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La sfinge in cui è effigiato il volto del faraone Chefren |
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Il complesso templare di Luxor |

Architettura dell’Antico Egitto: dalla piramide alla città templare
Introduzione
L’architettura egizia si sviluppa per oltre tre millenni, dal periodo arcaico (circa 3100 a.C.) fino alla fase tardo-antica e copta (V secolo d.C.). Essa ruota attorno alla figura del faraone, divinizzato non come mero rappresentante di una divinità – sul modello dei sovrani mesopotamici – ma come dio egli stesso, garante dell’ordine cosmico (Maat) e della sopravvivenza della comunità oltre la morte1.
La monumentalità architettonica egizia si fonda su una concezione fortemente simbolica: costruire in pietra significava eternizzare il potere, rendendo visibile la continuità del faraone oltre la vita terrena. Opere quali piramidi, templi, palazzi e complessi funerari non rispondevano solo a esigenze pratiche, ma soprattutto religiose e politiche.
Dalle piramidi ai complessi funerari
Il complesso funerario di re Djoser a Saqqara (XXVII sec. a.C.) rappresenta la prima grande sperimentazione in pietra. Progettato dall’architetto Imhotep, introduce la piramide a gradoni e un perimetro monumentale (544 × 277 m), con semicolonne papiriformi addossate alle mura e blocchetti di pietra a paramento, innovazione rispetto ai tradizionali mattoni crudi2.
La fase successiva culmina nel complesso di Giza con la piramide di Cheope (146,7 m di altezza, lato base 230 m), vera e propria montagna artificiale che richiese vent’anni di lavoro e circa 100.000 manovali. Essa rappresenta un’architettura eminentemente simbolica, affiancata da percorsi processionali e templi funerari, con sistemi di protezione complessi per la camera sepolcrale3.
Accanto alle piramidi, emergono altre soluzioni: la tomba di Montuhotep II a Deir el-Bahari introduce il modello del tempio funerario a terrazze porticate addossate alla roccia, creando un dialogo tra paesaggio naturale e architettura.
Il Nuovo Regno e l’urbanistica tebana
Con la XVIII dinastia (1567-1075 a.C.), la capitale si sposta a Tebe, dove la concezione funeraria muta: le piramidi sono sostituite da tombe rupestri scavate nella Valle dei Re, caratterizzate da ingressi nascosti e sigillati.
Grandi opere del periodo includono:
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Tempio funerario di Hatshepsut a Deir el-Bahari, raffinata composizione di terrazze porticate degradanti;
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Complesso templare di Karnak, ampliato per secoli, con la celebre Sala ipostila (134 colonne, 12 delle quali alte oltre 20 m);
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Tempio di Luxor, collegato a Karnak da un viale di sfingi, eretto da Amenofi III;
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Abu Simbel, grandioso tempio rupestre di Ramesse II in Nubia, con quattro statue colossali che segnano il portale.
Queste architetture riflettono un nuovo equilibrio tra potere faraonico e culto religioso: i templi diventano centri politico-sacrali, vere “città divine” staccate dagli insediamenti effimeri in mattoni crudi4.
La città egiziana e l’esperimento amarniano
La città egiziana, spesso invisibile per la deperibilità dei materiali, emerge con particolare chiarezza nel caso di Akhetaton (Tell el-Amarna), fondata da Amenofi IV/Ekhnaton durante la sua riforma monoteistica. Qui si realizzò un’urbanistica innovativa, assimilabile a una “città giardino”: case popolari a schiera, ville di funzionari con giardini e un palazzo reale al centro del culto di Aton5.
Questo esperimento urbanistico, sebbene effimero, dimostra che l’architettura egizia non fu solo monumentalità funeraria, ma anche sperimentazione sociale e politica.
Il tempio-palazzo e l’età ramesside
Con Ramesse III (XII sec. a.C.) il tempio-palazzo di Medinet Habu testimonia la trasformazione dell’architettura templare in cittadella fortificata, con mura alte 17 m, portali merlati, spazi sacri, palazzi e magazzini. Questo modello riflette un’epoca di crescente militarizzazione e di progressiva perdita di centralità del faraone, in cui il tempio diventa anche luogo economico e amministrativo6.
L’Epoca Tarda e il sincretismo greco-romano
Dal 525 a.C., con la conquista persiana, e poi con Alessandro Magno (332 a.C.), l’Egitto entra in una fase di decadenza politica ma anche di ibridazione culturale. Durante il periodo tolemaico vengono edificati templi come Edfu, Kom Ombo e Dendera, che pur riproducendo schemi tradizionali, rivelano influssi ellenistici nella decorazione e nell’organizzazione degli spazi7.
Con l’epoca romana, l’architettura egizia sopravvive formalmente, ma perde la sua funzione originaria: i templi divengono monumenti culturali piuttosto che centri vivi della religione faraonica.
Conclusione
L’architettura egizia rappresenta un linguaggio del potere divino: dalle piramidi alle tombe rupestri, dai templi colossali alle città regali, ogni edificio non era semplice costruzione, ma traduzione spaziale dell’ordine cosmico. La sua forza simbolica, la monumentalità e il legame con il paesaggio hanno consegnato al mondo una delle più straordinarie tradizioni architettoniche della storia.
Note
J. Assmann, L’Antico Egitto come cultura della memoria, Bologna, il Mulino, 2005.
M. Lehner, The Complete Pyramids, London, Thames & Hudson, 1997.
B. Kemp, Ancient Egypt: Anatomy of a Civilization, London, Routledge, 2006.
J. Baines – J. Malek, Atlante dell’Antico Egitto, Torino, Einaudi, 1986.
D. Arnold, The Encyclopedia of Ancient Egyptian Architecture, Princeton, Princeton University Press, 2003.
K. Bard, An Introduction to the Archaeology of Ancient Egypt, Oxford, Blackwell, 2007.
R. Wilkinson, The Complete Temples of Ancient Egypt, London, Thames & Hudson, 2000.
Bibliografia
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Arnold, Dieter. The Encyclopedia of Ancient Egyptian Architecture. Princeton: Princeton University Press, 2003.
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Assmann, Jan. L’Antico Egitto come cultura della memoria. Bologna: il Mulino, 2005.
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Baines, John – Malek, Jaromir. Atlante dell’Antico Egitto. Torino: Einaudi, 1986.
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Bard, Kathryn. An Introduction to the Archaeology of Ancient Egypt. Oxford: Blackwell, 2007.
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Kemp, Barry. Ancient Egypt: Anatomy of a Civilization. London: Routledge, 2006.
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Lehner, Mark. The Complete Pyramids. London: Thames & Hudson, 1997.
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Wilkinson, Richard. The Complete Temples of Ancient Egypt. London: Thames & Hudson, 2000.