pragmatismo costruttivo e utopia urbanistica
Daniel Hudson Burnham (Henderson, 4 settembre 1846 – Heidelberg, 1º giugno 1912) occupa una posizione centrale e al tempo stesso ambivalente nella storia dell’architettura americana. Figura complessa, capace di conciliare competenze tecniche, abilità manageriali e visioni urbanistiche di ampio respiro, fu al crocevia di due grandi momenti: la sperimentazione strutturale che caratterizzò la Scuola di Chicago e il successivo orientamento verso un classicismo monumentale che trovò compimento nel movimento del City Beautiful.
1. La formazione e il sodalizio con John Wellborn Root
2. La sperimentazione strutturale: grattacieli e nuove tecniche
Il contributo di Burnham & Root alla nascita dei grattacieli è essenziale. Due edifici in particolare rappresentano momenti cardine:
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Monadnock Building (1889-1891, Chicago)Un caso singolare, in quanto Burnham vi adottò ancora una struttura portante in muratura massiccia, con setti al piano terreno dello spessore di oltre due metri. In un’epoca in cui la tecnologia dell’acciaio stava già aprendo nuove prospettive, il Monadnock si configura come un anacronismo, ma anche come testimonianza di un compromesso tra tradizione e modernità. La sua mole austera e priva di ornamenti anticipa però una certa tendenza minimalista che verrà letta successivamente come precorritrice del modernismo.
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Reliance Building (1890-1895, Chicago)Qui invece la sperimentazione con la gabbia in acciaio e le ampie superfici vetrate trova una delle prime realizzazioni compiute. La leggerezza della facciata, l’integrazione tra struttura e forma e la trasparenza anticipano molti caratteri della futura architettura internazionale.
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Flatiron Building (1902, New York)Forse l’opera più celebre attribuita a Burnham, non tanto per l’innovazione strutturale, quanto per la forza iconica della sua forma triangolare, che lo ha reso uno dei simboli urbani di New York. La sua volumetria particolare, nata da un vincolo di lotto, diventa elemento distintivo, dimostrando come vincoli urbanistici e ingegno progettuale possano dar vita a un’architettura emblematica.
3. La svolta urbanistica e il City Beautiful
4. La Columbian Exposition del 1893: apoteosi e contraddizione
5. Ultime opere e lascito
Burnham continuò a firmare progetti di grande impatto, come la Union Station di Washington, sempre in chiave neoclassica, ma il suo ruolo di architetto fu progressivamente oscurato dal suo peso come pianificatore urbano. La sua figura rimase emblematica: non un innovatore radicale, ma un organizzatore capace di tradurre visioni in realtà, un uomo che seppe incarnare lo spirito pragmatico e al tempo stesso utopico dell’America di fine Ottocento.
Conclusione critica
Burnham rappresenta un caso emblematico di duplicità storica:
- Da un lato fu protagonista della fase più innovativa dell’architettura americana, legata alla sperimentazione con l’acciaio e al sorgere dei primi grattacieli.
- Dall’altro, si fece promotore di un ritorno al classicismo monumentale, diventando il simbolo di una visione urbana più estetica che tecnologica.
Il suo lascito va dunque letto non solo in termini di opere costruite, ma come riflesso di una tensione irrisolta tra modernità tecnica e idealismo estetico. Se il Flatiron o il Reliance Building aprono la strada al modernismo, la White City e il Piano di Chicago mostrano come Burnham concepisse l’architettura anche come strumento di ordine sociale, educativo e morale.
Il suo motto non scritto potrebbe riassumersi così: “Make no little plans” — non fare progetti piccoli. Una visione grandiosa, a tratti utopistica, che rese Burnham una delle figure chiave, seppure contraddittorie, della storia dell’architettura moderna.