sabato 4 ottobre 2025
venerdì 3 ottobre 2025
Corso di storia dell'architettura: 3 MESOPOTAMIA
![]() |
Ricostruzione di Ur. |
![]() |
Lo ziggurat di Ur. |
![]() |
Tempio di Istar-Kititum |
![]() |
Persepoli |
![]() |
L'apadana diPersepoli |
Le civiltà antiche dell’Asia Minore e della Mesopotamia
Introduzione
Lo studio delle civiltà che si svilupparono nell’Asia Minore, nella Mesopotamia e nell’altopiano iranico, tra il IV e il I millennio a.C., rappresenta uno dei pilastri fondamentali per comprendere le origini della civiltà urbana, dei sistemi amministrativi centralizzati e delle prime forme di monumentalità architettonica. Nonostante le difficoltà che derivano dalla frammentarietà delle fonti e dalla dispersione dei reperti archeologici, è possibile ricostruire un quadro complesso e articolato dell’evoluzione storica e culturale di queste popolazioni, che segnarono profondamente la storia del Vicino Oriente antico e dell’intera civiltà umana.
Pluralità e continuità culturale
Le civiltà che fiorirono tra Anatolia, Mesopotamia e Persia presentano una straordinaria varietà, ma condividono alcuni tratti fondamentali, legati soprattutto alla gestione delle risorse idriche e all’organizzazione urbana. Nella fertile pianura tra il Tigri e l’Eufrate si susseguirono Sumeri, Accadi, Gutei, Cassiti, Assiri, Babilonesi, mentre in Anatolia si distinsero gli Ittiti, e, più tardi, nell’Iran, gli Achemenidi e i Persiani¹.
I Sumeri, nel sud mesopotamico, furono i primi a trasformare piccoli insediamenti agricoli come Ur, Eridu, Uruk, Nippur e Lagash in vere e proprie città-stato, caratterizzate da ziggurat, templi e archivi cuneiformi². Gli Accadi e i Babilonesi, al centro della Mesopotamia, svilupparono capitali come Akkad, Mari e Babilonia, quest’ultima destinata a diventare simbolo universale di potere e cultura. Gli Assiri, nel nord, fondarono città fortificate e di grande imponenza come Ninive, Assur e Khorsabad, dove il palazzo di Sargon II costituì un modello architettonico senza precedenti.
Urbanizzazione e gestione delle risorse
Il processo di urbanizzazione in Mesopotamia si basava su un principio fondamentale: la gestione collettiva delle eccedenze agricole. I governatori cittadini, spesso considerati rappresentanti del dio locale, avevano il compito di amministrare le terre comuni, raccogliere tributi, gestire scorte alimentari e organizzare lavori pubblici³.
Le tracce materiali di questa organizzazione si rinvengono in:
-
estesi sistemi di canali di irrigazione, che permisero lo sfruttamento agricolo di territori altrimenti aridi;
-
cinte murarie, necessarie per difendere città densamente popolate;
-
magazzini e archivi, dove le tavolette cuneiformi documentavano transazioni, tributi e leggi;
-
templi monumentali, che dominavano lo spazio urbano e sancivano il legame tra religione e potere politico⁴.
Il modello mesopotamico si diffuse anche nelle civiltà limitrofe, con adattamenti legati al territorio e al contesto politico.
L’eredità architettonica: da Ur a Persepoli
L’architettura sacra e civile rappresenta uno dei lasciti più evidenti delle civiltà del Vicino Oriente. L’esempio dello ziggurat di Ur, databile al XXI secolo a.C., testimonia la volontà di rappresentare fisicamente, nello spazio urbano, il rapporto tra l’uomo e il divino⁵.
In Anatolia, gli Ittiti fondarono capitali come Hattusa e il mitico sito di Troia, punti nevralgici non solo per il commercio ma anche per i contatti interculturali con l’Egeo.
Il culmine della monumentalità si raggiunse tuttavia con l’architettura achemenide. La città-palazzo di Persepoli, fondata da Dario I nel 520 a.C., rappresentava una capitale cerimoniale più che politica, destinata a incarnare la maestà universale del sovrano. Il complesso urbanistico, mai completato prima del saccheggio di Alessandro Magno, si caratterizzava per:
-
la terrazza monumentale di 450 x 290 m;
-
le scalinate processionali, progettate per le cavalcature;
-
l’Apadàna, sala quadrata sostenuta da trentasei colonne alte 19 m, capace di contenere fino a diecimila persone;
-
la Sala delle Cento Colonne, il Tacara, l’Hadish e la Tesoreria⁶.
La grandiosità di Persepoli non fu solo un’espressione estetica, ma soprattutto un dispositivo politico: attraverso la messa in scena delle processioni di sudditi e tributari, il potere imperiale si autorappresentava come universale ed eterno.
Conclusioni
Le civiltà dell’Asia Minore e della Mesopotamia non furono semplicemente realtà politiche locali, ma costituirono il laboratorio in cui nacquero concetti destinati a influenzare profondamente il mondo mediterraneo e oltre: la città come spazio politico e religioso, l’architettura come strumento di legittimazione, la scrittura come fondamento amministrativo. La loro eredità si trasmise tanto all’Impero Romano quanto al mondo islamico medievale, e resta ancora oggi un patrimonio imprescindibile della memoria storica universale.
Note
-
Liverani, M., Antico Oriente. Storia, società, economia, Laterza, Roma-Bari, 2011.
-
Jacobsen, T., The Sumerian King List, University of Chicago Press, 1939.
-
Nissen, H. J., The Early History of the Ancient Near East, 9000–2000 B.C., University of Chicago Press, 1988.
-
Postgate, J. N., Early Mesopotamia: Society and Economy at the Dawn of History, Routledge, 1992.
-
Crawford, H., Sumer and the Sumerians, Cambridge University Press, 2004.
-
Kuhrt, A., The Persian Empire: A Corpus of Sources from the Achaemenid Period, Routledge, 2007.
Bibliografia
-
Crawford, H., Sumer and the Sumerians, Cambridge University Press, Cambridge, 2004.
-
Jacobsen, T., The Sumerian King List, University of Chicago Press, Chicago, 1939.
-
Kuhrt, A., The Persian Empire: A Corpus of Sources from the Achaemenid Period, Routledge, London-New York, 2007.
-
Liverani, M., Antico Oriente. Storia, società, economia, Laterza, Roma-Bari, 2011.
-
Nissen, H. J., The Early History of the Ancient Near East, 9000–2000 B.C., University of Chicago Press, Chicago, 1988.
-
Postgate, J. N., Early Mesopotamia: Society and Economy at the Dawn of History, Routledge, London, 1992.
giovedì 2 ottobre 2025
Corso di storia dell'architettura: 2 EGITTO
![]() |
La sfinge in cui è effigiato il volto del faraone Chefren |
![]() |
Il complesso templare di Luxor |

Architettura dell’Antico Egitto: dalla piramide alla città templare
Introduzione
L’architettura egizia si sviluppa per oltre tre millenni, dal periodo arcaico (circa 3100 a.C.) fino alla fase tardo-antica e copta (V secolo d.C.). Essa ruota attorno alla figura del faraone, divinizzato non come mero rappresentante di una divinità – sul modello dei sovrani mesopotamici – ma come dio egli stesso, garante dell’ordine cosmico (Maat) e della sopravvivenza della comunità oltre la morte1.
La monumentalità architettonica egizia si fonda su una concezione fortemente simbolica: costruire in pietra significava eternizzare il potere, rendendo visibile la continuità del faraone oltre la vita terrena. Opere quali piramidi, templi, palazzi e complessi funerari non rispondevano solo a esigenze pratiche, ma soprattutto religiose e politiche.
Dalle piramidi ai complessi funerari
Il complesso funerario di re Djoser a Saqqara (XXVII sec. a.C.) rappresenta la prima grande sperimentazione in pietra. Progettato dall’architetto Imhotep, introduce la piramide a gradoni e un perimetro monumentale (544 × 277 m), con semicolonne papiriformi addossate alle mura e blocchetti di pietra a paramento, innovazione rispetto ai tradizionali mattoni crudi2.
La fase successiva culmina nel complesso di Giza con la piramide di Cheope (146,7 m di altezza, lato base 230 m), vera e propria montagna artificiale che richiese vent’anni di lavoro e circa 100.000 manovali. Essa rappresenta un’architettura eminentemente simbolica, affiancata da percorsi processionali e templi funerari, con sistemi di protezione complessi per la camera sepolcrale3.
Accanto alle piramidi, emergono altre soluzioni: la tomba di Montuhotep II a Deir el-Bahari introduce il modello del tempio funerario a terrazze porticate addossate alla roccia, creando un dialogo tra paesaggio naturale e architettura.
Il Nuovo Regno e l’urbanistica tebana
Con la XVIII dinastia (1567-1075 a.C.), la capitale si sposta a Tebe, dove la concezione funeraria muta: le piramidi sono sostituite da tombe rupestri scavate nella Valle dei Re, caratterizzate da ingressi nascosti e sigillati.
Grandi opere del periodo includono:
-
Tempio funerario di Hatshepsut a Deir el-Bahari, raffinata composizione di terrazze porticate degradanti;
-
Complesso templare di Karnak, ampliato per secoli, con la celebre Sala ipostila (134 colonne, 12 delle quali alte oltre 20 m);
-
Tempio di Luxor, collegato a Karnak da un viale di sfingi, eretto da Amenofi III;
-
Abu Simbel, grandioso tempio rupestre di Ramesse II in Nubia, con quattro statue colossali che segnano il portale.
Queste architetture riflettono un nuovo equilibrio tra potere faraonico e culto religioso: i templi diventano centri politico-sacrali, vere “città divine” staccate dagli insediamenti effimeri in mattoni crudi4.
La città egiziana e l’esperimento amarniano
La città egiziana, spesso invisibile per la deperibilità dei materiali, emerge con particolare chiarezza nel caso di Akhetaton (Tell el-Amarna), fondata da Amenofi IV/Ekhnaton durante la sua riforma monoteistica. Qui si realizzò un’urbanistica innovativa, assimilabile a una “città giardino”: case popolari a schiera, ville di funzionari con giardini e un palazzo reale al centro del culto di Aton5.
Questo esperimento urbanistico, sebbene effimero, dimostra che l’architettura egizia non fu solo monumentalità funeraria, ma anche sperimentazione sociale e politica.
Il tempio-palazzo e l’età ramesside
Con Ramesse III (XII sec. a.C.) il tempio-palazzo di Medinet Habu testimonia la trasformazione dell’architettura templare in cittadella fortificata, con mura alte 17 m, portali merlati, spazi sacri, palazzi e magazzini. Questo modello riflette un’epoca di crescente militarizzazione e di progressiva perdita di centralità del faraone, in cui il tempio diventa anche luogo economico e amministrativo6.
L’Epoca Tarda e il sincretismo greco-romano
Dal 525 a.C., con la conquista persiana, e poi con Alessandro Magno (332 a.C.), l’Egitto entra in una fase di decadenza politica ma anche di ibridazione culturale. Durante il periodo tolemaico vengono edificati templi come Edfu, Kom Ombo e Dendera, che pur riproducendo schemi tradizionali, rivelano influssi ellenistici nella decorazione e nell’organizzazione degli spazi7.
Con l’epoca romana, l’architettura egizia sopravvive formalmente, ma perde la sua funzione originaria: i templi divengono monumenti culturali piuttosto che centri vivi della religione faraonica.
Conclusione
L’architettura egizia rappresenta un linguaggio del potere divino: dalle piramidi alle tombe rupestri, dai templi colossali alle città regali, ogni edificio non era semplice costruzione, ma traduzione spaziale dell’ordine cosmico. La sua forza simbolica, la monumentalità e il legame con il paesaggio hanno consegnato al mondo una delle più straordinarie tradizioni architettoniche della storia.
Note
J. Assmann, L’Antico Egitto come cultura della memoria, Bologna, il Mulino, 2005.
M. Lehner, The Complete Pyramids, London, Thames & Hudson, 1997.
B. Kemp, Ancient Egypt: Anatomy of a Civilization, London, Routledge, 2006.
J. Baines – J. Malek, Atlante dell’Antico Egitto, Torino, Einaudi, 1986.
D. Arnold, The Encyclopedia of Ancient Egyptian Architecture, Princeton, Princeton University Press, 2003.
K. Bard, An Introduction to the Archaeology of Ancient Egypt, Oxford, Blackwell, 2007.
R. Wilkinson, The Complete Temples of Ancient Egypt, London, Thames & Hudson, 2000.
Bibliografia
-
Arnold, Dieter. The Encyclopedia of Ancient Egyptian Architecture. Princeton: Princeton University Press, 2003.
-
Assmann, Jan. L’Antico Egitto come cultura della memoria. Bologna: il Mulino, 2005.
-
Baines, John – Malek, Jaromir. Atlante dell’Antico Egitto. Torino: Einaudi, 1986.
-
Bard, Kathryn. An Introduction to the Archaeology of Ancient Egypt. Oxford: Blackwell, 2007.
-
Kemp, Barry. Ancient Egypt: Anatomy of a Civilization. London: Routledge, 2006.
-
Lehner, Mark. The Complete Pyramids. London: Thames & Hudson, 1997.
-
Wilkinson, Richard. The Complete Temples of Ancient Egypt. London: Thames & Hudson, 2000.
mercoledì 1 ottobre 2025
Corso di storia dell'architettura: 1 ARCHITETTURA PRIMITIVA
· quelle dei pastori sahariani, che stendono teli di lana su una leggera struttura di legno;
· quelle degli indiani Inuit del Canada; che in estate, usano tende rivestite con pelli di caribù o di foca, mentre in inverno, igloo con blocchi di ghiaccio, assemblati come conci di pietra.
![]() |
Capanna coperta di feltro, detta yurta (Mongolia). |
![]() |
Abitazione di un capo con decorazione di conchiglie nelle Isole Fiji (Melanesia). |
![]() |
Allineamenti di menhir a Carnac (nel nord ovest della Francia) |
I luoghi rituali, le sedi di importanti sepolture, i punti di riferimento per il percorso processionale o per le osservazioni astronomiche, trovano espressione nei:
• menhir, in bretone, pietra lunga, conficcata nel suolo;
• dolmen, tavola di pietra di notevoli dimensioni, sorretta da ritti anch’essi di pietra;
• cromlech, in gallese, cerchio di pietre assemblate.
Gli esempi più significativi si trovano in Francia, a Carnac, ed in Inghilterra, nella contea di Salisbury, lo straordinario Tempio del Sole di Stonehenge.
![]() |
Nuraghe su Nuraxi e villaggio a Barumini (Sardegna) |
![]() |
Ricostruzione dei giardini pensili di Babilonia. |
![]() |
La torre di Babele di Bruegel il Vecchio. |
La rivoluzione urbana neolitica
Dal villaggio neolitico nasce la città, molto di più di un villaggio ingrandito, un salto decisivo che chiamiamo rivoluzione urbana. Le prime tracce sono reperibili, stando alle nostre attuali conoscenze archeologiche, nella regione della mezzaluna fertile (fra i deserti dell'Africa e dell'Arabia, dal Mediterraneo al Golfo Persico), quando la specializzazione degli occupati nell’industrie e nei servizi (artigiani, scribi, sacerdoti, funzionari, guerrieri, ecc. destinati a diventare il gruppo sociale dominante), porta a favorire la crescita di una produzione agricola, tale da permettere di mantenerli con l’eccedenza di chi lavora la terra (contadini e allevatori, destinato a diventare il gruppo sociale subalterno).
La città-stato ieratica
Uno degli apporti decisivi allo studio della storia delle costruzioni, è quello rivolto all’analisi delle modificazioni del territorio operate dall'intervento dell’uomo ai fini insediativi. La ricerca e la classificazione dei segni di antropizzazione del territorio è disciplina studiata dalla storia dell’urbanistica. Di essa riveste particolare interesse lo studio della storia del più importante degli elementi insediativi: la città. Quando e dove nascono le prime civiltà urbane? Si va progressivamente affermando la convinzione (sostenuta dalla datazione del radiocarbonio), che la loro comparsa si possa far risalire al X millennio a. C.. Si può collocare il loro sorgere in una zona estesa a tutta l'area mediorientale, fino al Mediterraneo, con particolari resti concentrati nel delta del Tigri e dell’Eufrate, databili 3500 a.C. A questo tipo di città è attribuito il nome di città-stato ieratica, cioè sacra, e da essa discende la grande città classica. Proviamo a schematizzare le fonti informative che abbiamo su di essa e la sua evoluzione.
L'evoluzione della città
La città antica evolve in senso razionalista (calcolo economico, aumento della divisione del lavoro, commercio, ecc.), il carisma del capo e della dinastia si combina con le cerimonie, i misteri, le feste, i calendari, la storiografia, i canti, la letteratura, la tecnica, la scienza profana e sacra, i codici giuridici, la valutazione dei ranghi professionali e burocratici.Ma la città antica non evolve dal punto di vista fisico, è un’entità fissa, la sua forma non prevede i principi dello sviluppo, assai temuti, perché significherebbero un ritorno al caos, risolto, a suo tempo, con la propria nascita.L’ampliamento della città, infatti, è visto come una realtà assai più complessa di una semplice operazione urbanistica. Passa solo attraverso la ricostruzione delle mura ed una nuova cerimonia di riconsacrazione, per scongiurare la sua alterazione nel tempo.La sottomissione ad un ordine cosmico, richiede una concezione del tempo ciclico e non evolutiva, aperta e continua qual è quella dinamica della realtà storica. Non è casuale che, l’origine delle parole templum, temenos e tempus, sia la stessa, come non è casuale che, ad una rifondazione politica o religiosa, segua, spesso, un nuovo inizio sancito dalla riforma del calendario. Un’altra fondamentale caratteristica della città-stato ieratica è il carattere sacro ed inalienabile della proprietà urbana, perché emanazione di una stirpe (genos). Il rapporto tra uso e possesso del suolo della città, non è un legame giuridico, ma mistico, proprio della gens che, attraverso il suolo, testimonia la propria appartenenza sociale.Così il filosofo greco Platone fissa, addirittura, il numero delle unità familiari, oikai, della sua città ideale; lo statista greco ateniese Solone prevede, nella sua legislazione, che la vendita delle proprietà comporti la perdita della cittadinanza; il condottiero ebreo Mosè, impone che, ogni cinquant'anni, in occasione del giubileo, i beni venduti, tornino alla famiglia originaria. Nello stato primitivo, chiuso, si entra solo attraverso la porta dell’hospitalitas. Ma, con i Greci, diventa definitivo ed irreversibile il passaggio dalla sacralità alla ragione, dal mythos al logos. Essi non inventano la ragione, ma una delle ragioni possibili, importante, però, nella misura in cui la civiltà occidentale (e quindi la nostra), la farà propria. Se, a livello di mito, più civiltà potevano essere accomunate in un piano sintetico di lettura, a livello di ragione, ogni civiltà transita al logos secondo un proprio stile ragionativo, difficilmente confrontabile. Dalla Grecia in poi l’evoluzione delle civiltà che si sottraggono a questo modello, se viene interpretata secondo il logos greco, risulta incomprensibile. Da questo momento in poi, di tutti i percorsi evolutivi, potremo seguire solo quello che, dalla polis greca, porta a noi. Ma la città antica non evolve dal punto di vista fisico, è un’entità fissa, la sua forma non prevede i principi dello sviluppo, assai temuti, perché significherebbero un ritorno al caos, risolto, a suo tempo, con la propria nascita. L’ampliamento della città, infatti, è visto come una realtà assai più complessa di una semplice operazione urbanistica. Passa solo attraverso la ricostruzione delle mura ed una nuova cerimonia di riconsacrazione, per scongiurare la sua alterazione nel tempo. La sottomissione ad un ordine cosmico, richiede una concezione del tempo ciclico e non evolutiva, aperta e continua qual è quella dinamica della realtà storica. Non è casuale che, l’origine delle parole templum, temenos e tempus, sia la stessa, come non è casuale che, ad una rifondazione politica o religiosa, segua, spesso, un nuovo inizio sancito dalla riforma del calendario.Un’altra fondamentale caratteristica della città-stato ieratica è il carattere sacro ed inalienabile della proprietà urbana, perché emanazione di una stirpe (genos). Il rapporto tra uso e possesso del suolo della città, non è un legame giuridico, ma mistico, proprio della gens che, attraverso il suolo, testimonia la propria appartenenza sociale.Così il filosofo greco Platone fissa, addirittura, il numero delle unità familiari, oikai, della sua città ideale; lo statista greco ateniese Solone prevede, nella sua legislazione, che la vendita delle proprietà comporti la perdita della cittadinanza; il condottiero ebreo Mosè, impone che, ogni cinquant'anni, in occasione del giubileo, i beni venduti, tornino alla famiglia originaria. Nello stato primitivo, chiuso, si entra solo attraverso la porta dell’hospitalitas.Ma, con i Greci, diventa definitivo ed irreversibile il passaggio dalla sacralità alla ragione, dal mythos al logos. Essi non inventano la ragione, ma una delle ragioni possibili, importante, però, nella misura in cui la civiltà occidentale (e quindi la nostra), la farà propria. Se, a livello di mito, più civiltà potevano essere accomunate in un piano sintetico di lettura, a livello di ragione, ogni civiltà transita al logos secondo un proprio stile ragionativo, difficilmente confrontabile. Dalla Grecia in poi l’evoluzione delle civiltà che si sottraggono a questo modello, se viene interpretata secondo il logos greco, risulta incomprensibile. Da questo momento in poi, di tutti i percorsi evolutivi, potremo seguire solo quello che, dalla polis greca, porta a noi.
Dalla Grotta di Lascaux alla città-stato: origini e sviluppi dell’abitare umano
Introduzione
La storia delle costruzioni umane non coincide immediatamente con la storia dell’architettura. Come ha notato Sigfried Giedion, il grande storico dell’arte e dell’urbanistica, nelle prime fasi dell’umanità l’intervento sull’ambiente non è ancora espressione di una precisa intenzionalità architettonica, ma piuttosto un adattamento tecnico e culturale a esigenze di sopravvivenza1.
La visione del soffitto della Grande Sala della grotta di Lascaux (25.000-15.000 a.C.) ne è un esempio paradigmatico. Le pitture rupestri, interpretate come pratiche magiche volte a propiziare la caccia, ci restituiscono una cultura in cui il rapporto con l’ambiente naturale è ancora intrinsecamente simbolico e sacrale. Non si tratta di “architettura”, ma di “cultura materiale” che prelude alla costruzione di spazi significativi2.
Paleolitico ed epoca delle culture materiali
Nel Paleolitico l’abitare si manifesta attraverso ripari provvisori: cavità naturali, tende di pelli sorrette da pali lignei, capanne di rami. L’organizzazione dello spazio è centrata sul focolare, nucleo vitale e simbolico della comunità. Le tracce archeologiche rivelano strumenti litici, ossa lavorate, e la distribuzione degli oggetti secondo un ordine funzionale.
Tali soluzioni, pur ingegnose, restano espressione di un adattamento contingente. Il passaggio a una vera e propria architettura richiede una trasformazione radicale del rapporto uomo-ambiente: la sedentarizzazione.
Le società neolitiche e la nascita della progettualità
Con il Neolitico (a partire dal 10.000 a.C.) assistiamo a un salto qualitativo. L’uomo non si limita più a sfruttare la natura: la trasforma. I campi coltivati, i villaggi stabili, i depositi alimentari e le abitazioni per uomini e animali domestici costituiscono le prime forme di ambiente antropizzato.
Gli insediamenti neolitici mostrano già regolarità planimetrica, segno di una intenzionalità progettuale. Si sviluppano le prime differenziazioni architettoniche tra popolazioni nomadi e sedentarie: i primi mantengono strutture mobili e smontabili (dalle tende dei pastori sahariani alle yurte mongole), i secondi elaborano case in muratura circolare o rettangolare, e soprattutto edifici collettivi per assemblee e culti3.
Nomadismo e sedentarietà: due paradigmi abitativi
Il confronto tra culture nomadi e sedentarie rivela due diversi paradigmi di costruzione.
-
Nomadi: la mobilità impone leggerezza e transitorietà. L’igloo inuit o la yurta mongola sono esempi di ingegno adattivo, ma non prevedono monumentalità.
-
Sedentari: la stabilità agricola e la gestione delle eccedenze richiedono strutture permanenti e collettive. A Gerico (6500 a.C.) e Gawra (5000 a.C.) compaiono abitazioni in pietra e mattoni, mentre i villaggi amazzonici e dogon mostrano edifici comunitari (toguna, nagamal) con valenza sociale e rituale.
Questo dualismo continua ad attraversare la storia dell’architettura, riaffiorando in epoche diverse (ad esempio, nelle tensioni tra urbanesimo e pastoralismo nel mondo mediterraneo antico).
Architettura megalitica: pietra e sacralità
Parallelamente agli insediamenti agricoli, in Europa si sviluppa un fenomeno autonomo: l’architettura megalitica. Menhir, dolmen e cromlech non rispondono a bisogni abitativi, ma a funzioni rituali, funerarie e astronomiche.
Luoghi come Carnac in Bretagna o Stonehenge in Inghilterra testimoniano la capacità di organizzare spazi sacri attraverso la disposizione monumentale di grandi pietre. In Italia, la tradizione megalitica sopravvive nei nuraghi sardi e nei trulli pugliesi, esempi di continuità culturale nel Mediterraneo4.
Dalla rivoluzione neolitica alla rivoluzione urbana
Il passaggio decisivo avviene con la cosiddetta rivoluzione urbana (IV-III millennio a.C.), quando il villaggio agricolo si trasforma in città. La specializzazione del lavoro (artigiani, sacerdoti, scribi, guerrieri) e l’accumulo di eccedenze agricole favoriscono la nascita di centri stabili con funzioni politiche e religiose.
Le prime città della Mezzaluna Fertile — Uruk, Ur, Lagash — introducono una concezione gerarchica e sacra dello spazio urbano, rappresentata simbolicamente dal reticolo quadripartito: il cerchio cosmico che contiene il quadrato degli assi cardinali5.
La città diventa così microcosmo ordinato, specchio dell’universo e garanzia di permanenza contro il caos.
La città-stato ieratica
Le città mesopotamiche ed egiziane sono definite da alcuni studiosi città-stato ieratiche: insediamenti in cui il potere politico è inscindibile da quello religioso. L’urbanistica riflette un ordine cosmico e sacrale. L’espansione urbana non è vista come evoluzione, ma come riconsacrazione ciclica: la città, entità “fissa”, non cresce se non attraverso riti di rifondazione.
Questa concezione differisce radicalmente da quella greca, dove il passaggio dal mythos al logos segna l’inizio di una razionalizzazione dello spazio politico. La polis greca, pur derivando dal modello sacrale orientale, inaugura una concezione nuova: la città come spazio di ragione e dibattito pubblico6.
Conclusione
Dalle pitture rupestri di Lascaux alla polis greca, l’evoluzione dell’abitare umano mostra un progressivo spostamento:
-
dall’adattamento naturale alla progettualità tecnica;
-
dal simbolo magico al rito collettivo;
-
dalla sacralità urbana al logos politico.
La città nasce non solo come struttura materiale, ma come espressione di un ordine simbolico e sociale. Comprendere questo percorso significa cogliere le radici profonde della nostra stessa civiltà urbana.
Note
S. Giedion, Space, Time and Architecture, Harvard University Press, 1941.
A. Leroi-Gourhan, Le religioni della preistoria, Laterza, Bari, 1965.
C. Renfrew, Archaeology and Language: The Puzzle of Indo-European Origins, Cambridge University Press, 1987.
J. Le Roy Ladurie, Storia delle campagne europee, Einaudi, Torino, 1978.
H. Frankfort, The Birth of Civilization in the Near East, Indiana University Press, 1951.
M. Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1957.
Bibliografia
-
Eliade, Mircea. Il sacro e il profano. Torino: Boringhieri, 1957.
-
Frankfort, Henri. The Birth of Civilization in the Near East. Bloomington: Indiana University Press, 1951.
-
Giedion, Sigfried. Space, Time and Architecture. Cambridge, MA: Harvard University Press, 1941.
-
Leroi-Gourhan, André. Le religioni della preistoria. Bari: Laterza, 1965.
-
Le Roy Ladurie, Emmanuel. Storia delle campagne europee. Torino: Einaudi, 1978.
-
Renfrew, Colin. Archaeology and Language: The Puzzle of Indo-European Origins. Cambridge: Cambridge University Press, 1987.