sabato 11 ottobre 2025

Corso di storia dell'architettura: 11 Edificio Natura Città: L’Architettura Greca tra Forma e Paesaggio

Disegno di ricostruzione ipotetica dei Propilei di Atene. I Propilei (progettati da Mnesicle, 437-433 a.C) costituiscono il solenne ingresso dell’Acropoli di Atene. L’importanza di questo edificio sta nella particolare forma planimetrica (a C), con due ali disposte ad accogliere idealmente il visitatore che entra, come due grandi braccia. Questo espediente, simbolico e formale, costituisce un importante passo avanti in senso architettonico-urbanistico, rispetto alla forma canonica rettangolare del tempio.

Edificio, Natura, Città: L’Architettura Greca tra Forma e Paesaggio

1. Introduzione: il limite come principio ordinatore

L’architettura greca, pur avendo generato modelli formali di perfezione assoluta, non si è mai tradotta in una teoria sistematica dell’urbanistica.
Il suo orizzonte operativo resta legato alla scala dell’edificio e alla sua relazione con la natura circostante.
Il tempio, il teatro, la stoà, sono elementi conclusi in sé, autonomi e autosufficienti: microcosmi ordinati che si limitano a stabilire rapporti di equilibrio visivo e simbolico con il paesaggio, ma non una vera struttura urbana⁽¹⁾.

Il limite, dunque, non è soltanto tecnico o spaziale: è culturale e filosofico.
Nella Grecia classica, il concetto di “ordine” (τάξις) non si estende oltre la singola opera: non esistono ordini urbanistici analoghi agli ordini architettonici. La città — polis — non è una macchina razionale, ma un organismo civile, risultato della vita collettiva e non della pianificazione formale⁽²⁾.

2. L’edificio come microcosmo

Nell’architettura greca, l’edificio non è mai concepito come parte di un sistema urbano, ma come entità autonoma, conclusa in sé, dotata di un ordine interno compiuto.
Il tempio, ad esempio, rappresenta la massima sintesi dell’armonia cosmica, ma la sua perfezione è isolata: non si lega necessariamente ad altri edifici o a un asse urbano, bensì al luogo naturale in cui sorge⁽³⁾.

Il progettista greco lavora, dunque, secondo una logica centripeta: tutto converge verso l’equilibrio interno dell’edificio, considerato un organismo compiuto.
Questa visione si contrappone profondamente al principio centrifugo dell’urbanistica moderna, in cui ogni elemento architettonico partecipa di un sistema territoriale più ampio.

Anche quando si configurano spazi urbani complessi — come l’agorà di Atene, il santuario di Delfi o l’acropoli di Pergamo — il disegno d’insieme rimane il risultato di una somma di scelte episodiche, più che di un piano unitario⁽⁴⁾.

3. La città come aggregato empirico

Nell’agorà, il cuore della vita politica e commerciale, coesistono edifici di funzioni differenti (stoài, templi, portici, bouleuterion), ma l’impianto urbano non obbedisce a un principio assiale o geometrico.
Si tratta di una crescita organica, in cui la disposizione reciproca degli edifici risponde più alle esigenze della vita civile che a un disegno ideale⁽⁵⁾.

Le uniche eccezioni note sono rappresentate dai piani di Ippodamo di Mileto, considerato il primo teorico della pianificazione urbana, autore del modello della pianta ortogonale applicato a città come Pireo e Turi⁽⁶⁾. Tuttavia, anche in questi casi, la razionalità ippodamea riguarda la distribuzione funzionale (spazi pubblici, religiosi, privati), non la relazione estetica e percettiva tra architettura e paesaggio.
La città resta, dunque, un insieme empirico, dove l’unità visiva non deriva da un piano generale, ma dalla risonanza tra i singoli edifici e la topografia naturale⁽⁷⁾.

4. L’armonia con la natura: il paesaggio come regola implicita

L’architetto greco non impone la propria opera al contesto, ma la armonizza con esso.
Ogni santuario o acropoli è concepito in rapporto con la morfologia del terreno, la luce, le prospettive visive e i percorsi rituali.
Il celebre santuario di Delfi, ad esempio, appare come una sequenza di terrazze che si adattano al pendio del Parnaso; quello di Epidauro fonde teatro, tempio e spazi di culto in un continuum naturale di straordinaria efficacia percettiva⁽⁸⁾.

Non esiste un modello geometrico astratto che regoli tale rapporto: la progettazione è empirica e intuitiva, frutto di sensibilità visiva e conoscenza del luogo.
Quando questa intesa tra architettura e natura riesce, come ad Atene o a Sunio, si raggiunge quella “magia dell’irripetibile” che gli storici dell’arte identificano come il segno distintivo dell’ellenismo classico⁽⁹⁾.
Quando invece fallisce, nasce il disordine, il “caos costruttivo” denunciato dagli stessi autori antichi, ma che riflette, in fondo, la stessa vitalità democratica della polis⁽¹⁰⁾.

5. Edificio e democrazia: un parallelismo simbolico

Il carattere frammentario e disorganico della città greca rispecchia la natura pluralista e dialettica della democrazia ateniese.
Come afferma Tucidide, la polis è “un’armonia di voci differenti”, non una forma perfetta e immobile⁽¹¹⁾.
Aristofane, invece, ne coglie l’aspetto più caotico e plebeo, ironizzando sulle assemblee tumultuose e sugli spazi disordinati dell’agorà⁽¹²⁾.

L’architettura greca traduce questa duplicità nella materia costruita: è razionale e intuitiva, misurata e libera, intellettuale ed empirica.
L’equilibrio instabile tra edificio, natura e città è dunque il riflesso materiale dell’equilibrio politico e culturale della civiltà greca.

6. Conclusione

Nella Grecia antica, l’architettura non mira a dominare lo spazio, ma a dialogare con esso.
L’edificio è misura e simbolo dell’uomo, la natura è il suo orizzonte vitale, la città è la scena della vita collettiva.
Da questa triplice relazione — edificio, natura, città — nasce una lezione eterna: l’arte del costruire non come imposizione formale, ma come ricerca di armonia tra cultura e paesaggio.

Note

  1. F. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, New York, Dover, 1975, p. 201.

  2. P. Gros, Architettura e società nel mondo greco e romano, Torino, Einaudi, 1998, p. 37.

  3. V. Scully, The Earth, the Temple, and the Gods, New Haven, Yale University Press, 1962, pp. 22–29.

  4. J. Boardman, Greek Architecture, London, Thames & Hudson, 1994, p. 87.

  5. A. W. Lawrence, Greek Architecture, New Haven, Yale University Press, 1996, pp. 151–155.

  6. A. Ball, Ippodamo di Mileto e la nascita dell’urbanistica razionale, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2002, pp. 33–41.

  7. J. Travlos, Pictorial Dictionary of Ancient Athens, London, Thames & Hudson, 1971, pp. 212–217.

  8. R. Tomlinson, Greek Sanctuaries, London, Routledge, 1997, p. 63.

  9. V. Scully, op. cit., pp. 78–81.

  10. E. Dodds, The Greeks and the Irrational, Berkeley, University of California Press, 1951, pp. 109–113.

  11. Tucidide, La guerra del Peloponneso, II, 37.

  12. Aristofane, Le Nuvole, vv. 1025–1040.

Bibliografia

  • Ball, A., Ippodamo di Mileto e la nascita dell’urbanistica razionale, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2002.

  • Boardman, J., Greek Architecture, London, Thames & Hudson, 1994.

  • Dinsmoor, F., The Architecture of Ancient Greece, New York, Dover, 1975.

  • Dodds, E., The Greeks and the Irrational, Berkeley, University of California Press, 1951.

  • Gros, P., Architettura e società nel mondo greco e romano, Torino, Einaudi, 1998.

  • Lawrence, A. W., Greek Architecture, New Haven, Yale University Press, 1996.

  • Scully, V., The Earth, the Temple, and the Gods, New Haven, Yale University Press, 1962.

  • Tomlinson, R., Greek Sanctuaries, London, Routledge, 1997.

  • Travlos, J., Pictorial Dictionary of Ancient Athens, London, Thames & Hudson, 1971.

  • Tucidide, La guerra del Peloponneso, trad. it., Milano, BUR, 2009.

  • Aristofane, Le Nuvole, trad. it., Torino, Einaudi, 2003.


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