lunedì 16 gennaio 2023

Corso Artisti Internazionali del XX Secolo: Lezione 4 1885 - 1890 Kokoschka Duchamp Arp Albers Schiele Man-Ray Tobey

Kokoschka 1886







Oskar Kokoschka (Pöchlarn, 1º marzo 1886 – Montreux, 22 febbraio 1980) è stato un pittore e drammaturgo austriaco. Oskar Kokoschka nacque a Pöchlarn, cittadina della Bassa Austria, il 1º Marzo 1886 in una casa di periferia. Egli era il secondogenito di Gustav Josef Kokoschka, un orafo ceco, e Maria Romana Kokoschka (nata Loidl). Il fratello maggiore morì in tenera età nel 1887; egli aveva una sorella, Berta (nata nel 1889) ed un fratello, Bohuslav (nato nel 1892). Oskar credeva fortemente nei presagi, spronato dalla storia di un incendio scoppiato a Pöchlarn poco dopo che la madre lo aveva dato alla luce. La vita di Kokoschka non fu facile, principalmente a causa della mancanza di aiuto economico da parte del padre. La sua famiglia si trasferiva continuamente in appartamenti sempre più piccoli, sempre più lontano dal fiorente centro della città. Concludendo che suo padre fosse un incapace, Kokoschka iniziò a rivolgersi alla madre; si sentiva egli stesso a capo della famiglia e continuò a sostenerla quando ne ebbe le possibilità economiche. Kokoschka frequentò la scuola secondaria alla Realschule, dove veniva data importanza allo studio di materie moderne come la lingua e le scienze. Kokoschka non era interessato a queste materie; scoprì infatti di eccellere unicamente nel disegno, e trascorreva la maggior parte del suo tempo leggendo letteratura classica durante le lezioni. Si dice che quest'educazione alla letteratura classica abbia influenzato le sue opere d'arte. Uno dei suoi professori suggerì che Kokoschka proseguisse scegliendo una carriera votata alle belle arti. Contro la volontà di suo padre, Kokoschka fu ammesso alla Kunstgewerbeschule (Università di Arti applicate), dove fu attratto dalle opere barocche di Franz Anton Maulbertsch, dal nuovo stile di Gustav Klimt e dalla pittura incisiva di Lovis Corinth. La sua formazione artistica è da ricondurre all'ambiente della Secessione Viennese. Studiò a diretto contatto con Gustav Klimt, grazie al quale fu presentato al pubblico viennese durante il Kunstschau (Art Show) del 1908. Proprio in quest'occasione l'artista si fece notare dalla critica, che gli attribuì l'appellativo di “super selvaggio”. Le sue opere, infatti, rifuggivano da ogni ideale di bellezza e di grazia e mettevano a nudo invece gli aspetti più duri e sconcertanti dell'esistenza. In questa stessa occasione fu rappresentato il suo dramma “Assassino, speranza delle donne” che suscitò scandalo e tumulti in platea. Le opere prodotte tra il 1907 e il 1912 influenzarono tra gli altri, Egon Schiele; le sue figure erano disegnate in maniera delicata e disposte in modo irregolare. Nel 1910, Walden, fondatore della rivista d'avanguardia berlinese “Der Sturm”, convinse il giovane Kokoschka a trasferirsi a Berlino, dove iniziò a curare il “Ritratto della settimana”, divenendo il primo illustratore della rivista. Frequentò i circoli culturali radicali e d'avanguardia, nutrendo particolare ammirazione per Edvard Munch, per i Fauves e per i pittori del gruppo Die Brücke, uno dei primi nuclei dell'espressionismo tedesco. Nel 1914 divenne un membro della Secessione di Berlino, poi entrò a far parte de Der Blaue Reiter, un gruppo di artisti che facevano uso di colori puri stesi a larghe macchie. Nei suoi lavori di questo periodo sono presenti un violento cromatismo e un'attenta analisi psicologica che intende indagare l'intimo del personaggio, influenzato in questo delle nuove teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud. Con La sposa del vento, del 1914, la sua pittura tragica, raggiunse la piena maturità espressiva, che lo collocò in una posizione personale all'interno dell'Espressionismo. Il dipinto era un omaggio ad Alma Mahler, pittrice e compositrice austriaca, vedova del compositore Gustav Mahler, con la quale aveva avuto una sfortunata relazione amorosa che influenzò tutta la sua vita e la sua produzione. Con lo stile espressionista Oskar Kokoschka aveva in comune l'intenzione di esprimere sensazioni, sentimenti e stati d'animo e l'attitudine a deformare i soggetti, ma è divergente da quello di molti suoi contemporanei, per cui, anche se oggi viene generalmente considerato come uno dei massimi esponenti dell'espressionismo, a quel tempo fu talvolta isolato dagli altri esponenti del gruppo. Durante la prima guerra mondiale fu ferito sul fronte orientale; dopo un ricovero all'ospedale militare, fu congedato per instabilità mentale. Dal 1917 al 1924 insegnò all'Accademia di Dresda, dove ebbe modo di studiare da vicino Rembrandt e la pittura antica. In questi anni espose alla Galleria Dada di Zurigo con Max Ernst, Paul Klee e Vasilij Kandinskij, e partecipò alla Biennale di Venezia. Kokoschka non accettò mai completamente le tendenze astrattiste: dietro alla sua convulsa espressione della realtà è sempre avvertibile la drammaticità del suo segno a spirale, di ispirazione barocca e con profonde influenze di Paul Cézanne. A partire dal 1924 viaggiò in Europa e in Africa, dipingendo i paesaggi che incontrava attraverso disegni vibranti con colori accesi. Nel 1933 soggiorna a lungo a Rapallo eseguendo numerosi ritratti, paesaggi e nudi. Si cimentò anche nella drammaturgia, scrivendo testi teatrali fondamentali per il teatro espressionista. Tornato a Vienna, dopo l'annessione tedesca dell'Austria si rifugiò a Praga. Nel 1938, quando anche Praga stava per essere occupata dai tedeschi, emigrò a Londra. Il regime hitleriano confiscò le sue opere, alcune delle quali furono esposte a Monaco nella mostra d'arte degenerata. Nel 1953 si stabilì a Villeneuve, nel Cantone di Vaud in Svizzera. In questi anni la sua pittura si allontana progressivamente dalle tematiche dell'analisi psicologica e del subconscio per trattare i grandi spazi, i paesaggi e le vedute di città secondo schemi post-impressionisti. La ricerca dell'unione tra sentimento e forma lo spinge a cercare una partecipazione totale, senza vuoti formalismi, nei più diversi soggetti, dagli scenari di montagna ai panorami delle città. Inizia un ciclo di lezioni ed incontri che lo portano a formare numerosi artisti come Rudolf Kortokraks, Marco Sassone e Silvio Loffredo. Morì a Montreux il 22 febbraio 1980.

Duchamp 1887

 








https://youtu.be/1lit3j_7ECk

Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 28 luglio 1887 – Neuilly-sur-Seine, 2 ottobre 1968) è stato un pittore, scultore e scacchista francese naturalizzato statunitense nel 1955.  Considerato fra i più importanti e influenti artisti del XX secolo, nella sua lunga attività si occupò di pittura (attraversando le correnti del fauvismo e del cubismo), fu animatore del dadaismo e del surrealismo, e diede poi inizio all'arte concettuale, ideando il ready-made e l'assemblaggio. Nato da Eugène Duchamp e Lucie Nicolle che avevano avuto 7 figli, uno morto infante, aveva tre fratelli artisti di successo: Jacques Villon (1875–1963), pittore, incisore; Raymond Duchamp-Villon (1876–1918), scultore; Suzanne Duchamp-Crotti (1889–1963), pittrice. Nel 1915 incontrò il fotografo e pittore statunitense Man Ray con cui strinse un'amicizia che durerà tutta la vita. L'anno successivo fondò, con i mecenati Katherine Dreier e Walter Arensberg, la Society of Independent Artists. Nel 1918 si trasferì a Buenos Aires, dove rimase fino alla metà dell'anno seguente, poi nel 1923 tornò a Parigi. A partire dal 1923, Duchamp diradò progressivamente la produzione artistica e per dieci anni si occupò quasi esclusivamente di scacchi, arrivando ad alti livelli (fu capitano della squadra olimpica francese, nella quale giocava anche il campione del mondo Alexander Alekhine). Decise di stabilirsi definitivamente a New York nel 1942 dove, nel 1951, fu indagato da Joseph McCarthy ma rimase al sicuro grazie a suoi «amici potenti». Nel 1954 sposò Alexina "Teeny" Sattler Matisse, che gli rimarrà accanto per tutta la vita. Pseudonimi. Marcel Duchamp nei panni di Rrose Sélavy, fotografato da Man Ray.. Rrose Sélavy«Volevo cambiare identità, e la prima idea che mi è venuta è stata di assumere un nome ebraico. Ero cattolico, quindi passare da una religione a un'altra era già un cambiamento! Ma non trovavo un nome ebraico che mi piacesse o mi tentasse, finché di botto ho avuto un'idea: perché non cambiare sesso? E di lì è venuto il nome Rrose Sélavy.» (Marcel Duchamp). Per Duchamp si è trattato in un certo senso di creare un "ready made". La ripetizione della "r" viene da un gioco di parole con «arrose» e Sélavy (arroser la vie) o con Eros e Sélavy, trasposizione fonetica di Éros, c'est la vie. Duchamp arriva fino a farsi fotografare in abiti femminili e firma con questo pseudonimo diverse opere, tra cui Belle Haleine - Eau de Voilette, Fresh Widow e Pourquoi ne pas éternuer? (Perché non starnutire?). R. Mutt Gli orinatoi sono tutti firmati R. Mutt. Secondo lo stesso Duchamp il cognome Mutt era un'alterazione di Mott, denominazione della ditta J. L. Mott che gli aveva fornito il suo esemplare. Voleva che "Mutt" rimandasse i suoi contemporanei al fumetto americano, allora molto popolare, Mutt and Jeff, di Bud Fisher, dove Mutt è un personaggio molto piccolo e Jeff uno molto grosso. Il nome Richard (rich = ricco) è il contrario dell'idea di povertà. Duchamp ha anche fatto credere che "Mutt" fosse lo pseudonimo maschile di una delle sue amiche. Il numero di telefono da lui comunicato alla stampa era effettivamente quello della scrittrice Louise Norton. Ne sono tuttavia state proposte diverse altre interpretazioni. Viene dai colloqui di Duchamp con M. Sanouillet. Il poeta messicano Octavio Paz ha riassunto efficacemente l'essenza dell'attività di Duchamp: «le tele di Duchamp non raggiungono la cinquantina e furono eseguite in meno di dieci anni: infatti abbandonò la pittura propriamente detta quando aveva appena venticinque anni. Certo, continuò "a dipingere", ma tutto quello che fece a partire dal 1913 si inserisce nel suo tentativo di sostituire la "pittura-pittura" con la "pittura-idea". Questa negazione della pittura che egli chiama olfattiva e retinica (puramente visiva) fu l'inizio della sua vera opera. Un'opera senza opere: non ci sono quadri se non il Grande Vetro (il grande ritardo), i ready-mades, alcuni gesti e un lungo silenzio». «Il futurismo era l'impressionismo del mondo meccanico. […] A me questo non interessava. […] Volevo far sì che la pittura servisse ai miei scopi e volevo allontanarmi dal suo lato fisico. A me interessavano le idee, non soltanto i prodotti visivi. Volevo riportare la pittura al servizio della mente […] Di fatto fino a cento anni fa tutta la pittura era stata letteraria o religiosa: era stata tutta al servizio della mente. Durante il secolo scorso questa caratteristica si era persa poco a poco. Quanto più fascino sensuale offriva un quadro - quanto più era animale - tanto più era apprezzato.La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva […] Per approccio retinico intendo il piacere estetico che dipende quasi esclusivamente dalla sensibilità della retina senza alcuna interpretazione ausiliaria. Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perfino i cubisti. I surrealisti hanno tentato di liberarsi da questo e anche i dadaisti, da principio. […] Io ero talmente conscio dell'aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro filone da esplorare.» Se Duchamp avesse realizzato solo le tele dipinte prima del Grande Vetro, si sarebbe abbondantemente guadagnato un ruolo di primo piano nella storia delle avanguardie storiche. Dopo una giovinezza influenzata dall'impressionismo, nel 1911, a ventiquattro anni realizzò i notevoli Corrente d'aria sul melo del Giappone, Giovane e fanciulla in primavera e Macinino da caffè, di gusto fauve. I celebri dipinti del 1912: Nudo che scende le scale n. 2, Il passaggio dalla vergine alla sposa, Sposa, La sposa messa a nudo dagli scapoli, segnano un passaggio importantissimo nella storia del cubismo e del futurismo, per lo studio del movimento, e allo stesso tempo chiudono definitivamente l'esperienza di Duchamp con la pittura comunemente intesa. Le tele "in movimento" (culminate nel Nudo che scende le scale n. 2) potrebbero essere etichettate come futuriste, ma il contatto di Duchamp con questi artisti fu nullo, e l'unica ispirazione dichiarata era la cronofotografia di Eadweard Muybridge. Il trattamento del movimento nel futurismo era infatti ben lontano dagli obiettivi di Duchamp, che virò ben presto verso la Sposa e il suo mondo. Il resto dell'opera grafica sarà rivolto a schemi, disegni e studi per elementi del Grande Vetro, o variazioni sullo stesso tema (la Macinatrice di cioccolato (1913), Cols alités (1959), Il Grande Vetro completato (1965), ai disegni degli ultimi due anni, e a clamorosi gesti di "ritocco" come i baffi affibbiati alla Monna Lisa di L.H.O.O.Q. (1919). Un'esperienza emblematica del valore della casualità nel pensiero dell'artista potrebbe considerarsi 3 stoppages étalon (3 rammendi tipo) del 1913 che esprime appunto l'uso pianificato e incondizionato di un procedimento aleatorio. In essa 3 fili di un metro ciascuno vennero fissati per sempre, mediante lacca, nelle tre diverse curve che essi assunsero, naturalmente e casualmente, una volta lasciati cadere da un metro d'altezza su una superficie di stoffa blu. Quelle tre curve costituirono il profilo di altrettante sagome in legno conservate come "campioni" metrici: una unità di misura fissata per sempre da un evento istantaneo e casuale. Come sempre, il più vasto e completo materiale interpretativo su Duchamp è fornito da Duchamp stesso, che durante la sua vita lavorò spesso a stretto contatto con i critici impegnati nel decifrare le sue opere, dispensando indizi e suggerimenti ambigui. A questi si aggiungono, nelle interviste, numerose prese di posizione estremamente nette riguardo al concetto di arte e alla pittura: tra le più famose, il rifiuto della pittura "retinica" o "olfattiva" (con riferimento all'odore di trementina) puramente superficiale, nata dall'impressionismo e proseguita con le avanguardie storiche cubiste e futuriste. Il Grande Vetro. «Il Grande Vetro è la più importante opera singola che abbia mai fatto» (Marcel Duchamp)A partire dal 1915, Duchamp lavorò a La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche (traduzione di La Mariée mise à nu par ses célibataires, même), chiamato anche Il grande vetro: questo "quadro" è formato da due enormi lastre di vetro (277 x 176 cm) che racchiudono lamine di metallo dipinto, polvere, e fili di piombo. Nel 1923, lo lasciò "definitivamente incompiuto". Il Vetro contiene e sviluppa tutta l'attività passata e futura di Duchamp, e nel tempo ha dato origine a una tale quantità di interpretazioni da farlo ritenere una delle opere più complesse e affascinanti di tutta la storia dell'arte occidentale. Durante un trasporto, subì dei danni consistenti, ma l'artista decise di non riparare l'opera proprio per dimostrare di accettare, complice del caso, la completa riassunzione-integrazione nell'opera del suo carattere inerziale di "cosa". L'opera può avere anche un'altra lettura: "La mariée mise à nu par ses célibataires" si può leggere come "La Marie est mise à nue per ses céli-batteurs" cioè "Maria è messa nella nuvola dei propri trebbiatori". Maria messa nella nuvola sarebbe la Vergine e in effetti il Grande Vetro è diviso in due metà come nelle iconografie tradizionali in cui nella metà superiore una nuvola composta da tre quadrati sta per accogliere la Madonna. Dal 1954, è conservato al Philadelphia Museum of Art. La sua descrizione comincia dal nome: Duchamp prescrive di non chiamarlo "quadro", ma "macchina agricola", "mondo in giallo" o "ritardo in vetro". Se la seconda denominazione ha dato adito alle più disparate interpretazioni, la "macchina agricola" è un attributo facilmente riconoscibile, dalla "fioritura arborea" della Sposa ai complessi meccanismi di trebbiatura dell'"apparecchio scapolo". Tutta la complessa attività del Grande Vetro è descritta in dettaglio dallo stesso Duchamp (anche se in forma frammentaria, ermetica e allusiva) nelle due raccolte di appunti, la Scatola verde e la Scatola bianca. La macchina celibe. La parte inferiore del Vetro è composta da un complesso meccanismo costituito dal mulino ad acqua, dalle forbici, dai setacci, dalla macinatrice di cioccolato e dai testimoni oculari. Sopra il mulino è situato il "cimitero delle livree e delle uniformi", dove i nove stampi maschi rappresentano le diverse identità dello scapolo (Corazziere, Gendarme, Lacchè, Fattorino, Vigile, Prete, Impresario di pompe funebri, Capostazione, Poliziotto). Questo mondo inferiore è il regno del molteplice (i nove stampi), della complessità e della materia: tutti gli elementi sono rappresentati in una rigida prospettiva, che accentua l'effetto di corporeità delle lamine metalliche. Lo scapolo, al suono delle sue litanie, "macina da solo la sua cioccolata": è identificato col "gas illuminante", che subisce una serie di complicate trasformazioni e passaggi di stato, secondo una "fisica divertente", passando attraverso i vari ingranaggi dell'apparecchio. Nudo che scende le scale (n.2). Il dipinto realizzato nel 1912, il Nudo che scende le scale (n.2) sovverte le regole del Cubismo per arrivare ad una nuova ricerca della vivacità e del movimento. Duchamp non è dunque interessato alla rappresentazione di più punti di vista nello stesso momento, bensì alla descrizione dello stesso soggetto scomposto in più punti di vista, ma ripetuto in diversi momenti successivi, traendo ispirazione dalle recenti scoperte della cronofotografia di Marey. In questo modo, non solo l'artista risolve la più grande debolezza del Cubismo, ovvero l'estrema staticità, ma compie il primo passo verso un uso del mezzo pittorico che porterà alla sperimentazione astratta. La figura anatomica si scompone in piani e linee che lasciano solamente intuire la presenza ed il ritmico succedersi dei movimenti della figura, il quale è visivamente accompagnato da veri e propri segni iconici che lo rappresentano, come potrebbe accadere in un fumetto. La scala su cui si plasma la figura è pura forma, si innesta su se stessa, è contemporaneamente in salita ed in discesa, in infinito movimento, si fonde in una danza col soggetto, in un paradosso di Zenone in cui più la figura si divide, più sembra dividersi. L'opera fu rifiutata dal Salon des Independénts: la giuria si convinse che l'intenzione di Duchamp volgesse a prendersi gioco del Cubismo, adducendo come aggravante il fatto che il titolo avesse sembianze sin troppo “fumettistiche”. Nel 1913 l'opera fu inviata all'Armory Show di New York, dove fece scandalo e allo stesso tempo suscito l'ammirazione di alcuni artisti americani. Fu anche la vivacità del dibattito ad indurre Marcel a trasferirsi a New York nel 1917. Étant donnés è considerato il lavoro finale di Duchamp, sconvolse il mondo artistico che credeva che egli avesse abbandonato l'arte venticinque anni prima per dedicarsi unicamente agli scacchi. Egli ci lavorò segretamente per vent'anni nascondendo la sua esistenza anche agli amici più cari. L'orinatoio Fontana (1917) e la Monna Lisa con baffi e pizzetto di L.H.O.O.Q. (1919), benché probabilmente travisati come semplici gesti iconoclasti, sono certamente tra gli oggetti più famosi dell'arte del XX secolo. L'influenza di Duchamp sugli artisti successivi, benché enorme e ingombrante, è molto mediata, tanto che non è facile riconoscere degli epigoni diretti. Di sicuro, il concetto di ready-made, insieme al problema del gesto dell'artista come "selettore" dell'oggetto d'arte, sono stati il punto di partenza per le varie forme di arte concettuale. Il ready-made è un comune manufatto di uso quotidiano (un attaccapanni, uno scolabottiglie, un orinatoio, ecc.) che assurge ad opera d'arte una volta prelevato dall'artista e posto così com'è in una situazione diversa da quella di utilizzo, che gli sarebbe propria. Il valore aggiunto dell'artista è l'operazione di scelta, o più propriamente di individuazione casuale dell'oggetto, di acquisizione e di isolamento dell'oggetto. Ma alcune ricerche recenti fanno capire anche quali investimenti simbolici ci fossero nel momento cui Duchamp attribuiva all'oggetto un titolo (il caso è quello celebre dell'orinatoio d'uso comune che Duchamp intitola Fountain e di cui M. Cecchetti recentemente ha messo in luce il sottofondo simbolico che lo lega non soltanto al tema femminile, come già esposto dalla critica, ma a una serie di riferimenti culturali e storici nell'anno in cui Duchamp lo presentò, ovvero il 1917, anno decisivo nello scenario occidentale segnato dalla Grande Guerra). Marcel Duchamp muore il 2 ottobre 1968 a Neuilly-sur-Seine e viene sepolto nel cimitero di Rouen. Sulla sua tomba si può leggere l'epitaffio, composto da lui stesso: «D'ailleurs c'est toujours les autres qui meurent» ("D'altronde sono sempre gli altri che muoiono").


Arp 1887

Arp, Hans (o Jean). - Scultore (Strasburgo 1887 - Basilea 1966); dal 1905 al 1907 frequentò la scuola d'arte di Weimar: nel 1912 partecipò alla seconda esposizione del Blaue Reiter a Monaco, ove conobbe Kandinskij e Delaunay. Nel 1913, a Berlino, collaborava a Der Sturm: nel '14 a Colonia s'incontrava con Max Ernst, quindi a Parigi si legava a Picasso, M. Jacob, Apollinaire, Cravan e Modigliani. Componeva allora collages astratti, "sculture elementari". Fu tra i fondatori del gruppo Dada a Zurigo e a Colonia (1916-1919), in collaboraz. con T. Tzara e S. Taeuber, sua futura moglie, nello spirito che lo condusse poi ad aderire alla poetica surrealista. Mantenne sempre l'interesse per la ricerca di "forme neutre", elaborate in senso architettonico. Nel 1930 apparvero i primi papiers déchirés e la ricerca di A. si orientò verso una plasticità più piena, quasi sempre allusiva a forme naturali, e rivolta a sorprendere e fissare il principio "creativo" od "organico" della realtà. Tra le sue opere monumentali: la scultura in legno per l'Harvard University (1950), Berger de nuage, bronzo per l'univ. di Caracas (1953), rilievo murale per l'UNESCO a Parigi (1958).

Albers 1888























Josef Albers nacque il 19 marzo 1888 a Bottrop. Dopo aver studiato pittura a Berlino, Essen e Monaco di Baviera, nel 1920 entrò nel Bauhaus a Weimar. Nel 1925, quando il Bauhaus si trasferì a Dessau, divenne professore. In quegli anni le sue opere cercano di sovvertire il carattere statico della pittura per mettere in evidenza l'instabilità delle forme; per fare questo Albers ripete modelli geometrici astratti, facendo uso quasi esclusivamente dei colori primari. Le sue creazioni di questo periodo includono stampe, progetti di mobili, lavori in metallo, ma soprattutto collage di vetro colorato che permettono continue variazioni di luce. A causa della repressione nazista, nel 1933 il Bauhaus fu costretto alla chiusura. Albers emigrò allora negli Stati Uniti, di cui divenne cittadino nel 1939, dove insegnò in Carolina del Nord fino al 1949. Nel 1950 si trasferì a New Haven per insegnare all'Università Yale, ritirandosi dall'insegnamento nel 1958. In questi anni Albers si concentrò su diverse serie di pitture, fatte da disegni geometrici tra loro simili che danno effetti di ambiguità, il cui scopo è di esplorare sistematicamente gli effetti della percezione. La sua serie più nota, “Omaggio al quadrato” (serie cominciata nel 1949), è fatta da semplici quadrati ripetuti e sovrapposti, colorati con diverse tonalità che creano un effetto ottico di profondità. Albers è ricordato anche come teorico dell'arte astratta: tenne molte conferenze e pubblicò diversi libri e articoli in cui cercò di indagare la logica intrinseca che governa i colori. Le sue teorie ebbero un'influenza importante su generazioni di giovani artisti, formando in particolare il fondamento dell'astrazione dell'Op art. Nei suoi studi sull'arte ottica collaborò con alcuni artisti italiani fra i quali Getulio Alviani. Il suo lavoro di insegnante gli permise di avere fra i suoi allievi Richard Anuszkiewicz, Alan Fletcher, Eva Hesse, Robert Rauschenberg, Kenneth Noland, Robert Motherwell, Ray Johnson e Susan Weil. Albers continuò a dipingere e a scrivere a New Haven insieme alla moglie, l'artista tessile Anni Albers, fino alla morte, avvenuta il 26 marzo 1976.

Schiele 1890



Schiele ⟨šìilë⟩, Egon. - Pittore e disegnatore (Tulln sul Danubio, Austria Inferiore, 1890 - Vienna 1918). Personalità sensibile e inquieta, aderì alle regole formali della secessione viennese (grande fu l'influenza di G. Klimt), ma successivamente elaborò una personale linea figurativa, sciolta ed essenziale, la cui cifra stilistica è costituita da una secondarietà del colore rispetto al nero, dalle forme spezzate e da una acuta indagine sul corpo umano come approdo ai paesaggi interiori della psiche. Vita e opereManifestata precocemente l'inclinazione per il disegno, studiò sotto la guida del paesaggista Biedermeier L. K. Strauch, poi, dal 1905, frequentò l'Accademia di Vienna. Fondamentale per l'evoluzione del suo personalissimo linguaggio furono la conoscenza (1907) di G. Klimt, l'abbandono dell'accademia e l'adesione con A. Faistauer alla Neukunstgruppe (1908) e, ancora, l'incontro con J. Hoffmann, che gli procurò alcuni incarichi per conto della Wiener Werkstätte. Temperamento anticonformista, di una sensibilità intensa e inquieta, pur aderendo alle regole formali della secessione viennese (Gerta Schiele, 1909, New York, Museum of modern art; Pruno con fucsie 1909-10, Darmstadt, Hessisches Landesmuseum), S. trovò nella linea marcata e violenta l'ossatura di composizioni rigorose e allo stesso tempo di grande libertà formale ed espressiva (Ritratto di Arthur Roessler, 1910, Vienna, Historisches Museum der Stadt; Nudo virile. Autoritratto, 1910, Vienna, Graphische Sammlung Albertina). Un presentimento di morte, una sessualità disinvolta, demistificante, percorrono i numerosi disegni e acquerelli (molti conservati nella Graphische Sammlung Albertina di Vienna) così come i suoi quadri, concepiti con colori aggressivi e puri, elaboratissimi nel loro peso cromatico (Agonia, 1912, Monaco, Staatsgalerie Moderner Kunst; Nudo femminile, 1914, Vienna, Graphische Sammlung Albertina; La morte e la fanciulla, 1915, Vienna, Österreichische Galerie). Nel 1915 fu chiamato alle armi e poco prima della fine della guerra morì di spagnola; negli ultimi dipinti il suo linguaggio graffiante ed angosciato tende talvolta ad attenuarsi in toni più distesi, rivelando un senso di calda partecipazione emotiva (Edith Schiele, 1915, L'Aia, Geementemuseum; Vienna, Österreichisches Galerie: Famiglia, 1917; Hugo Koller, 1918).

Man-Ray 1890

https://youtu.be/CE7QFMZT_YY


Man-Ray. - Pseudonimo del pittore, fotografo e regista statunitense Emmanuel Radinski (Filadelfia 1890 - Parigi 1976). Tra i protagonisti del dadaismo a New York, si trasferì a Parigi nel 1921, dove si unì agli artisti dada e surrealisti, mantenendo costante, nei diversi ambiti, la ricerca e la sperimentazione di tecniche innovative che esaltassero le potenzialità espressive dei materiali e dei mezzi prescelti (Rayographs, collage, solarizzazioni). Tra le opere: Revolving doors (1916-17), Venus restaurée (1936), La voie lactée (1974). Vita. Abbandonati gli studi di architettura, M.-R. si dedicò alla pittura; a New York le mostre organizzate dalla Galleria 291 di A. Stieglitz e l'Armory Show (1913) lo posero di fronte alle più stimolanti espressioni dell'avanguardia europea. Divenuto uno dei protagonisti del dada a New York, nel 1921 si trasferì a Parigi, divenendo parte della comunità artistica dada e surrealista e continuando la sua ricerca all'insegna della sperimentazione. Nel 1940 ritornò negli USA, dedicandosi prevalentemente alla pittura e, dal 1951 fu di nuovo a Parigi. L'influenza di Stieglitz, che lo iniziò anche alla fotografia, e la presenza a New York di M. Duchamp e F. Picabia catalizzarono i suoi interessi indirizzandolo verso un rapporto rivoluzionario e anticonformista con il prodotto artistico: uso dell'aerografo in pittura, della fotografia (all'inizio come mezzo di riproduzione delle proprie opere), creazione di oggetti caratterizzati sempre da precisi interventi, manipolazioni o assemblages. Al primo periodo newyorkese risalgono il dipinto The rope dancer accompanies herself with her shadows (1916, New York, Museum of modern art), la serie di collage montata su perni Revolving doors (1916-17; riproposta in pittura nel 1942), il misterioso oggetto, avvolto in una coperta e fotografato, L'Enigme d'Isidore Ducasse (1920). Negli anni successivi, accanto all'intensa attività di fotografo (gli innumerevoli ritratti, i Rayographs, fotografie ottenute con la semplice interposizione dell'oggetto tra la carta sensibile e la fonte luminosa, le solarizzazioni) e all'esperienza filmica (che inizia con il brevissimo Le rétour à la raison, 1923, cui seguono Emak Bakia, 1926, Étoile de mer, 1928, il più complesso Les mystères du château de Dés, 1929), M.-R. crea oggetti come Cadeau (1921), Object à détruire (1923), Venus restaurée (1936), e grandi dipinti come À l'heure de l'observatoire-Les amoureux (1932-34) e Portrait imaginaire de D. A. F. de Sade (1938). Nei decenni seguenti M.-R. continuò a proporre oggetti (oltre a nuovi esemplari di quelli creati precedentemente, Monument au peintre inconnu, 1956; Pan peint, 1964; Maison close, 1972), dipinti (Marchand de couleurs II, 1958; Image à deux faces, 1959; La voie lactée, 1974), fotografie (Les voies lactées, 1973), che testimoniano la sua inesauribile e gioiosa inventiva nell'uso del paradosso, dell'irrazionale, della semplice illusione, e l'utilizzazione spregiudicata delle tecniche. Le sue opere sono conservate per lo più in collezioni private; la sua autobiografia (1963) è stata tradotta in it. (1975) e riproposta in Tutti gli scritti (1981). 

Tobey 1890










Mark George Tobey (Centerville, 11 dicembre 1890 – Basilea, 24 aprile 1976) è stato un pittore statunitense di arte astratta. Inizia la sua carriera tra Chicago e New York impegnato come disegnatore di moda. In questi anni si avvicina alla comunità religiosa Bahá'í e resterà per tutta la vita affascinato dai culti orientali. Questo suo profondo amore verso la cultura orientale lo influenzerà sempre nella sua arte e lo spingerà nel 1934 a compiere un viaggio tra Cina e Giappone dove apprenderà l'arte calligrafica che farà partecipare ai suoi lavori tramite la creazione della White Writing (scrittura bianca). Nel 1928 fonda la Free and Creative School.

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