
https://youtu.be/Eujg0IXsuwA?si=kVSZ21sePtf8Ytns
Il Neoplasticismo Architettonico:quando le case parlano il linguaggio dei colori e delle forme
C’è un momento, nei primi decenni del Novecento, in cui l’architettura smette di guardare indietro e decide di osare. In Olanda, una manciata di artisti e architetti guidati da Theo van Doesburg e Piet Mondrian fondano nel 1917 la rivista De Stijl, letteralmente “lo stile”. Un nome semplice, quasi assoluto, che racchiude però un’idea ambiziosa: ridisegnare il mondo a partire dalla sua essenza più pura, fatta di linee, geometrie e colori primari.
Il neoplasticismo architettonico nasce così, come fratello minore ma non meno audace della pittura astratta di Mondrian. Se sulla tela le linee nere e i blocchi di rosso, blu e giallo suggerivano una nuova armonia universale, negli edifici queste stesse regole diventano muri, finestre, terrazze, spazi da vivere. Non più decorazioni barocche, fregi o stucchi: qui regna la sobrietà, la chiarezza, l’idea che la casa possa essere al tempo stesso un rifugio funzionale e un’opera d’arte vivente.
Una grammatica nuova: linee, colori, spazi liberi
Gli architetti neoplastici rinunciano al superfluo e scolpiscono lo spazio con pochi, rigorosi elementi. I rettangoli e i quadrati diventano le lettere di un alfabeto visivo, le linee rette le loro frasi. Le superfici bianche e i materiali semplici – vetro, acciaio, cemento armato – fanno da tela neutra su cui esplodono tocchi di colore primario.
Uno dei principi rivoluzionari fu quello del piano libero, teorizzato da Gerrit Rietveld: niente più muri portanti interni, ma ambienti fluidi, modulabili, capaci di adattarsi alla vita moderna. È come se la casa smettesse di essere una scatola chiusa e rigida per trasformarsi in un organismo dinamico, in cui le stanze comunicano tra loro, si aprono alla luce e dialogano con l’esterno.
Il colore, poi, non è decorazione ma linguaggio: un rosso può evidenziare una trave, un giallo marcare un balcone sospeso, un blu separare un volume da un altro. Ogni scelta ha un valore, ogni contrasto rafforza la percezione dello spazio.
Architetture che sembrano quadri
La Casa Schröder (1924) a Utrecht, progettata da Rietveld, è l’icona assoluta di questa stagione. A vederla, sembra un Mondrian tridimensionale: balconi che sporgono come tasselli, pannelli colorati che scandiscono il ritmo della facciata, finestre che si aprono a scorrimento in modo inedito. Dentro, pareti mobili permettono di trasformare il piano superiore da un unico grande spazio aperto in più stanze separate: un’anticipazione geniale della flessibilità abitativa che oggi consideriamo moderna.
J.J.P. Oud, altro grande interprete, portò lo spirito neoplastico fuori dall’Olanda, contribuendo all’Esposizione Weissenhof di Stoccarda nel 1927. La sua Casa Weissenhof è candida, essenziale, con finestre che sembrano ritagli geometrici nella materia: un manifesto del modernismo europeo.
I grandi architetti del neoplasticismo: racconti e contributi
Gerrit Rietveld (1888–1964) – L’architetto-artigiano visionario
Non era ancora architetto di formazione, ma un artigiano del mobile, quando Truus Schröder lo incaricò di progettare una casa che rispecchiasse uno stile di vita libero e contemporaneo. E il risultato fu la Casa Schröder (1924), l’unico edificio concepito integralmente secondo i principi del De Stijl .
- Spazi fluidi e mobili trasformabili: il piano superiore è una zona aperta che si trasforma in tre camere, bagno e salotto grazie a pannelli scorrevoli e rotanti .
- Architettura viva: ogni gesto quotidiano diventa "consapevole", come spiegò Rietveld – niente spazi passivi, ma un ambiente che chiede di essere vissuto attivamente .
- Facciate danzanti: i piani e le linee sembrano slegati tra loro, come collage tridimensionali, dove elementi come balconi navigano nel vuoto .
- Codice cromatico funzionale: bianco e grigi per le superfici, nero per gli infissi, e rosso, giallo e blu per evidenziare funzioni e volumi .
Una casa che è un quadro vivente, ma anche un organismo domestico.
J. J. P. Oud (1890–1963) – Il poeta del funzionalismo sociale
- Abitazioni popolari: realizzò progetti residenziali innovativi per Rotterdam — Spangen, Kiefhoek, Witte Dorp — dove applicò estetica rigorosa e calcolo economico, per rendere la bellezza accessibile .
- Weissenhof Estate (1927, Stoccarda): la sua dimora, pur austera, si distingue per proporzioni equilibrate e tocchi discreti di ornamento, inclusi balconi e giardini retrostanti .
- Puzzle tra tradizione e modernità: dopo il periodo De Stijl, Oud esplora un nuovo stile empirico, con edifici come la sede Shell all’Aia, dove l’ornamento ritorna in chiave moderna .
Altri protagonisti e progetti urbani
- Cornelis van Eesteren (1897–1988): urbanista di De Stijl, propose piani urbani geometrici e razionali per L’Aia, un’utopia urbana non realizzata ma visionaria .
- Robert van ’t Hoff (1887–1979): uno dei primi “neoplastici”, realizzò la sua casa nel 1917 a Huis ter Heide, semplice e cubica, precorritrice del linguaggio De Stijl .
- J.W.C. Boks e lo Zonnestraal Sanatorium: benché progettato da Duiker e Bijvoet, il sanatorio di Hilversum (1928–1931) resta un esempio luminoso dello spirito razionalista, con trasparenze, materiali sterili e geometrie pulite, allineato agli ideali neoplastici .
Un’eredità che vive ancora
Ancora oggi, quando un architetto sceglie la chiarezza formale, la luce naturale, i volumi puri, in fondo sta dialogando con quella stagione olandese. Ogni volta che un edificio gioca con il contrasto fra bianco e colori accesi, fra pieni e vuoti, riecheggia lo spirito del De Stijl.
Il neoplasticismo è stato più di uno stile: è stato un sogno di ordine e armonia universale tradotto in case, strade e città. Un sogno che, a distanza di un secolo, continua a parlarci con la stessa freschezza e radicalità di allora.
Conclusione
Ogni architetto offre un tratto unico, ma tutti convergono nello stesso ideale: un’architettura essenziale, funzionale, armonica, dove la forma e il colore non sono orpelli ma strumenti di comprensione dello spazio, del vivere e della città. Gerrit Rietveld ci racconta la casa come flusso e gesto. Oud divulga l’armonia nei quartieri operai. Gli altri costruiscono visioni urbane o case e sanatori che paiono visioni utopiche ancora oggi concrete.
Nessun commento:
Posta un commento