giovedì 1 maggio 2025

Corso di storia dell'architettura: Burnham 1846

Burnham (1846)




Daniel Hudson Burnham
tra pragmatismo costruttivo e utopia urbanistica

Daniel Hudson Burnham (Henderson, 4 settembre 1846 – Heidelberg, 1º giugno 1912) occupa una posizione centrale e al tempo stesso ambivalente nella storia dell’architettura americana. Figura complessa, capace di conciliare competenze tecniche, abilità manageriali e visioni urbanistiche di ampio respiro, fu al crocevia di due grandi momenti: la sperimentazione strutturale che caratterizzò la Scuola di Chicago e il successivo orientamento verso un classicismo monumentale che trovò compimento nel movimento del City Beautiful.

1. La formazione e il sodalizio con John Wellborn Root

Burnham fu inizialmente istruito da William Le Baron Jenney, considerato l’inventore del grattacielo per l’introduzione della struttura portante in acciaio. Tuttavia, le sue qualità non risiedevano tanto nell’innovazione tecnica, quanto nella capacità di coordinare, gestire e dare concretezza a progetti complessi. In questo senso la sua figura si affianca a quella di Root, architetto dotato di sensibilità artistica e inventiva.
Il sodalizio Burnham & Root, fondato nel 1873, segnò una svolta fondamentale nello sviluppo della nuova architettura di Chicago, sorta dopo l’incendio devastante del 1871 che impose una ricostruzione rapida e innovativa.

2. La sperimentazione strutturale: grattacieli e nuove tecniche

Il contributo di Burnham & Root alla nascita dei grattacieli è essenziale. Due edifici in particolare rappresentano momenti cardine:

  • Monadnock Building (1889-1891, Chicago)
    Un caso singolare, in quanto Burnham vi adottò ancora una struttura portante in muratura massiccia, con setti al piano terreno dello spessore di oltre due metri. In un’epoca in cui la tecnologia dell’acciaio stava già aprendo nuove prospettive, il Monadnock si configura come un anacronismo, ma anche come testimonianza di un compromesso tra tradizione e modernità. La sua mole austera e priva di ornamenti anticipa però una certa tendenza minimalista che verrà letta successivamente come precorritrice del modernismo.

  • Reliance Building (1890-1895, Chicago)
    Qui invece la sperimentazione con la gabbia in acciaio e le ampie superfici vetrate trova una delle prime realizzazioni compiute. La leggerezza della facciata, l’integrazione tra struttura e forma e la trasparenza anticipano molti caratteri della futura architettura internazionale.

  • Flatiron Building (1902, New York)
    Forse l’opera più celebre attribuita a Burnham, non tanto per l’innovazione strutturale, quanto per la forza iconica della sua forma triangolare, che lo ha reso uno dei simboli urbani di New York. La sua volumetria particolare, nata da un vincolo di lotto, diventa elemento distintivo, dimostrando come vincoli urbanistici e ingegno progettuale possano dar vita a un’architettura emblematica.

3. La svolta urbanistica e il City Beautiful

Dopo la morte prematura di Root (1891), Burnham orientò la propria carriera verso l’urbanistica, aderendo allo stile accademico dell’École des Beaux-Arts e assumendo un ruolo guida nel movimento City Beautiful, che auspicava città monumentali, ordinate, armoniche, in grado di educare e nobilitare i cittadini.
Il suo Piano regolatore per Chicago del 1909 rappresenta uno dei primi esempi di urbanistica moderna a larga scala: prevede assi prospettici, spazi verdi, una riorganizzazione funzionale e monumentale del fronte lacustre. Si tratta di una visione grandiosa, in parte realizzata, in parte rimasta utopia, che influenzò profondamente la pianificazione urbana negli Stati Uniti.

4. La Columbian Exposition del 1893: apoteosi e contraddizione

L’Esposizione Colombiana di Chicago del 1893 segna il momento più controverso della carriera di Burnham. Alla guida del progetto generale, egli scelse di proporre padiglioni in stile neoclassico, ricchi di stucchi bianchi e architetture effimere, in evidente contrasto con la sperimentazione tecnologica e strutturale che la Scuola di Chicago stava portando avanti.
Se da un lato l’“White City” divenne un modello di eleganza e di ordine urbano, dall’altro fu duramente criticata da architetti e critici progressisti (Louis Sullivan in primis), che vi videro una regressione accademica e una negazione del linguaggio architettonico moderno. Questo episodio segna l’inizio della polarizzazione tra classicismo monumentalista e modernismo funzionalista che caratterizzerà il Novecento.

5. Ultime opere e lascito

Burnham continuò a firmare progetti di grande impatto, come la Union Station di Washington, sempre in chiave neoclassica, ma il suo ruolo di architetto fu progressivamente oscurato dal suo peso come pianificatore urbano. La sua figura rimase emblematica: non un innovatore radicale, ma un organizzatore capace di tradurre visioni in realtà, un uomo che seppe incarnare lo spirito pragmatico e al tempo stesso utopico dell’America di fine Ottocento.


Conclusione critica

Burnham rappresenta un caso emblematico di duplicità storica:

  • Da un lato fu protagonista della fase più innovativa dell’architettura americana, legata alla sperimentazione con l’acciaio e al sorgere dei primi grattacieli.
  • Dall’altro, si fece promotore di un ritorno al classicismo monumentale, diventando il simbolo di una visione urbana più estetica che tecnologica.

Il suo lascito va dunque letto non solo in termini di opere costruite, ma come riflesso di una tensione irrisolta tra modernità tecnica e idealismo estetico. Se il Flatiron o il Reliance Building aprono la strada al modernismo, la White City e il Piano di Chicago mostrano come Burnham concepisse l’architettura anche come strumento di ordine sociale, educativo e morale.

Il suo motto non scritto potrebbe riassumersi così: “Make no little plans” — non fare progetti piccoli. Una visione grandiosa, a tratti utopistica, che rese Burnham una delle figure chiave, seppure contraddittorie, della storia dell’architettura moderna.


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