martedì 18 giugno 2024

Corso di storia dell'architettura: Lezione 16/16 ART DECO

L'art déco (nome derivato per estrema sintesi dalla dicitura Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne, tenutasi a Parigi nel 1925 e perciò detto anche stile 1925) è stato un fenomeno del gusto che interessò sostanzialmente il periodo fra il 1919 e il 1930 in Europa, mentre in America, in particolare negli USA, si prolungò fino al 1940: riguardò le arti decorative, le arti visive, l'architettura e la moda.

 Porta d'ingresso della boutique Siégel all'Esposizione internationale delle arti decorative e industriali moderne di Parigi, 1925.
L'Expo parigina del 1925 vide trionfare, fra i molti espositori stranieri, la speciale raffinatezza francese in varie categorie merceologiche, dall'ebanisteria agli accessori di moda: Parigi restava il centro internazionale del buon gusto anche negli anni critici seguiti alla prima guerra mondiale. Ma l'art déco non nasceva con l'Esposizione, che fu semmai una sorta di rutilante rassegna di un fenomeno nella fase della sua tarda maturità, scaturito nella stessa Parigi intorno al 1910 ad opera di Paul Poiret, stilista dai molteplici interessi, rivolti alla completa riforma estetica dell'ambiente esistenziale moderno. Oltreoceano, gli Stati Uniti d'America aderirono più lentamente al déco, raccogliendone in un certo senso il testimone verso gli anni trenta, col caratteristico gusto per un modellato aerodinamico del cosiddetto Streamlining Modern, di cui furono artefici principalmente i designer Raymond Loewy, Henry Dreyfuss e Walter Dorwin Teague.
Parigi rimase in ogni caso il centro maggiore del design art déco, col mobilio di Jacques-Émile Ruhlmann che rinnovava i fasti dell'ebanisteria parigina fra Rococò e Stile Impero, con l'azienda di Süe et Mare, con i pannelli e i mobili modernistici di Eileen Gray, con il ferro battuto di Edgar Brandt e gli oggetti in metallo e le lacche di Jean Dunand, con i lavori in vetro di René Lalique e Maurice Marinot, con gli orologi e la gioielleria di Cartier, coi manifesti di Cassandre e Sepo.
Il termine "art déco" non ebbe un ampio uso fino a che quel gusto non fu rivalutato negli anni sessanta.
Il Chrysler Building di New York, uno degli edifici-simbolo dell'art déco
 
Varie e disparate le principali fonti di tale stile eclettico:
    Le prime opere della Wiener Werkstätte, fondata nel 1903, e soprattutto quelle di astratto geometrismo del principale esponente, Josef Hoffmann;
    Le arti "primitive", come quella africana, o antiche come l'egizia o l'azteca;
    La scultura e i vasi dell'antica Grecia, dei periodi geometrico e arcaico;
    Le ziggurat;
    Gli scenari e i costumi di Léon Bakst per i Balletti russi di Djagilev;
    Le forme cristalline e sfaccettate del Cubismo e del Futurismo;
    Le stridenti gamme dei colori del Fauvismo;
    Le forme severe del Neoclassicismo: Boullée, Schinkel;
    Motivi e forme di animali, il fogliame tropicale, i cristalli, i motivi solari e i getti d'acqua;
    Forme femminili "moderne", agili e atletiche;
    Tecnologia da "macchina del tempo" come la radio e i grattacieli;
    Innovazioni tecnologiche in campo automobilistico e aerodinamico;
    Industria della moda;
    Tutto ciò che riguarda il Jazz (Periodo: Hot Jazz e Swing).
Oltre a queste influenze, l'art déco è caratterizzata dall'uso di materiali come l'alluminio, l'acciaio inossidabile, lacca, legno intarsiato, pelle di squalo o di zebra. L'uso massiccio di forme a zigzag o a scacchi, e curve vaste (diverse da quelle sinuose dell'Art Nouveau), motivi a 'V' e a raggi solari. Alcuni di questi motivi erano usati per opere molto diverse fra loro, come ad esempio i motivi a forma di raggi solari: furono utilizzati per delle scarpe da donna, griglie per termosifoni, l'auditorium del Radio City Music Hall e la guglia del Chrysler Building. L'art déco fu uno stile sintetico, e al tempo stesso volumetricamente, aerodinamico, turgido e opulento, probabilmente in reazione all'austerità imposta dagli anni della prima guerra mondiale e della conseguente crisi economica. Fu peraltro uno stile molto popolare per gli interni dei cinematografi, e dei transatlantici come l'Île de France e il Normandie.
Alcuni storici considerano l'art déco come una forma popolare e alternativa del Modernismo o del Movimento Moderno in architettura. Di fatto, il Razionalismo italiano utilizzò alcuni elementi di questa espressione artistica frammisti a strutture razionali, soprattutto nelle nuove città costruite durante il regime fascista - in Italia e ancor di più nelle colonie (Dodecaneso, Libia, Eritrea, Etiopia) - dove riagganci alla tradizione locale ed un certo gusto dell'esotico ne furono il filo conduttore. Come esempi più significativi potremmo citare diversi palazzi di Rodi, che ne portano i segni più evidenti, mentre in città di nuova fondazione ma essenzialmente razionaliste, come Portolago, nell'isola greca di Lero, o Sabaudia in Italia se ne leggono solo accenni in alcuni edifici.
Arnaldo Dell'Ira - Lampada "a grattacielo", 1929
 
L'art déco cominciò a perdere lentamente campo in Occidente una volta raggiunta la produzione di massa. Cominciò a essere derisa perché si riteneva che fosse kitsch e che presentasse un'immagine falsa del lusso. Alla fine questo stile fu stroncato dall'austerità della seconda guerra mondiale.

L'"Art Déco Historic Districts" a Miami Beach, in Florida, è il luogo con la più alta concentrazione al mondo di architettura art Déco. Dalla Ocean Drive alla Collins Avenue, da Lincoln Rd. a Espanola Way, si possono ammirare hotels, appartamenti e altri edifici in questo stile costruiti tra 1923 e 1943.[2] In particolar modo, il frequente utilizzo di elementi tropicali all'interno delle decorazioni (come fenicotteri, palme e fiori), dei motivi nautici e delle tonalità pastello (come il giallo, il celeste, il lilla e il rosa) ha comunemente ribattezzato questo movimento, nel caso di Miami, Tropical Art Déco.

lunedì 17 giugno 2024

Corso di storia dell'architettura: Lezione 15 ART NOUVEAU

Si è parlato di Esposizioni Universali e, di alcune, che hanno marcato la storia dell'architettura del secolo, con la presenza di edifici molto significativi. Proviamo adesso a chiederci: cosa stava dentro all'avveniristico Palazzo di Cristallo progettato dal geniale architetto-giardiniere Paxton per l'Expo di Londra del 1851? A leggere le critiche delle menti più acute dell'epoca, la risposta è chiara: dentro quel meraviglioso ed inusuale gigante di vetro regnava sovrana la delusione. È questa la reazione all'appiattimento della qualità formale dei prodotti esposti, derivato dalla serializzazione della produzione industriale. Ma, se la standardizzazione industriale aveva portato alla banalízzazione del prodotto, come si poteva reagire? E più o meno su queste basi che, nella seconda metà dell'800, nella industrializzatissima Inghilterra, si sviluppa un dibattito, su quali debbano essere i corretti rapporti tra l'arte e la società in un sistema produttivo industriale ca-pitalistico.

ARTIGIANATO ED INDUSTRIA
Ne sono protagonisti numerosi soggetti, artistici e politici, col risultato di spostare il frutto delle loro teorizzazioni verso una critica radicale che, dal risultato del prodotto, si estende a tutto il sistema di produzione. Lo scrittore e critico d'arte inglese J. Ruskin (1819-1900), ad esempio, teorizza un radicale ritorno alla produzione artigianale, organizzata secondo il corporativismo medioevale.

MORRIS E LA RED HOUSE
Sembra trattarsi di una sfida teorica, marcatamente anacronistica, ed invece, a raccoglierla dal punto di vista operativo, è W. Morris (1834-1896), pittore, scrittore e designer inglese, aderente alla Pre-Raphaelite Brotherhood, movimento artistico fondato dal pittore D. G. Rossetti (1828-82), che auspica un ritorno della pittura al periodo che precede Raffaello, ritenendo che, con esso, si fosse concluso un ampio ciclo dì ricerca formale. Morris auspica (sulle idee di Ruskin e dei pensatori socialisti) il lavoro artigianale, per superare l'alienazione dei lavoro capitalistico, ed indirizza. socialmente il senso della sua ricerca formale, volgendolo decisamente, dalla pittura e dalla scultura, verso il settore delle arti applicate. Ne è un primo risultato la sua residenza destinata ad entrare negli annali della storia dell'arte con il nome dì Red Housc, progettata con Webb, nel 1860, in uno stile che, all'epoca, apparve solo sobriamente neogotico, ma che, in realtà, contiene già in sé elementi che contribuiranno al superamento dell'eclettismo imperante.
Il secondo passo compiuto da Morris, è la fondazione della ditta d'arredamento artistico Morris, Marshall, Faulkner and Co., vero e proprio crocevia di numerosi artisti di primo piano, che, puntualmente, saranno chiamati a collaborare al rinnovamento delle arti applicate: W. Crane, E. C. Burne-Jones, Madox Brown, D. G. Rossetti, P. Webb. Il successo internazionale della produzione della ditta, contraddistinta da straordinarie invenzioni decorative con arabeschi, è immediato e fa subito tendenza.
Il terzo passo, è quello di generalizzare la sua esperienza, sia sul versante teorico che su quello pratico. Per far questo Morris, infaticabile animatore, ha bisogno di uno strumento di propaganda sociale agile, efficace, continuativo ed internazionale, che, costantemente, puntualizzi i risultati raggiunti da una ricerca formale, che tende verso un'arte integrata, che si ponga come tramite tra l'ambiente naturale ed il fruitore.
Il modello organizzativo è fornito da numerose iniziative, sorte nel corso di questi anni che mirano alla rifondazione di un'arte del popolo per il popolo (nel 1882  nasce la Century Guild di A. Mackmurdo, nel 1884 la Art Worker's Guild di W. Crane, nel 1888 la Guild and School of Handicraft dell'architetto inglese C. Ashbee. L’organismo da lui fondato, insieme ad una vasta schiera di suoi collaboratori, prende il nome di Arts and Crafts Exhibition Society e, dal 1888 al 1912, organizza periodiche esposizioni, destinate a segnare un'epoca, in cui le nuove tendenze vengono pubblicizzate.
Nonostante la fondamentale importanza che le contraddistingue, le Arts and Crafts rappresentano contemporaneamente un successo ed un fallimento. Il successo artistico è completo e porta, come conseguenza, il superamento degli stili storici di stampo accademico. Ma non va taciuto nemmeno il fallimento sociale del progetto. I prodotti delle Arts and Crafts non sono (e non vogliono essere) adatti per una riproducibilità industriale che, abbassando i costi, possa essere estesa alla massa. Non riuscendo a superare la limitatissima dimensione quantitativa di una produzione artigiana di alta qualità, i prodotti sono univocamente destinati ad una élite borghese ricca, colta e raffinata. L’industrial design, insomma, deve ancora nascere. 

ll dibattito che le Arts and Crafts portano nell'architettura, segna la fine del neo-classicismo e dell'eclettismo. Nla dove attingere, ora, una volta superati gli stili classici? La risposta viene da un connubio che, a prima vista, sembra impossibile: lo spirito ideale romantico, giunto alla sua completa maturazione, si declina con la concre-tezza produttiva dell'imprenditorialità borghese e sceglie, nella natura, la sua pri-ma fonte di ispirazione. Non nel tempo storico, allora, ma nello spazio naturale, vanno cercati i nuovi termini dell'ispirazione. Nel 1895 Samuel Bing, un vulcanico mercante d'arte d'origine amburghese. apre una show room a Parigi, su cui campeggia l'insegna di Art Nouveau Bing.  Il suo progettista è un giovane arredatore belga, Van de Velde, destinato a raggiungere presto la celebrità. Gli oggetti che vi sono esposti sono  rivoluzionari, ma il gusto dell'epoca è pronto per questa rivoluzione (che si estenderà ad ogni settore delle attività umane, dall'urbanistica, all'arredamento, all'oggettistica quotidiana più minuta). Il fenomeno si estende dando luogo ad un movimento artistico.

Henry Van de Velde (1863-1957)




Al di là delle imponenti novità formali, uno spirito nuovo pervade l'Art Nouveau. che può essere vista come il risultato finale di una lenta maturazione, iniziata con la ricerca neoclassica.

Quello che la contraddistingue, e la rende possibile, è uno spirito di progettazione globale in cui:
• all'elevata invenzione progettuale corrisponde una pari qualità realizzativa delle maestranze;
• assume un'adeguata importanza la componente ambientale;
• diventa prassi comune l'unità progettuale tra interno ed esterno;
• viene perseguita la coerenza stilistica tra struttura, decorazione ed arredo.
I risultati raggiunti in questo ventennio, pongono alcuni edifici dell'Art Nouveau ai vertici dell'architettura di ogni epoca.
In Italia, l'Art Nouveau viene detta floreale, o Liberty (dal nome di Arthur Lesenby Liberty, proprietario degli omonimi magazzini londinesi), e trova la sua affermazione con l'Esposizione d'Arte Moderna di Torino del 1902. L'arretratezza sociale e culturale in cui versa l'Italia in questo periodo, permette, tuttavia, di raggiungere risultati solo episodicamente originali ed il liberty italiano resta un ibrido con la tradizione accademica eclettico-storicística.

ITALIA
Raimondo D'Aronco (1857-1932)







Givanni Sommaruga (1867-1917)









Ernesto Basile (1857-1932)







Di ben diverso livello appaiono i risultati di altre nazioni europee in cui, dalla sostanziale unitarietà del fenomeno artistico, si sviluppano le diverse accezioni.

L'Art Nouveau diventa:
• Modern Style in Inghilterra;
• Modernismo in Spagna;
• Coup de Fouet in Belgio,
• Stile Métro in Francia (per le stazioni della metropolitana realizzate in questo stile);
• Jugendstil in Germania (dal titolo della rivista jugend, giovinezza, fondata a Monaco nel 1896, i cui collaboratori si costituiscono in movimento nel 1897 con l'apertura delle Vereinigten Werkstatte far Kunst im Handwerk, laboratori riuniti per l'arte applicata);
• Sezessionstil in Austria e ancora in Germania (dove il termine secessione indica il distacco dalla progettazione storicistico-accademica, Secessione di Monaco 1892, di Vienna 1897, di Berlino 1898).
 
FRANCIA
Hector Guimard (1867-1942) 






Auguste Perret (1874-1954)



Tra le personalità più interessanti del panorama europeo dí questa nuova tendenza architettonica, possiamo, senza dubbio, annoverare l'architetto belga V. Horta, a cui dobbiamo il primo esempio compiuto dí tale stile, nella celebre Casa Tassel in rue de Turin, a Bruxelles, nel 1892, edificata secondo una perfetta rispondenza funzionale, spaziale, strutturale e decorativo-formale tra interno ed esterno.

BELGIO
Victor Horta  (1861-1947)








Un'altra singolarissima personalità di questo periodo, è quella dell'architetto catalano A. Gaudì y Cornet, il quale riuscì a realizzare, tra l'altro, un esempio unico di straordinaria urbanistica architettonico-scultorea, nel Parco Guell, alle pendici del Tibidabo di Barcellona, grazie alla protezione ed al sostegno economico del conte Guell, industriale illuminato, esponente della ricca e colta borghesia catalana.

SPAGNA
Anton Gaudì y Cornet (1852-1928)














Non si può infine non citare un'altra. originalissima figura di progettista, quella di. R. Mackintosh, arredatore ed architetto scozzese. Celebre per le sue invenzioni formali nel design d'arredamento e per la capacità di individuare una vibrante luminosità delle superfici, unita ad armoniose soluzioni ritmiche spaziali, è nella. Nuova Scuola d'Arte di Glasgow che fornisce la testi-monianza più convincente di un nuovo modo di interpretare l'architettura, come atto di progettazione totale, concetto che costituirà le basi sui cui si andrà for-mando il Movimento Moderno.

INGHILTERRA
Rennie Mackintosh (1868-1928)












AUSTRIA
Otto Wagner (1841-1918)



Josef Hoffmann 
(1870-1956)