Zanuso
Marco Zanuso (Milano, 14 maggio 1916 – Milano, 11 luglio 2001) è stato un architetto, designer, urbanista e accademico italiano. È considerato tra i padri fondatori del design industriale italiano. Insieme al gruppo dello studio BBPR, ad Alberto Rosselli, a Franco Albini, a Marcello Nizzoli e ai fratelli Livio, Pier Giacomo e Achille Castiglioni, ha contribuito al dibattito nel dopoguerra sul "movimento moderno" nell'architettura e nel design. Zanuso è stato uno dei primissimi ad interessarsi ai problemi dell'industrializzazione del prodotto e all'applicazione dei nuovi materiali e tecnologie agli oggetti di uso comune. I suoi oggetti ottennero numerosi riconoscimenti (tra cui sette Compassi d'oro e sei premi della Triennale di Milano) e sono esposti presso il Museum of Modern Art di New York e presso la collezione permanente del design della Triennale (Antropus" ,"Lady). Alla poltrona Fourline venne dedicato un francobollo nella serie sul design delle Poste Italiane. Oltre ad arredi domestici ha elaborato oggetti delle più diverse tipologie come radio, televisori, telefoni e macchine per cucire. Nato nel 1916 a Milano, si laureò al Politecnico in Architettura nel 1939. Durante gli studi universitari viene segnalato al concorso per la sistemazione di piazza del Duomo a Milano (1938, con Gianni Albricci, Alberto Magnaghi, Mario Terzaghi, Pier Italo Trolli) e si aggiudica il primo premio al concorso per i Littoriali dell'architettura con il progetto di un rifugio alpino in Val Malenco (1938, con Gianni Albricci). Il suo lungo itinerario professionale, che ha inizio soltanto al termine del conflitto, lo vede spaziare senza preclusioni di scala dal disegno del prodotto industriale all'architettura e alla progettazione territoriale. Diverrà presto, come ricorda Guido Canella, "il più problematico tra gli architetti italiani e il più tipico rappresentante di quella generazione 'di mezzo' venuta alla ribalta nell'immediato dopoguerra".[2] Sin dagli esordi è uno dei personaggi-chiave del dibattito architettonico e della ricostruzione della Milano nel periodo postbellico: è caporedattore di Domus (1946-1947) e redattore di Casabella-Continuità (1953-1956), entrambe guidate da Ernesto N. Rogers; è membro del MSA (Movimento di studi per l'architettura) dal 1945 al 1960, dell'INU (Istituto nazionale di urbanistica) dal 1947 al 1949, dei CIAM (Congrès internationaux d'architecture moderne) dal 1956 al 1958, oltre a far parte del Consiglio comunale di Milano tra il 1956 e il 1960. Nell'immediato dopoguerra stringe un fruttuoso sodalizio con la Arflex che porterà alla produzione di numerose sedute, tra cui merita di essere ricordata, per l'innovativo impiego di materiali come la gommapiuma e il nastrocord, la poltrona Lady (1951). A partire dai primi anni cinquanta ha inizio una lunga attività nel settore del disegno per l'industria che lo vede progettare, spesso con Richard Sapper, che collabora stabilmente con lo studio Zanuso dal 1956 al 1971, una serie di pezzi fortunati e pluripremiati: dalle macchine per cucire Necchi e Borletti ai numerosi oggetti disegnati per la Brionvega o al telefono Grillo (Siemens, 1966), dalla sedia Lambda (Gavina, 1964) alla seggiolina per bimbi K4999 (Kartell, 1964) o al divano Lombrico (C&B, 1967). Con alcuni di questi oggetti Zanuso guadagna il premio Compasso d'oro negli anni 1956, 1962, 1964, 1967, 1979. Insieme a Alberto Rosselli ha disegnato il Compasso d'oro tridimensionale, su disegno di Albe Steiner. È stato membro della giuria del premio nel 1954, 1955 e 1998. Nel dicembre 1948 fu incaricato degli arredi per l'opera teatrale in tre atti La famiglia Antrobus (di Thornton Wilder), messa in scena presso il Piccolo teatro di Milano. Alla poltrona utilizzata per lo spettacolo, messa in produzione da Arflex nel 1978, Zanuso diede il nome dell'opera teatrale (Antropus). Curatore della prima mostra sul design italiano, tenutasi a Londra nel 1955 presso l'Istituto italiano di cultura, e tra gli ordinatori della Mostra internazionale dell'industrial design alla IX Triennale di Milano (1957), è fondatore dell'ADI (Associazione per il Disegno Industriale), di cui assume la presidenza tra il 1966 e il 1969. Dal 1957 inizia la sua collaborazione con Richard Sapper, con il quale realizzerà nel 1962 il televisore Doney (Brionvega), nel 1964 le seggioline K 1340 (Kartell) e nel 1967 il telefono Grillo (Siemens). All'interno della Brionvega la collaborazione dei due designer porta alla produzione, oltre che del televisore Doney, anche del televisore Sirius (1964), del televisore Black (1969) e la radio "cubo". Gli anni sessanta inaugurano uno dei periodi più prolifici della sua lunga carriera di architetto, durante i quali si cimenta in una varietà di temi che vanno dagli uffici e alle fabbriche, dalla residenza all'edilizia scolastica, dai teatri all'architettura funeraria. Con le commessa per la fabbrica Cedis a Palermo (1954), seguita dagli incarichi per le officine Necchi a Pavia (1961) e per gli stabilimenti Olivetti a Buenos Aires (1961) e a San Paolo del Brasile (1961), Zanuso avvia una ricerca sul tema delle fabbriche, e in particolare su argomenti come struttura, modularità e prefabbricazione, soggetti a successivi momenti di revisione, se non di sintesi costruttiva, nello stabilimento Brionvega a Casella d'Asolo (1967), nelle fabbriche Olivetti di Scarmagno, Crema e Marcianise (1972, con Eduardo Vittoria) e nel complesso IBM a Santa Palomba (1984). Fino al 1963 ha collaborato con Cini Boeri nel campo dell'architettura di interni. A partire dai primi anni sessanta Zanuso intraprende la carriera universitaria presso il Politecnico di Milano: dopo essere stato per diversi anni libero docente di Progettazione artistica per l'industria, nel 1965 ottiene l'incarico di Scenografia e tra il 1969 e il 1972 quello di Tecnologia dell'architettura, ricoprendo in quegli stessi anni anche la carica di direttore dell'Istituto di Tecnologia; dal 1979 l'attività didattica si concentra esclusivamente sull'insegnamento dell'industrial design, prima come docente del corso di Trattazione morfologica dei materiali e poi con quello di Disegno industriale, sino alla collocazione fuori ruolo a partire dal 1986. Nel 1984, su designazione dell'Accademia di San Luca, gli viene conferito il Premio per l'Architettura del Presidente della Repubblica. Nel 1985 riceve il Compasso d'Oro alla carriera e nel 1999 la laurea honoris causa in Disegno industriale al Politecnico di Milano. Molti dei suoi oggetti sono ospitati nelle principali collezioni di design del mondo. È morto nel 2001 nella sua casa di Piazza Castello a Milano.
Sacripanti
Sottsass
Ettore Sottsass junior (Innsbruck, 14 settembre 1917 – Milano, 31 dicembre 2007) è stato un architetto, designer e fotografo italiano. «Mi arrabbio quando mi dicono che sono un artista; cioè, non mi arrabbio ma sono fondamentalmente un architetto.» (Maestri del design, Bruno Mondadori, 2005) Figlio dell'architetto trentino-tirolese Ettore Sottsass senior e di madre austriaca Antonia Peintner, studia a Torino prima presso il liceo scientifico Galileo Ferraris e dopo architettura al Politecnico, laureandosi nel 1939.Nel 1938 progetta il "Palazzo della moda", l'odierno "Torino Esposizioni". Successivamente viene chiamato alle armi in Montenegro; resterà internato per 6 anni in un campo di prigionia. Rientrato in Italia, comincia la sua attività a Milano nel 1947 dove collabora con il padre e poi apre il suo primo studio di design. Collabora in questo primo periodo con Giuseppe Pagano. Nel 1948 entra nel gruppo del MAC (Movimento di arte concreta) e partecipa alla prima collettiva di Milano. Nello stesso anno promuove a Roma la mostra dedicata all'arte astratta in Italia. Nel 1949 sposa la traduttrice e scrittrice Fernanda Pivano. Nel 1957 diventa art director di Poltronova, l'azienda di Agliana, chiamato dall'imprenditore Sergio Cammilli. Nel 1958 incomincia la sua collaborazione con la Olivetti, nel settore del computer design, a fianco di Marcello Nizzoli, di cui prenderà il posto dopo il suo ritiro. Questa attività durerà circa 30 anni e porterà all'affermazione di un nuovo stile per i prodotti da ufficio della ditta di Ivrea. Tra gli oggetti progettati da Sottsass si possono ricordare le calcolatrici Elea 9003, Summa-19, Divisumma 26 e Logos 27 (1963), le macchine da scrivere Praxis 48 (1964) e Valentine (con Perry King) e il sistema per ufficio Synthesis (1973). Il progetto più importante è stato il computer mainframe Elea 9003 (1959), grazie al quale vinse il Compasso d'oro nel 1959. In anticipo sugli anni della contestazione, Sottsass propone il design come strumento di critica sociale aprendo alla grande stagione del Radical (1966-1972). Nel 1967 fonda, insieme alla moglie Fernanda Pivano e ad Allen Ginsberg, la rivista d'arte Pianeta fresco. Nel 1972 espone alla mostra curata da Emilio Ambasz, Italy: the new domestic landscape al MoMA di New York. Nel mentre, tiene un giro di conferenze per l'Inghilterra e, nel 1976, riceve la laurea honoris causa al Royal College of Art di Londra. Nel 1979 partecipa con il gruppo Alchimi al Design Forum di Linz presentando Seggiolina da pranzo, la lampada da terra Svincolo e il tavolino Le strutture tremano. Nel 1980 insieme con Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e Marco Marabelli fonda lo studio Ettore Sottsass Associati. Nel 1981 fonda il gruppo Memphis, assieme a Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele de Lucchi e altri architetti di livello internazionale. Artista di molteplici interessi, figlio d'arte, contamina la sua formazione accademica di architetto con esperienze dirette nel campo delle arti visive conoscendo vari artisti e stringendo amicizie come per esempio con Luigi Spazzapan. Si è avvalso, nel corso degli anni della sua importante carriera, della preziosa collaborazione di amici professionisti spesso divenuti, loro stessi, nomi internazionalmente noti nel mondo del design e dell'architettura, come James Irvine. Nel 1985 realizza l'Edificio condominiale di viale Roma a Marina di Massa, progetto che si contraddistingue per la qualità delle soluzioni architettoniche poste in essere. Nel 1988 nasce Terrazzo, rivista da lui ideata e realizzata insieme con Barbara Radice, Christoph Radl, Anna Wagner e Santi Caleca. Terrazzo si occupa di design e architettura fino al 1996, anno del tredicesimo e ultimo numero. Gli sono state dedicate numerose mostre personali: si ricordano le grandi mostre, nel 1976, al Cooper Hewitt di New York e all'International Design Zentrum di Berlino, al Centre Georges Pompidou di Parigi nel 1994 e nel 2003, di Design Gallery Milano nel 1988, 1993 e 1995, del Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato del 1999, del Suntory Museum di Ōsaka del 2000, del Museo d'Arte Decorativa di Colonia nel 2004 e del MART di Rovereto nel 2005 curate da Milco Carboni. Inoltre sue opere sono conservate nelle collezioni di prestigiose istituzioni museali come il Centre Georges Pompidou e il Musée des Arts Décoratifs di Parigi, il Victoria & Albert Museum di Londra, lo Stedelik Museum di Amsterdam, il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum di New York, il Musée des Arts Décoratifs di Montréal, l'Israel Museum di Gerusalemme e il National Museum di Stoccolma. Dal 2005 al 2007, anno della sua morte, si dedica all'attività critica. Nel 2003 collabora con Pedretti Graniti un'azienda trentina estrattrice unica della Tonalite Dell'Adamello. Con essa disegna una fontana di questo materiale che sarà poi esposta in vari musei in tutto il mondo. Sottsass disse " L’idea di una fontana lunga e stretta si rifà più o meno alle antiche fontane di montagna dove gli animali andavano a bere e che erano lunghi tronchi d’albero scavati. L’idea di non abbandonare questa memoria mi è stata suggerita dal fatto di poter avere a disposizione una bellissima pietra che si chiama Tonalite dell’Adamello , cioè avevo a disposizione una pietra che proviene dalle alte montagne del Trentino. Naturalmente, dato che i tempi delle fontane di legno sono passati, ho pensato che una fontana di Tonalite dell’Adamello poteva anche diventare una specie di piccola scultura e così è venuta fuori una fontana che si vedrà. Molte altre spiegazioni non le posso dare perché anche io non le conosco”. – Ettore Sottsass Jr. Oggi il Centro studi e archivio della comunicazione di Parma conserva un fondo dedicato a Sottsass, composto da 13.858 materiali progettuali (9.918 schizzi e disegni, 3.940 disegni esecutivi, di cui 2917 lucidi e 1023 copie eliografiche), 5 scatole di disegni esecutivi, 24 sculture. Questo fondo è pubblico e liberamente consultabile. Il primo nucleo di opere che costituiscono il fondo Ettore Sottsass Jr è stato donato alle collezioni dello CSAC con atto pubblico nel 1979, una seconda donazione è pervenuta in archivio nel 2005 ed è ancora oggi in fase di definizione. Muore il 31 dicembre 2007 nella sua abitazione milanese per uno scompenso cardiaco avvenuto durante un'influenza, all'età di novant'anni.
De Carlo
Giancarlo De Carlo (Genova, 12 dicembre 1919 – Milano, 4 giugno 2005) è stato un architetto, urbanista, teorico dell'architettura e accademico italiano. È stato tra i primi a sperimentare e applicare in architettura la partecipazione da parte degli utenti nelle fasi di progettazione. È conosciuto internazionalmente per essere uno tra i fondatori del movimento Team X che operò la prima vera rottura con il Movimento Moderno e le tesi funzionaliste di le Corbusier. Per la sua capacità di instaurare sempre delle relazioni forti tra teoria e pratica non convenzionali si è imposto come uno tra i pensatori più acuti dell'architettura italiana. È padre dello scrittore Andrea De Carlo. Nato a Genova poco dopo la fine della prima guerra mondiale da padre siciliano e madre piemontese, visse tra la sua città natale, Livorno e Tunisi sino all'età di vent'anni. Nel 1939 si iscrive al Politecnico di Milano dove si laurea in ingegneria nel 1943. Durante la seconda guerra mondiale è arruolato come ufficiale di Marina. In seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943 entra in clandestinità prendendo parte alla Resistenza con il Movimento di Unità Proletaria in cui partecipano anche altri architetti milanesi come Franco Albini e Irenio Diotallevi. Successivamente organizza a Milano un gruppo partigiano di ispirazione anarchico-libertaria (le Brigate Matteotti) insieme a Giuseppe Pagano. Alla fine della guerra pubblica a Milano Le Corbusier. Antologia critica degli scritti e comincia a frequentare il movimento anarchico partecipando ai primi convegni italiani a Carrara. La sua sarà sempre un'adesione critica al pensiero libertario vicino alle tesi di Kropotkin ed è in questo periodo che comincia la sua collaborazione alla rivista anarchica Volontà in cui cerca di lanciare nuove idee sociali per la ricostruzione e l'incessante bisogno di alloggi popolari. Collabora in maniera saltuaria alle riviste di architettura Domus e Casabella e pubblica una monografia critica su William Morris. Nel 1948 riprende gli studi all'Istituto Universitario d'Architettura di Venezia dove si laurea nel 1949. Due anni prima prende parte all'VIII Triennale di Milano con tre progetti mai realizzati per il quartiere QT8. Nel 1950 apre un proprio studio a Milano. Nel 1951 organizza per la IX Triennale di Milano una mostra sull'architettura spontanea e tre anni dopo nell'edizione successiva presenta tre cortometraggi scritti con Elio Vittorini in cui in pieno stile dell'epoca, denuncia le derive possibili di una metropoli moderna gestita da burocrati e tecnici in cui l'interesse per l'uomo non è prioritario, e esorta lo spettatore ad agire in prima persona. Nel 1952 nasce il figlio Andrea. Nel 1955 ottiene una cattedra in urbanistica allo IUAV che manterrà fino al 1983 venendo a contatto e spesso scontrandosi con i maggiori nomi dell'architettura e urbanistica italiana come Giuseppe Samonà, Carlo Scarpa, Bruno Zevi e Paolo Portoghesi. Tra il 1952 e il 1960 fa parte della nuova generazione invitata a partecipare al CIAM. Egli prende parte ai prestigiosi congressi grazie alla presentazione fatta da Ernesto Nathan Rogers il quale nello stesso periodo lo inserisce anche nel comitato di redazione di "Casabella-Continuità", ruolo che abbandonerà nel 1956 in seguito ad aspri contrasti con lo stesso Rogers. Nello stesso periodo fa parte del Movimento di Studi per l'Architettura (MSA) che raggruppa vari giovani architetti milanesi in linea con i principi del Movimento Moderno e in aperto contrasto con l'esperienza romana dell'Associazione per l'Architettura Organica (APAO) di Bruno Zevi che si rifà invece alle idee innovative di Frank Lloyd Wright. Nel 1956 quale membro italiano dei CIAM presenta un suo progetto di un complesso di case popolari a Matera in cui tutti i principi di le Corbusier vengono ignorati a discapito di un'attenzione specifica nei confronti del contesto geografico, sociale e climatico della regione. È chiaramente una forte rottura con la vecchia generazione di architetti e del mito di un modello di architettura internazionale unico (International Style). Nel congresso del 1956 è segnata così la fine dei CIAM e l'inizio del Team X che raggruppa tutta la nuova generazione invitata a partecipare all'ultimo congresso (il decimo per l'appunto) e che pretende un nuovo tipo di architettura, che si adatti meglio alle condizioni sociali e ambientali locali e in cui l'uomo non sia ridotto ad una figura astratta o un insieme di misure standard. Nel 1964 è incaricato del primo Piano Regolatore Generale della città di Urbino. Dal 1965 è incaricato di progettare il campus e le strutture della nuova Università di Urbino. Nel progetto il campus si fonde con il paesaggio, inserendosi fisicamente nelle colline. È quello del campus universitario di Urbino un progetto che lo vedrà impegnato molti anni della sua vita, e che gli darà il suo primo vero riconoscimento internazionale. Negli anni seguenti sviluppa il progetto della casa del filosofo Livio Sichirollo e del quartiere "La Pineta". Nel 1968 durante la rivolta studentesca cerca un dialogo costruttivo con i propri studenti e pubblica una serie di testi e saggi in cui teorizza una gestione dell'architettura più democratica e aperta e mette in discussione l'insegnamento tradizionale: "La piramide rovesciata", "Ordine, Istituzione, Educazione, Disordine", "Il pubblico dell'architettura" e "Un'architettura della partecipazione". Dal 1970 insieme a Domenico De Masi, Fausto Colombo e Valeria Fossati Bellani e agli operai e le loro famiglie costruisce le case per lavoratori Matteotti a Terni. Si tratta del primo esempio realizzato di architettura partecipata in Italia che si rivela un successo e che poi ripeterà con risultati e procedure diverse nel 1972 per il Piano Regolatore di Rimini e nel 1979 per il recupero dell'isola di Mazzorbo a Venezia. Dal 1976 fonda l'ILAUD (o I.L.A. & U.D., International Laboratory of Architecture & Urban Design), un laboratorio internazionale di architettura e disegno urbano, basato sui principi del Team X, che per 27 anni si svolge ogni estate in Italia (negli anni si è svolto a Venezia, Siena, Urbino, ecc.) allo scopo di svolgere un'attività di ricerca continua attraverso il confronto teorico e progettuale tra le nuove generazioni delle più prestigiose scuole di architettura europee e americane. Nel 1978 fonda e dirige la rivista "Spazio e società" attraverso la quale per più di vent'anni manterrà attiva la rete di relazione creatasi col Team X e garantendo una voce alternativa e indipendente nel panorama architettonico europeo. A Siena fu incaricato del progetto del nuovo quartiere periferico di San Miniato che, ad esecuzione quasi completata da parte del comune di Siena, egli criticò per la sua attuazione pratica e dal quale si dissociò in seguito. Nel 1984 accettò l'incarico dall'Università degli Studi di Catania per il progetto di recupero del Monastero di San Nicolò l'Arena, sede dell'attuale DISUM - Dipartimento di Scienze Umanistiche. Più volte invitato nelle università di tutto il mondo per conferenze e incontri, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2004 il Centre Pompidou di Parigi gli dedica una mostra monografica e a Roma tre giorni prima della sua morte, il 1º giugno 2005, è inaugurata una grande mostra retrospettiva in cui lo stesso De Carlo ha curato l'allestimento e la scelta non cronologica dell'esposizione. Giancarlo De Carlo è sempre stato una personalità scomoda nell'ambito dell'architettura italiana e non è mai sceso a compromessi che potevano intaccare la coerenza delle proprie idee. Per questo motivo ha dovuto rinunciare alla realizzazione di molti progetti, come per esempio il piano regolatore di Rimini. Come mina vagante è sempre sfuggito ad una classificazione univoca del proprio lavoro, accomunato ai brutalisti in un primo momento ha sempre rifiutato questo termine e durante tutte le fasi storiche dell'architettura italiana non ha mai preso parte ad una qualsiasi corrente di moda preferendo eclissarsi e lavorare di meno (come durante la moda post-modernista degli anni ottanta o le correnti High-Tech e decostruttiviste seguenti). In particolar modo durante tutti gli anni ottanta e novanta, grazie alla rivista da lui fondata Spazio e società e attraverso l'ILAUD riuscì a costituire un gruppo di riflessione e ricerca totalmente indipendente e controcorrente rispetto alle tendenze architettoniche del momento. In questo modo si pose come un riferimento internazionale importante per molte persone venute da molteplici discipline. Ha avuto un'impronta personale, di approccio all'architettura che può essere considerata una costante della cultura architettonica italiana, fatta di prese di posizione particolari e non di vere e proprie scuole di pensiero. Nonostante tutto egli si inserisce in alcune correnti, di superamento e critica del razionalismo italiano che si sono sviluppate a partire dagli anni Sessanta in poi. Nonostante abbia passato quasi tutta la sua vita a Milano, non ha mai costruito niente in questa città. A causa delle sue posizioni intransigenti non ha mai trovato un appoggio solido nell'amministrazione milanese e anche la sua morte è passata quasi inosservata. Oltre ad essere uno dei primi architetti in Europa a teorizzare e praticare la partecipazione degli utenti nelle fasi di progettazione, in particolare per i progetti di Terni, Rimini e Mazzorbo, De Carlo sosteneva che il progetto andava cercato sempre "per tentativi" non limitandosi a rinchiudersi in una soluzione rigida. Fu duramente attaccato da Vittorio Sgarbi, il quale lo accusava di aver rovinato l'armonia e la bellezza del centro storico di Urbino. De Carlo considerava invece che la sua attività avesse impedito una museificazione dell'ambiente costruito della cittadina e una distruzione sociale della stessa. Nel 1995 a seguito di una sua partecipazione al progetto di recupero del centro storico di Palermo, progetto mai finalizzato a causa di intoppi burocratici e politici, pubblica il libro il Progetto Kalhesa sotto lo pseudonimo di Ismé Gimdalcha dove racconta in chiave fantastica e ironica le vicissitudini del progetto.
Paolo Soleri (Torino, 21 giugno 1919 – Cosanti, 9 aprile 2013) è stato un architetto, scrittore, scultore, urbanista e artista italiano. Palazzo Sollimene a Vietri sul Mare. Attualmente ancora attivo come fabbrica di ceramica, funzione per cui è stato progettato. Subito dopo la laurea in architettura, nel 1947 si trasferisce negli Stati Uniti dove conosce e frequenta Frank Lloyd Wright. Nel 1956 si trasferisce in Arizona con la famiglia, dove fonda prima la Cosanti Foundation e nel 1970 Arcosanti, un prototipo di città per 5.000 persone, basata sui concetti dell'arcologia (architettura e ecologia). Si ispira principalmente alla frugalità di risorse e di energia per vivere sfruttando il meno possibile l'ambiente e impostare un cammino etico per il futuro dell'uomo. Soleri ha diviso il suo tempo tra Cosanti (vicino a Scottsdale) e Arcosanti. Ha scritto sei libri e numerosi articoli e monografie. Ha vinto numerosi premi di architettura: nel 2000 ha ricevuto il leone d'oro alla Mostra internazionale di architettura di Venezia per la sua vita dedicata all'architettura e nel novembre 2006 il Cooper Hewitt Award presso lo Smithsonian Institution di New York, premiato da Milton Glaser, per aver contribuito profondamente e per un lungo periodo allo stile di progettazione contemporanea. Si è laureato in architettura al Politecnico di Torino nel 1946 e si è trasferito subito dopo negli Stati Uniti dove ha lavorato per due anni nello studio di Wright a Taliesin West, ma a causa della sostanziale divergenza rispetto alle concezioni urbanistiche è costretto a lasciarlo. In questo periodo progetta "The Beast", un ponte, il cui plastico è in seguito esposto al Museum of Modern Art. Tornato in Italia nel 1950, vi ha progettato una delle sue poche concrete realizzazioni, la fabbrica di ceramiche "Solimene" a Vietri sul Mare, in cui oltre agli influssi della tematica wrightiana si possono leggere componenti formali derivate da Gaudí. Ha acquisito la tecnica della ceramica con le sue valenze artigianali. Ritornato negli Stati Uniti nel 1955, si è stabilito in Arizona, a Paradise Valley, dove ha realizzato opere di stampo organico (tra cui il suo studio e fabbrica di ceramica) e ha progettato fantastici modelli urbani. Nel 1961 ha fondato Cosanti, sorta di scuola cantiere dove assieme agli studenti dell'Università dell'Arizona ha tentato una sperimentale vita comunitaria in cui la costruzione con le proprie mani di un ambiente a misura ecologica viene autofinanziata producendo oggetti artigianali in ceramica. Ha sviluppato le proprie concezioni urbanistiche in numerose elaborazioni progettuali. Nel 1970 ha fondato Arcosanti, un prototipo di città per 5.000 persone, basata sui concetti dell'arcologia (architettura e ecologia), dove ha vissuto fino alla morte, avvenuta a Cosanti nel 2013 all'età di 93 anni. Nel filone delle più recenti proposte utopiche per la città del futuro Soleri ha espresso un proprio personale contributo, basato sulla convergenza di componenti sociali, filosofiche, ecologiche, tradotte in quella che egli stesso definisce "arcologia" (da "architettura" e "ecologia"). L'ideologia urbanistica di Soleri, affidata all'insegnamento, ai numerosissimi grafici e a pubblicazioni, si fonda sulla riflessione secondo cui quanto più un sistema è complesso, tanto più è miniaturizzato, ovvero che la miniaturizzazione permette l'esistenza di sistemi estremamente complessi, come il corpo umano, in cui milioni di cellule collaborano: da qui la proposta dell'implosione, cioè dell'accorpamento di tutte le varie dimensioni disgregate ed esplose nell'attuale condizione urbana. Per inverare tale contrazione urbanistica è necessario che lo spazio della città venga ripensato e passi dall'essere a due dimensioni (la tipica megalopoli che si espande di periferia in periferia occupando superfici vastissime) a tre dimensioni (uno spazio che sia articolato in altezza). Sviluppando un modello urbanistico tridimensionale si otterrebbe un ulteriore vantaggio: decimando le distanze orizzontali le automobili (che Soleri ha sempre definito come un errore della modernità) non sarebbero più necessarie, o comunque il loro uso diminuirebbe drasticamente.
Mesa City (1959 con planimetria biomorfa, alte torri residenziali per 2 milioni di abitanti e 30 villaggi rurali, che fonde l'idea del "grattacielo alto un miglio" e la composizione territoriale di Broadacre City di Wright; Novanoah, Asteromo, Arcollective, agglomerati in cui l'altissima concentrazione urbana delle megastrutture viene bilanciata dalle vaste aree territoriali destinate all'agricoltura e al godimento della natura, dalla riduzione al minimo degli sprechi di tempo, di spazio, di trasporti e di inquinamento, il tutto a vantaggio di un più organico, umano ed ecologico sfruttamento dell'ambiente. Le sue proposte si inquadrano in una generale ricerca urbanistica sulla "grande dimensione", ma accentuano inoltre l'aspetto formale e ambiscono a proporre nuovi modelli di vita, collegandosi ai temi delle utopie del passato. Soleri crede in una nuova unità della conoscenza contro la frammentazione a specializzazione imperanti. Considera inoltre la città, in quanto ecosistema organico creato dall'uomo in equilibrio con la natura, la più alta espressione spirituale, che manifesta e rende attive forze positive ed è "macchina di spiritualizzazione". Acquisisce un assunto fondamentale di Wright che postula la coincidenza tra architettura ed urbanistica, ma va oltre, riportando entrambe all'ecologia: "La nostra tecnologia se non la nostra coscienza non ci consentirà ancora per molto approcci parziali ai nostri problemi ... L'architettura è urbanistica, come è ecologia della natura, trasfigurata in ecologia dell'uomo. L'architettura non può restare un fenomeno atomistico. Deve sorpassare i bisogni dell'uomo e donargli più che il semplice gusto delle cose future. II cosmo nella natura dell'uomo, questo è lo scopo, ben più che l'intervento umano nella natura dei materiali. L'evoluzione è questa rivoluzione che giustifica i suoi balzi ponendo la società su un piano veramente elevato dove è assente la frustrazione che affaticando lo spirito dell'uomo dallo stesso elimina le idee come delle utopie". Insiste inoltre sulla natura anti-materialistica dell'architettura in quanto ecologia. Nel 1970 la fondazione di Arcosanti rappresenta la concretizzazione fisica di un laboratorio urbano per una nuova città contro l'etica edonistica, nella quale la felicità è il consumo, che umilia e degrada la persona. La città si propone di essere un modello operativo che potrebbe influire sulla trasformazione degli attuali caratteri ambientali, sociali, culturali. Nel 1985 elabora lo "spazio per la pace" anti-tecnocratico, sulla base del concetto dei "due soli", quello cosmico e quello dell'effetto urbano, che si genererebbe dalle relazioni sinergiche tra gli uomini. Elabora infine l'idea di habitat modulari costruiti da componenti strutturali di base assemblabili per formare insediamenti su asteroidi o liberamente fluttuanti, come stimolo per l'avanzamento tecnologico e scientifico con effetti nella cultura e nell'estetica. Considera infatti lo spazio come luogo alternativo dell'ecosistema terrestre ormai a rischio.
Ludovico "Vico" Magistretti (Milano, 6 ottobre 1920 – Milano, 19 settembre 2006) è stato un designer, architetto e urbanista italiano. Nato in una famiglia della media borghesia milanese il 6 ottobre 1920, Vico Magistretti frequenta il R. Liceo Ginnasio Giuseppe Parini per poi iscriversi, nell'autunno del 1939, alla facoltà di Architettura del Regio Politecnico di Milano, dove insegnano personaggi di spicco nel panorama architettonico dell'epoca come Gio Ponti e Piero Portaluppi. Tra il 1943 e il 1944 decide, come molti intellettuali dell'epoca, di allontanarsi dal proprio Paese e si trasferisce in Svizzera dove, nel Champ Universitarie Italien di Losanna, ha modo di seguire alcuni corsi accademici. Risale a quel periodo la sua frequentazione con Ernesto Nathan Rogers, che rimarrà nel ricordo dell'architetto come persona chiave della sua formazione intellettuale. Nel 1945 torna a Milano, dove il 2 agosto dello stesso anno si laurea in Architettura presso il Politecnico. Inizia subito l'attività professionale nello studio del padre, l'architetto Pier Giulio Magistretti (di cui si ricorda la partecipazione all'Arengario di piazza Duomo, in collaborazione con Giovanni Muzio, Piero Portaluppi, Enrico Agostino Griffini, e la realizzazione di alcuni tra i più significativi edifici della Milano degli anni venti e trenta) in via Conservatorio. Sono questi gli anni della ricostruzione, che lo vedono impegnato sul doppio fronte dell'associazionismo culturale (nel 1946 è tra i promotori del MSA) e dell'attività professionale, inizialmente svolta soprattutto nel campo dell'edilizia sovvenzionata. Dal 1949 al 1959 progetta e realizza circa 14 interventi per l'INA-Casa e con Mario Tedeschi partecipa anche all'impresa collettiva del QT8 con il quartiere reduci d'Africa e successivamente con la Chiesa di Santa Maria Nascente (1953-1955). Nella Milano delle Triennali e della nascente industria del design, particolare rilievo assume la sua partecipazione alle edizioni della VIII, IX (medaglia d'oro), X Triennale (gran premio), fino a curare per l'ente milanese alcune mostre nell'ambito delle esposizioni più recenti (in particolare la XII Triennale del 1960 insieme a Ignazio Gardella). Gli anni cinquanta sono fervidi di iniziative e di innovative proposizioni da parte del giovane architetto che, in breve tempo, si conferma una delle più significative presenze fra gli esponenti della "terza generazione". Risale a tale periodo la realizzazione di due degli edifici più significativi dell'attività professionale di Vico Magistretti a Milano: la torre al Parco in via Revere (1953-56, con Franco Longoni) e il palazzo per uffici in corso Europa (1955-57); a questi si aggiungeranno negli anni successivi altri numerosi interventi di particolare rilevanza, tra i quali, nel 1962-64, le torri di piazzale Aquileia. Nel 1956 è tra i soci fondatori dell'ADI, l'Associazione per il Disegno Industriale. Nel 1959 fa parte della giuria del Premio Compasso d'oro insieme a Bruno Alfieri, Giulio Minoletti, Augusto Morello e Giovanni Romano. Nel 1960 è di nuovo tra i giurati del premio dell'ADI assieme a Lodovico Belgiojoso, Augusto Magnaghi, Augusto Morello e Marco Zanuso. La particolare attenzione rivolta al tema della casa e dell'abitare finisce per monopolizzare, a partire dagli anni sessanta, la sua attività di architetto, facendogli mettere a punto un linguaggio estremamente espressivo che, seppur talvolta polemicamente criticato, ha molta presa nella cultura architettonica lombarda del periodo, permettendogli di divenirne uno dei maggiori protagonisti. In tale contesto si inserisce la sua partecipazione nel 1959 al Congresso CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne) di Otterlo (Paesi Bassi), dove gli italiani presentarono la torre Velasca dei BBPR, la mensa Olivetti di Ignazio Gardella, le case a Matera di Giancarlo De Carlo e la casa Arosio ad Arenzano realizzata l'anno precedente da Magistretti. Queste opere provocarono scandalo e furono in un certo senso l'emblema della crisi che in quegli anni colpì la nota istituzione, fino ad allora protagonista indiscussa del dibattito intorno all'architettura. La casa Arosio sembra segnare l'inizio di un'esplorazione molto personale di un linguaggio che si esprime con nitidezza anche in altre coeve case unifamiliari quali la villa Schubert a Ello (1960), la casa Gardella ad Arenzano (1963-64) e la villa Bassetti ad Azzate (1960-62). Negli anni successivi, l'attività di architetto è sempre più affiancata a quella di designer, con la progettazione di arredi e oggetti rimasti "classici". Per l'architetto lombardo la semplicità non era mancanza di decorazione ma assenza di ridondanza, nella convinzione che la 'differenza' consisteva nel dettaglio concettuale: da lì la sua predilezione per il 'concept design' visibile in quasi tutta la sua produzione. È l'epoca del Municipio di Cusano Milanino (1966-69), del quartiere Milano-San Felice (1966-69, con Luigi Caccia Dominioni), della casa in piazza San Marco (1969-71) ma anche del premio Compasso d'oro per la lampada Eclisse (1967), per la lampada "Atollo" (1979) e per la poltrona Maralunga (1973, premio nel 1979). I riconoscimenti nel campo del design conseguiti da Magistretti sono numerosi; nel campo prettamente architettonico viene nominato membro dell'Accademia di San Luca nel 1967 e designato a membro onorario al Royal College of Art di Londra, dove è anche visiting professor. Ha, inoltre, insegnato alla Domus Academy di Milano e tenuto conferenze e lectures in Europa, Giappone e Stati Uniti. Nel 1986 è stato premiato con la medaglia d'oro dal SIAD (Society of Industrial Artists and Designers). Tra le opere più recenti la sede del Dipartimento di Bioscienze dell'Università di Milano (1978-81, con Francesco Soro), il progetto per una casa d'abitazione in piazzale Dateo (1984 con Francesco Soro), la casa Tanimoto a Tokyo (1985-86), il Centro Cavagnari a Parma (1983-85), il tecnocentro della Cassa di Risparmio di Bologna (1986-88) e per l'ATM di Milano il Deposito Famagosta (1989-2002), il supermarket Esselunga a Pantigliate (1997-2001), la villa a Saint Barth nelle Antille Francesi (2002), gli uffici dell'ex lanificio Cerruti a Biella (2005) e la villa a Epalinges, vicino a Losanna (2005), uno dei suoi ultimi progetti realizzati prima della scomparsa nel 2006. A partire dagli anni sessanta l'attività di designer è scandita annualmente dalla creazione di nuovi "pezzi", eventi attesi anche in occasione del Salone del Mobile di Milano che, nel 1997, ha dedicato proprio a Vico Magistretti una mostra monografica accanto a quella del suo "insegnante" Gio Ponti. Nel 2003 presso il Palazzo Ducale di Genova è stata allestita la mostra Vico Magistretti. Il design dagli anni Cinquanta a oggi interamente centrata sulla sua opera come designer. Nello stesso anno è nominato membro del comitato scientifico della Fondazione Politecnico di Milano e nel 2005 riceve il premio speciale Abitare il tempo. I suoi ultimi progetti di design sono stati presentati al Salone del Mobile del 2008. Sue opere di design sono esposte presso la collezione permanente del MOMA di New York e presso altri musei in America e in Europa. Nel 2010 nasce in via Conservatorio a Milano, con sede proprio nello studio dove l'architetto e designer milanese ha lavorato per oltre sessant'anni, la Fondazione Studio-Museo Vico Magistretti, promossa e presieduta da sua figlia, Susanna, in collaborazione con il Triennale Design Museum di Milano e altri fondatori in carica come De Padova, Flou, Artemide, Oluce e Schiffini. Il museo attraverso un percorso didattico-espositivo, si propone di tracciare un iter progettuale che ripercorra tutte le tappe della produzione dell'architetto dal 1946 al 2006, attraverso l'esposizione di collezioni permanenti e mostre temporanee di un vasto archivio che conserva all'incirca 30.000 schizzi e disegni tecnici, 3000 documenti, 7000 fotogrammi nonché una collezione di modelli e prototipi. La Fondazione è dal 2007 riconosciuta come bene culturale per importanza storica e sottoposta al vincolo di tutela.
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