sabato 11 ottobre 2025

Corso di storia dell'architettura: 16 Lo Status Quo all’Atto della Fondazione di Roma

Ricostruzione dei Fori Romani

Lo Status Quo all’Atto della Fondazione di Roma: Origini, Cultura e Formazione dell’Identità Architettonica

1. Premessa storica: la nascita di Roma in un contesto italico complesso

Parallelamente alla fioritura della civiltà etrusca, nella penisola italica prende forma la civiltà latina, destinata a raccogliere e trasformare l’eredità della cultura greca ed ellenistica¹. Essa nasce in un ambiente caratterizzato da pluralità etnica e culturale: il ceppo etrusco, gli Oscoumbri, i Sabini, i Sanniti e, a sud, le colonie della Magna Grecia².

Secondo la tradizione, la fondazione di Roma (753 a.C.) avviene in un momento in cui l’Italia centrale era un mosaico di città e tribù indipendenti, senza un potere egemone. In questo scenario, Roma mostra da subito una straordinaria capacità sincretica, assorbendo i caratteri più evoluti delle culture circostanti – la religiosità simbolica etrusca, il senso civico latino e l’ordine formale greco – per trasfonderli in un linguaggio unitario e pragmatico³.

Nel mito fondativo, l’unione tra Romolo e i popoli sabini allude già alla vocazione inclusiva e assimilatrice che sarà il tratto distintivo della civiltà romana. Come osserva Ovidio nei Fasti, ai Romani «fu dato in sorte non un luogo, ma il mondo intero»⁴, anticipando la futura identificazione dell’Urbs con l’Orbis terrarum, cioè la totalità del mondo conosciuto.

2. L’affermazione tardiva del concetto di arte a Roma

Nonostante la sua apertura culturale, la Roma arcaica mostra un atteggiamento pragmatico e diffidente verso le arti figurative.
Nella mentalità romana delle origini, il cittadino è innanzitutto un soldato e un politico, come afferma Catone il Censore, per il quale l’arte, in quanto attività manuale, è indegna dell’uomo libero⁵.

Durante la Repubblica, Roma si presenta come un organismo politico e militare orientato alla conquista del mondo; non dispone di un linguaggio artistico autonomo e adotta le forme architettoniche etrusche e greche per pura utilità pubblica o funzionalità religiosa⁶.
Il concetto stesso di arte, come attività estetica, resta estraneo alla mentalità civica, che privilegia la pietas (devozione e senso del dovere) rispetto alla contemplazione del bello⁷.

Solo nel II secolo a.C., con l’intensificarsi dei contatti con il mondo ellenistico, Roma sviluppa un proprio linguaggio artistico e architettonico, capace di conciliare tecnica, simbolo e potere⁸.

3. L’arte come instrumentum regni: il concetto romano di monumento

Le grandi campagne militari portano a Roma ingenti bottini di guerra, che comprendono anche opere d’arte etrusche e greche. Esposte nel Foro Romano, queste opere assumono un significato simbolico di gloria e dominio⁹.

Cicerone, nel De Oratore, attribuisce all’arte un valore educativo e politico, definendola “historia per imagines”: un mezzo per narrare le imprese della civiltà e consolidare la memoria collettiva¹⁰.
Da questa concezione deriva l’idea di monumentum – termine che in latino significa “ciò che ricorda” – come testimonianza durevole dei valori ideologici romani.

Il monumento non è solo un oggetto estetico, ma un mezzo di comunicazione pubblica e legittimazione del potere, un “strumento di governo” (instrumentum regni) volto a perpetuare la grandezza dell’Urbe¹¹.
Come scrive Orazio nelle Odi (III, 30), la memoria di Roma e dei suoi eroi sopravvive in “un monumento più duraturo del bronzo (monumentum aere perennius)”¹².

4. L’architettura come sintesi di tecnica e ideologia

I Romani si distinguono per un eccezionale spirito costruttivo, che unisce empirismo etrusco, formalismo greco e razionalità tecnica. L’architettura diventa strumento politico, capace di tradurre in pietra l’ordine del mondo e la volontà del potere¹³.

Il contributo più rivoluzionario è di natura strutturale: l’elaborazione dell’arco a conci radiali, di derivazione etrusca, e la scoperta del calcestruzzo romano (opus caementicium), ottenuto da una miscela di calce, ghiaia e pozzolana¹⁴.
Questa innovazione, associata ai paramenti esterni in pietra (opus quadratum, opus incertum, opus reticulatum, opus testaceum), consente la costruzione di muri portanti “a sandwich”, capaci di sostenere cupole e volte di grandi dimensioni, anticipando le tecniche del moderno cemento armato¹⁵.

Grazie a tali tecniche, i Romani superano i limiti statici dell’architettura trilitica greca e introducono un nuovo concetto di spazio: continuo, dinamico e generatore di interiorità monumentale. Le coperture a volta e a cupola, come quelle delle Terme di Caracalla o del Pantheon, divengono manifestazioni tangibili dell’idea di universalità imperiale¹⁶.

5. La funzione civile del costruire

L’architettura romana non è mai puro esercizio tecnico, ma atto politico e civile.
Essa risponde a una duplice esigenza: organizzare lo spazio urbano e rappresentare la potenza dello Stato.
Ogni costruzione – dal ponte all’acquedotto, dal foro al tempio – è una proiezione materiale dell’ordine giuridico e morale romano, dove la città si fa immagine del cosmo regolato dalla lex.

Il motto “Urbs et Orbis” sintetizza questa visione: Roma come microcosmo universale, luogo in cui l’architettura coincide con la civiltà stessa¹⁷.

Note

  1. M. Torelli, Storia dell’arte romana, Roma-Bari, Laterza, 1985.

  2. G. Colonna, L’Italia prima di Roma, Firenze, Olschki, 1996.

  3. A. Carandini, La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all’alba di una civiltà, Torino, Einaudi, 1997.

  4. Ovidio, Fasti, II, 683–684.

  5. Catone, De Agricultura, Praefatio.

  6. P. Zanker, Augustus und die Macht der Bilder, München, Beck, 1987.

  7. G. Becatti, Arte e gusto negli ambienti romani, Roma, De Luca, 1962.

  8. F. Coarelli, Roma e il Mediterraneo, Roma, Quasar, 1998.

  9. L. Quilici, Topografia e urbanistica di Roma antica, Roma, Quasar, 2001.

  10. Cicerone, De Oratore, II, 9.

  11. R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità, Roma, 1902.

  12. Orazio, Odi, III, 30, 1.

  13. F. Zevi, L’architettura romana, Milano, Garzanti, 1984.

  14. J.-P. Adam, L’arte di costruire presso i Romani, Milano, Longanesi, 1990.

  15. M. MacDonald, Roman Architecture, New Haven, Yale University Press, 1982.

  16. A. Claridge, Rome: An Oxford Archaeological Guide, Oxford, Oxford University Press, 1998.

  17. P. Gros, L’architecture romaine: du début du IIIe siècle av. J.-C. à la fin du Haut-Empire, Paris, Picard, 1996.

Bibliografia

  • Adam, J.-P. L’arte di costruire presso i Romani, Milano: Longanesi, 1990.

  • Becatti, G. Arte e gusto negli ambienti romani, Roma: De Luca, 1962.

  • Carandini, A. La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all’alba di una civiltà, Torino: Einaudi, 1997.

  • Cicerone, De Oratore, Milano: BUR, 2002.

  • Claridge, A. Rome: An Oxford Archaeological Guide, Oxford: OUP, 1998.

  • Colonna, G. L’Italia prima di Roma, Firenze: Olschki, 1996.

  • Gros, P. L’architecture romaine, Paris: Picard, 1996.

  • Lanciani, R. Storia degli scavi di Roma, Roma: Loescher, 1902.

  • MacDonald, W. Roman Architecture, New Haven: Yale University Press, 1982.

  • Orazio, Odi, trad. it., Torino: Einaudi, 2008.

  • Ovidio, Fasti, trad. it., Milano: Mondadori, 2006.

  • Quilici, L. Topografia e urbanistica di Roma antica, Roma: Quasar, 2001.

  • Torelli, M. Storia dell’arte romana, Roma-Bari: Laterza, 1985.

  • Zanker, P. Il potere delle immagini nell’età di Augusto, Torino: Einaudi, 1989.



Muro romano.




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