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Viste di Pompei |
18. Urbs e imperium
Introduzione
Ben diverso è, viceversa, l’interesse che si deve riservare a Roma, città nata da successive aggregazioni di villaggi, ma trasformatasi, nel tempo, in un organismo urbano di straordinaria complessità e innovazione. Di tutte le città antiche, Roma risulta, nel bene e nel male, la più affine alle metropoli moderne: un centro vivo, policentrico, stratificato, dove il potere politico, religioso e simbolico si intrecciano in una trama indissolubile¹. Due caratteristiche, in particolare, la contraddistinguono: l’apparente caos urbanistico e la monumentalità architettonica come linguaggio politico.
1. La Forma Urbis: Caos e Simbolo
Lo storico Tito Livio descrisse Roma come forma urbis occupatae magis quam divisae similis, “la forma di una città simile più a un territorio occupato che pianificato”². Tale impressione di disordine nasce dall’espansione repentina e dall’accumulo di funzioni pubbliche e sacre dopo il saccheggio gallico (390 a.C.), che determinò una ricostruzione affrettata e spontanea. Tuttavia, il presunto caos romano cela una logica profonda: l’architettura monumentale diventa espressione visiva del potere e della memoria, una forma di propaganda civica e religiosa³.
La città cresce attraverso successivi anelli di mura — dalle Serviane alle Aureliane — e attraverso una fitta rete di fori, templi, terme e teatri. Gli interventi urbanistici di età augustea, flavia e traianea mirano a rappresentare la gloria dell’Impero, più che a organizzare la vita quotidiana⁴.
2. Le Colonie Romane: L’Ordine nel Caos
Se Roma appare caotica, le colonie romane rivelano invece una perfetta razionalità. Esse nascono come operazioni militari e commerciali, pianificate secondo una logica di controllo e integrazione dei territori conquistati⁵. A differenza delle polis greche, frutto di processi organici e religiosi, le colonie romane sono costruzioni amministrative, espressioni di un potere centrale pragmatico e universale.
Spesso si sviluppano a partire da un accampamento militare (castrum), organizzato secondo uno schema ortogonale che riflette la centuriazione agricola. Al centro si trovano il cardo e il decumanus maximus, incrociati nel foro, cuore civile e religioso della colonia⁶. Gli edifici simbolici — arco trionfale, tempio imperiale, ippodromo, anfiteatro — fungono da emblemi di romanità, imprimendo sul territorio il sigillo dell’Impero.
3. Il Controllo del Territorio
Il dominio romano si fonda su una visione spaziale integrata: la città, la campagna e le vie di comunicazione formano un sistema coerente. Le grandi infrastrutture — acquedotti, ponti, strade consolari — garantiscono l’unità politica e militare dell’Impero⁷.
Il limes germanico e il Vallo di Adriano testimoniano l’estensione del controllo territoriale, mentre la Tavola Peutingeriana rappresenta una vera mappa concettuale del mondo romano, centrato sull’Urbe⁸. La centuriazione, sistema di suddivisione agraria e amministrativa, trasforma il paesaggio stesso in una griglia razionale, anticipando forme di pianificazione moderna⁹.
4. Apoteosi e Crollo dell’Impero
L’apogeo di Roma coincide con la massima concentrazione di risorse economiche, tecniche e intellettuali dell’intero bacino mediterraneo. Le grandi opere — il Faro e la Biblioteca di Alessandria, i porti, le vie, le terme e i sistemi idraulici — rappresentano una forma di civiltà urbana senza precedenti¹⁰. Tuttavia, la magnificenza imperiale nasconde una crisi strutturale.
L’eccessiva centralizzazione, l’ineguale distribuzione della ricchezza e la dipendenza dalle province determinano uno squilibrio crescente tra centro e periferia¹¹. La caduta dell’Impero segna non solo il crollo di un potere politico, ma anche la fine dell’idea di città come microcosmo del mondo. Le viae consulares, che un tempo portavano a Roma, lasciano il posto alle strade di arroccamento medievale. Il cantiere alto-medievale eredita un mondo frammentato, fondato sull’autarchia rurale e sulla perdita della grande organizzazione urbana¹².
Note
G. Lugli, La tecnica edilizia romana, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1957.
Tito Livio, Ab Urbe Condita, V, 55.
P. Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino, Einaudi, 1989.
L. Richardson, A New Topographical Dictionary of Ancient Rome, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1992.
A. Claridge, Rome: An Oxford Archaeological Guide, Oxford University Press, 1998.
J. E. Stambaugh, The Ancient Roman City, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1988.
A. Wallace-Hadrill, Rome’s Cultural Revolution, Cambridge University Press, 2008.
R. Talbert, Rome’s World: The Peutinger Map Reconsidered, Cambridge University Press, 2010.
J. B. Ward-Perkins, Roman Imperial Architecture, New Haven, Yale University Press, 1981.
F. Coarelli, Roma, Roma-Bari, Laterza, 2001.
C. Nicolet, L’inventaire du monde: géographie et politique aux origines de l’Empire romain, Parigi, Fayard, 1988.
C. Wickham, Framing the Early Middle Ages: Europe and the Mediterranean, 400–800, Oxford University Press, 2005.
Bibliografia
Claridge, A., Rome: An Oxford Archaeological Guide, Oxford, Oxford University Press, 1998.
Coarelli, F., Roma, Roma-Bari, Laterza, 2001.
Livio, T., Ab Urbe Condita, trad. e commento a cura di G. Pasquali, Milano, Mondadori, 1997.
Lugli, G., La tecnica edilizia romana, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1957.
Nicolet, C., L’inventaire du monde, Parigi, Fayard, 1988.
Richardson, L., A New Topographical Dictionary of Ancient Rome, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1992.
Stambaugh, J. E., The Ancient Roman City, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1988.
Talbert, R., Rome’s World: The Peutinger Map Reconsidered, Cambridge University Press, 2010.
Wallace-Hadrill, A., Rome’s Cultural Revolution, Cambridge University Press, 2008.
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Wickham, C., Framing the Early Middle Ages: Europe and the Mediterranean, 400–800, Oxford University Press, 2005.
Zanker, P., Augusto e il potere delle immagini, Torino, Einaudi, 1989.