giovedì 5 gennaio 2023

Corso Architetti italiani del XX Secolo: Lezione 5 Classe 1916-1920 Zanuso Sacripanti Sottsass Ricci Viganò De Carlo Soleri Magistretti

Zanuso















Marco Zanuso (Milano, 14 maggio 1916 – Milano, 11 luglio 2001) è stato un architetto, designer, urbanista e accademico italiano. È considerato tra i padri fondatori del design industriale italiano. Insieme al gruppo dello studio BBPR, ad Alberto Rosselli, a Franco Albini, a Marcello Nizzoli e ai fratelli Livio, Pier Giacomo e Achille Castiglioni, ha contribuito al dibattito nel dopoguerra sul "movimento moderno" nell'architettura e nel design. Zanuso è stato uno dei primissimi ad interessarsi ai problemi dell'industrializzazione del prodotto e all'applicazione dei nuovi materiali e tecnologie agli oggetti di uso comune. I suoi oggetti ottennero numerosi riconoscimenti (tra cui sette Compassi d'oro e sei premi della Triennale di Milano) e sono esposti presso il Museum of Modern Art di New York e presso la collezione permanente del design della Triennale (Antropus" ,"Lady). Alla poltrona Fourline venne dedicato un francobollo nella serie sul design delle Poste Italiane. Oltre ad arredi domestici ha elaborato oggetti delle più diverse tipologie come radio, televisori, telefoni e macchine per cucire. Nato nel 1916 a Milano, si laureò al Politecnico in Architettura nel 1939. Durante gli studi universitari viene segnalato al concorso per la sistemazione di piazza del Duomo a Milano (1938, con Gianni Albricci, Alberto Magnaghi, Mario Terzaghi, Pier Italo Trolli) e si aggiudica il primo premio al concorso per i Littoriali dell'architettura con il progetto di un rifugio alpino in Val Malenco (1938, con Gianni Albricci). Il suo lungo itinerario professionale, che ha inizio soltanto al termine del conflitto, lo vede spaziare senza preclusioni di scala dal disegno del prodotto industriale all'architettura e alla progettazione territoriale. Diverrà presto, come ricorda Guido Canella, "il più problematico tra gli architetti italiani e il più tipico rappresentante di quella generazione 'di mezzo' venuta alla ribalta nell'immediato dopoguerra".[2] Sin dagli esordi è uno dei personaggi-chiave del dibattito architettonico e della ricostruzione della Milano nel periodo postbellico: è caporedattore di Domus (1946-1947) e redattore di Casabella-Continuità (1953-1956), entrambe guidate da Ernesto N. Rogers; è membro del MSA (Movimento di studi per l'architettura) dal 1945 al 1960, dell'INU (Istituto nazionale di urbanistica) dal 1947 al 1949, dei CIAM (Congrès internationaux d'architecture moderne) dal 1956 al 1958, oltre a far parte del Consiglio comunale di Milano tra il 1956 e il 1960. Nell'immediato dopoguerra stringe un fruttuoso sodalizio con la Arflex che porterà alla produzione di numerose sedute, tra cui merita di essere ricordata, per l'innovativo impiego di materiali come la gommapiuma e il nastrocord, la poltrona Lady (1951). A partire dai primi anni cinquanta ha inizio una lunga attività nel settore del disegno per l'industria che lo vede progettare, spesso con Richard Sapper, che collabora stabilmente con lo studio Zanuso dal 1956 al 1971, una serie di pezzi fortunati e pluripremiati: dalle macchine per cucire Necchi e Borletti ai numerosi oggetti disegnati per la Brionvega o al telefono Grillo (Siemens, 1966), dalla sedia Lambda (Gavina, 1964) alla seggiolina per bimbi K4999 (Kartell, 1964) o al divano Lombrico (C&B, 1967). Con alcuni di questi oggetti Zanuso guadagna il premio Compasso d'oro negli anni 1956, 1962, 1964, 1967, 1979. Insieme a Alberto Rosselli ha disegnato il Compasso d'oro tridimensionale, su disegno di Albe Steiner. È stato membro della giuria del premio nel 1954, 1955 e 1998. Nel dicembre 1948 fu incaricato degli arredi per l'opera teatrale in tre atti La famiglia Antrobus (di Thornton Wilder), messa in scena presso il Piccolo teatro di Milano. Alla poltrona utilizzata per lo spettacolo, messa in produzione da Arflex nel 1978, Zanuso diede il nome dell'opera teatrale (Antropus). Curatore della prima mostra sul design italiano, tenutasi a Londra nel 1955 presso l'Istituto italiano di cultura, e tra gli ordinatori della Mostra internazionale dell'industrial design alla IX Triennale di Milano (1957), è fondatore dell'ADI (Associazione per il Disegno Industriale), di cui assume la presidenza tra il 1966 e il 1969. Dal 1957 inizia la sua collaborazione con Richard Sapper, con il quale realizzerà nel 1962 il televisore Doney (Brionvega), nel 1964 le seggioline K 1340 (Kartell) e nel 1967 il telefono Grillo (Siemens). All'interno della Brionvega la collaborazione dei due designer porta alla produzione, oltre che del televisore Doney, anche del televisore Sirius (1964), del televisore Black (1969) e la radio "cubo". Gli anni sessanta inaugurano uno dei periodi più prolifici della sua lunga carriera di architetto, durante i quali si cimenta in una varietà di temi che vanno dagli uffici e alle fabbriche, dalla residenza all'edilizia scolastica, dai teatri all'architettura funeraria. Con le commessa per la fabbrica Cedis a Palermo (1954), seguita dagli incarichi per le officine Necchi a Pavia (1961) e per gli stabilimenti Olivetti a Buenos Aires (1961) e a San Paolo del Brasile (1961), Zanuso avvia una ricerca sul tema delle fabbriche, e in particolare su argomenti come struttura, modularità e prefabbricazione, soggetti a successivi momenti di revisione, se non di sintesi costruttiva, nello stabilimento Brionvega a Casella d'Asolo (1967), nelle fabbriche Olivetti di Scarmagno, Crema e Marcianise (1972, con Eduardo Vittoria) e nel complesso IBM a Santa Palomba (1984). Fino al 1963 ha collaborato con Cini Boeri nel campo dell'architettura di interni. A partire dai primi anni sessanta Zanuso intraprende la carriera universitaria presso il Politecnico di Milano: dopo essere stato per diversi anni libero docente di Progettazione artistica per l'industria, nel 1965 ottiene l'incarico di Scenografia e tra il 1969 e il 1972 quello di Tecnologia dell'architettura, ricoprendo in quegli stessi anni anche la carica di direttore dell'Istituto di Tecnologia; dal 1979 l'attività didattica si concentra esclusivamente sull'insegnamento dell'industrial design, prima come docente del corso di Trattazione morfologica dei materiali e poi con quello di Disegno industriale, sino alla collocazione fuori ruolo a partire dal 1986. Nel 1984, su designazione dell'Accademia di San Luca, gli viene conferito il Premio per l'Architettura del Presidente della Repubblica. Nel 1985 riceve il Compasso d'Oro alla carriera e nel 1999 la laurea honoris causa in Disegno industriale al Politecnico di Milano. Molti dei suoi oggetti sono ospitati nelle principali collezioni di design del mondo. È morto nel 2001 nella sua casa di Piazza Castello a Milano.

Sacripanti 













Maurizio Sacripanti nasce a Roma l'8 agosto 1916 da Giuseppe e Olga Bartolani; il padre, ingegnere, muore quando Maurizio è ancora molto giovane. "Nasco da una vecchia famiglia romana; in una vecchia città", scrive lo stesso Sacripanti in Il senso del mio lavoro, testo pubblicato postumo, nel 1997, nel volume Maurizio Sacripanti maestro di architettura, catalogo della mostra tenutasi all'Accademia Nazionale di San Luca dal 22 aprile al 20 maggio dello stesso anno. "Persi da bambino mio padre, ingegnere, e ben presto vissi solo. Il Convitto Nazionale: praticamente espulso a tredici anni per indisciplina, smisi a sedici... scoprii le osterie... disegnavo, imparavo l'arte del calco, conobbi il modano e le sagome antiche... una vecchia arte in una vecchia città". Vive per le strade di Roma, di notte: così impara a conoscere la città, le sue forme, la sua gente: "Non fu tempo perduto e mentre Roma mi svelava il gusto dell'architettura, compagni anarchici mi conducevano all'antifascismo".  Si iscrive allora al liceo artistico ("... la decisione di farmi architetto mi colse al momento giusto per lo scatto: entrai al liceo artistico e rapidamente conseguii la maturità") e quindi alla facoltà di Architettura. "Nel '36 ero in Facoltà... scarsa frequenza, buoni voti in materie compositive; ma cercavo altrove, frequentavo la scuola libera del nudo, lavoravo negli studi ove era possibile imparare, e anche parlare senza essere denunciati". E tra gli studi dove secondo Sacripanti era possibile imparare ci sono quelli di Marcello Piacentini, di Pierluigi Nervi, di Mario Ridolfi e di Mario De Renzi. Con De Renzi non si tratterà di una semplice collaborazione ma di un rapporto professionale già più "maturo" che per la palazzina Furmanik lo porterà, ancora giovanissimo, a contribuire anche alle scelte progettuali oltre che alla redazione dei disegni esecutivi. Si laurea a Roma l'8 gennaio 1943. "Lavoravo per una nuova architettura facendo tutt'altro. Otto settembre, distacco dalla guerra ingiusta, la lotta clandestina, la Liberazione infine, il lavoro politico, la battaglia per la Costituente. L'architettura era ancora maceria che copriva i morti e mine inesplose facevano altri morti. Dipinsi souvenir, feci perizie e rilievi di fabbricati distrutti, fondai con amici un'impresa per la ricostruzione, vidi i primi soldi - ma smisi!". Nel 1946, all'indomani della fine della guerra, ottiene il primo riconoscimento ufficiale, la vittoria ex aequo al concorso nazionale per la sistemazione di piazza d'Armi (poi piazza Garibaldi) a Perugia. Nell'anno seguente, in collaborazione con Ciro Cicconcelli, redige progetti per l'Albergo della gioventù e per le Case unifamiliari a schiera realizzate al quartiere sperimentale QT8 di Milano: "Fu Bottoni, nel '47, a chiamarmi alla prima esperienza di architetto per la VIII Triennale: sono le prime casette prefabbricate del QT8 a Milano... l'Architettura finalmente si impadronì di me e mi spinse in un'esperienza densa di valori sociali. La riflessione sulla vita coincide con la riflessione sul linguaggio...". La collaborazione con Cicconcelli continua poi con i progetti per il Centro direzionale di Milano (1948; progetto premiato) e per il Palazzo di giustizia di Beirut (1949; progetto non giudicato). Nel 1945 De Renzi lo chiama come assistente straordinario al suo corso di Elementi di architettura, dando così avvio ad una carriera universitaria che porterà Sacripanti, conseguita la libera docenza nel 1961, a ricoprire alla facoltà di Architettura di Roma prima la cattedra di Elementi di architettura e rilievo dei monumenti (che insegnerà dal 1963 al 1969), quindi quella di Composizione architettonica (in Composizione nel 1973 è nominato professore straordinario e ordinario nel 1976) e infine quella di Scenografia (incarico che svolgerà nell'a.a. 1984-85). Terrà poi corsi e conferenze in diversi atenei italiani e stranieri: visiting professor presso la facoltà di Architettura di Houston, Texas (dove riceve il Distinguished Contribution to Architecture), sarà invitato a presentare il suo lavoro a Tokyo, Mosca, Costantinopoli. "Nel '49 - prosegue Sacripanti nel suo scritto - prendo studio in via degli Orti d'Alibert, tra monache di clausura e il carcere di Regina Coeli; in una vecchia città. Lavoro, quasi nulla. Mi lego a Libera e insieme progettiamo le tipologie per Ina-Casa. Vinco un concorso, faccio parte delle prime commissioni d'esame progetti dello stesso Ente. Vita professionale? Ancora ben poca ma fu allora che conobbi Mafai, fu per me un fratello, e Ventura che ricordo come un maestro". I caffè e le osterie "a credito" dove passare la sera, le "vie notturne, segnate dalle gronde e dagli spigoli, mediate dal viola" dove camminare sino a notte fonda, divengono in quegli anni il teatro di appassionate conversazioni con Mario Mafai, certamente, e con alcuni giovani artisti, Piero Dorazio, Achille Perilli, Giulio Turcato, Piero Consagra del gruppo Forma 1, e poi con tanti altri, letterati, registi, attori, scienziati - ma anche con il barbiere di via del Babbuino, Benedetto Avincola, "la cui bottega era divenuta luogo di incontri e di discussioni accorate", come racconta nel catalogo della mostra del 1997 Luca Canali, latinista, scrittore e poeta, anch'egli compagno di animate passeggiate serali.  Sul finire del 1949 Sacripanti parte per Parigi, "un'altra tappa obbligata - dirà - anche se ancora non lo sapevo". "A Parigi vissi l'età delle sorprese, nella fecondità del disordine, dell'avventura. La Parigi neoclassica e la Parigi cubista mi ricaricarono svelandomi lo spazio generato dagli assi e lo spazio che distrugge quegli assi generandosi da vettori. Ecco il punto: potevo ormai eliminare i principi "acquisiti", perché quanto vivo era in loro non l'avrei più dimenticato, quello che era morto serviva per reazione a scaraventarmi nel presente e dunque nella condizione del futuro". Al rientro a Roma partecipa al concorso per il nuovo Auditorium al Borghetto Flaminio (1950), poi a quello per l'Ospedale San Giovanni di Empoli (1954; progetto vincitore). Del 1956 è il Quartiere residenziale a Verona in zona Santa Lucia, completato nel 1958. Nel 1958 l'Accademia Clementina di Bologna lo nomina accademico corrispondente. Ricordando quella stagione Sacripanti dirà: "Provavo la sensazione terribile di uno scarto tra l'idea chiara, quella dell'arte moderna, e la sua traduzione in elaborato e in funzione.  Avvertivo  un profondo malessere nel non riuscire a mettere in pratica le mie idee. Il quartiere che costruisco a Verona mi svela tutto ciò che non si deve fare, mi dice che il problema non è quello di impaginare in modo diverso immagini consunte, che non si può trarre nulla da poetiche spente, che la funzione tradizionale va spezzata, che occorre un'idea capace di ricaricare i rottami di significati attuali e anche le immagini verranno, e certamente saranno capaci di comunicarci segnali nuovi. Lo sapevo, non avevo dubbi, ma l'avevo dovuto scontare". Nel 1960 trasferisce il suo studio in piazza del Popolo 18, in un sottotetto all'ultimo piano del palazzo progettato da Valadier dove si trova il Caffè Canova: "Erano tempi barbarici, ingenui - ricorda ancora Canali nel già citato saggio - alle 19.30-20 ci si trovava sempre in buona compagnia, si discuteva d'arte astratta e informale, realismo socialista, i film di Fellini, Antonioni, Rosi, spesso con loro presenti. Maurizio, di solito, si appartava con qualche amico, non amava stare al 'centro', amava la 'periferia' intellettuale, là dove più che sull'attualità politica e culturale si divagava sui 'massimi sistemi', o si camminava in silenzio, meditando". Nel 1961 partecipa al concorso internazionale per il Grattacielo Peugeot a Buenos Aires (nel gruppo anche il pittore Mafai e il fisico Romeo Nigro) con una struttura estremamente articolata, fatta di blocchi sovrapposti, sospesi, aggettanti su logge e giardini verticali; una struttura che, attraverso il movimento di liste frangisole, può divenire un enorme cartello pubblicitario. Il progetto riceverà soltanto la menzione d'onore: "Bisognava chiedere non 'il più alto', ma il più originale e creativo grattacielo del mondo. Forse, in questo caso, la giuria avrebbe assegnato il premio a Sacripanti", scriverà Bruno Zevi sulle pagine de "l'Espresso" il 19 agosto 1962 commentando quel "verdetto pavido". Degli anni seguenti sono i progetti per il Padiglione italiano alla Fiera internazionale di Tolosa per conto del Ministero del Commercio Estero (1962), per il quartiere Incis per i dipendenti del Ministero degli Affari Esteri a Roma (1963), il progetto per il quartiere "Cynthia" di case per gli operai delle industrie siderurgiche a Bagnoli (1964). Nel 1965 partecipa al concorso di idee per il nuovo Teatro Lirico di Cagliari che nella interpretazione di Sacripanti e del suo gruppo (a questo progetto collabora anche Achille Perilli) diviene un "teatro nuovo", totale; una forma in divenire, una macchina capace di modificare lo spazio, di trasformarsi per restare attiva ogni giorno dell'anno, accogliendo anche altre attività. "Lo scopo di un concorso di idee - dirà Sacripanti - è quello di trovare idee. Dopo la Philarmonie di Berlino non c'è più niente da proporre in materia di teatri tradizionali. Bisogna andare oltre, inventando una macchina che, pur conglobando il passato, renda il futuro possibile, anzi presente". Una provocazione poetica che ancora una volta non venne del tutto compresa dalla giuria (il progetto ottenne cinque voti favorevoli su sei). Seguono poi il progetto per il Centro di cura e rieducazione dei silicotici a Domodossola (1966) e la partecipazione al concorso nazionale per i nuovi Uffici della Camera dei Deputati (1966-67), una competizione questa dagli esiti controversi (non venne decretato un vincitore, ma 18 progetti furono definiti degni di menzione) che in qualche modo simbolicamente chiude la vicenda storica e architettonica italiana iniziata nel secondo dopoguerra. Il progetto di Sacripanti (motto "Omaggio a Mafai", in ricordo dell'amico scomparso nel 1965) è un organismo complesso generato dalla aggregazione di nuclei geometrici omotetici, come è dei frattali, qui sospesi su ponti per dilatare lo spazio al piano terreno, per "conquistare il vuoto" della piazza. Nel 1968 ottiene il primo premio al concorso nazionale per il progetto per un nuovo Museo a Padova, collocato tra la cappella degli Scrovegni e la chiesa degli Eremitani, tra Giotto e Mantegna. Sul rapporto con le preesistenze, Sacripanti scrive nella relazione: "Proporre un tipo di simbiosi tra passato e futuro: ecco cosa significa progettare, oggi e qui. Il passato: la nostra cultura, la tessitura di ogni riferimento vivo; il futuro: la nostra molteplicità, la vera insostituibile novità dell'epoca moderna". Tra passato e futuro Sacripanti getta dei lunghi ponti, sorretti nel vuoto l'uno dall'altro a generare visuali prospettiche controllate; e di questa struttura articolata e multipla, aerea e trasparente, le opere d'arte sospese nello spazio divengono parte integrante. Purtroppo, però, anche questa sarà una occasione perduta, un'altra architettura che rimarrà solo sulla carta. Stessa sorte anche per il contemporaneo progetto del padiglione italiano all'Esposizione universale di Osaka 1970 per cui, rispondendo al  tema di quella edizione, "Armonia e progresso dell'umanità", Sacripanti (qui in gruppo anche con Achille Perilli e Renato Pedio) propone un edificio pulsante, in movimento (perché "Uno spazio che si muove può significare facilmente un Paese che si muove"), una struttura generata da una doppia serie di sette lame circolari, a sezione e diametro variabile, incernierate nel baricentro eccentrico e variamente disposte intorno ai due nuclei cilindrici del sistema di scale (la commissione, di cui facevano parte anche Giulio Carlo Argan, Franco Albini e Luigi Moretti, del progetto Sacripanti, pur bocciandolo, apprezzerà gli "spiccati caratteri di originalità inventiva"). Negli anni seguenti il progetto per scuole prefabbricate a Molfetta (1969; realizzato), il concorso per l'Ospedale psichiatrico di Bergamo (1970) e quello per la sede dell'Università Libera di Bruxelles (1971). Nel 1971 pubblica su "L'Architettura. Cronache e Storia" l'articolo Città di frontiera, un "racconto" che inizia con brevi note biografiche per poi sviluppare quelle che sono "le mie invarianti del linguaggio architettonico moderno", sette punti attraverso i quali definire un programma che, è espressamente detto, non ha le pretese di essere sufficiente, infallibile, risolutivo, ammissione questa indispensabile per un'architettura che non sia solo forma, apparenza, ma neanche esclusivamente pura necessità. "L'unica progettazione possibile - scrive Sacripanti - si fonda sull'irriducibile testimonianza di non possedere schemi, di non avere prefigurazioni; dobbiamo quindi (anche perché tecnicamente lo possiamo) cercare la città come "capanna", come fiaba, traendone l'immagine del e dal nostro inconscio; la poetica diventa la ragione di sopravvivenza del linguaggio". Città di frontiera due anni più tardi diverrà un libro nel quale Sacripanti affianca alle parole i suoi progetti, "mattoni" di una personale immagine di città. Dalla metà degli anni Sessanta il lavoro di Sacripanti viene riconosciuto anche attraverso mostre nazionali e internazionali: nel 1965 espone alla Prima Triennale itinerante di architettura italiana contemporanea; nel 1967 al MoMA di New York sono in mostra alcuni disegni per il Teatro di Cagliari; nel 1969 tiene alla Marlborough galleria d'arte di Roma una Personale di architettura; l'anno seguente i suoi disegni sono a Mosca, in mostra alla Casa dell'Amicizia e nel 1972 a Genova, all'esposizione Immagine per la città. Nel 1967 diviene inoltre membro dell'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze (inizialmente con il titolo di "accademico aggregato" per divenire poi, dal 1992 "accademico corrispondente") e per la Cluva di Venezia viene pubblicata la prima monografia dedicata al suo lavoro, Sacripanti architettura, curata da Marta Garimberti e Giuseppe Susani. Nel 1972 ottiene l'incarico, nell'ambito del programma Ises per la ricostruzione delle zone terremotate nella valle del Belice, della progettazione della chiesa di Partanna (Trapani), un'altra architettura che non verrà realizzata: una successione di spazi voltati sui diversi piani che trova una matrice negli studi del Mausoleo di Santa Costanza e nelle riflessioni sullo spazio sacro pubblicate nel 1966 da Sacripanti sulle pagine di "L'Architettura. Cronache e Storia".  Del 1974 è invece il progetto per il Museo della Pace, situato proprio vicino all'abbazia benedettina di Montecassino e concepito per ospitare il Monumento alla Pace, scultura completata da Umberto Mastroianni nel 1972: Sacripanti pensa ad un organismo aggrappato alle pendici del monte dall'interno del quale sarebbe "esplosa" la scultura di Mastroianni, un segnale potente, per non dimenticare la tragedia della guerra. Tuttavia, forse proprio la stretta vicinanza all'abbazia bloccò il corso anche di questo progetto (solo molti anni dopo la scultura sarebbe stata collocata nei pressi della rocca Janula, sul versante sud del monte). Nel 1976 un tragico evento, la morte del figlio Paolo - "giovanissimo, affascinante pittore di mari capovolti, dolci cerbiatti e licorni in carole stellari, cieli rovesci, schiume di galassie in bilico su una falange", come lo descrisse Renato Pedio - fa cambiare di verso il corso della vita di Sacripanti che da questo momento nei progetti assumerà il nome del figlio, facendolo precedere al suo. Di questi anni è anche l'incontro con Luigi Pellegrin, figura che diverrà determinante anche per lo svolgersi della carriera professionale e universitaria di Sacripanti. Nel 1977 vince il concorso per il nuovo Teatro comunale di Forlì che sarebbe dovuto sorgere in un'area marginale del tessuto storico cittadino, inserendosi nelle strutture del convento e della chiesa di San Domenico. Come troppo spesso accade, a quella vincita non seguì una immediata concretizzazione e ancora sul finire degli anni Ottanta lo studio sarebbe stato impegnato nella redazione dei disegni esecutivi.  Il teatro infine non verrà mai attuato, ma nel 1980 sarà completata la grande piazza-parcheggio "Guido da Montefeltro" situata proprio accanto all'area del vecchio convento.  Nel 1977 a Santarcangelo di Romagna, in quella che venne al tempo definita come  "la piccola Atene del nord", su intercessione dell'amico poeta Tonino Guerra, Sacripanti realizza l'edificio della scuola media, "un impianto aspro e tenero insieme... forma finita e non-finita insieme", secondo le parole di Pedio. E nel 1979 a Maccagno, borgo della provincia di Varese affacciato sul Lago Maggiore, avvia la progettazione del Museo civico Parisi-Valle (completato nel 1998), ancora una volta un edificio come un ponte sospeso tra due sponde, una macchina per esporre che dialoga attraverso squarci obliqui con il sottostante torrente Giona e con il cielo, con il lago e con i monti retrostanti. Nel 1979 Sacripanti è nominato membro dell'Accademia Nazionale di San Luca. Nel 1981, chiamato da Giorgio Tecce, preside al tempo della Facoltà di Scienze dell'ateneo romano, Sacripanti allestisce la mostra "Cinque miliardi di Anni. Ipotesi per un Museo della Scienza" tenutasi al Palazzo delle Esposizioni. In quella circostanza conosce Remo Ruffini, astrofisico, presidente dell'Icra, International Center of Relativistic Astrophysics, istituto per il quale nel 1983 progetta il centro ricerche "Matteo Ricci" in Cina. Del 1983 è anche l'incarico del Comune di Roma (Carlo Aymonino è al tempo assessore al centro storico) per la progettazione del Museo della Scienza a via Giulia, un'altra visione architettonica di grande impatto che alimentò forti discussioni e infine non venne realizzata perché giudicata troppo estranea al contesto. Gli ultimi anni allo studio di piazza del Popolo, dove Sacripanti lavorerà sino al 1995 per poi trasferirsi nella sua abitazione di viale Maresciallo Pildsuski, lo vedono impegnato insieme ai suoi collaboratori nel completamento di progettazioni esecutive per cantieri già avviati (il museo di Maccagno) e per cantieri che non si avvieranno mai (il Teatro di Forlì); o, ancora, nella partecipazione ad alcuni concorsi, tra cui quello per la chiesa di Tor Tre Teste. La morte lo coglie il 25 settembre 1996 mentre, in polemica con quanto attuato dall'amministrazione capitolina in occasione del concorso ad inviti del 1993, si appresta a completare il suo progetto per il nuovo Auditorium di Roma.

Sottsass 



















Ettore Sottsass junior (Innsbruck, 14 settembre 1917 – Milano, 31 dicembre 2007) è stato un architetto, designer e fotografo italiano. «Mi arrabbio quando mi dicono che sono un artista; cioè, non mi arrabbio ma sono fondamentalmente un architetto.» (Maestri del design, Bruno Mondadori, 2005) Figlio dell'architetto trentino-tirolese Ettore Sottsass senior e di madre austriaca Antonia Peintner, studia a Torino prima presso il liceo scientifico Galileo Ferraris e dopo architettura al Politecnico, laureandosi nel 1939.Nel 1938 progetta il "Palazzo della moda", l'odierno "Torino Esposizioni". Successivamente viene chiamato alle armi in Montenegro; resterà internato per 6 anni in un campo di prigionia. Rientrato in Italia, comincia la sua attività a Milano nel 1947 dove collabora con il padre e poi apre il suo primo studio di design. Collabora in questo primo periodo con Giuseppe Pagano. Nel 1948 entra nel gruppo del MAC (Movimento di arte concreta) e partecipa alla prima collettiva di Milano. Nello stesso anno promuove a Roma la mostra dedicata all'arte astratta in Italia. Nel 1949 sposa la traduttrice e scrittrice Fernanda Pivano. Nel 1957 diventa art director di Poltronova, l'azienda di Agliana, chiamato dall'imprenditore Sergio Cammilli. Nel 1958 incomincia la sua collaborazione con la Olivetti, nel settore del computer design, a fianco di Marcello Nizzoli, di cui prenderà il posto dopo il suo ritiro. Questa attività durerà circa 30 anni e porterà all'affermazione di un nuovo stile per i prodotti da ufficio della ditta di Ivrea. Tra gli oggetti progettati da Sottsass si possono ricordare le calcolatrici Elea 9003, Summa-19, Divisumma 26 e Logos 27 (1963), le macchine da scrivere Praxis 48 (1964) e Valentine (con Perry King) e il sistema per ufficio Synthesis (1973). Il progetto più importante è stato il computer mainframe Elea 9003 (1959), grazie al quale vinse il Compasso d'oro nel 1959. In anticipo sugli anni della contestazione, Sottsass propone il design come strumento di critica sociale aprendo alla grande stagione del Radical (1966-1972). Nel 1967 fonda, insieme alla moglie Fernanda Pivano e ad Allen Ginsberg, la rivista d'arte Pianeta fresco. Nel 1972 espone alla mostra curata da Emilio Ambasz, Italy: the new domestic landscape al MoMA di New York. Nel mentre, tiene un giro di conferenze per l'Inghilterra e, nel 1976, riceve la laurea honoris causa al Royal College of Art di Londra. Nel 1979 partecipa con il gruppo Alchimi al Design Forum di Linz presentando Seggiolina da pranzo, la lampada da terra Svincolo e il tavolino Le strutture tremano. Nel 1980 insieme con Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e Marco Marabelli fonda lo studio Ettore Sottsass Associati. Nel 1981 fonda il gruppo Memphis, assieme a Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele de Lucchi e altri architetti di livello internazionale. Artista di molteplici interessi, figlio d'arte, contamina la sua formazione accademica di architetto con esperienze dirette nel campo delle arti visive conoscendo vari artisti e stringendo amicizie come per esempio con Luigi Spazzapan. Si è avvalso, nel corso degli anni della sua importante carriera, della preziosa collaborazione di amici professionisti spesso divenuti, loro stessi, nomi internazionalmente noti nel mondo del design e dell'architettura, come James Irvine. Nel 1985 realizza l'Edificio condominiale di viale Roma a Marina di Massa, progetto che si contraddistingue per la qualità delle soluzioni architettoniche poste in essere. Nel 1988 nasce Terrazzo, rivista da lui ideata e realizzata insieme con Barbara Radice, Christoph Radl, Anna Wagner e Santi Caleca. Terrazzo si occupa di design e architettura fino al 1996, anno del tredicesimo e ultimo numero. Gli sono state dedicate numerose mostre personali: si ricordano le grandi mostre, nel 1976, al Cooper Hewitt di New York e all'International Design Zentrum di Berlino, al Centre Georges Pompidou di Parigi nel 1994 e nel 2003, di Design Gallery Milano nel 1988, 1993 e 1995, del Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato del 1999, del Suntory Museum di Ōsaka del 2000, del Museo d'Arte Decorativa di Colonia nel 2004 e del MART di Rovereto nel 2005 curate da Milco Carboni. Inoltre sue opere sono conservate nelle collezioni di prestigiose istituzioni museali come il Centre Georges Pompidou e il Musée des Arts Décoratifs di Parigi, il Victoria & Albert Museum di Londra, lo Stedelik Museum di Amsterdam, il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum di New York, il Musée des Arts Décoratifs di Montréal, l'Israel Museum di Gerusalemme e il National Museum di Stoccolma. Dal 2005 al 2007, anno della sua morte, si dedica all'attività critica. Nel 2003 collabora con Pedretti Graniti un'azienda trentina estrattrice unica della Tonalite Dell'Adamello. Con essa disegna una fontana di questo materiale che sarà poi esposta in vari musei in tutto il mondo. Sottsass disse " L’idea di una fontana lunga e stretta si rifà più o meno alle antiche fontane di montagna dove gli animali andavano a bere e che erano lunghi tronchi d’albero scavati. L’idea di non abbandonare questa memoria mi è stata suggerita dal fatto di poter avere a disposizione una bellissima pietra che si chiama Tonalite dell’Adamello , cioè avevo a disposizione una pietra che proviene dalle alte montagne del Trentino. Naturalmente, dato che i tempi delle fontane di legno sono passati, ho pensato che una fontana di Tonalite dell’Adamello poteva anche diventare una specie di piccola scultura e così è venuta fuori una fontana che si vedrà. Molte altre spiegazioni non le posso dare perché anche io non le conosco”. – Ettore Sottsass Jr. Oggi il Centro studi e archivio della comunicazione di Parma conserva un fondo dedicato a Sottsass, composto da 13.858 materiali progettuali (9.918 schizzi e disegni, 3.940 disegni esecutivi, di cui 2917 lucidi e 1023 copie eliografiche), 5 scatole di disegni esecutivi, 24 sculture. Questo fondo è pubblico e liberamente consultabile. Il primo nucleo di opere che costituiscono il fondo Ettore Sottsass Jr è stato donato alle collezioni dello CSAC con atto pubblico nel 1979, una seconda donazione è pervenuta in archivio nel 2005 ed è ancora oggi in fase di definizione. Muore il 31 dicembre 2007 nella sua abitazione milanese per uno scompenso cardiaco avvenuto durante un'influenza, all'età di novant'anni.

Ricci






Leonardo Ricci (Roma, 8 giugno 1918 – Venezia, 29 settembre 1994) è stato un architetto italiano.  Nato l'8 giugno 1918 a Roma, o secondo altre fonti a Firenze, consegue la maturità classica nel 1936, presso il Liceo Michelangelo di Firenze, e quindi si iscrive alla facoltà di Architettura della stessa città, dove si laurea nel 1941. Dopo averlo avuto come allievo, Giovanni Michelucci, lo assume come proprio assistente. Rimane nello Studio Michelucci fino al 1946. Oltre che esercitare la professione di architetto diviene anche docente di Composizione architettonica insegnando anche negli Stati Uniti. Viene premiato con la Medaglia d'oro alla Triennale di Milano del 1957.  Leonardo Ricci aspira a rendere l'uomo il protagonista della sua architettura: egli sostiene, infatti, che la "prima vera operazione architettonica non è prendere un pezzo di carta e disegnare forme e schemi distributivi. È immaginare nello spazio il movimento di coloro che lo abiteranno." In questo senso, egli rifiuta le regole precostituite dell'architettura antica, bensì cerca di scardinare la visione tradizionale dell'architettura, creando spazi in grado di stimolare nuovi rapporti sociali all'interno della società.Per questo contesta l'opera di Le Corbusier, definendo l'Unité d'Habitation una sorta di albergo, un contenitore che non si pone il problema dell'abitare. Ricci invece predilige un'architettura tesa a valorizzare i rapporti della comunità e il rapporto col paesaggio; a tal fine, nei suoi progetti, egli adotta tipologie conventuali, strutture collegate tra loro tramite percorsi e passaggi attrezzati, così da favorire le relazioni tra le parti e quelle sociali.

Viganò






Vittoriano Viganò (Milano, 14 dicembre 1919 – Milano, 5 gennaio 1996) è stato un architetto e accademico italiano. Per il particolare uso del cemento armato, le sue opere sono state annoverate fra gli esempi di brutalismo italiano.  Figlio del pittore Vico Viganò (1874-1967), cresce in un ambiente culturale fertile che lo porta a iscriversi al Politecnico di Milano, dove si laurea in Architettura nel 1944. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, Viganò compie un breve apprendistato presso lo studio BBPR e, dopo aver conseguito tra il 1946 e il 1947 il corso di perfezionamento in costruzioni in cemento armato con Arturo Danusso, diviene assistente volontario, incaricato e di ruolo presso la cattedra di Architettura degli interni, arredamento e decorazione affidata a Gio Ponti (1945-1969), poi come docente di Architettura degli interni e arredamento (1979) e di Composizione architettonica. Nel 1947 apre il proprio studio professionale in corso di Porta Vigentina, a Milano, indirizzando i suoi interessi verso più filoni disciplinari, dal disegno del prodotto industriale all'architettura degli interni e all'allestimento, dall'architettura all'urbanistica. Viganò intende l'architettura come un'attività totale, al servizio della vita dell'uomo “dal cucchiaio alla città” e la sua formazione è nel diversificato mondo del Razionalismo italiano del secondo dopoguerra. Perciò l'architettura di interni non è una banale pratica di decorazione, ma una disciplina che condivide le finalità e il metodo dell'architettura e dell'urbanistica. Questi presupposti razionalisti dovrebbero quindi integrarsi con i linguaggi locali per ricostruire un'identità italiana dopo le distruzioni della guerra, dando inizio a una nuova tradizione per il nuovo Stato democratico che stava nascendo. Quindi l'architetto può collaborare attivamente alla costruzione di una nuova società civile.L'impegno sociale di Viganò si concretizza attraverso una comunicazione energica ed esplicita, che si avvale di materiali poveri (ai quali è riconosciuto anche un valore etico), di spazi aperti in rapporto con la città, per ottenere un'estetica semplificata e anti-elegante, non-finita, in contrapposizione con la mentalità borghese. Come negli stessi anni Alberto Burri lacerava stracci e fondeva la plastica per ottenere le sue composizioni pittoriche, così Viganò tormentava il cemento per sperimentarne le caratteristiche statiche ed espressive.Parallelamente all'esercizio della professione e all'attività didattica e di ricerca, Viganò svolge un'intensa attività pubblicistica: dal 1947 al 1963 è corrispondente dall'Italia per la rivista francese diretta dall'amico André Bloc L'architecture d'aujourd'hui, per cui cura, nei primissimi anni cinquanta, due numeri monografici dedicati all'architettura italiana del dopoguerra; in quel periodo è inoltre corrispondente dall'Italia di Aujourd'hui, anch'essa diretta da Bloc.Tra il 1947 e il 1960 è consulente tecnico-artistico di Arteluce, che metterà in produzione alcuni suoi progetti di lampade. Dopo le "prove" degli esordi, dalla sistemazione degli interni del cinema-teatro Dal Verme (1947) alle casette per reduci al QT8 (1947, con Ezio Putelli e Vittorio Gandolfi), dal centro sportivo e di svago a Salsomaggiore (1949, con Francesco Clerici) al condominio in viale Piave (1951, con Carlo Pagani), cui si alternano significativi lavori a una scala minore, come l'arredamento di appartamenti e l'allestimento di gallerie d'arte, il nome di Viganò balza alla notorietà internazionale con il progetto dell'Istituto Marchiondi Spagliardi a Milano (1958), ricordato da Reyner Banham come uno dei pochi esempi italiani del movimento neobrutalista.Nel 1969 Bruno Zevi dedica all'architetto milanese un intero fascicolo della rivista L'architettura. Cronache e storia, pubblicando alcune tra le più rilevanti opere portate a compimento da Viganò tra i primi anni cinquanta e la fine degli anni sessanta: il piano di valorizzazione del Parco Sempione a Milano (1954 e 1962), la casa "La Scala" per André Bloc a Portese del Garda (1958), il negozio Arteluce di Milano (1962), la "Ca' della Vigna" a Redavalle, presso Broni (1964), il colorificio Attiva a Novi Ligure (1967). A Milano realizza, nel 1985, l'ampliamento della facoltà di Architettura del Politecnico.  Presente nelle Triennali del 1951, 1954, 1960 e 1968 e attivo nel dibattito architettonico e urbanistico, Viganò è membro del MSA (Movimento di studi per l'architettura), dell'INU (Istituto nazionale di urbanistica), dell'IN/ARCH (Istituto nazionale di architettura), dell'ADI (Associazione per il disegno industriale), dell'Accademia di San Luca. Nel 1991 viene allestita, prima al Politecnico di Milano e poi all'Accademia di San Luca a Roma, la prima mostra retrospettiva di Viganò, dal titolo A come architettura. Nello stesso anno gli viene conferito, su segnalazione dell'Accademia di San Luca, il Premio per l'Architettura del Presidente della Repubblica. Vittoriano Viganò muore il 5 gennaio 1996.

De Carlo


Giancarlo De Carlo (Genova, 12 dicembre 1919 – Milano, 4 giugno 2005) è stato un architetto, urbanista, teorico dell'architettura e accademico italiano. È stato tra i primi a sperimentare e applicare in architettura la partecipazione da parte degli utenti nelle fasi di progettazione. È conosciuto internazionalmente per essere uno tra i fondatori del movimento Team X che operò la prima vera rottura con il Movimento Moderno e le tesi funzionaliste di le Corbusier. Per la sua capacità di instaurare sempre delle relazioni forti tra teoria e pratica non convenzionali si è imposto come uno tra i pensatori più acuti dell'architettura italiana. È padre dello scrittore Andrea De Carlo. Nato a Genova poco dopo la fine della prima guerra mondiale da padre siciliano e madre piemontese, visse tra la sua città natale, Livorno e Tunisi sino all'età di vent'anni. Nel 1939 si iscrive al Politecnico di Milano dove si laurea in ingegneria nel 1943. Durante la seconda guerra mondiale è arruolato come ufficiale di Marina. In seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943 entra in clandestinità prendendo parte alla Resistenza con il Movimento di Unità Proletaria in cui partecipano anche altri architetti milanesi come Franco Albini e Irenio Diotallevi. Successivamente organizza a Milano un gruppo partigiano di ispirazione anarchico-libertaria (le Brigate Matteotti) insieme a Giuseppe Pagano. Alla fine della guerra pubblica a Milano Le Corbusier. Antologia critica degli scritti e comincia a frequentare il movimento anarchico partecipando ai primi convegni italiani a Carrara. La sua sarà sempre un'adesione critica al pensiero libertario vicino alle tesi di Kropotkin ed è in questo periodo che comincia la sua collaborazione alla rivista anarchica Volontà in cui cerca di lanciare nuove idee sociali per la ricostruzione e l'incessante bisogno di alloggi popolari. Collabora in maniera saltuaria alle riviste di architettura Domus e Casabella e pubblica una monografia critica su William Morris. Nel 1948 riprende gli studi all'Istituto Universitario d'Architettura di Venezia dove si laurea nel 1949. Due anni prima prende parte all'VIII Triennale di Milano con tre progetti mai realizzati per il quartiere QT8. Nel 1950 apre un proprio studio a Milano. Nel 1951 organizza per la IX Triennale di Milano una mostra sull'architettura spontanea e tre anni dopo nell'edizione successiva presenta tre cortometraggi scritti con Elio Vittorini in cui in pieno stile dell'epoca, denuncia le derive possibili di una metropoli moderna gestita da burocrati e tecnici in cui l'interesse per l'uomo non è prioritario, e esorta lo spettatore ad agire in prima persona. Nel 1952 nasce il figlio Andrea. Nel 1955 ottiene una cattedra in urbanistica allo IUAV che manterrà fino al 1983 venendo a contatto e spesso scontrandosi con i maggiori nomi dell'architettura e urbanistica italiana come Giuseppe Samonà, Carlo Scarpa, Bruno Zevi e Paolo Portoghesi. Tra il 1952 e il 1960 fa parte della nuova generazione invitata a partecipare al CIAM. Egli prende parte ai prestigiosi congressi grazie alla presentazione fatta da Ernesto Nathan Rogers il quale nello stesso periodo lo inserisce anche nel comitato di redazione di "Casabella-Continuità", ruolo che abbandonerà nel 1956 in seguito ad aspri contrasti con lo stesso Rogers. Nello stesso periodo fa parte del Movimento di Studi per l'Architettura (MSA) che raggruppa vari giovani architetti milanesi in linea con i principi del Movimento Moderno e in aperto contrasto con l'esperienza romana dell'Associazione per l'Architettura Organica (APAO) di Bruno Zevi che si rifà invece alle idee innovative di Frank Lloyd Wright. Nel 1956 quale membro italiano dei CIAM presenta un suo progetto di un complesso di case popolari a Matera in cui tutti i principi di le Corbusier vengono ignorati a discapito di un'attenzione specifica nei confronti del contesto geografico, sociale e climatico della regione. È chiaramente una forte rottura con la vecchia generazione di architetti e del mito di un modello di architettura internazionale unico (International Style). Nel congresso del 1956 è segnata così la fine dei CIAM e l'inizio del Team X che raggruppa tutta la nuova generazione invitata a partecipare all'ultimo congresso (il decimo per l'appunto) e che pretende un nuovo tipo di architettura, che si adatti meglio alle condizioni sociali e ambientali locali e in cui l'uomo non sia ridotto ad una figura astratta o un insieme di misure standard. Nel 1964 è incaricato del primo Piano Regolatore Generale della città di Urbino. Dal 1965 è incaricato di progettare il campus e le strutture della nuova Università di Urbino. Nel progetto il campus si fonde con il paesaggio, inserendosi fisicamente nelle colline. È quello del campus universitario di Urbino un progetto che lo vedrà impegnato molti anni della sua vita, e che gli darà il suo primo vero riconoscimento internazionale. Negli anni seguenti sviluppa il progetto della casa del filosofo Livio Sichirollo e del quartiere "La Pineta".  Nel 1968 durante la rivolta studentesca cerca un dialogo costruttivo con i propri studenti e pubblica una serie di testi e saggi in cui teorizza una gestione dell'architettura più democratica e aperta e mette in discussione l'insegnamento tradizionale: "La piramide rovesciata", "Ordine, Istituzione, Educazione, Disordine", "Il pubblico dell'architettura" e "Un'architettura della partecipazione".  Dal 1970 insieme a Domenico De Masi, Fausto Colombo e Valeria Fossati Bellani e agli operai e le loro famiglie costruisce le case per lavoratori Matteotti a Terni. Si tratta del primo esempio realizzato di architettura partecipata in Italia che si rivela un successo e che poi ripeterà con risultati e procedure diverse nel 1972 per il Piano Regolatore di Rimini e nel 1979 per il recupero dell'isola di Mazzorbo a Venezia. Dal 1976 fonda l'ILAUD (o I.L.A. & U.D., International Laboratory of Architecture & Urban Design), un laboratorio internazionale di architettura e disegno urbano, basato sui principi del Team X, che per 27 anni si svolge ogni estate in Italia (negli anni si è svolto a Venezia, Siena, Urbino, ecc.) allo scopo di svolgere un'attività di ricerca continua attraverso il confronto teorico e progettuale tra le nuove generazioni delle più prestigiose scuole di architettura europee e americane. Nel 1978 fonda e dirige la rivista "Spazio e società" attraverso la quale per più di vent'anni manterrà attiva la rete di relazione creatasi col Team X e garantendo una voce alternativa e indipendente nel panorama architettonico europeo. A Siena fu incaricato del progetto del nuovo quartiere periferico di San Miniato che, ad esecuzione quasi completata da parte del comune di Siena, egli criticò per la sua attuazione pratica e dal quale si dissociò in seguito. Nel 1984 accettò l'incarico dall'Università degli Studi di Catania per il progetto di recupero del Monastero di San Nicolò l'Arena, sede dell'attuale DISUM - Dipartimento di Scienze Umanistiche. Più volte invitato nelle università di tutto il mondo per conferenze e incontri, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2004 il Centre Pompidou di Parigi gli dedica una mostra monografica e a Roma tre giorni prima della sua morte, il 1º giugno 2005, è inaugurata una grande mostra retrospettiva in cui lo stesso De Carlo ha curato l'allestimento e la scelta non cronologica dell'esposizione. Giancarlo De Carlo è sempre stato una personalità scomoda nell'ambito dell'architettura italiana e non è mai sceso a compromessi che potevano intaccare la coerenza delle proprie idee. Per questo motivo ha dovuto rinunciare alla realizzazione di molti progetti, come per esempio il piano regolatore di Rimini. Come mina vagante è sempre sfuggito ad una classificazione univoca del proprio lavoro, accomunato ai brutalisti in un primo momento ha sempre rifiutato questo termine e durante tutte le fasi storiche dell'architettura italiana non ha mai preso parte ad una qualsiasi corrente di moda preferendo eclissarsi e lavorare di meno (come durante la moda post-modernista degli anni ottanta o le correnti High-Tech e decostruttiviste seguenti). In particolar modo durante tutti gli anni ottanta e novanta, grazie alla rivista da lui fondata Spazio e società e attraverso l'ILAUD riuscì a costituire un gruppo di riflessione e ricerca totalmente indipendente e controcorrente rispetto alle tendenze architettoniche del momento. In questo modo si pose come un riferimento internazionale importante per molte persone venute da molteplici discipline. Ha avuto un'impronta personale, di approccio all'architettura che può essere considerata una costante della cultura architettonica italiana, fatta di prese di posizione particolari e non di vere e proprie scuole di pensiero. Nonostante tutto egli si inserisce in alcune correnti, di superamento e critica del razionalismo italiano che si sono sviluppate a partire dagli anni Sessanta in poi. Nonostante abbia passato quasi tutta la sua vita a Milano, non ha mai costruito niente in questa città. A causa delle sue posizioni intransigenti non ha mai trovato un appoggio solido nell'amministrazione milanese e anche la sua morte è passata quasi inosservata. Oltre ad essere uno dei primi architetti in Europa a teorizzare e praticare la partecipazione degli utenti nelle fasi di progettazione, in particolare per i progetti di Terni, Rimini e Mazzorbo, De Carlo sosteneva che il progetto andava cercato sempre "per tentativi" non limitandosi a rinchiudersi in una soluzione rigida. Fu duramente attaccato da Vittorio Sgarbi, il quale lo accusava di aver rovinato l'armonia e la bellezza del centro storico di Urbino. De Carlo considerava invece che la sua attività avesse impedito una museificazione dell'ambiente costruito della cittadina e una distruzione sociale della stessa. Nel 1995 a seguito di una sua partecipazione al progetto di recupero del centro storico di Palermo, progetto mai finalizzato a causa di intoppi burocratici e politici, pubblica il libro il Progetto Kalhesa sotto lo pseudonimo di Ismé Gimdalcha dove racconta in chiave fantastica e ironica le vicissitudini del progetto.

Soleri 








Paolo Soleri (Torino, 21 giugno 1919 – Cosanti, 9 aprile 2013) è stato un architetto, scrittore, scultore, urbanista e artista italiano. Palazzo Sollimene a Vietri sul Mare. Attualmente ancora attivo come fabbrica di ceramica, funzione per cui è stato progettato. Subito dopo la laurea in architettura, nel 1947 si trasferisce negli Stati Uniti dove conosce e frequenta Frank Lloyd Wright. Nel 1956 si trasferisce in Arizona con la famiglia, dove fonda prima la Cosanti Foundation e nel 1970 Arcosanti, un prototipo di città per 5.000 persone, basata sui concetti dell'arcologia (architettura e ecologia). Si ispira principalmente alla frugalità di risorse e di energia per vivere sfruttando il meno possibile l'ambiente e impostare un cammino etico per il futuro dell'uomo. Soleri ha diviso il suo tempo tra Cosanti (vicino a Scottsdale) e Arcosanti. Ha scritto sei libri e numerosi articoli e monografie. Ha vinto numerosi premi di architettura: nel 2000 ha ricevuto il leone d'oro alla Mostra internazionale di architettura di Venezia per la sua vita dedicata all'architettura e nel novembre 2006 il Cooper Hewitt Award presso lo Smithsonian Institution di New York, premiato da Milton Glaser, per aver contribuito profondamente e per un lungo periodo allo stile di progettazione contemporanea. Si è laureato in architettura al Politecnico di Torino nel 1946 e si è trasferito subito dopo negli Stati Uniti dove ha lavorato per due anni nello studio di Wright a Taliesin West, ma a causa della sostanziale divergenza rispetto alle concezioni urbanistiche è costretto a lasciarlo. In questo periodo progetta "The Beast", un ponte, il cui plastico è in seguito esposto al Museum of Modern Art. Tornato in Italia nel 1950, vi ha progettato una delle sue poche concrete realizzazioni, la fabbrica di ceramiche "Solimene" a Vietri sul Mare, in cui oltre agli influssi della tematica wrightiana si possono leggere componenti formali derivate da Gaudí. Ha acquisito la tecnica della ceramica con le sue valenze artigianali. Ritornato negli Stati Uniti nel 1955, si è stabilito in Arizona, a Paradise Valley, dove ha realizzato opere di stampo organico (tra cui il suo studio e fabbrica di ceramica) e ha progettato fantastici modelli urbani. Nel 1961 ha fondato Cosanti, sorta di scuola cantiere dove assieme agli studenti dell'Università dell'Arizona ha tentato una sperimentale vita comunitaria in cui la costruzione con le proprie mani di un ambiente a misura ecologica viene autofinanziata producendo oggetti artigianali in ceramica. Ha sviluppato le proprie concezioni urbanistiche in numerose elaborazioni progettuali. Nel 1970 ha fondato Arcosanti, un prototipo di città per 5.000 persone, basata sui concetti dell'arcologia (architettura e ecologia), dove ha vissuto fino alla morte, avvenuta a Cosanti nel 2013 all'età di 93 anni. Nel filone delle più recenti proposte utopiche per la città del futuro Soleri ha espresso un proprio personale contributo, basato sulla convergenza di componenti sociali, filosofiche, ecologiche, tradotte in quella che egli stesso definisce "arcologia" (da "architettura" e "ecologia"). L'ideologia urbanistica di Soleri, affidata all'insegnamento, ai numerosissimi grafici e a pubblicazioni, si fonda sulla riflessione secondo cui quanto più un sistema è complesso, tanto più è miniaturizzato, ovvero che la miniaturizzazione permette l'esistenza di sistemi estremamente complessi, come il corpo umano, in cui milioni di cellule collaborano: da qui la proposta dell'implosione, cioè dell'accorpamento di tutte le varie dimensioni disgregate ed esplose nell'attuale condizione urbana. Per inverare tale contrazione urbanistica è necessario che lo spazio della città venga ripensato e passi dall'essere a due dimensioni (la tipica megalopoli che si espande di periferia in periferia occupando superfici vastissime) a tre dimensioni (uno spazio che sia articolato in altezza). Sviluppando un modello urbanistico tridimensionale si otterrebbe un ulteriore vantaggio: decimando le distanze orizzontali le automobili (che Soleri ha sempre definito come un errore della modernità) non sarebbero più necessarie, o comunque il loro uso diminuirebbe drasticamente.
Mesa City (1959 con planimetria biomorfa, alte torri residenziali per 2 milioni di abitanti e 30 villaggi rurali, che fonde l'idea del "grattacielo alto un miglio" e la composizione territoriale di Broadacre City di Wright; Novanoah, Asteromo, Arcollective, agglomerati in cui l'altissima concentrazione urbana delle megastrutture viene bilanciata dalle vaste aree territoriali destinate all'agricoltura e al godimento della natura, dalla riduzione al minimo degli sprechi di tempo, di spazio, di trasporti e di inquinamento, il tutto a vantaggio di un più organico, umano ed ecologico sfruttamento dell'ambiente. Le sue proposte si inquadrano in una generale ricerca urbanistica sulla "grande dimensione", ma accentuano inoltre l'aspetto formale e ambiscono a proporre nuovi modelli di vita, collegandosi ai temi delle utopie del passato. Soleri crede in una nuova unità della conoscenza contro la frammentazione a specializzazione imperanti. Considera inoltre la città, in quanto ecosistema organico creato dall'uomo in equilibrio con la natura, la più alta espressione spirituale, che manifesta e rende attive forze positive ed è "macchina di spiritualizzazione". Acquisisce un assunto fondamentale di Wright che postula la coincidenza tra architettura ed urbanistica, ma va oltre, riportando entrambe all'ecologia: "La nostra tecnologia se non la nostra coscienza non ci consentirà ancora per molto approcci parziali ai nostri problemi ... L'architettura è urbanistica, come è ecologia della natura, trasfigurata in ecologia dell'uomo. L'architettura non può restare un fenomeno atomistico. Deve sorpassare i bisogni dell'uomo e donargli più che il semplice gusto delle cose future. II cosmo nella natura dell'uomo, questo è lo scopo, ben più che l'intervento umano nella natura dei materiali. L'evoluzione è questa rivoluzione che giustifica i suoi balzi ponendo la società su un piano veramente elevato dove è assente la frustrazione che affaticando lo spirito dell'uomo dallo stesso elimina le idee come delle utopie". Insiste inoltre sulla natura anti-materialistica dell'architettura in quanto ecologia. Nel 1970 la fondazione di Arcosanti rappresenta la concretizzazione fisica di un laboratorio urbano per una nuova città contro l'etica edonistica, nella quale la felicità è il consumo, che umilia e degrada la persona. La città si propone di essere un modello operativo che potrebbe influire sulla trasformazione degli attuali caratteri ambientali, sociali, culturali. Nel 1985 elabora lo "spazio per la pace" anti-tecnocratico, sulla base del concetto dei "due soli", quello cosmico e quello dell'effetto urbano, che si genererebbe dalle relazioni sinergiche tra gli uomini. Elabora infine l'idea di habitat modulari costruiti da componenti strutturali di base assemblabili per formare insediamenti su asteroidi o liberamente fluttuanti, come stimolo per l'avanzamento tecnologico e scientifico con effetti nella cultura e nell'estetica. Considera infatti lo spazio come luogo alternativo dell'ecosistema terrestre ormai a rischio.

Magistretti












Ludovico "Vico" Magistretti (Milano, 6 ottobre 1920 – Milano, 19 settembre 2006) è stato un designer, architetto e urbanista italiano. Nato in una famiglia della media borghesia milanese il 6 ottobre 1920, Vico Magistretti frequenta il R. Liceo Ginnasio Giuseppe Parini per poi iscriversi, nell'autunno del 1939, alla facoltà di Architettura del Regio Politecnico di Milano, dove insegnano personaggi di spicco nel panorama architettonico dell'epoca come Gio Ponti e Piero Portaluppi. Tra il 1943 e il 1944 decide, come molti intellettuali dell'epoca, di allontanarsi dal proprio Paese e si trasferisce in Svizzera dove, nel Champ Universitarie Italien di Losanna, ha modo di seguire alcuni corsi accademici. Risale a quel periodo la sua frequentazione con Ernesto Nathan Rogers, che rimarrà nel ricordo dell'architetto come persona chiave della sua formazione intellettuale. Nel 1945 torna a Milano, dove il 2 agosto dello stesso anno si laurea in Architettura presso il Politecnico. Inizia subito l'attività professionale nello studio del padre, l'architetto Pier Giulio Magistretti (di cui si ricorda la partecipazione all'Arengario di piazza Duomo, in collaborazione con Giovanni Muzio, Piero Portaluppi, Enrico Agostino Griffini, e la realizzazione di alcuni tra i più significativi edifici della Milano degli anni venti e trenta) in via Conservatorio. Sono questi gli anni della ricostruzione, che lo vedono impegnato sul doppio fronte dell'associazionismo culturale (nel 1946 è tra i promotori del MSA) e dell'attività professionale, inizialmente svolta soprattutto nel campo dell'edilizia sovvenzionata. Dal 1949 al 1959 progetta e realizza circa 14 interventi per l'INA-Casa e con Mario Tedeschi partecipa anche all'impresa collettiva del QT8 con il quartiere reduci d'Africa e successivamente con la Chiesa di Santa Maria Nascente (1953-1955). Nella Milano delle Triennali e della nascente industria del design, particolare rilievo assume la sua partecipazione alle edizioni della VIII, IX (medaglia d'oro), X Triennale (gran premio), fino a curare per l'ente milanese alcune mostre nell'ambito delle esposizioni più recenti (in particolare la XII Triennale del 1960 insieme a Ignazio Gardella). Gli anni cinquanta sono fervidi di iniziative e di innovative proposizioni da parte del giovane architetto che, in breve tempo, si conferma una delle più significative presenze fra gli esponenti della "terza generazione". Risale a tale periodo la realizzazione di due degli edifici più significativi dell'attività professionale di Vico Magistretti a Milano: la torre al Parco in via Revere (1953-56, con Franco Longoni) e il palazzo per uffici in corso Europa (1955-57); a questi si aggiungeranno negli anni successivi altri numerosi interventi di particolare rilevanza, tra i quali, nel 1962-64, le torri di piazzale Aquileia. Nel 1956 è tra i soci fondatori dell'ADI, l'Associazione per il Disegno Industriale. Nel 1959 fa parte della giuria del Premio Compasso d'oro insieme a Bruno Alfieri, Giulio Minoletti, Augusto Morello e Giovanni Romano. Nel 1960 è di nuovo tra i giurati del premio dell'ADI assieme a Lodovico Belgiojoso, Augusto Magnaghi, Augusto Morello e Marco Zanuso. La particolare attenzione rivolta al tema della casa e dell'abitare finisce per monopolizzare, a partire dagli anni sessanta, la sua attività di architetto, facendogli mettere a punto un linguaggio estremamente espressivo che, seppur talvolta polemicamente criticato, ha molta presa nella cultura architettonica lombarda del periodo, permettendogli di divenirne uno dei maggiori protagonisti. In tale contesto si inserisce la sua partecipazione nel 1959 al Congresso CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne) di Otterlo (Paesi Bassi), dove gli italiani presentarono la torre Velasca dei BBPR, la mensa Olivetti di Ignazio Gardella, le case a Matera di Giancarlo De Carlo e la casa Arosio ad Arenzano realizzata l'anno precedente da Magistretti. Queste opere provocarono scandalo e furono in un certo senso l'emblema della crisi che in quegli anni colpì la nota istituzione, fino ad allora protagonista indiscussa del dibattito intorno all'architettura. La casa Arosio sembra segnare l'inizio di un'esplorazione molto personale di un linguaggio che si esprime con nitidezza anche in altre coeve case unifamiliari quali la villa Schubert a Ello (1960), la casa Gardella ad Arenzano (1963-64) e la villa Bassetti ad Azzate (1960-62). Negli anni successivi, l'attività di architetto è sempre più affiancata a quella di designer, con la progettazione di arredi e oggetti rimasti "classici". Per l'architetto lombardo la semplicità non era mancanza di decorazione ma assenza di ridondanza, nella convinzione che la 'differenza' consisteva nel dettaglio concettuale: da lì la sua predilezione per il 'concept design' visibile in quasi tutta la sua produzione. È l'epoca del Municipio di Cusano Milanino (1966-69), del quartiere Milano-San Felice (1966-69, con Luigi Caccia Dominioni), della casa in piazza San Marco (1969-71) ma anche del premio Compasso d'oro per la lampada Eclisse (1967), per la lampada "Atollo" (1979) e per la poltrona Maralunga (1973, premio nel 1979). I riconoscimenti nel campo del design conseguiti da Magistretti sono numerosi; nel campo prettamente architettonico viene nominato membro dell'Accademia di San Luca nel 1967 e designato a membro onorario al Royal College of Art di Londra, dove è anche visiting professor. Ha, inoltre, insegnato alla Domus Academy di Milano e tenuto conferenze e lectures in Europa, Giappone e Stati Uniti. Nel 1986 è stato premiato con la medaglia d'oro dal SIAD (Society of Industrial Artists and Designers). Tra le opere più recenti la sede del Dipartimento di Bioscienze dell'Università di Milano (1978-81, con Francesco Soro), il progetto per una casa d'abitazione in piazzale Dateo (1984 con Francesco Soro), la casa Tanimoto a Tokyo (1985-86), il Centro Cavagnari a Parma (1983-85), il tecnocentro della Cassa di Risparmio di Bologna (1986-88) e per l'ATM di Milano il Deposito Famagosta (1989-2002), il supermarket Esselunga a Pantigliate (1997-2001), la villa a Saint Barth nelle Antille Francesi (2002), gli uffici dell'ex lanificio Cerruti a Biella (2005) e la villa a Epalinges, vicino a Losanna (2005), uno dei suoi ultimi progetti realizzati prima della scomparsa nel 2006. A partire dagli anni sessanta l'attività di designer è scandita annualmente dalla creazione di nuovi "pezzi", eventi attesi anche in occasione del Salone del Mobile di Milano che, nel 1997, ha dedicato proprio a Vico Magistretti una mostra monografica accanto a quella del suo "insegnante" Gio Ponti. Nel 2003 presso il Palazzo Ducale di Genova è stata allestita la mostra Vico Magistretti. Il design dagli anni Cinquanta a oggi interamente centrata sulla sua opera come designer. Nello stesso anno è nominato membro del comitato scientifico della Fondazione Politecnico di Milano e nel 2005 riceve il premio speciale Abitare il tempo. I suoi ultimi progetti di design sono stati presentati al Salone del Mobile del 2008. Sue opere di design sono esposte presso la collezione permanente del MOMA di New York e presso altri musei in America e in Europa. Nel 2010 nasce in via Conservatorio a Milano, con sede proprio nello studio dove l'architetto e designer milanese ha lavorato per oltre sessant'anni, la Fondazione Studio-Museo Vico Magistretti, promossa e presieduta da sua figlia, Susanna, in collaborazione con il Triennale Design Museum di Milano e altri fondatori in carica come De Padova, Flou, Artemide, Oluce e Schiffini. Il museo attraverso un percorso didattico-espositivo, si propone di tracciare un iter progettuale che ripercorra tutte le tappe della produzione dell'architetto dal 1946 al 2006, attraverso l'esposizione di collezioni permanenti e mostre temporanee di un vasto archivio che conserva all'incirca 30.000 schizzi e disegni tecnici, 3000 documenti, 7000 fotogrammi nonché una collezione di modelli e prototipi. La Fondazione è dal 2007 riconosciuta come bene culturale per importanza storica e sottoposta al vincolo di tutela.

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