sabato 8 giugno 2024

Corso di storia dell'architettura: Lezione 6 BIZANTINA

 

Santi Sergio e Bacco.
Lo spostamento della capitale, da Roma a Bisanzio (importante e ricca città coloniale greca, su un promontorio che domina il Bosforo), comporta grandi mutamenti nella città, per cercare di renderla più simile possibile a Roma:
  • divisione in 14 regioni, come Roma;
  • edificazione di nuove cinte murarie che aumentano la superficie inscritta, portandola a 1.400 ettari (come Roma dentro le mura Aureliane) e una popolazione di circa mezzo milione d'abitanti.
  • sistemazione dell’acropoli, del palazzo imperiale, dell'ippodromo, del foro, del porto (come a Roma).
Ma sarà con Giustiniano, dopo l'incendio del 532 d.C. che, nell’ambito della ricostruizione della grande chiesa imperiale di S. Sofia, avviene una nuova sintesi delle esperienze artistiche di tutto il mondo mediterraneo. Parte una nuova originalissima stagione architettonica, che viene detta bizantina, destinata a diventare fondamentale nell’Impero Romano d’Oriente e ad influenzare, in maniera assai marcata, il successivo sviluppo dell’architettura occidentale, per alcuni secoli.
 

LE FONTI DELL’ARCHITETTURA BIZANTINA

Quali sono le fonti dell'architettura bizantina?
La risposta non è semplice, in quanto si tratta di un'architettura nata in un ambiente cosmopolitico di corte, influenzato, sia dall'edilizia romana ufficiale, sia dai prototipi dell'edilizia cristiana.
La concezione base della cultura classica antica è unitaria: la spazialità dell’ambiente (tridimensionale), attraverso la continuità delle pareti (l’omogeneità delle masse murarie è simbolo di separazione  dall’esterno), deve essere immediatamente leggibile nella forma della pianta (bidimensionale).

I PROBLEMI TECNICI IRRISOLTI

Ma lascia irrisolti due problemi tecnici:

  • come raccordare le volte, il cui perimetro non coincide con quello dei piedritti (ad es. come passare dai piedritti poligonali alle cupole emisferiche);
  • come risolvere il problema strutturale delle volte, costituite come una struttura a concrezione monolitica (in virtù di una resistenza a trazione del calcestruzzo, anche se modesta), mentre il funzionamento statico è quello di una struttura spingente (che fa quindi lavorare i materiali a compressione).

LA SOLUZIONE DEGLI OCCIDENTALI

Entrato in crisi l’ideale classico, viene accettato il principio di tenere separato lo spazio ambientale e la scatola muraria. I costruttori occidentali rinunciano alla continuità della parete per mantenere l'unità fra struttura e rappresentazione spaziale. Ne consegue:
  • risoluzione esplicita dei raccordi geometrici fra volte e piedritti, attraverso l'invenzione dei pennachi sferici (derivati da una volta a vela sezionata con un piano orizzontale tangente al sommo degli archi, e privata della calotta superiore).
  • interruzione della continuità della vela, con un elemento cilindrico autonomo (il tamburo, eventualmente finestrato), che stacca la cupola dai pennacchi.

LA SOLUZIONE DEI BIZANTINI

I bizantini scelgono di tenere integra la continuità parietale.
Le conseguenze sono:
  • la parete diventa pura superficie cromatica (definita dalla luce e dal colore del mosaico);
  • la luce è distribuita in maniera diffusa, da numerose finestre, disposte su ogni lato dell'ambiente;
  • il volume interno è di forma più complicata della scatola muraria esterna;
  • l'involucro esterno non è significativo per lo spazio urbano ed il tessuto cittadino.

PRIME CHIESE BIZANTINE

Costantinopoli, anello di congiunzione fra l'Europa continentale e il Medioriente, è la sede di un cristianesinio potente, che non tarderà a separarsi da quello romano. Dapprima, gli edifici religiosi non presentano differenze sostanziali rispetto ai modelli romani:
  • tempio a pianta centrale dei Santi Sergio e Bacco, 536;
  • basilica di San Giovanni Battista da Studios, (463), con gallerie, transenne che isolano la navata e ricca decorazione;
  • chiesa dell'Acheiropita (che significa «non fatto da mano umana») di Salonicco (470), con tre navate precedute da nartece ed esonartece, gallerie che si affacciano sulla navata centrale, rischiarata da bifore e trifore; nell'abside sono collocati la panca, synthronon, e l'altare, dove si manifesta Cristo nella carne, isolato da plutei, ha di fronte l'ambone, dove si manifesta la Parola, cui è collegato da una lunga banchina processionale.
Chiesa dell'Acheiropita a Salonicco

Spaccato di Santa Sofia.
SANTA SOFIA
Nel 532 Giustiniano, senza basarsi su alcuno schema precostituito, dà il via alla costruzione della megàle ekklesia di Costantinopoli, Santa Sofia, conclusa nel 568, che diviene sede del patriarca della Chiesa d'Oriente. Ma sarà con Giustiniano, dopo l'incendio del 532 d.C. che, nell’ambito della ricostruizione della grande chiesa imperiale di S. Sofia, avviene una nuova sintesi delle esperienze artistiche di tutto il mondo mediterraneo. Parte una nuova originalissima stagione architettonica, che viene detta bizantina, destinata a diventare fondamentale nell’Impero Romano d’Oriente e ad influenzare, in maniera assai marcata, il successivo sviluppo dell’architettura occidentale, per alcuni secoli.
La costruzione è una sfida alle leggi della statica e una risposta razionale alle funzioni dell'edificio:
  • pianta quasi quadrata (71 x 77 m.), ripartita in tre spazi, dei quali, quelli laterali, a due piani suddivisi da matronei, navate e gallerie;
  • parte centrale coperta da cupola emisferica (diametro 33 m. su pennacchi di 18 m.), che scarica il peso su pilastri e contrafforti, simbolo cosmico, sotto cui si svolge la messa;
  • realizzazione di uno spazio etereo, dilatato, immateriale, grazie all’illuminazione proveniente da 40 finestre ricavate tra le costolature della volta, che rimbalza sulle pareti rivestite di lastre di marmo e da mosaici policromi e d'oro e sui capitelli traforati lavorati al bulino.
IL MODELLO DELLA CHIESA BIZANTINA
Santa Sofia è irripetibile ma, gradatamente, il suo schema evolve, semplificandosi e canonizzandosi: croce greca inscritta in un quadrato; braccia coperte da volte a botte; nell'intersezione dei due bracci sorge una cupola principale, montata su pennacchi; cupole minori coprono le restanti superfici del quadrato.

Pianta e sezione di Santa Sofia a Costantinopoli. Affidata ad Anthemios di Tralles ed Isidoro di Mileto, mechanopoioi, ossia studiosi di matematica, statistica e cinetica, ma non architetti professionisti, la chiesa si contraddistingue per le grandi innovazioni formali e statiche.
Vista di Santa Sofia di Costantinopoli, si notino i quattro minareti dovuti alla sua trasformazione in moschea.





 Interni di Santa Sofia.
San Vitale a Ravenna.

RAVENNA


In Italia, la divisione dell’impero, porta Ravenna, una città romana secondaria, fra le paludi costiere della Romagna (ben difesa per terra e per mare dal porto militare di Classe, collocato nel punto più profondo della laguna), ad assumere una posizione di rilievo: capitale dell’impero Romano d’Occidente; capitale del regno ostrogoto; capitale delle province bizantine in Italia.
Date queste caratteristiche, appare evidente che, quando la parabola dell’architettura bizantina sarà tale da espandersi in Italia, sarà proprio Ravenna ad essere destinata a raccogliere la sua influenza, nelle sue splendide chiese, che formano il gruppo più importante di monumenti della tarda antichità in ltalia.
In particolare, ricordiamo San Vitale, realizzato a Ravenna dal 532 al 545, cappella palatina terminata, dopo la caduta della città, in mano bizantina.
 

APOTEOSI E CADUTA DELL’ARCHITETTURA BIZANTINA

Il perfetto equilibrio formale degli spazi interni dell’edificio bizantino comincia, si svolge e si conclude, prima di giungere alla reale dimensione fisica della muratura perimetrale. L’edificio è sospeso tra immanenza del mondo sensibile e trascendenza del mondo intelligibile, secondo una modalità tipica della cultura orientale. Ma proprio qui sta il limite, l’impossibilità del rinnovo del proprio repertorio, di una reale evoluzione. L’architettura bizantina continuerà a ripetere se stessa, sempre più stancamente.


Pianta e sezione di San Vitale di Ravenna. Il paramento esterno in laterizi è scandito da lesene e da contrafforti angolari. La pianta è ottagonale con sette esedre a due ordini di triplici arcate. La cupola emisferica su pennacchi è realizzata con anfore a fasce concentriche.


Nelle chiese bizantine l’esterno è ostentatamente povero, specie se paragonato alla ricchezza decorativa dell’interno. Appare evidente il parallelismo con la figura umana: non l’esteriorità corporea ha importanza ma l’interiorità, la bellezza dell’anima monda dal peccato
Il matroneo crea un gioco chiaroscurale sugli splendidi mosaici.

L’ORGANIZZAZIONE FEUDALE DEL TERRITORIO

Dopo la caduta dell'impero romano, per circa cinque secoli, la crisi economico-politica si manifesta nella rovina delle città e nella dispersione degli abitanti nelle campagne. Queste sono divise in grandi proprietà (anche di 5.000 e più ettari), con al centro la residenza del proprietario (cattedrale, abbazia, castello), perifericamente amministrate da centinaia di fattorie governate da una corte (granai, stalle, abitazioni del personale e dell'amministratoreresponsabile verso il proprietario).
Il territorio della corte è diviso in parti:
  • riservate al signore;
  • divise fra le famiglie dei contadini, dipendenti dal signore;
  • communia (boschi, paludi, praterie), libere a tutti per legna, pascolo, raccolta dei frutti.

SPONTANEITÀ DEGLI INTERVENTI URBANI MEDIOEVALI

Nella società rurale feudale la città è marginale. Gli edifici romani ancora in piedi, diventano luoghi di rifugio o sono trasformati in fortezze; le cinte di mura sono ristrette, per difendere solo una piccola parte della città.
La differenza giuridica e fisico-ambientale fra città e campagna, diventa sempre minore: le strutture delle città romane sono troppo ampie e vanno notevolmente ridimensionate. Talvolta è preferita, addirittura, la formazione di un nuovo villaggio, con caratteristiche marcatamente rurali, in cima ad un colle od alla confluenza di due fiumi. Adattamenti e nuove realizzazioni risentono, spesso, di una spontaneità sconfortante, cementata da scarsità dei mezzi, rarità di specialisti, mancanza di cultura artistica, urgenza di difesa e di sopravvivenza, assenza di regole, assoggettamento alle forme imprecise del paesaggio (dorsi montuosi, insenature, corsi d'acqua).

Nessun commento:

Posta un commento