venerdì 24 ottobre 2025

Corso di storia dell'architettura: 45 Tendenze

 Googie









Lo stile Googie, conosciuto anche come populuxe o doo-wop, è un genere dell'architettura futuristica influenzato dalla cultura dell'automobile, dell'era spaziale e dell'era atomica, originaria del sud della California alla fine degli anni 1940 e che perdurò fino alla metà degli anni 1960. Il termine Googie viene da un caffè ormai estinto costruito a West Hollywood. Caratterizzata da tetti affilati, dalla presenza di forme geometriche e dall'uso massiccio del cristallo e del neon, decorò molti motel, caffetterie e bowling tra il 1950 e il 1970. Esemplifica lo spirito di ciò che chiedeva una generazione entusiasta davanti alla prospettiva di un futuro brillante e altamente tecnologico. Via via che divenne chiaro che il futuro non avrebbe avuto l'aspetto profetizzato, lo stile cominciò a perdere le sue caratteristiche futuriste per assumere connotazioni atemporali. Quando passò lo stile Art Déco del decennio 1930, è rimasto svalutato, e infine molti dei suoi migliori esempi sono stati distrutti. Ciononostante, questo stile ha rappresentato una fase importante della moderna architettura degli Stati Uniti, la cui influenza è visibile in parte ancora oggi. Secondo l'autore Alan Hess nel suo libro Googie: Fifties Coffee Shop Architecture, l'origine del nome Googie si può far risalire al 1949, quando l'architetto John Lautner progettò una caffetteria con il nome di "Googie's", che aveva alcune caratteristiche architettoniche distintive. Il nome "Googie" era un soprannome familiare di Lillian K. Burton, la moglie del proprietario originale, Mortimer C. Burton.[4][5] Questa caffetteria era all'angolo di Sunset Boulevard e Crescent Heights a Los Angeles, ma fu demolita negli anni 1980.[6] Secondo Hess, il nome Googie passò ad indicare uno stile architettonico un giorno in cui il professor Douglas Haskell di Yale e il fotografo architettonico Julius Shulman stavano guidando per Los Angeles. Huskell insisté per fermare l'auto dopo aver visto Googie's, e proclamò: "Questa è l'architettura Googie". Rese poi il nome popolare dopo aver scritto un artícolo in una edizione del 1952 della rivista House and Home. Strutture a sbalzo, angoli acuti, pannelli plastici illuminati, forme libere e ritagli con boomerang e tavolozze d'artista e pinne caudali di automobile sugli edifici contrassegnavano l'architettura Googie, il che era disprezzabile per gli architetti più influenti, seguaci del Modernismo, ma ebbe difensori durante il periodo postmodernista alla fine del XX secolo. Gli elementi comuni che generalmente distinguono Googie da altre forme di architettura sono:

Tetti inclinati con un angolo verso l'alto: è quel particolare elemento con il quale gli architetti stavano creando una struttura esclusiva. Molte caffetterie nello stile Googie e altre strutture, hanno un tetto che sembra essere 2/3 di un angolo ottuso inverso. Un ottimo esempio di questo è il famoso, ma ormai chiuso, Johnie's Coffee Shop sul Wilshire Boulevard a Los Angeles.

Strutture a raggiera: le raggiere (starbursts, letteralmente "esplosioni stellari") sono un ornamento comune nello stile Googie, che mostra le sue influenze dell'era spaziale o di tipo capriccioso. Forse the il più notevole esempio della raggiera appare sul cartello "Welcome to Fabulous Las Vegas", che ora è diventata famosa. Il motivo ornamentale è, come scrive Hess, a forma di "un'esplosione ad alta energia".[9] Questa forma è un esempio di motivo non utilitario in quanto la forma a stella non ha una funzione effettiva ma serve esclusivamente come elemento decorativo.

Il boomerang era un altro elemento decorativo che catturava il movimento. Era usato strutturalmente al posto di un pilastro o esteticamente come una freccia stilizzata. Hess scrive che il boomerang era una resa stilistica di un campo di energia direzionale.

Il redattore Douglas Haskell descrisse lo stile astratto di Googie, dicendo che "Se assomiglia a un uccello, questo deve essere un uccello geometrico." Inoltre, deve sembrare che gli edifici sfidino la gravità, come notava Haskell: "...ogni volta che è possibile, l'edificio deve pendere dal cielo". Il terzo principio di Haskell per Googie era che avesse più di un tema – più di un sistema strutturale. A causa del suo bisogno di farsi notare dalle automobili che passavano lungo il corso commerciale, Googie non era uno stile famoso per la sua sottigliezza.

L'architettura Googie si sviluppò dall'architettura futuristica dello Streamline Moderno, estendendo e reinterpretando i temi tecnologici alla luce delle nuove condizioni degli anni 1950. Mentre l'architettura degli anni 1930 era relativamente semplice, Googie abbracciò l'opulenza. Hess sostiene che la ragione di questo era che la visione del futuro degli anni 1930 era ormai diventata obsoleta verso gli anni 1950 e così l'architettura si evolse di conseguenza. Durante gli anni 1930 i treni e le automobili Lincoln Zephyr avevano rappresentato la tecnologia più avanzata, e lo Streamline Moderno riprendeva le loro forme esteriori di tipo aerodinamico, levigate e semplificate. Questa semplicità potrebbe essere il simbolo della frugalità forzata degli anni della depressione. Il Googie influenzò fortemente il Retro-futurismo. Lo stile, simile ai cartoni animati, è esemplificato correttamente nei cartoni animati de I Pronipoti (The Jetsons), e a Disneyland di Anaheim (California), si trova il Googie Tomorrowland. Googie fu anche l'ispirazione per lo stile decorativo del set del film della Pixar Gli Incredibili - Una "normale" famiglia di supereroi (The Incredibles) e la serie televisiva animata Jimmy Neutron. Le tre zone classiche del Googie furono Miami Beach, dove le strutture commerciali si ispirarono al resort di Morris Lapidus e altri progettisti di hotel, la prima fase di Las Vegas, e il sud della California, dove Richard Neutra costruì una chiesa a Garden Groove nella quale si poteva entrare in automobile.

Architettura complementare







L'architettura complementare è un movimento nell'architettura contemporanea che promuove la pratica architettonica radicata nella comprensione globale del contesto, con l'obiettivo di contribuire all'ambiente in modo tale da continuare e migliorare o enfatizzare le sue qualità preesistenti. Le caratteristiche indispensabili dell'architettura complementare includono la sostenibilità, l'altruismo, il contestualismo, l'endemismo e la continuità del linguaggio di design regionale specifico. L'architettura complementare si verifica all'intersezione di pattern locali e linguaggi di progettazione. Un pattern language rappresenta un insieme di regole più o meno formalizzate di interazione umana con forme costruite, risultanti da soluzioni pratiche sviluppate nel tempo secondo la cultura locale e le condizioni naturali. Un linguaggio di progettazione in architettura è un insieme di standard geometrici (formali) e materiali utilizzati negli edifici e in altre strutture artificiali, tradizionalmente derivanti dai materiali locali e dalle loro proprietà fisiche. L'architettura complementare interpreta la triade vitruviana per l'uso contemporaneo, mappando la durabilità (firmitas) contro aspetti di sostenibilità più ampia, l'utilità (utilitas) contro l'altruismo e il servizio alla società e la bellezza individuale (venustas) contro l'armonia con un contesto più ampio, l'identità regionale e lo spirito di posto. Il termine è stato coniato dall'architetto australiano Jiri Lev in Manifesto of Complementary Architecture, formulato per la prima volta nel 2015,in risposta al crescente impatto delle tendenze del design globalizzato e alla loro mancanza di sensibilità locale. La parola complemento ha radici nel latino complementum, da complēre a riempire, completare e rimane fedele a quell'origine nella sua ortografia e nei suoi significati che hanno a che fare con il completamento o l'adempimento. Storicamente, gli ambienti degli edifici sono stati prodotti in modo continuo ed evolutivo piuttosto che come singoli eventi rivoluzionari L'architettura complementare implica un'analisi sistematica delle tecniche tradizionali nel contesto di ambienti urbani vivaci, con l'obiettivo di riscoprire soluzioni sostenibili, stratificate, sfumate, contestuali e rispettose dell'ambiente per il tempo presente.Praticamente tutta l'architettura vernacolare e formale tradizionale prodotta prima del XX secolo è un'architettura complementare a causa di vincoli materiali e culturali intrinseci, così come molte opere ispirate da alcuni movimenti contemporanei come l'architettura contestuale, l'architettura indigena, l'architettura organica o la nuova urbanistica. La metodologia dell'architettura complementare è particolarmente utile laddove lo sviluppo contemporaneo penetra nel tessuto urbano storico compatto Il design complementare rispetta il contesto architettonico introducendo con cura elementi di design contemporaneo.Il movimento rifiuta specificamente la tendenza degli architetti contemporanei a costruire edifici piuttosto che città, trascurando il fatto che il valore di un edificio rimane nell'insieme architettonico, così come il contrasto del modernismo con la natura o il contesto per amore dell'innovazione come espediente e inevitabilmente distruttivo. Gli aderenti affermano che nel XX secolo si pensava che l'abdicazione degli elementi decorativi e delle forme tradizionali fosse un segno della ritrovata semplicità, solidarietà e sacrificio da parte dei socialisti e convenientemente conveniente dal lato capitalista della scena politica. Per estensione, che "quasi tutti gli edifici completati prima del XX secolo erano belli" e che la questione della bellezza nell'architettura contemporanea e futura è semplicemente una questione di "recupero delle vecchie abitudini.

Architettura neo-futurista







Il neo-futurismo (scritto talvolta neofuturismo) è un movimento artistico diffusosi tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo nelle arti, nel design e {nell'architettura che utilizza, riadattando in chiave contemporanea e attuale, alcuni elementi del futurismo. Fondatore del neofuturismo è considerato Daniel Schinasi, che nel 1969 redasse il Manifesto del Neofuturismo.Questo movimento potrebbe essere visto come un allontanamento dall'atteggiamento del post-modernismo e raffigura la credenza idealistica in un futuro migliore e "un bisogno di periodizzare il rapporto moderno con la tecnologia".Questo movimento d'avanguardia è un ripensamento futuristico dell'estetica e della funzionalità delle città che sono in rapida crescita. L'industrializzazione iniziata in tutto il mondo dopo la fine della seconda guerra mondiale ha dato il via a nuovi flussi di pensiero nella vita, nell'arte e nell'architettura, portando al postmodernismo, al neo-modernismo e poi al neo-futurismo. Nei paesi occidentali, l'architettura futurista si è evoluta in Art Deco, nel movimento Googie e nell'architettura high-tech e infine nel neo-futurismo. In Italia, infine, come espressioni del neofuturismo si segnalano, a partire dal secondo novecento: la rivista Futurismo Oggi curata da uno degli ultimi futuristi storici, Enzo Benedetto, attiva dagli anni 60 fino agli anni novanta, lo storico dell'arte Luigi Tallarico e a partire dal duemila i cosiddetti neofuturisti Antonio Saccoccio, Vitaldo Conte, Roberto Guerra e il futurologo Riccardo Campa, tra gli autori nel 2014, di "Marinetti 70. Sintesi della critica futurista" (Armando editore) con gli stessi Giordano Bruno Guerri, Gunther Berghaus, Giorgio Di Genova e altri.

Corso di storia dell'architettura: 44 BLOB


https://youtu.be/XkFhwIsg0q0







Architettura blob, blob architettura, blobitettura, blobbismo, sono termini per rappresentare un movimento architettonico contemporaneo in cui le costruzioni hanno una forma organica, amebiforme, rigonfiata. Il nome allude esplicitamente alla pellicola della fantascienza Fluido mortale (The Blob) del 1958. Benché il termine 'architettura blob' sia in voga già da metà degli anni novanta, il termine Blobitecture comparve sulla stampa nel 2002, sulla colonna "On Language" di William Safire per il New York Times Magazine in un articolo intitolato Defenestrazione.[2] L'intento dell'articolo era dare un significato degradante alla parola, ma la parola si è diffusa ed è spesso usata per descrivere costruzioni con curve e lineamenti flessuosi.Il termine 'architettura blob' è stato coniato dall'architetto Greg Lynn nel 1995 nei suoi esperimenti di disegno digitale con oggetti binari di grandi dimensioni o BLOBs. Ben presto un discreto numero di architetti e di designer d'arredo iniziarono a sperimentare con software BLOB per creare nuove e inusuali forme. Nonostante il suo organicismo, l'architettura blob sarebbe impensabile senza uno strumento del genere o altri programmi CAD similari. Gli architetti definiscono le forme manipolando gli algoritmi del modello computerizzato. Alcune funzioni CAD d'aiuto nello sviluppo di questo design sono NURBS, modellazione libera di superfici, e digitalizzazione di modelli scolpiti strettamente correlato con la tomografia computerizzata. Un precedente è Archigram, un gruppo di architetti inglesi che lavora dagli anni sessanta, del quale Peter Cook ha fatto parte. Interessati ad un'architettura gonfiabile così come in figure che potrebbero essere generate dalla plastica. Ron Herron, anch'egli membro dell'Archigram, realizzò architetture di tipo "blob" nei suoi progetti degli anni sessanta, come Walking Cities ed Instant Cit, così come fece anche Michael Webb con Sin Centre. C'era un clima di architettura sperimentale con un'aria psichedelica negli anni settanta dei quali fecero parte l'irrealizzata Endless House[9] di Frederick Kiesler altro caso di prime architetture di tipo blob, anche se è simmetrica in pianta disegnata prima dell'avvento del computer; il suo progetto per il Santuario del Libro (costruzione cominciata, 1965) dalla caratteristica forma a goccia che cade anch'esso anticipa forme che suscitano l'interesse degli architetti oggi. Fuori dall'Archigram, ad essere assimilata alle forme della moderna architettura bloboidale anche la morfologia zoomorfa della Casa Saldarini dell'architetto Vittorio Giorgini, edificio del 1962. Inoltre sono da prendere in considerazione, se si guarda l'architettura blob come richiesta di forma piuttosto che di tecnologia, i disegni organici di Antoni Gaudí a Barcellona e degli espressionisti come Bruno Taut e Hermann Finsterlin, la Xanadu House (1979) di Roy Mason. Nonostante l'interpretazione stretta di architettura blob (cioè quella progettata con il supporto del calcolatore), la parola, in particolare nell'uso comune, viene ad essere associata con una serie di costruzioni curve o di forma strana compresi il Guggenheim Museum di Bilbao (1997) e l'Experience Music Project (2000) di Frank Gehry, oltre a queste, che in senso stretto non sono costruzioni di tipo blob, anche se sono state progettate con i più avanzati strumenti di progettazione assistita da elaboratore, in particolare il CAD CATIA.[11] La ragione di ciò è che sono stati progettati attraverso dei modellini fisici piuttosto che mediante la manipolazione di algoritmi al computer. La prima vera costruzione blob può essere considerata quella realizzata nei Paesi Bassi da Lars Spuybroek (NOX) e da Kas Oosterhuis. Chiamata il padiglione dell'acqua (1993-1997), non solo ha un design completamente computerizzato per mezzo di CAD, ma anche un interno completamente interattivo in cui i suoni e le luci possono essere trasformati dai visitatori. Un'altra costruzione che può essere considerata un esempio di architettura blob è la Kunsthaus di Graz, Austria, disegnata da Peter Cook e Colin Fournier ed inaugurata nel 2003. Altri esempi sono le rare escursioni sul tema di Herzog & de Meuron nella loro Allianz Arena (2005). Dal 2005, Norman Foster ha evoluto il suo stile verso l'architettura blob come si può vedere nel disegno della libreria filologica presso la libera università di Berlino o il Sage Gateshead.


Corso di storia dell'architettura: 43 IL PARADIGMA ELETTRONICO






https://youtu.be/3gwX4l9jZ34

La blob architettura o blobitettura oppure architettura di blob recupera un termine inglese che significa goccia, per definire una corrente architettonica dove gli edifici assumono biomorficamente una forma organica molle e bombata che ricorda delle grosse amebe. Il nome è stato proposto da Greg Lynn nel 1995 per definire le sue sperimentazioni architettoniche legate alla progettazione sostenuta da computer. Infatti senza di esso la blob architettura appare difficile se non impossibile. I precursori possono essere individuati in Antoni Gaudí, Bruno Taut, Archigram, il gruppo di sperimentazione britannico attivo dagli anni sessanta e Frederick Kiesler con la sua Casa senza fine.

Si possono individuare tre ottiche all’interno della blob architettura: una filosofica che si richiama all’architettura organica invocando un sempre crescente armonico convivere tra costruito e natura; una strutturale che prende a modello la natura per ciò che riguarda le forme derivanti da una tensione minima di superficie; una formale che ricerca forme innovative e sinuose.

Il primo edificio dichiaratamente blobesco è il Padiglione dell’Acqua (1993) costruito nei Paesi Bassi da Lars Spuybroek (NOX) et Kas Ooserhuis, di cui si evidenziano le forme e la potenziale interattività elettronica degli interni con i visitatori. Ma possiamo ascrivere a tale corrente molti edifici di architetti che sono o sono stati esponenti di altre correnti: ad esempio il Museo Guggenheim a Bilbao (1997) e l'Experience Music Center (2000) di Frank Gehry; la Kunsthaus a Graz (2003) di Peter Cook et Colin Fournier; i Magazzini Selfridges a Birmingham (2003) di Future Systems che richiamano il celebre vestito cotte de maille de Paco Rabanne; il Sage Gateshead (2004) di Norman Foster; l'Allianz Arena a Monaco (2005) di Herzog & de Meuron.

Insomma il blob ha conquistato molti architetti decostruttivisti o high tech, ma crediamo che sia solo l’inizio di un nuovo approccio formale e strutturale di grande interesse.

Nel 1991 le bombe adoperate dagli americani nella guerra del Golfo sono guidate dai flussi informativi sfuggiti agli avversari e colpiscono con precisione chirurgica anche ciò che si nasconde ad occhio nudo. è un segno dei tempi. Il tema sul quale si confronterà il nuovo decennio sarà l'elettronica.

Negli anni ottanta le nuove tecnologie si sono diffuse capillarmente nel mondo produttivo, negli studi professionali, nella tecnologia di tutti i giorni. A partire dagli anni novanta, computer, nuovi media, servizi televisivi in tempo reale, internet, fax, videogiochi creano un mondo etereo e artificiale parallelo e sovrapposto allo spazio reale.

Cominciano a vedesi i primi interessanti sviluppi nell'interazione tra uomo e oggetti, che sono sempre più smart, intelligenti e interattivi. Ciò porta gradualmente a nuove forme degli spazi ed a nuovi modi di porre il corpo in relazione con le cose. Si pensi a come si problematizzano categorie classiche quali:

vicino/lontano,

dentro/fuori,

ideale/materiale,

originale/copia,

virtuale/reale,

corporeo/incorporeo,

naturale/artificiale,

high tech /low tech,

trasparenza/privacy,

socialità/artificialità della comunicazione,

individualità/omologazione,

globalità/località,

superficialità /profondità,

eterno presente/bisogno di passato e di futuro, ecc.

Il mondo dell’architettura supera queste contraddizioni, attraverso sintesi provvisorie, lavorando sulla dematerializzazione e sulla virtualità.

Nouvel, Fuksas, Koolhaas rispondono con un'architettura leggera e trasparente giocata sul vetro sino alla sua scomparsa.

Eisenman inseguendo le scienze della complessità e della comunicazione teorizza forme sfuggenti, bloboidali, fluide, come i flussi che si vogliono rappresentare, che vanno oltre lo spazio euclideo e la concezione prospettica.

Venturi teorizza di trasformare le facciate degli edifici in schermi su cui proiettare fatti ed eventi, e paragona l'immagine elettronica ai mosaici bizantini.

Novak, Diller & Scofidio e Asymptote lanciano la transarchitettura concependo uno spazio a più dimensioni, oltre le tre fisiche, percepibili attraverso l'ausilio di strumentazioni elettroniche che producono finestre virtuali, telecamere che ci consentono di vedere oltre lo spazio fisico, proiezioni di grafici sul pavimento per conoscere l'andamento della borsa di New York.

Nel 1991 Ito ne dà una sua particolare declinazione con l'Uovo dei Venti a Okawabata.

Nel 1995 Coop Himmelb(l)au immagina un edificio a forma di nuvola, Cloud n. 9, per la piazza delle Nazioni Unite a Ginevra.

A grandi passi verso il terzo millennio.



Corso di storia dell'architettura: 42 DAL COSTRUTTIVISMO AL DECOSTRUTTIVISMO




https://youtu.be/TgW-douFT_8

La sperimentazione architettonica degli anni ottanta tocca vertici importanti. Gli albori possiamo vederli nel 1983 con Zaha Hadid, appena trentatreenne, che si aggiudica il concorso per un complesso abitativo e ricreativo sovrastante la città di Vittoria a Hong Kong. The Peak, e’ un complesso di longilinei corpi di fabbrica precariamente assemblati lungo il pendio della collina. Sono 5 strati, o layer: il primo è composto da 15 appartamenti duplex; il secondo è formato da due piani con dieci alloggi simplex; il terzo è un vuoto di 13 metri di altezza nel cui interno, come satelliti, flottano gli spazi destinati al club: palestre, spogliatoi, stanze per attività sociali; il quarto layer è occupato da quattro attici con vista sulla baia; il quinto è riservato all'alloggio privato del promoter dell'iniziativa edilizia. Ciascuno strato ha una configurazione lineare, ma orientata verso una propria direzione. Da qui una intensa forza dinamica la cui complessità e suggestione sta nella difficoltà percettiva. Quello della Hadid è un approccio puramente formalista. Non sono gli aspetti programmatici a determinare le sue forme, ma sono proprio queste ultime che consentono nuovi, inaspettati e liberatori modi di organizzare le cose. Siamo quasi al ribaltamento del concetto razionalista della funzione che genera la forma. La forma crea, quasi, la funzione. Come non vedere in ciò un debito storico con la pittura e scultura costruttivista e suprematista di MalevichTatlin o Rodchenko? Nel 1984 gli austriaci Prix e Swiczinsky, alias Coop Himmelb(l)au, ristrutturano un attico in Falkestrasse a Vienna. E’ destinato a diventare un manifesto della nascente Deconstructivist Architecture. La struttura di ferro e vetro che copre l'appartamento, destinato a studio di avvocati, non tenta di armonizzarsi con il palazzo sul quale sta in equilibrio, sembra estremamente labile, potrebbe essere portata via da un leggero vento di brezza, precipitando sulla strada sottostante. Contrappesi, trasparenze, tensioni e torsioni si imprimono nell’edificio come un corpo tormentato ricordando la Body Art e le performance de La Fura del Baus. Ma chi e’ la Coop Himmelb(l)au? Il catalogo delle opere che hanno all’attivo non e’ grandissimo ma già significativo. Nel 1983 Open House. Una casa, di circa 100 mq., organizzata su due livelli che affacciano su uno spazio a doppia altezza, delimitata da muri ciechi a guscio, con grandi vetrate curve sul soffitto che lasciano trasparire il cielo e un balcone che si proietta fortemente a sbalzo sull'ambiente circostante. Nata di getto da un principio di casualità, da uno schizzo a occhi chiusi, si tratta di un’architettura vitale perché sentita; un progetto senza mediazioni, senza pressioni esterne, senza funzioni precostituite, non un edificio ma un sentimento. Chi lo abita deciderà come viverci. Nel 1985 i due viennesi presentano pubblicamente il loro manifesto: Architecture is now. No ai dogmi architettonici, alla ricerca della bellezza, alla delimitazione degli spazi architettonici, alla certezza delle idee filosofiche, al funzionalismo, ai monumenti. Sì all'architettura aperta, al progetto come un gettarsi nella mischia, all'immediatezza del sentimento. Passano tre anni e nel 1988, curata da Johnson e Wigley, si inaugura al MoMA di New York la mostra Deconstructivist



Corso di storia dell'architettura: 41 DECOSTRUTTIVISMO



https://youtu.be/cBsznfr38T0







Il decostruttivismo è un movimento architettonico spesso contrapposto al movimento postmoderno. I suoi metodi, in reazione al razionalismo architettonico, vogliono de-costruire ciò che è costruito. Proprio la fonte indicata dice che non è così]. Il teorico del decostruttivismo è il filosofo francese Jacques Derrida e la nascita del fenomeno è avvenuta con una mostra organizzata a New York nel 1988 da Philip Johnson, nella quale per la prima volta appare il nome di questa nuova tendenza architettonica, che fu definita “Deconstructivist Architecture”. Alla mostra di New York furono esposti progetti di Frank O. Gehry, Daniel Libeskind, Rem Koolhaas, Peter Eisenman, Zaha Hadid, Bernard Tschumi e del gruppo Coop Himmelb(l)au. In questa esposizione veniva estrapolata un'architettura "senza geometria" (la geometria euclidea), piani ed assi, con la mancanza di quelle strutture e particolari architettonici, che sono sempre stati visti come parte integrante di quest'arte. Una non architettura, quindi, che si avvolgeva e svolgeva su se stessa con l'evidenza e la plasticità dei suoi volumi. La sintesi di ciò è una nuova visione dell'ambiente costruito e dello spazio architettonico, dove è il caos, se così si può dire, l'elemento ordinatore. Le opere decostruttiviste sono caratterizzate da una geometria instabile con forme pure e disarticolate e decomposte, costituite da frammenti, volumi deformati, tagli, asimmetrie e un'assenza di canoni estetici tradizionali. I metodi del decostruttivismo sono indirizzati a "decostruire" ciò che è costruito, una destrutturazione delle linee dritte che si inclinano senza una precisa necessità. Siamo davanti a un'architettura dove ordine e disordine convivono. Si arriva a costruire oggetti d'uso quotidiano come l'edificio Chiat Day Mojo di Gehry.Comune alla ricerca dei decostruttivisti è l'interesse per l'opera dei costruttivisti russi degli anni venti del Novecento, che per primi infransero l'unità, l'equilibrio e la gerarchia della composizione classica per creare una geometria instabile con forme pure disarticolate e decomposte. È questo il precedente storico di quella “destabilizzazione della purezza formale” che gli architetti decostruttivisti esasperano nelle loro opere attuando così un completamento del radicalismo avanguardistico costruttivista. Da ciò scaturisce la cifra “de” anteposta al termine costruttivismo, che sta a indicare la “deviazione” dall'originaria corrente architettonica presa a riferimento. Dopo il periodo postmoderno (anche se, per ironia, entrambi i movimenti, seppur antitetici, sono stati promossi da Philip Johnson) il decostruttivismo riconduce la ricerca architettonica nel filone iniziato dal Movimento Moderno, anche se alcuni critici ritengono comunque il decostruttivismo come esercizio puramente formale, dove sono assenti quei temi sociali che erano propri del Movimento Moderno. Molti critici annoverano tra i maggiori architetti decostruttivisti Frank O. Gehry, noto per il Guggenheim Museum di Bilbao, anche se Gehry stesso ha sempre dichiarato di non sentirsi decostruttivista.


Corso di storia dell'architettura: 39 LA PRESENZA DEL PASSATO NEL POST MODERN



Piazza d'Italia di Charles Moore.
 


https://youtu.be/RqmrpZ7ChXE

La crisi sociale del 1977 investe anche la dimensione urbana, con una metropoli che si espande senza un disegno unitario, sempre più prepotentemente. A cio’ si oppone la corrente architettonica genericamente detta del Post Moderno (che spesso e’ definita con altri nomi: Neorazionalismo, Tendenza, Storicismo), attenta a porre l’accento sulla “splendida” dimensione urbana della città ottocentesca ed all’ “armonia” preindustriale. Occorre tornare alla civiltà delle strade, delle piazze, dei boulevard, dei campielli. Si deve studiare la morfologia urbana (cioe’ la forma della citta’), la tipologia edilizia (cioe’ i caratteri ricorrenti degli edifici), la Parigi di Haussman e Napoleone III, la Vienna di Francesco Giuseppe. Solo con la progettazione di spazi tradizionali, fatti a regola d'arte, ci si oppone alle laceranti contraddizioni dell'urbano ed all’angoscia metropolitana. I maggiori esponenti di questa corrente sono Krier, Rossi, Grassi, Aymonino. La Biennale di Architettura del 1980, che s’intitola, appunto, La presenza del passato, sancisce questa tendenza nostalgica. Il direttore e’ Paolo Portoghesi e la mostra registra un innegabile successo per il poetico Teatro del Mondo, una costruzione galleggiante in legno di Rossi, e  La strada novissima, ispirata da una strada fittizia di un luna park tedesco, una doppia quinta urbana, realizzata all'interno delle Corderie, sulla quale si dispongono venti finte facciate, disegnate ciascuna da un architetto, attraverso le quali si accede ad altrettanti spazi espositivi.

Saranno ricordate: la facciata di Hollein, una meditazione ironica sugli ordini architettonici, il progetto di Gehry, che propone l'ossatura a vista del balloon frame e il progetto di Koolhaas, una tenda color cielo traforata da una sottile linea rossa e attraversata da una egualmente sottile linea nera.

Delle tre soluzioni, quella di Hollein è forse la più sofisticata ma è anche la perdente. Vincenti, perché profetiche, sono le soluzioni di Koolhaas e di Gehry: l’architettura contemporanea non sara’ fatta di pieni, ma di vuoti e di trasparenze, occorre abbandonare le masse murarie, ripartire da zero, scarnificare, destrutturare, al limite… far scomparire. E la mostra La presenza del passato che doveva sancire la rinascita della architettura della tradizione, in realtà ne segna cosi’ l'atto di morte.

L'architettura postmoderna deriva dalla corrente di pensiero del postmodernismo, definizione più completa della parola slang inglese post-modern, che letteralmente ha il significato di “dopo moderno”; gli anglosassoni tendono anche a definirlo anche come "late modern" cioè "tardo moderno".

In generale, per postmodernismo si intende la tendenza e la consapevolezza della società contemporanea che considera superato lo status quo del progresso continuo ed ascendente proprio della modernità. Le certezze ideali, filosofiche, scientifiche in un futuro sempre migliore ed in perenne ascesa vengono ad affievolirsi, fino a negarne la validità. Occorre invece ripensare la storia e recuperare la memoria del passato.

In particolare, nell'architettura postmoderna si definiscono gli studi e le esperienze che, dalla metà degli anni anni sessanta / anni settanta del XX secolo, hanno contestato le funzioni, le forme, gli spazi i particolari, l'ambiente costruito propri del Movimento Moderno. L'architetto post-moderno progetta una nuova architettura, che esprime una libertà stilistica sgombra dai vincoli modernisti, che attinge dalla storia del passato “frammenti” di diverse culture, elaborando non una falsificazione storica, come l'eclettismo ottocentesco, ma una nuova composizione “post-moderna”.

Charles Jencks, architetto paesaggista americano, noto per i suoi scritti su questo movimento (uno dei più famosi è “The Language of Post-Modern Architecture", Rizzoli, NY 1977), vede l'architettura postmoderna come un “complesso” “fluire” di elementi e significati da precedenti elementi e significati che abbiano storiche motivazioni. Recentemente affermava: ”In molti aspetti il Movimento Moderno ha privilegiato la semplificazione innata nei suoi principi. Il postmodernismo è basato su una differente visione, che accorda cose che emergono da altre cose e questo processo è generalmente formulato sotto i termini di una complessa teoria (...) un'architettura della complessità basata su significati (...)socialmente e politicamente motivati.”.

Storia e sviluppo

Il movimento nacque soprattutto nei paesi anglosassoni ed in specialmodo nell'America Settentrionale, dove i post-moderni si schierarono contro la rigidità degli assiomi del Movimento Moderno, cercando un superamento di quell'”ordine” architettonico internazionale visto da taluni come disumano.

L'artista Pop inglese Peter Blake scrive un libro nel 1977 dal titolo provocatorio: "La forma segue il fiasco", che paragrafa la celebre frase "La forma segua la funzione" ("form follows function") attribuita a Louis Sullivan, che voleva la forma di ogni edificio la diretta conseguenza della funzione che esso doveva svolgere. Fu poi la volta di un altro pioniere del post-moderno Robert Venturi, che pubblica nel 1972 Imparando da Las Vegas (Learning from Las Vegas) dove specifica una alterazione del linguaggio della Pop Art con l'assunzione di elementi classici. In aperta disputa con le regole dell'"International Style" conia il motto: “Meno è una noia” "Less is a bore", polemicamente ripreso dal celebre detto di Ludwig Mies van der Rohe: “ Meno è più” ("Less is more"). Dice in uno scritto "l'architettura dovrebbe accordarsi con allusioni e simbolismi ed i suoi riferimenti dovrebbero derivare da relazioni con il contesto sociale e storico degli edifici (...) io amo la complessità e la contraddizione in architettura". Cade quindi anche un altro postulato modernista coniato da Adolf Loos: “ornamento è delitto”, che focalizzava la bellezza degli edifici nella loro forma strutturale e volumetrica e non nelle decorazioni che vi si applicavano.

L'architetto americano Charles Jencks constata nel citato "Linguaggio dell'Architettura Postmoderna" la ricomparsa di un'architettura antropomorfica, che nasce dalla combinazione di classico e vernacolare. Quindi individua, addirittura, una data precisa di fine del Movimento Moderno: il 15 luglio 1972, coincidente con la demolizione, per le sue condizioni di inabitabilità, di un quartiere costruito negli anni cinquanta nella città di Saint Louis, nel rispetto degli indirizzi dei CIAM dall'architetto Nippoamericano Minoru Yamasaki.

Nel 1978 venne realizzata una delle opere più significative del post moderno: Piazza d'Italia di Charles Moore (1925-1993), incaricato dalla comunità italo-americana di New Orleans di progettare uno spazio comunitario, che ricordasse le origini del gruppo sociale. Nell'opera v’è sia la citazione, il frammento storico, attraverso rielaborazione della ”fontana”, struttura architettonica tipica dell'architettura Italiana, dove alcuni hanno voluto anche rivedere una reinterpretazione della Fontana di Trevi. Appare poi il richiamo al particolare architettonico ed ad un elemento storico, come il colonnato. La fontana infatti si svolge in altezza con una serie di cinque colonnati curvilinei ed autonomi, che costruiscono portici e nicchie seguendo la circolarità della piazza: ognuno di essi, posto ad altezza diversa rispetto agli altri, ridisegna un particolare e diverso ordine architettonico (Dorico, Tuscanico, Ionico, Corinzio e Composito) quasi un cammino dentro la storia. C’è infine il riferimento simbolico al tema: l'Italia, il cui stivale geografico forma una gradinata all'interno della fontana e diviene parte integrante e centrale della piazza.

Alcuni non riconosco pienamente Moore come architetto post moderno; certo è comunque che quest’opera, pur riportando elementi tipici moderni come l'articolazione spaziale della piazza (due semicerchi sfalsati), rappresenta un superamento dei rigidi schemi dell'"International Style".

Un'altra opera importante del movimento Post è il Portland Public Service Building di Michael Graves a Portland (1982), dove però le citazioni ed i riferimenti del passato sono stilizzati e setacciati, riletti in chiave moderna, con riagganci al classicismo nel collocato alla base ed una rielaborazione del grattacielo in chiave postmoderna. V’e in questo edificio la critica più chiara al tipico grattacielo del Movimento Moderno, tutto acciaio e vetro con condizioni invivibili all'interno. Graves propone il ritorno alla costruzione dell'edificio in cemento, frammista ad elementi storici e classici, che esprimano quel bisogno di continuità storica che è per lui insito nell'architettura.


Portland Public Service Building di Michael Graves a Portland 1982

Postmodernismo in Italia

L'architettura postmoderna non nasce in Italia, anche se aveva avuto alcune anticipazioni in G. Canella e M. Achilli nel Municipio di Segrate (1963), dove echeggia una certa rotondità romana e monumentale e in Paolo Portoghesi (Casa Baldi, 1960). Quest'ultimo riuscirà più di altri ad inquadrare le teorie postmoderne in Italia, lavorando parallelamente sia come progettista che come saggista. La sua posizione non è di rifiuto totale del Movimento Moderno, quanto delle sue posizioni più rigide, con un'attenzione costante alla rielaborazione della memoria storica, attraverso l'unione di elementi contrapposti classico e moderno, interrelati con il luogo. In un suo saggio così si esprime: ”L'architettura postmoderna propone la fine del proibizionismo, l'opposizione al funzionalismo, la riconsiderazione dell'architettura quale processo estetico, non esclusivamente utilitario; il ritorno all'ornamento, l'affermarsi di un diffuso edonismo”.

Nel 1980, quale direttore del settore architettonico della Biennale di Venezia, incaricò Aldo Rossi della realizzazione del "Teatro del Mondo", un'architettura effimera, un teatro itinerante, che come un'imbarcazione viaggiava per i canali di Venezia e la cui costruzione era colma di riferimenti storici. Sempre nello stesso anno organizzò all'Arsenale di Venezia la mostra di architettura "Presenza del passato", dove riunì i maggiori architetti post moderni mondiali del momento (come Robert Venturi, Charles Willard Moore, Hans Hollein, Frank Gehry, Ricardo Bofill, Robert Stern, Franco Purini, Oswald Mathias Ungers e Paul Kleihues).

Qui si realizzò la "Strada Nuovissima", dove si costruirono dieci facciate contigue, ognuna di 7 metri di larghezza, con un'altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 metri ad un massimo di 9,50, metri, una specie di manifesto dell'architettura postmoderna (in seguito spostata e ricostruita prima a Paris Salpetière, Parigi, Francia, come "Presence de l'histoire" e poi oltre oceano a San Francisco USA come "The presence of the past").

Nella “Strada Novissima“ gli architetti postmoderni si sbizzarrirono: Frank Gehry negava il concetto di facciata creando inganni prospettici , Rem Koolhaas giocava con la visibilità della struttura del prospetto, Il Gruppo GRAU, Charles Moore e Adam Grimberg enfatizzavano la ripetizione di elementi classici, nicchie e archi trionfali, l'architetto austriaco Hollein produceva una mescolanza di ordini in diverse colonne (motivo caro al post-modern) ed infine Franco Purini ricostruiva la capanna lignea vitruviana, ripresa però da un razionalista neoclassico come Marc-Antoine Laugier, in una sorta di intellettualistica riconnessione tra "passato", "moderno" e "post-moderno".
 

Architetti postmoderni

Tra gli architetti che in genere sono considerati appartenenti al postmoderno (anche se con qualche distinguo) possono annoverarsi: Charles Jencks, Robert Venturi, Charles Willard Moore, Michael Graves, a cui vanno aggiunti Ricardo Bofill e Paolo Portoghesi. Discorso diverso va fatto per Philip Johnson e John Burgee, che lavorano in collaborazione e che divengono Post-moderni negli ultimi lavori. Vale la pena ricordare che Philip Johnson, fu colui che negli anni trenta organizzò la mostra a New York che consacrò a livello internazionale l'International Style. Lo stesso dicasi per James Stirling, che prima attraversa in pieno l'espressione Brutalista. Aldo Rossi è considerato anche architetto postmodernista, ma più precisamente appartiene alla corrente del Neorazionalismo o Neomodernismo. Peter Eisenman e Frank Gehry infine, seppur ritenuti da alcuni legati al post-modern, sembrano andare oltre il movimento con la loro architettura decostruttivista.



Corso di storia dell'architettura: 38 ARCHITETTURA POSTMODERNA

https://youtu.be/3R5zgl0ZSJg














«L'era post-moderna è un'epoca in cui si devono fare continuamente delle scelte. È un'epoca in cui non può essere adottata alcuna ortodossia senza imbarazzo e ironia, perché tutte le tradizioni sembrano avere una qualche validità.»
 (Charles Jencks)

L'architettura postmoderna definisce alcune esperienze che iniziarono a manifestarsi dagli anni cinquanta del XX secolo, e che divennero un movimento solo nella seconda metà degli anni settanta. Il Postmoderno in architettura si caratterizza per il ritorno dell'ornamento e per il citazionismo ed è considerata una risposta al formalismo dell'International Style e del modernismo. Per il fatto che siano riapparse le citazioni e gli ornamenti questa architettura è stata anche definita neoeclettica, due opere paradigmatiche di questo eclettismo possono essere considerate la Neue Staatsgalerie di Stoccarda di James Stirling e la Piazza d'Italia a New Orleans di Charles Moore. Il movimento nacque soprattutto nei paesi anglosassoni ed in special modo nell'America Settentrionale, dove i post-moderni si schierarono contro la rigidità degli assiomi del Movimento Moderno, cercando un superamento di quell'”ordine” architettonico internazionale visto da taluni come disumano. L'artista pop inglese Peter Blake scrive un libro nel 1977 dal titolo provocatorio: "La forma segue il fiasco", che parafrasa la celebre frase "La forma segua la funzione" ("form follows function") attribuita a Louis Sullivan, che voleva la forma degli edifici fosse la diretta conseguenza della funzione che essi dovevano svolgere. Fu poi la volta di un architetto considerato pioniere del post-moderno Robert Venturi, che insieme con Denise Scott Brown pubblica nel 1972 Imparare da Las Vegas (Learning from Las Vegas) dove specifica un'alterazione del linguaggio della Pop Art con l'assunzione di elementi classici. In aperta disputa con le regole dell'International Style conia il motto: “Meno è una noia” "Less is a bore", polemicamente ripreso dal celebre detto di Ludwig Mies van der Rohe: “ Meno è più” ("Less is more"). Dice in uno scritto "l'architettura dovrebbe accordarsi con allusioni e simbolismi ed i suoi riferimenti dovrebbero derivare da relazioni con il contesto sociale e storico degli edifici (...) io amo la complessità e la contraddizione in architettura". Cade quindi anche un altro postulato modernista coniato da Adolf Loos: “ornamento e delitto”, che focalizzava la bellezza degli edifici nella loro forma strutturale e volumetrica e non nelle decorazioni che vi si applicavano. L'architetto americano Charles Jencks constata nel citato "Linguaggio dell'Architettura Postmoderna" la ricomparsa di un'architettura antropomorfica, che nasce dalla combinazione di classico e vernacolare. Quindi individua, addirittura, una data precisa di fine del Movimento Moderno: il 15 luglio 1972, coincidente con la demolizione, per le sue condizioni di inabitabilità, di un quartiere costruito negli anni cinquanta nella città di Saint Louis, nel rispetto degli indirizzi dei CIAM dall'architetto nippoamericano Minoru Yamasaki. Nel 1978 venne realizzata una delle opere più significative del post moderno: "Piazza d'Italia" di Charles Moore (1925-1993), incaricato dalla comunità italo-americana di New Orleans di progettare uno spazio comunitario, che ricordasse le origini del gruppo sociale. Nell'opera v'è sia la citazione, il frammento storico, attraverso rielaborazione della ”fontana”, struttura architettonica tipica dell'architettura italiana, dove alcuni hanno voluto anche rivedere una renterpretazione della Fontana di Trevi. Appare poi il richiamo al particolare architettonico e ad un elemento storico, come il colonnato. La fontana infatti si svolge in altezza con una serie di cinque colonnati curvilinei ed autonomi, che costruiscono portici e nicchie seguendo la circolarità della piazza: ognuno di essi, posto ad altezza diversa rispetto agli altri, ridisegna un particolare e diverso ordine architettonico (Dorico, Tuscanico, Ionico, Corinzio e Composito) quasi un cammino dentro la storia. C'è infine il riferimento simbolico al tema: l'Italia, il cui stivale geografico forma una gradinata all'interno della fontana e diviene parte integrante e centrale della piazza. Alcuni non riconoscono pienamente Moore come architetto post moderno; certo è comunque che quest'opera, pur riportando elementi tipici moderni come l'articolazione spaziale della piazza (due semicerchi sfalsati), rappresenta un superamento dei rigidi schemi dell'International Style. Un'altra opera importante del movimento Post è il Portland Public Service Building di Michael Graves a Portland (1982), dove però le citazioni ed i riferimenti del passato sono stilizzati e setacciati, riletti in chiave moderna, con riagganci al classicismo nel colonnato alla base ed una rielaborazione del grattacielo in chiave postmoderna. V'è in questo edificio la critica più chiara al tipico grattacielo del Movimento Moderno, tutto acciaio e vetro con condizioni invivibili all'interno. Graves propone il ritorno alla costruzione dell'edificio in cemento, frammista ad elementi storici e classici, che esprimano quel bisogno di continuità storica che è per lui insito nell'architettura. L'architettura postmoderna non nasce in Italia, anche se aveva avuto alcune anticipazioni in Guido Canella e Michele Achilli nel Municipio di Segrate (1963), dove echeggia una certa rotondità "romana" e monumentale e in Paolo Portoghesi (Casa Baldi, 1960). Quest'ultimo riuscirà più di altri ad inquadrare le teorie postmoderne in Italia, lavorando parallelamente sia come progettista che come saggista. La sua posizione non è di rifiuto totale del Movimento Moderno, quanto delle sue posizioni più rigide, con un'attenzione costante alla rielaborazione della memoria storica, attraverso l'unione di elementi contrapposti classico e moderno, interrelati con il luogo. In un suo saggio così si esprime: ”L'architettura postmoderna propone la fine del proibizionismo, l'opposizione al funzionalismo, la riconsiderazione dell'architettura quale processo estetico, non esclusivamente utilitario; il ritorno all'ornamento, l'affermarsi di un diffuso edonismo”. Nel 1980 Portoghesi, quale direttore del settore architettonico della Biennale di Venezia, incaricò Aldo Rossi della realizzazione del "Teatro del Mondo", un'architettura effimera, un teatro itinerante, che come un'imbarcazione viaggiava per i canali di Venezia e la cui costruzione era colma di riferimenti storici. Sempre nello stesso anno organizzò all'Arsenale di Venezia la mostra di architettura "Presenza del passato", dove riunì i maggiori architetti post moderni mondiali del momento (come Robert Venturi, Charles Willard Moore, Hans Hollein, Frank Gehry, Ricardo Bofill, Robert Stern, Franco Purini, Oswald Mathias Ungers e Paul Kleihues).Qui si realizzò la "Strada Novissima" secondo l'allestimento di Costantino Dardi, dove si costruirono venti facciate contigue,[2] ognuna di 7 metri di larghezza, con un'altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 metri ad un massimo di 9,50, metri, una specie di manifesto dell'architettura postmoderna (in seguito spostata e ricostruita prima a Paris Salpetière, come "Presence de l'historie" e poi oltre oceano a San Francisco come "The presence of the past"). Nella “Strada Novissima“ gli architetti postmoderni si sbizzarrirono: Frank Gehry negava il concetto di facciata creando inganni prospettici, Rem Koolhaas giocava con la visibilità della struttura del prospetto, Il Gruppo GRAU, Charles Moore e Adam Grimberg enfatizzavano la ripetizione di elementi classici, nicchie e archi trionfali, l'architetto austriaco Hollein produceva una mescolanza di ordini in diverse colonne (motivo caro al post-modern) ed infine Franco Purini ricostruiva la capanna lignea vitruviana, ripresa però da un razionalista neoclassico come Marc-Antoine Laugier, in una sorta di intellettualistica riconnessione tra "passato", "moderno" e "post-moderno". Il linguaggio dell'architettura postmoderna si basa sull'inclusione di elementi di origine classica o neoclassica, tuttavia «le deduzioni dal "classico" [...] non valgono come un "ritorno all'ordine", né [...] a rimeditare lo spessore storico della tradizione. Esse esaltano, piuttosto, un citazionismo intrinsecamente frammentario e sconnesso [...]». L'utilizzo di elementi greco-romani, presenti in molte architetture postmoderne, non comporta un ritorno al classico dopo l'era dell'architettura moderna. Infatti il riferimento al modello storico, presente nei progetti del postmoderno, è estremamente semplificato e serve soltanto a porre in risalto l'opposizione fra il moderno e tutto ciò che lo precede. Per cui classico in questo senso vuol dire pre-moderno ed il post-moderno ne è la ripresa. Tale sequenza può essere letta in due diversi modi: secondo alcuni il postmoderno avrebbe una forte carica creativa, e ricorre all'antico per costruire un suo linguaggio. Secondo altri il citazionismo postmoderno è autoreferenziale, le citazioni si innestano sul tessuto del razionalismo modernista, senza riuscire a creare un linguaggio nuovo; le citazioni classiche sembrano avere la funzione di distinguere il linguaggio moderno da quello postmoderno.Tra gli architetti che in genere sono considerati appartenenti al postmoderno possiamo trovare: Charles Jencks, Robert Venturi, Charles Willard Moore, Michael Graves, Ricardo Bofill e Paolo Portoghesi. Discorso diverso va fatto per Philip Johnson e John Burgee, che lavorano in collaborazione e che divengono Post-moderni negli ultimi lavori. Vale la pena ricordare che Philip Johnson, fu colui che negli anni trenta organizzò la mostra a New York che consacrò a livello internazionale l'International Style. Lo stesso dicasi per James Stirling, che prima attraversa in pieno l'espressione Brutalista. Aldo Rossi è considerato anche architetto postmodernista, ma più precisamente appartiene alla corrente del Neorazionalismo o Neomodernismo. Peter Eisenman e Frank Gehry infine, seppur ritenuti da alcuni legati al post-modern, sembrano andare oltre il movimento con la loro architettura decostruttivista.