· quelle dei pastori sahariani, che stendono teli di lana su una leggera struttura di legno;
· quelle degli indiani Inuit del Canada; che in estate, usano tende rivestite con pelli di caribù o di foca, mentre in inverno, igloo con blocchi di ghiaccio, assemblati come conci di pietra.
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Capanna coperta di feltro, detta yurta (Mongolia). |
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Abitazione di un capo con decorazione di conchiglie nelle Isole Fiji (Melanesia). |
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Allineamenti di menhir a Carnac (nel nord ovest della Francia) |
I luoghi rituali, le sedi di importanti sepolture, i punti di riferimento per il percorso processionale o per le osservazioni astronomiche, trovano espressione nei:
• menhir, in bretone, pietra lunga, conficcata nel suolo;
• dolmen, tavola di pietra di notevoli dimensioni, sorretta da ritti anch’essi di pietra;
• cromlech, in gallese, cerchio di pietre assemblate.
Gli esempi più significativi si trovano in Francia, a Carnac, ed in Inghilterra, nella contea di Salisbury, lo straordinario Tempio del Sole di Stonehenge.
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Nuraghe su Nuraxi e villaggio a Barumini (Sardegna) |
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Ricostruzione dei giardini pensili di Babilonia. |
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La torre di Babele di Bruegel il Vecchio. |
La rivoluzione urbana neolitica
Dal villaggio neolitico nasce la città, molto di più di un villaggio ingrandito, un salto decisivo che chiamiamo rivoluzione urbana. Le prime tracce sono reperibili, stando alle nostre attuali conoscenze archeologiche, nella regione della mezzaluna fertile (fra i deserti dell'Africa e dell'Arabia, dal Mediterraneo al Golfo Persico), quando la specializzazione degli occupati nell’industrie e nei servizi (artigiani, scribi, sacerdoti, funzionari, guerrieri, ecc. destinati a diventare il gruppo sociale dominante), porta a favorire la crescita di una produzione agricola, tale da permettere di mantenerli con l’eccedenza di chi lavora la terra (contadini e allevatori, destinato a diventare il gruppo sociale subalterno).
La città-stato ieratica
Uno degli apporti decisivi allo studio della storia delle costruzioni, è quello rivolto all’analisi delle modificazioni del territorio operate dall'intervento dell’uomo ai fini insediativi. La ricerca e la classificazione dei segni di antropizzazione del territorio è disciplina studiata dalla storia dell’urbanistica. Di essa riveste particolare interesse lo studio della storia del più importante degli elementi insediativi: la città. Quando e dove nascono le prime civiltà urbane? Si va progressivamente affermando la convinzione (sostenuta dalla datazione del radiocarbonio), che la loro comparsa si possa far risalire al X millennio a. C.. Si può collocare il loro sorgere in una zona estesa a tutta l'area mediorientale, fino al Mediterraneo, con particolari resti concentrati nel delta del Tigri e dell’Eufrate, databili 3500 a.C. A questo tipo di città è attribuito il nome di città-stato ieratica, cioè sacra, e da essa discende la grande città classica. Proviamo a schematizzare le fonti informative che abbiamo su di essa e la sua evoluzione.
L'evoluzione della città
La città antica evolve in senso razionalista (calcolo economico, aumento della divisione del lavoro, commercio, ecc.), il carisma del capo e della dinastia si combina con le cerimonie, i misteri, le feste, i calendari, la storiografia, i canti, la letteratura, la tecnica, la scienza profana e sacra, i codici giuridici, la valutazione dei ranghi professionali e burocratici.Ma la città antica non evolve dal punto di vista fisico, è un’entità fissa, la sua forma non prevede i principi dello sviluppo, assai temuti, perché significherebbero un ritorno al caos, risolto, a suo tempo, con la propria nascita.L’ampliamento della città, infatti, è visto come una realtà assai più complessa di una semplice operazione urbanistica. Passa solo attraverso la ricostruzione delle mura ed una nuova cerimonia di riconsacrazione, per scongiurare la sua alterazione nel tempo.La sottomissione ad un ordine cosmico, richiede una concezione del tempo ciclico e non evolutiva, aperta e continua qual è quella dinamica della realtà storica. Non è casuale che, l’origine delle parole templum, temenos e tempus, sia la stessa, come non è casuale che, ad una rifondazione politica o religiosa, segua, spesso, un nuovo inizio sancito dalla riforma del calendario. Un’altra fondamentale caratteristica della città-stato ieratica è il carattere sacro ed inalienabile della proprietà urbana, perché emanazione di una stirpe (genos). Il rapporto tra uso e possesso del suolo della città, non è un legame giuridico, ma mistico, proprio della gens che, attraverso il suolo, testimonia la propria appartenenza sociale.Così il filosofo greco Platone fissa, addirittura, il numero delle unità familiari, oikai, della sua città ideale; lo statista greco ateniese Solone prevede, nella sua legislazione, che la vendita delle proprietà comporti la perdita della cittadinanza; il condottiero ebreo Mosè, impone che, ogni cinquant'anni, in occasione del giubileo, i beni venduti, tornino alla famiglia originaria. Nello stato primitivo, chiuso, si entra solo attraverso la porta dell’hospitalitas. Ma, con i Greci, diventa definitivo ed irreversibile il passaggio dalla sacralità alla ragione, dal mythos al logos. Essi non inventano la ragione, ma una delle ragioni possibili, importante, però, nella misura in cui la civiltà occidentale (e quindi la nostra), la farà propria. Se, a livello di mito, più civiltà potevano essere accomunate in un piano sintetico di lettura, a livello di ragione, ogni civiltà transita al logos secondo un proprio stile ragionativo, difficilmente confrontabile. Dalla Grecia in poi l’evoluzione delle civiltà che si sottraggono a questo modello, se viene interpretata secondo il logos greco, risulta incomprensibile. Da questo momento in poi, di tutti i percorsi evolutivi, potremo seguire solo quello che, dalla polis greca, porta a noi. Ma la città antica non evolve dal punto di vista fisico, è un’entità fissa, la sua forma non prevede i principi dello sviluppo, assai temuti, perché significherebbero un ritorno al caos, risolto, a suo tempo, con la propria nascita. L’ampliamento della città, infatti, è visto come una realtà assai più complessa di una semplice operazione urbanistica. Passa solo attraverso la ricostruzione delle mura ed una nuova cerimonia di riconsacrazione, per scongiurare la sua alterazione nel tempo. La sottomissione ad un ordine cosmico, richiede una concezione del tempo ciclico e non evolutiva, aperta e continua qual è quella dinamica della realtà storica. Non è casuale che, l’origine delle parole templum, temenos e tempus, sia la stessa, come non è casuale che, ad una rifondazione politica o religiosa, segua, spesso, un nuovo inizio sancito dalla riforma del calendario.Un’altra fondamentale caratteristica della città-stato ieratica è il carattere sacro ed inalienabile della proprietà urbana, perché emanazione di una stirpe (genos). Il rapporto tra uso e possesso del suolo della città, non è un legame giuridico, ma mistico, proprio della gens che, attraverso il suolo, testimonia la propria appartenenza sociale.Così il filosofo greco Platone fissa, addirittura, il numero delle unità familiari, oikai, della sua città ideale; lo statista greco ateniese Solone prevede, nella sua legislazione, che la vendita delle proprietà comporti la perdita della cittadinanza; il condottiero ebreo Mosè, impone che, ogni cinquant'anni, in occasione del giubileo, i beni venduti, tornino alla famiglia originaria. Nello stato primitivo, chiuso, si entra solo attraverso la porta dell’hospitalitas.Ma, con i Greci, diventa definitivo ed irreversibile il passaggio dalla sacralità alla ragione, dal mythos al logos. Essi non inventano la ragione, ma una delle ragioni possibili, importante, però, nella misura in cui la civiltà occidentale (e quindi la nostra), la farà propria. Se, a livello di mito, più civiltà potevano essere accomunate in un piano sintetico di lettura, a livello di ragione, ogni civiltà transita al logos secondo un proprio stile ragionativo, difficilmente confrontabile. Dalla Grecia in poi l’evoluzione delle civiltà che si sottraggono a questo modello, se viene interpretata secondo il logos greco, risulta incomprensibile. Da questo momento in poi, di tutti i percorsi evolutivi, potremo seguire solo quello che, dalla polis greca, porta a noi.
Dalla Grotta di Lascaux alla città-stato: origini e sviluppi dell’abitare umano
Introduzione
La storia delle costruzioni umane non coincide immediatamente con la storia dell’architettura. Come ha notato Sigfried Giedion, il grande storico dell’arte e dell’urbanistica, nelle prime fasi dell’umanità l’intervento sull’ambiente non è ancora espressione di una precisa intenzionalità architettonica, ma piuttosto un adattamento tecnico e culturale a esigenze di sopravvivenza1.
La visione del soffitto della Grande Sala della grotta di Lascaux (25.000-15.000 a.C.) ne è un esempio paradigmatico. Le pitture rupestri, interpretate come pratiche magiche volte a propiziare la caccia, ci restituiscono una cultura in cui il rapporto con l’ambiente naturale è ancora intrinsecamente simbolico e sacrale. Non si tratta di “architettura”, ma di “cultura materiale” che prelude alla costruzione di spazi significativi2.
Paleolitico ed epoca delle culture materiali
Nel Paleolitico l’abitare si manifesta attraverso ripari provvisori: cavità naturali, tende di pelli sorrette da pali lignei, capanne di rami. L’organizzazione dello spazio è centrata sul focolare, nucleo vitale e simbolico della comunità. Le tracce archeologiche rivelano strumenti litici, ossa lavorate, e la distribuzione degli oggetti secondo un ordine funzionale.
Tali soluzioni, pur ingegnose, restano espressione di un adattamento contingente. Il passaggio a una vera e propria architettura richiede una trasformazione radicale del rapporto uomo-ambiente: la sedentarizzazione.
Le società neolitiche e la nascita della progettualità
Con il Neolitico (a partire dal 10.000 a.C.) assistiamo a un salto qualitativo. L’uomo non si limita più a sfruttare la natura: la trasforma. I campi coltivati, i villaggi stabili, i depositi alimentari e le abitazioni per uomini e animali domestici costituiscono le prime forme di ambiente antropizzato.
Gli insediamenti neolitici mostrano già regolarità planimetrica, segno di una intenzionalità progettuale. Si sviluppano le prime differenziazioni architettoniche tra popolazioni nomadi e sedentarie: i primi mantengono strutture mobili e smontabili (dalle tende dei pastori sahariani alle yurte mongole), i secondi elaborano case in muratura circolare o rettangolare, e soprattutto edifici collettivi per assemblee e culti3.
Nomadismo e sedentarietà: due paradigmi abitativi
Il confronto tra culture nomadi e sedentarie rivela due diversi paradigmi di costruzione.
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Nomadi: la mobilità impone leggerezza e transitorietà. L’igloo inuit o la yurta mongola sono esempi di ingegno adattivo, ma non prevedono monumentalità.
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Sedentari: la stabilità agricola e la gestione delle eccedenze richiedono strutture permanenti e collettive. A Gerico (6500 a.C.) e Gawra (5000 a.C.) compaiono abitazioni in pietra e mattoni, mentre i villaggi amazzonici e dogon mostrano edifici comunitari (toguna, nagamal) con valenza sociale e rituale.
Questo dualismo continua ad attraversare la storia dell’architettura, riaffiorando in epoche diverse (ad esempio, nelle tensioni tra urbanesimo e pastoralismo nel mondo mediterraneo antico).
Architettura megalitica: pietra e sacralità
Parallelamente agli insediamenti agricoli, in Europa si sviluppa un fenomeno autonomo: l’architettura megalitica. Menhir, dolmen e cromlech non rispondono a bisogni abitativi, ma a funzioni rituali, funerarie e astronomiche.
Luoghi come Carnac in Bretagna o Stonehenge in Inghilterra testimoniano la capacità di organizzare spazi sacri attraverso la disposizione monumentale di grandi pietre. In Italia, la tradizione megalitica sopravvive nei nuraghi sardi e nei trulli pugliesi, esempi di continuità culturale nel Mediterraneo4.
Dalla rivoluzione neolitica alla rivoluzione urbana
Il passaggio decisivo avviene con la cosiddetta rivoluzione urbana (IV-III millennio a.C.), quando il villaggio agricolo si trasforma in città. La specializzazione del lavoro (artigiani, sacerdoti, scribi, guerrieri) e l’accumulo di eccedenze agricole favoriscono la nascita di centri stabili con funzioni politiche e religiose.
Le prime città della Mezzaluna Fertile — Uruk, Ur, Lagash — introducono una concezione gerarchica e sacra dello spazio urbano, rappresentata simbolicamente dal reticolo quadripartito: il cerchio cosmico che contiene il quadrato degli assi cardinali5.
La città diventa così microcosmo ordinato, specchio dell’universo e garanzia di permanenza contro il caos.
La città-stato ieratica
Le città mesopotamiche ed egiziane sono definite da alcuni studiosi città-stato ieratiche: insediamenti in cui il potere politico è inscindibile da quello religioso. L’urbanistica riflette un ordine cosmico e sacrale. L’espansione urbana non è vista come evoluzione, ma come riconsacrazione ciclica: la città, entità “fissa”, non cresce se non attraverso riti di rifondazione.
Questa concezione differisce radicalmente da quella greca, dove il passaggio dal mythos al logos segna l’inizio di una razionalizzazione dello spazio politico. La polis greca, pur derivando dal modello sacrale orientale, inaugura una concezione nuova: la città come spazio di ragione e dibattito pubblico6.
Conclusione
Dalle pitture rupestri di Lascaux alla polis greca, l’evoluzione dell’abitare umano mostra un progressivo spostamento:
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dall’adattamento naturale alla progettualità tecnica;
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dal simbolo magico al rito collettivo;
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dalla sacralità urbana al logos politico.
La città nasce non solo come struttura materiale, ma come espressione di un ordine simbolico e sociale. Comprendere questo percorso significa cogliere le radici profonde della nostra stessa civiltà urbana.
Note
S. Giedion, Space, Time and Architecture, Harvard University Press, 1941.
A. Leroi-Gourhan, Le religioni della preistoria, Laterza, Bari, 1965.
C. Renfrew, Archaeology and Language: The Puzzle of Indo-European Origins, Cambridge University Press, 1987.
J. Le Roy Ladurie, Storia delle campagne europee, Einaudi, Torino, 1978.
H. Frankfort, The Birth of Civilization in the Near East, Indiana University Press, 1951.
M. Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1957.
Bibliografia
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Eliade, Mircea. Il sacro e il profano. Torino: Boringhieri, 1957.
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Frankfort, Henri. The Birth of Civilization in the Near East. Bloomington: Indiana University Press, 1951.
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Giedion, Sigfried. Space, Time and Architecture. Cambridge, MA: Harvard University Press, 1941.
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Leroi-Gourhan, André. Le religioni della preistoria. Bari: Laterza, 1965.
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Le Roy Ladurie, Emmanuel. Storia delle campagne europee. Torino: Einaudi, 1978.
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Renfrew, Colin. Archaeology and Language: The Puzzle of Indo-European Origins. Cambridge: Cambridge University Press, 1987.