lunedì 16 gennaio 2023

Corso Artisti Internazionali del XX Secolo: Lezione 3 1880 - 1885 Picasso Gončarova Larionov Léger Braque Hopper Delaunay



Picasso 1881
















Pablo Ruiz y Picasso, semplicemente noto come Pablo Picasso (Malaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973), è stato un pittore e scultore spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei protagonisti assoluti della pittura del XX secolo.Snodo cruciale tra la tradizione ottocentesca e l'arte contemporanea, Picasso è stato un artista innovatore e poliedrico, che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'arte mondiale per esser stato il fondatore, insieme a Georges Braque, del cubismo. Dopo aver trascorso una gioventù burrascosa, ben espressa nei quadri dei cosiddetti periodi blu e rosa, a partire dagli anni venti del Novecento conobbe una rapidissima fama; tra le sue opere universalmente conosciute vi sono Les demoiselles d'Avignon (1907) e Guernica (1937).Pablo Picasso nacque a Malaga, nel Sud dell'Andalusia, alle 23:15 del 25 ottobre 1881, in Plaza de la Merced. Era il primogenito di Don José Ruiz y Blasco (1838–1913), pittore di modesta levatura che lavorava come insegnante di disegno alla Scuola delle Belle Arti e conservatore del Museo della città, e Maria Picasso y López de Oñate (1855–1939), donna di origine genovese dalla quale prenderà il nome d'arte (Picasso). Al giovane Pablo, in ogni caso, furono imposti numerosissimi nomi, tutti in onore a vari santi e parenti: Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno Maria de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso, dei quali gli ultimi due tratti dal padre e dalla madre, ai sensi della regola del "doppio cognome" vigente in Spagna. La scrittrice Gertrude Stein ricorda la famiglia di Picasso in questi termini: «In antico, venendo probabilmente da Genova, la famiglia Picasso passò in Spagna attraverso Palma de Mallorca. La famiglia della madre era una famiglia di argentini. La madre, come Picasso, è fisicamente piccola e robusta, con un corpo vigoroso, pelle scura, capelli quasi neri, lisci e forti: suo padre, come Picasso diceva sempre, somigliava a un inglese, cosa di cui Picasso e suo padre andavano fieri. Era alto, con capelli ricci e un modo di imporsi quasi all'inglese.Picasso rivelò precocemente uno spiccato talento artistico: secondo la madre, le sue prime parole furono «piz, piz», abbreviazione di lápiz, che in spagnolo significa «matita». La formazione del giovane Pablo avvenne sotto la guida del padre Don José, che valorizzò il precoce talento del figlio introducendolo all'esercizio della pittura e allo studio dei grandi maestri. Picasso si avviò al mestiere di pittore durante il proprio apprendistato presso il padre, realizzando già nel 1888-89 il suo primo dipinto, Il picador: ne seguirono molti altri, tutti caratterizzati da un'eccezionale abilità tecnica che si dice abbia spinto uno sbalordito Don José, ormai superato dal giovane allievo, a rinunciare alla tavolozza e ai pennelli. Nel 1891 la famiglia di Picasso si trasferì a A Coruña, in Galizia, dove Don José aveva accettato l'impiego più redditizio di insegnante nella scuola d'arte locale, l'Istituto da Guarda. «Sebbene mio padre fosse disperato, per me il viaggio a A Coruña era come una festa»: Pablo, a differenza del padre, ricorderà con molta gioia il soggiorno quadriennale nella città galiziana, dove ebbe modo di perfezionare le proprie doti artistiche frequentando, a partire dal 1892, i corsi di disegno della Scuola di Belle Arti. Picasso, in questo stesso periodo, diede prova del suo talento anche attraverso l'ideazione e la raffigurazione di riviste con nomi puramente di fantasia, quali La torre de Hercules, La Coruna, e Azul y Blanco. Intanto, la madre María ebbe altre due figlie: Dolores (detta Lola) nel 1884, e Concepción (detta Conchita) nel 1887, destinata a morire nel 1895 di tubercolosi, a soli sette anni di età. Nell'ottobre dello stesso anno, inoltre, Don José venne nominato professore a La Lonja, e la famiglia Ruiz si trasferì a Barcellona, proprio nello stesso periodo nel quale l'ingegner Ildefons Cerdà stava realizzando l'Eixample. Pablo approdò insomma in una metropoli ricca di suggestioni culturali, animata dai nuovi fermenti del Modernismo catalano e da una sostanziale «indipendenza politica, stabilità economica e prosperità artistica». Nel 1896, riconoscendo il suo talento, con l'aiuto del padre Picasso aprì un atelier a Calle de la Plata. Da questo studio, condiviso con l'amico Manuel Pallarès, uscirono diversi quadri che conobbero tutti una calda accoglienza: L'enfant de choeur (1896), La prima comunione (1895-96) e Scienza e carità (1897), guadagnandosi con quest'ultima tela anche una menzione d'onore alla mostra nazionale di Belle Arti a Madrid e, successivamente, un premio a Malaga. Incoraggiato sia dal successo ottenuto, sia soprattutto dai crescenti attriti con il padre, che lo voleva a Monaco di Baviera (a suo giudizio, «città dove si studia seriamente la pittura senza occuparsi delle mode come il pointillisme e tutto il resto»), Picasso decise di imprimere un più decisivo impulso alla propria formazione artistica trasferendosi a Madrid. Nella città madrilena il giovane pittore venne rapidamente ammesso ai corsi dell'Accademia Reale San Fernando, e visitò assiduamente il museo del Prado, dove venne a contatto con le opere di Velázquez, El Greco, Zurbarán e Goya. La permanenza madrilena di Picasso, tuttavia, si protrasse per un solo, duro inverno, dopo il quale venne colto da un feroce attacco di scarlattina che lo costrinse, nella primavera del 1898, a trascorrere ben otto mesi a Horta de Ebro presso i genitori di Pallarès, per poi finalmente fare ritorno a Barcellona. L'Els Quatre Gats («i quattro gatti») era un locale aperto nel 1897 nella modernista Casa Martí, sul modello dei cabaret parigini. Il gestore della taverna era Pere Romeu che, sedotto dall'atmosfera di Le Chat noir a Parigi, decise di imitarne il concept di birreria al contempo frequentata da artisti e intellettuali. La sua idea fu vincente, tanto che Els Quatre Gats divenne rapidamente uno dei ritrovi preferiti della «Rinascenza catalana», ospitando un cospicuo numero di artisti, politicanti, poeti e vagabondi che diffondevano la musica di Wagner, il pensiero di Nietzsche, l'arte dello Jugendstil e dei Preraffaelliti inglesi. Tra la scapigliata bohème barcellonese che bazzicava per Els Quatre Gats vi era anche un giovane Picasso che, nel pieno delle sue tendenze ribelli, a partire dal 1897 cominciò a frequentare assiduamente la taverna, divenendo rapidamente uno dei membri maggiormente in vista. Qui, oltre ad ascoltare le lunghe riunioni di artisti come Ramon Casas, Miquel Utrillo e Santiago Rusiñol, si legò di stretta amicizia con Carlos Casagemas, un poeta e buon pittore figlio di un diplomatico; nella sala delle rappresentazioni teatrali della taverna, addirittura, si inaugurò nel febbraio 1900 la sua prima mostra personale, con l'esposizione di diversi suoi disegni (perlopiù ritratti di amici). Come riferito da Sabartés, la generazione artistica catalana voleva «che il pubblico sapesse che un altro artista oltre a Casas disegnava, che Casas non era il ritrattista di tutti e che le sue mostre non rappresentavano la sola arte esistente [...] ]». «Noi volevamo soprattutto [...] far arrabbiare il pubblico», avrebbe poi aggiunto. Frattanto, Picasso maturò il desiderio di andare a Parigi, incoraggiato dal contagioso entusiasmo dei suoi amici dell'Els Quatre Gats che ne decantavano lo status di capitale delle arti e delle mode. Fu per questo motivo che, malgrado un iniziale interesse a visitare Londra per studiare i Preraffaelliti, Pablo nel 1900 si recò nella Ville Lumière, nel pieno del fermento per l'appena inaugurata Esposizione Universale, dove tra l'altro era esposto un suo dipinto, nelle collezioni del padiglione della Spagna. Il giovane Pablo, in compagnia dell'amico Carlos Casagemas, arrivò nella capitale francese in una brumosa mattina d'autunno di fine settembre 1900, alla Gare d'Orsay, indossando grosse scarpe e un feltro da moschettiere e trasportando con sé un cavalletto, una tavolozza e una scatola di colori. Picasso fu entusiasta di Parigi, non frequentata da «pittori locali» che dipingono «quadri idioti» (a differenza di Barcellona), bensì segnata da una grandiosa abbondanza di stimoli artistici, animati dalle mostre retrospettive su Delacroix, Courbet e Ingres, dalla gigantesca collezione del museo del Louvre, e dalle strade brulicanti di botteghe e gallerie. In una lettera datata 25 ottobre 1900, data del suo diciannovesimo compleanno, Picasso descrive a un suo amico catalano la vita che conduce nella capitale francese, le sue intenzioni di esporre al Salon, la vita notturna trascorsa tra i caffè-concerto e i teatri: «Se vedi Opisso, digli di venire, perché gioverà alla salvezza della sua anima; e digli anche di mandare al diavolo Gaudì e la Sagrada Familia ... Qui ci sono veri maestri dappertutto.Il soggiorno francese di Picasso, tuttavia, non fu di lunga durata. L'amico Casagemas, infatti, aveva vissuto un amore tragico e non ricambiato con Germaine Gargallo, una bella ragazza in cerca di fortuna, e Pablo si affrettò a ritornare insieme con lui a Malaga, sperando che la mitezza del clima iberico potesse giovargli; i due arrivarono in Andalusia il 30 dicembre del 1900. Picasso fu totalmente deluso dall'infelice esito del Capodanno a Malaga: nessuno dei suoi parenti, dallo zio Salvador a don José, parve felice di rivederlo, e soprattutto Casagemas non trovò ristoro nei caldi raggi del sole mediterraneo, affogando la propria disperazione negli alcolici, per poi fare nuovamente ritorno a Parigi. Fu per questo motivo che Picasso, in un accesso di scoraggiamento, decise nel 1901 di recarsi per una seconda volta a Madrid, dove ebbe l'idea di fondare insieme all'amico anarchico Francisco de Asís Soler una rivista intitolata Arte Joven [Arte giovane]. Il primo numero di questa pubblicazione, che si proponeva di instaurare a Madrid il movimento modernista catalano, venne pubblicato il 10 marzo 1901; ma la rivista morì dopo cinque numeri, e per questo motivo Picasso ritornò nuovamente a Barcellona. Fu proprio in questo periodo, inoltre, che Pablo decise di adottare il cognome materno - Picasso - come nome d'arte, forse perché era meno comune di Ruiz, ma soprattutto per ribadire la propria indipendenza artistica nei confronti del padre. In ogni caso, egli spiegò la propria scelta in questi termini: «I miei amici di Barcellona mi chiamavano Picasso perché questo nome era più strano, più sonoro di Ruiz. È probabilmente per questa ragione che l'ho adottato». Quand'era ancora in Spagna, Picasso fu colto da un grave lutto: l'amico Casagemas, reso folle dalla consapevolezza dei tradimenti messi in atto dall'amata Germaine, proprio il 17 febbraio 1901 si uccise con un colpo di pistola alla tempia destra, mentre stava cenando a Parigi in un ristorante di Boulevard de Clichy. Pablo, rimanendo profondamente scosso dalla tragica notizia, incominciò a tormentarsi e per colmare il proprio vuoto tornò ossessivamente sul dramma di Carlos, in quadri malinconici e inquieti che fanno ricorso a un impianto monocromatico azzurro. È l'inizio del cosiddetto periodo blu, che si protrasse dal 1901 al 1904. Dopo il trapasso di Carlos, Picasso si recò di nuovo a Parigi, stavolta in compagnia di Jaume Andreu Bonsons, altro habitué dell'Els Quatre Gats. In quest'occasione il giovanissimo Pablo venne prontamente notato da un disinvolto mercante d'arte, Ambroise Vollard, già amico di Degas, Sisley, Pissarro e Cézanne; fu nella galleria di Vollard, al civico 37 di rue Laffitte, che il ventenne Picasso ebbe la soddisfazione di esporre ben sessantaquattro suoi dipinti, tra raffigurazioni di corride, scene di costume e di vita notturna. La mostra, tuttavia, non fu un successo («non vi fu nel pubblico accoglienza migliore per l'artista», affermò Vollard), e Picasso - segnato da sofferenze e dalle pressanti condizioni economiche - da questo momento in poi fece continuatamente la spola tra Parigi e Barcellona. Si trattò di un lasso di tempo di afflizione e depressione nel quale Picasso approfondì e sviluppò i temi del periodo blu, che culminarono nella primavera del 1903 con la realizzazione de La Vita, opera di difficile interpretazione (per via della simbologia lasciata volutamente oscura) che pare alluda all'impotenza creativa che affliggeva l'artista in quel periodo. Nell'aprile 1904 Picasso si recò per la quarta volta a Parigi e vi si stabilì definitivamente, affittando per quindici franchi mensili una vecchia fabbrica di Montmartre riconvertita nel 1889 in atelier per artisti: era il Bateau-Lavoir al civico 13 di rue Ravignan (soprannome coniato da Max Jacob in riferimento alla curiosa sagoma della costruzione, mentre tra i locali era nota come la «casa del Cacciatore di pellicce»). Grazie alla carismatica presenza di Picasso, lo studio di rue Ravignan fu frequentato assiduamente da diverse personalità di spicco. Di là dai vari esponenti della colonia catalana a Parigi, al Bateau-Lavoir l'artista incontrò Fernande Olivier, una giovane fanciulla di proverbiale bellezza che stette al suo fianco per i sette anni successivi; ma della pittoresca bande à Picasso, come venne rapidamente soprannominata, facevano parte anche André Derain, Maurice Denis, Max Jacob, André Salmon e l'inseparabile Guillaume Apollinaire, del quale godette l'amicizia per il comune interesse nella poesia (tanto che Picasso scrisse sulla porta dello studio «qui si incontrano i poeti»). Nonostante la cronica carenza di soldi, e il perenne stato di indigenza, questo fu per Picasso un periodo assai felice. Insieme con gli altri componenti della bande l'artista andaluso si dilettava a frequentare i cabaret di Montmatre, con una speciale predilezione per Au Lapin Agile, che accettava anche quadri come forma di pagamento; si dilettavano a «fare Degas» (cercando di imitare il suo temperamento collerico) e si abbandonavano occasionalmente ai folli piaceri dell'oppio. Si respirava, in ogni caso, un'aria di allegria e di spensieratezza: fu per questo motivo che i blu di Picasso incominciarono gradualmente a perdere d'intensità, sino a divenire di una tenue tonalità rosata. Questo periodo è definito periodo rosa dagli storici dell'arte. Nel frattempo, Picasso si recò nell'estate 1905 nei Paesi Bassi, per fare visita all'amico Schilperoort che viveva a Schooredam. Esattamente un anno dopo, in compagnia di Fernande, visitò un villaggio spagnolo incastonato lungo i Pirenei, Gósol, dove venne a contatto con la statuaria iberica preromana, che non badava né alle proporzioni, né alla prospettiva e all'armonia; si trattò di una scoperta assai feconda, in quanto presagì la nascita di un nuovo concetto estetico, il cubismo. Fu così che, nella primavera del 1907, nacque un'opera colossale, destinata a inaugurare la stagione cubista di Picasso: si tratta de Les demoiselles d'Avignon. Il soggetto dell'opera è l'interno di un bordello barcellonese nel quale figurano cinque donne nude, realizzate però con un linguaggio clamorosamente innovativo: le forme e i volumi del dipinto, infatti, sono scomposti, e le singole figure sono costruite secondo il criterio della visione simultanea da più lati, presentando in questo modo un aspetto che ignora qualsiasi legge anatomica. Les demoiselles d'Avignon suscitò scandalo ed espose l'artista all'incomprensione: nessuno, da Leo Stein e Matisse all'amico Apollinaire, riusciva a comprendere il senso della nuova strada intrapresa da Picasso. Era da qualche anno che al Salon des Independants venivano esposti i dipinti di un piccolo uomo di nome Henri Rousseau, soprannominato da Apollinaire «il Doganiere» per via del suo precedente lavoro di impiegato del dazio. Picasso conosceva e apprezzava le opere di Rousseau dal 1906, rimanendone affascinato per la pregnante tensione onirica e per l'ingenuismo quasi folclorico. Fu per questo motivo che, nel novembre 1909, Picasso decise di organizzare al Bateau-Lavoir un leggendario banchetto in onore del Doganiere, invitando oltre alla bande à Picasso anche Leo e Gertrude Stein. La festa, in un clima di bonaria allegria e sfrenata convivialità, culminò quando Apollinaire in preda ai fumi dell'alcol recitò una poesia-burla teoricamente improvvisata (ma in realtà accuratamente preparata): «Ricordi, Rousseau, quel paesaggio azteco / le foreste dove spuntano il mango e l'ananas, / le scimmie che spandevano tutto il sangue delle angurie / e il biondo imperatore fucilato laggiù./ I quadri che dipingi li vedesti in Messico / dove un sole rosso ornava la fronte degli alberi di banano, / e tu, valoroso soldato, scambiasti la giacca militare / contro il dolman blu dei bravi doganieri». Rousseau ne fu estremamente lusingato, tanto che alla fine della serata - con immenso candore e orgoglio - confidò a Picasso: «Tu e io siamo i due più grandi pittori del mondo, tu nel genere egiziano e io in quello moderno». Quest'evento fu di grande importanza sia per il Doganiere sia per Picasso: se Rousseau vide finalmente consacrata la propria fama, per Picasso si chiuse definitivamente tutto un periodo di vita. Altri due eventi, infine, segnarono in questo periodo la carriera artistica di Picasso: innanzitutto il breve soggiorno presso La Rue-des-Bois, un paesino tra la foresta di Hallatte e il fiume Hoise, dove eseguì dipinti dal sapore cezanniano, e poi il sodalizio con Georges Braque. I paesaggi di Braque, infatti, presentavano notevoli affinità con le opere picassiane, tanto che Matisse li stigmatizzò in quanto «composte da piccoli cubi»; successivamente, anche il critico Louis Vauxcelles - riprendendo il tagliente commento matissiano - parlò di «bizzarrie cubiste». Fu così che venne coniato il termine «cubismo», a indicare quella corrente pittorica della quale Picasso sarà uno dei principali animatori. Dopo un'ulteriore vacanza a Horta de Ebro nell'estate 1909, Picasso una volta ritornato a Parigi decise di allontanarsi dal pur pittoresco squallore di Montmatre e di affittare - insieme con Fernarde e il loro gatto siamese - un appartamento al numero 11 di boulevard de Clichy, nei pressi di place Pigalle. Qui si dedicò con assoluta e piena dedizione ai propri quadri cubisti, dando vita a opere quali La femme assise (1909) e Ragazza con mandolino (1910) e i ritratti effigianti Georges Braque (1909), Ambroise Vollard (1909-10) e Daniel-Heinrich Kahnweiler (1910). Con queste tele Picasso, meditando sulla lezione di Cézanne, intendeva studiare il rapporto tra forma e spazio mediante il trattamento schematico dei piani e la scomposizione dei volumi: da queste premesse prese forma una fase che i critici d'arte definiranno «cubismo analitico».Nel frattempo, nonostante i dissidi iniziali, il cubismo incominciò a riscuotere consensi, soprattutto grazie alla pubblicazione di diversi saggi (Du Cubisme e Les peintres cubistes fra tutti) e all'azione divulgatrice di Kahnweiler, fiero sostenitore dell'arte d'avanguardia che organizzò mostre internazionali a Monaco, Colonia, e Berlino. Picasso, insomma, vide finalmente la propria fama consolidarsi, ma malgrado ciò questi non furono anni assai felici: ai sospetti che volevano l'artista essere l'autore del furto della Gioconda nell'agosto 1911, si aggiunsero dei gravi problemi di salute e alcuni contrasti con Fernande, che lo lasciò nel 1912. Picasso avrebbe poi intrecciato un'altra relazione sentimentale con Eva Gouel, destinata a morire precocemente di tubercolosi nel 1915, lasciando il pittore nello sconforto.Ma se le vicende private di Picasso erano piuttosto burrascose, lo stesso non si può dire per quelle artistiche. Picasso e Braque, infatti, scettici dei primi esiti cubisti, approdarono al cosiddetto cubismo sintetico, caratterizzato da un ammorbidimento del rigore geometrico delle forme del cubismo analitico, e dall'impiego pressoché sistematico dei papier collé e dei collage. La prima guerra mondiale colse Picasso mentre era in vacanza ad Avignone; furono anni difficili, in quanto egli dovette separarsi dai suoi numerosissimi amici francesi, tutti mobilitati per lo scoppio del conflitto. Fu così che i vari componenti della bande à Picasso si smembrarono: se Braque e Derain vennero entrambi arruolati sotto le armi, Apollinaire partì volontariamente per il fronte (morirà nel 1918), mentre Gertrude Stein e Kahnweiler, appena sorpresi dalla tragedia bellica, si rifugiarono rispettivamente in Inghilterra e in Italia. Picasso, essendo cittadino spagnolo, rimase invece a Parigi: fu qui che conobbe un giovane Jean Cocteau, che coinvolse l'artista nella realizzazione di sipari, scene e costumi per Parade, il balletto che stava realizzando per la famosa compagnia dei Balletti russi di Sergej Pavlovič Djagilev. Il 17 febbraio 1917 i due partirono alla volta di Roma, dove la compagnia stava dando le prove per il balletto; nell'Urbe Picasso ebbe l'opportunità di conoscere i futuristi e gli artisti della Secessione e di venire a contatto con l'arte rinascimentale e classica, e fu anche a Napoli (dove si accostò all'arte pompeiana e alla tradizione iconografica della maschera di Pulcinella), Firenze e Milano. Nel frattempo, si invaghì di una delle ballerine del Balletto, Ol'ga Khochlova, figlia di un colonnello dell'esercito imperiale russo, con la quale si sposò. Il matrimonio, celebrato il 17 luglio 1918 nella chiesa russa di Parigi, fu anche coronato nel febbraio 1921 dalla nascita di un figlio maschio, Paulo. La commedia dell'arte e la pittura italiana avvicinarono Picasso a una nuova svolta stilistica, verso il cosiddetto «periodo neoclassico»: echi di quest'esperienza sono riscontrabili nei quadri della prima metà degli anni venti, caratterizzati da immagini sintetiche, rese volumetriche monumentali e composizioni molto equilibrate (degni di nota, in tal senso, La lettura della lettera e Il flauto di Pan). Negli anni successivi, Picasso incominciò a godere di una solidissima notorietà: numerosissime furono le esposizioni tra il 1930 e il 1939 (quando, sotto il regime di Hitler, l'artista cominciò a essere denigrato come fautore di un'«arte degenerata»). Tra le esposizioni degne di nota, vi furono quelle a New York, Parigi, e in Inghilterra e Spagna. Otto Abetz, nazista: «[in riferimento a Guernica] È lei che ha fatto questo orrore, maestro?» Pablo Picasso: «No, è opera vostra!». Nel frattempo, nel 1934, Picasso fece ritorno in Spagna, e questo nuovo contatto con la terra nativa vivificò in lui le sue vecchie passioni, quali la corrida, la lotta coi galli e le tradizioni popolari. Il clima politico che si respirava in Spagna, tuttavia, non era più quello della sua gioventù: dal luglio del 1936 al marzo del 1939, infatti, la Spagna fu teatro di una sanguinosa guerra civile che vide scontrarsi le truppe fedeli al governo repubblicano con le milizie nazionaliste di Francisco Franco, il quale sarebbe riuscito a imporre alla Spagna un regime dittatoriale ispirato al fascismo, durato fino al 1975. Picasso, che per un periodo fu anche direttore, in absentia, del Museo del Prado (dal 1936 al 1939), fu intimamente scosso dalla tragedia patria, e denunciò spietatamente la sollevazione militare di Franco nel 1937 incidendo un pamphlet intitolato Sogni e menzogne di Franco (Sueños y mentiras de Franco), dove il generale diventa un mostro senza vita e umanità che compie azioni grottesche e raccapriccianti. Fuggito prudentemente dalla Spagna nel 1936 a causa della guerra civile, ritornò in Francia dove venne incaricato, nel 1937, della realizzazione di una sua grande opera per rappresentare la Seconda Repubblica Spagnola al posto di onore del Padiglione Spagnolo nell'Esposizione Universale di Parigi del 1937. L'ispirazione per l'opera arrivò nell'aprile del 1937 quando venne colto dalla notizia dello sterminio della popolazione della città di Guernica, cinicamente rasa al suolo dalla furia distruttrice di un bombardamento aereo nazista, inteso come un semplice esperimento terroristico. Picasso non volle mai entrare nella disputa della guerra civile allora combattuta in Spagna da Francisco Franco anche se la sua arte era considerata dal fascismo come "arte degenerata", ma venne drammaticamente turbato dal feroce crimine verso l'umanità e assorbito nella volontà di denunciare le atrocità belliche a tutto il mondo, così che velocemente stese Guernica, un'opera presentata al mondo nell'Esposizione Universale di Parigi e destinata a diventare un'icona del '900. Ricorrendo a un monocromo giocato esclusivamente sui toni del grigio, eco delle foto in bianco e nero che documentavano la tragedia, Picasso racconta la drammaticità del bombardamento raffigurando una stanza nella quale figurano volti deformi, corpi sfatti e cavalli moribondi, restituendoci una delle opere che meglio incarnano il suo impegno morale e civile. I mesi successivi alla redazione di Guernica furono assai intensi: nell'autunno 1937 Picasso visitò a Berna il vecchio Paul Klee, e l'anno successivo stette per qualche mese a Mougins in compagnia del poeta surrealista Paul Éluard, che si guadagnò le simpatie del maestro andaluso con la pubblicazione della lirica Vittoria di Guernica. Nel frattempo, Picasso incominciò a essere afflitto sia dai numerosi attacchi di sciatica sia dall'imminenza della seconda guerra mondiale: giudicando ormai inutile rimanere a Parigi, città dove non si faceva che parlare del conflitto incombente, decise di trasferirsi a Royan, cittadina situata nel dipartimento della Charente Marittima che venne poi occupata dall'esercito nazista. Picasso decise di allontanarsi da Royan quando si seppe della stipula del secondo armistizio di Compiègne: non trovando altri motivi per proseguire quello che sostanzialmente era un esilio volontario, l'artista fece ritorno nella Parigi occupata. Le milizie naziste non infastidirono né molestarono Picasso, malgrado fosse «il più degenerato degli artisti»; l'unico divieto che gli venne imposto fu quello di esporre le sue opere al pubblico. Nel 1945, quando finalmente terminò il conflitto, Picasso sentì l'improvviso bisogno di evadere da Parigi, dove si sentiva oppresso, e di lasciarsi la guerra alle spalle: fu così che si ritrovò ad Antibes, rinomato centro turistico delle Alpi Marittime francesi. In questa cittadina l'artista, ormai universalmente acclamato, si sentì pervaso da un arcadico senso di joie de vivre, che si riflette pure nelle opere realizzate in questo periodo: degna di nota è Pastorale, dove un fauno e una ninfa danzanti, realizzati con colori festosi e solari, diventano emblemi del desiderio di vita, libertà, e amore. Successivamente, Picasso si trasferì nella città di Vallauris dove venne avviato alla modellazione della ceramica, coltivando una fruttuosa collaborazione con il laboratorio di Suzanne Ramié. Ciò malgrado, Picasso non trascurò affatto l'arte grafica: tra le opere di maggiore respiro realizzate a Vallauris vi è infatti il monumentale quadro La Guerra e la Pace, sempre per accusare la guerra e la violenza. Rimase inoltre distante dal movimento indipendentista catalano, benché durante gli anni giovanili esprimesse un generale supporto e amicizia a numerosi dei suoi attivisti. Nessun movimento politico sembrava coinvolgerlo in grande misura, ciò nonostante si iscrisse al partito comunista francese. Dopo la seconda guerra mondiale Picasso si reiscrisse al partito comunista francese e partecipò a una conferenza internazionale per la pace in Polonia. Le critiche del partito rivolte a un suo ritratto di Stalin ritenuto insufficientemente realistico raffreddarono tuttavia il suo impegno politico, anche se rimase membro del partito fino alla sua morte. Nel 1949, recandosi a Roma per l'assemblea della presidenza mondiale del movimento dei Partigiani della pace, in una celebre colazione ritrasse con uno schizzo a matita il volto "splendente" di Rita Pisano (anch'ella presente in quell'occasione, e componente di spicco del comitato dei pacifisti), e lo intitolò La jeune fille de Calabre. L'opera è oggi conservata nella collezione privata che apparteneva a Carlo Muscetta. Durante i suoi soggiorni romani frequenta l'Osteria Fratelli Menghi, intorno alla quale si ritrovano tutti gli artisti di Roma, pittori, poeti, ma anche attori, registi e sceneggiatori. In seguito, Picasso si dedicò con assoluta dedizione alla rivisitazione dell'immenso patrimonio artistico dell'Occidente; fu così che nacquero Las Meninas, esplicitamente desunto dal celebre dipinto di Velázquez, Le donne di Algeri (in un confronto diretto con la tela di Delacroix), e personali interpretazioni di opere di diversi altri artisti tra i quali Cranach, Poussin, Rembrandt, David, e Courbet. Serbò in particolare una speciale predilezione per la Colazione sull'erba di Manet, sulla quale plasmò diversi disegni e varianti dipinte. A testimonianza del suo valore artistico, nel 1963 venne istituito a Barcellona il Museo Picasso, con dipinti, sculture e opere grafiche picassiane donate da Jaime Sabartés; lo stesso artista donerà poi alla città catalana circa mille opere tra disegni, incisioni e dipinti. Pablo Picasso muore a Mougins l'8 aprile 1973, stroncato da un edema polmonare acuto, alla veneranda età di 91 anni; le sue ultime parole furono «Bevete alla mia salute». Fu sepolto nel parco del castello di Vauvenargues, nel sud della Francia. Nel 2003 viene inaugurato a Malaga, sua città natale, il Museo Picasso, che raccoglie in esposizione permanente oltre 200 opere dell'artista spagnolo.
Produzione artistica
Periodo blu
Partendo dal 1901 lo stile pittorico di Picasso incominciò a presentare tratti originali e nuove soluzioni artistiche; in quell'anno, infatti, ha inizio il cosiddetto «periodo blu», che si protrae sino alla primavera del 1904. Questa fase artistica picassiana, come già accennato, scaturì in seguito alla morte suicida dell'amico Carlos Casagemas, come affermato dallo stesso maestro andaluso: «Quando mi resi conto che Casagemas era morto, incominciai a dipingere in blu» (Pablo Picasso). I dipinti appartenenti al periodo blu sono dominati da toni freddi e spenti, affidati all'utilizzo monocromatico del colore blu, in tutte le sue sfumature possibili: Picasso scelse il blu, colore allo stesso tempo bello e spietato, in ragione della sua forza espressiva, ma soprattutto per la sua pregnante valenza psicologica, che consente di trascendere dalle naturalistiche descrizioni. È in questo modo che Picasso, colorando le proprie opere di blu e riducendo al minimo gli elementi decorativi, denuncia la progressiva decadenza del mondo intorno a sé, trattando temi quali la miseria, la malattia, la vecchiaia, e l'infermità. Le opere del periodo blu «rivelano una malinconia sottile e poetica e una malcelata inquietudine personale» (RestaurArs) e sono popolate da personaggi senza speranza, perlopiù poveri ed emarginati: esiliati, disperati, arlecchini, detenuti e mendicanti sono figure che Picasso indaga impietosamente, caricandole di una matrice patetica e di un alone di mistero e di tristezza.
Periodo rosa
A partire dalla tarda primavera del 1904 fino al 1906, Picasso smise di usare il blu, considerandolo freddo e impersonale, e adottò una tavolozza composta da gradazioni più calde e delicate, dando così inizio a quello che i critici definiscono periodo rosa. Il colore qui impiegato, come si può facilmente dedurre, è il rosa nelle sue sfumature più tenere e chiare, che danno vita a un'atmosfera ingenua, fanciullesca, quasi dolcificata, enfatizzata dalla morbidezza e dall'eleganza del disegno. Il passaggio dal periodo blu a quello rosa non interessa solo l'apparato cromatico, reso con tinte pastello, diafane, sospese, ma coinvolge anche i motivi. L'atmosfera decadente del periodo blu, infatti, qui cede il posto al mondo del circo, popolato da agili acrobati, bambini, pagliacci panciuti, equilibristi vestiti in guaina arlecchina e fragili ballerine; si viene così a creare un mondo dall'atmosfera idilliaca, sospesa tra realtà e fantasia, in linea con la tensione onirica delle opere naïf di Henri Rousseau, che Picasso avrebbe poi conosciuto e apprezzato. Il maestro andaluso, in questo modo, intendeva esprimere una visione maggiormente ottimistica del mondo, libera della componente tragica del periodo blu, ma ancora carica di un senso di infinita malinconia,[24] come notato dalla Stein: «Quando dico che il periodo rosa è lieve e felice, questo è relativo: i soggetti felici erano un po' malinconici [...] tuttavia, dal punto di vista di Picasso, fu un periodo lieve, felice, gioioso, un periodo in cui si contentò di vedere le cose come le vedeva chiunque» (Gertrude Stein)
Cubismo
Per superare ogni forma tradizionale di rappresentazione del mondo, sino ad allora ritratto rispettando le dinamiche della visione ottica umana, al principio del Novecento, Picasso - meditando sulle ricerche artistiche di Cézanne, Gaugin, Van Gogh e Manet, che pure tentarono di abbandonare le norme accademiche - ideò un nuovo modo di dipingere, cristallizzato nella definizione di «cubismo». Quello cubista è stato un modo di dipingere totalmente inedito e originale. Picasso e Braque, infatti, dipingono oggetti della realtà quotidiana (chitarre, violini, boccali, frutta) frammentandoli in diverse schegge di realtà, viste tutte da angolazioni diverse, e poi finalmente sovrapposte in un nuovo ordine. Questo per mostrare lo scorrere del tempo e le diverse sensazioni e percezioni che si hanno di fronte a uno stesso oggetto in due momenti diversi, facendo riferimento alle teorie del filosofo francese Henri Bergson. In questo modo si giunge a una rappresentazione delle cose nella loro interezza, in profonda antitesi con la pittura tradizionale, che avrebbe dipinto lo stesso oggetto frontalmente, trattando in questo modo una sola dimensione. Nel 1954 Picasso espose nella Mostra del disegno e dell'incisione contemporanea insieme con Ibrahim Kodra, Modigliani, Rouault e Dufy a Chiavari.
L'impegno politico
A partire dagli ultimi anni della Seconda Guerra mondiale, a seguito della liberazione di Parigi in particolare, Picasso non nascose la sua vicinanza ideologica al comunismo. Il 24 ottobre 1944 annuncia la sua adesione al Partito Comunista Francese. Nel 1953, alla morte di Stalin, il poeta Louis Aragon chiese all'artista un disegno per la prima pagina delle Lettres françaises e Picasso gli consegna lo schizzo “Alla tua salute Stalin!” realizzato nel 1949 in occasione del compleanno del dittatore comunista, il disegno scatenerà una polemica in seno al Partito Comunista e segnerà il distacco definitivo di Picasso dal partito. Importante è l'impegno di Picasso per il movimento pacifista: è infatti dovuta a lui la diffusione della colomba come simbolo internazionale della pace, già presente con questo stesso significato nel dipinto di Guernica del '37.

Gončarova 1881

https://youtu.be/mBB7GGRpiDI


Gončarova ‹ġënč'iròvë›, Natalja Sergeevna. - Pittrice e scenografa russa (Nagaevo, Tula, 1881 - Parigi 1962). Allieva a Mosca dapprima dello scultore P. Trubeckoj, nel 1900 iniziò a dipingere con M. Larionov, suo futuro marito, con il quale in seguito partecipò ad alcune discusse mostre; nel 1908 aderì al primitivismo, interessata al recupero delle tradizioni popolari russe; fu presente anche alla 2a mostra del Blaue Reiter (Monaco, 1911), a quella della "Coda d'asino" (Mosca, 1912) e a quella postimpressionista della Grafton Gallery (Londra, 1912). Di questo periodo sono: Gli evangelisti (1910, San Pietroburgo, Museo Russo) e I contadini che raccolgono le mele (1911, Mosca, galleria Tret´jakov). Nel 1913 aderì al "Manifesto del raggismo e del futurismo" (mostra del "Bersaglio") cui appartengono le opere I gatti (New York, museo Guggenheim) e Aeroplano su un treno (Kazan', Museo Russo). Nel 1914 si trasferì a Parigi con Larionov, realizzando le scene per diversi balletti di S. P. Djagilev: Il gallo d'oro (1914) e Sadko (1916) di Rimskij Korsakov, Le nozze (1921) e L'uccello di fuoco (1926) di I. Stravinskij.

Larionov 1881

https://youtu.be/OGwc2bvWCVU

Larionov ‹lari̯ònëf›, Michail Fëdorovič. - Pittore e scenografo (n. presso Tiraspol´ 1881 - m. Fontenay-aux-Roses 1964), fu allievo di A. E. Archipov, V. A. Serov, K. A. Korovin. Tra il 1907 ed il 1914, con la moglie N. Gončarova, V. E. Tatlin e K. Malevič, fu al centro della prima avanguardia russa; collaborò alla rivista Zolotoe runo ("Vello d'oro", 1907-09) che promosse una serie di esposizioni e di incontri volti al recupero della tradizione dell'arte popolare. In questa ottica rientrano opere come il Maiale blu, 1907 e Autunno, 1911 (Parigi, Musée national d'art moderne), Inverno, 1912 (Mosca, gall. Tret´jakov). Influenzato dalle soluzioni cubiste e futuriste, fondò (1910, con manifesto del 1913) il raggismo, basato su una tecnica pittorica a macchie e raggi (Notturno, 1910, Londra, Tate Gallery; Ritratto di Tatlin, 1911, Parigi, Musée national d'art moderne). Stabilitosi a Parigi nel 1915 (nel 1938 assunse la cittadinanza francese) al seguito dei balletti di Djaghilev, lavorò fino al 1930 circa, quasi esclusivamente per il teatro, prediligendo forme stilizzate ispirate all'arte popolare russa (Il sole di mezzanotte, 1915, Opéra; Racconti russi, 1916, Teatro dello Châtelet; La volpe e il gallo, 1920, Opéra, tutti a Parigi). Isolato dalla scena artistica, L. è stato oggetto di una rivalutazione solo dopo il 1960.

Léger 1881



Joseph Fernand Henri Léger (Argentan, 4 febbraio 1881 – Gif-sur-Yvette, 17 agosto 1955) è stato un pittore francese, nonché creatore di cartoni di arazzi e di vetrate, decoratore, ceramista, scultore, disegnatore, illustratore, costumista, scenografo.Figlio di un allevatore normanno, nel 1900 si trasferisce a Parigi, dove lavora in uno studio di architettura e studia alla Scuola di arti decorative. Nel 1911 espone al Salon des Indépendants il dipinto Nudi nella foresta (1909-1910). Quest'opera, assieme a quelle dei colleghi Robert Delaunay, Albert Gleizes, Henri Le Fauconnier, Jean Metzinger, tutte collocate nella sala 41 del Salon, scatena il dibattito e le polemiche che diffondono il termine di cubismo. L'evoluzione del suo stile risente del vivace clima artistico parigino: si ispira dapprima all'impressionismo e ai fauves (Monelli al Sole, 1907); quindi, dalla Cucitrice del 1909-1910, alle solide costruzioni figurative di Paul Cézanne, probabilmente già sotto l'influsso di Georges Braque e Pablo Picasso. La sua versione del cubismo è caratterizzata dall'assunto che i tempi moderni sono segnati dal "contrasto". Nelle sue opere, che a differenza di quelle futuriste non indugiano in scene tipicamente moderniste, i contrasti generano vigorosi ritmi dinamici tramite il "coordinamento simultaneo" di linee, volumi e colori. Già con la Donna in blu, presentata al Salon d'Automne del 1912, Léger si spinge all'astrazione, dove pure si riconoscono ancora tracce di personaggi, nature morte, case e alberi. Questa ricerca raggiunge la maturazione risolutiva nel fitto ciclo dei Contrasti di forme (1913-1914). Nell'agosto 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, Léger è richiamato alle armi. Rimane intossicato dai gas nella battaglia di Verdun. Durante la convalescenza rinnova le sue forme cubiste e si interessa al mondo popolare delle industrie e del lavoro: l'artista si trasforma in una sorta di "costruttore", il cui obiettivo non è di realizzare un motore che funzioni, ma che obbedisca a leggi plastiche ed estetiche. In queste opere la presenza umana lascia spazio alle macchine, frutto del lavoro dell'uomo e della tecnologia e simbolo della civiltà del nuovo secolo. In questa concezione riecheggia uno dei capisaldi del futurismo, secondo cui la nuova arte doveva sostituire la poetica del soggetto e dell'introspezione decadente con la nuova filosofia dell'oggetto, esaltandone l'energia e il dinamismo. Alla fine della guerra, Léger si occupa di pittura, composizioni murali, arazzi, mosaici, sculture, ceramiche; collabora a scenografie e a costumi di spettacoli teatrali; nel 1924 produce il film d'avanguardia Ballet mécanique. Lavora anche per il balletto: suoi sono ad esempio costumi e scenografie di La creation du monde di Darius Milhaud. In questo periodo la semplificazione delle forme giunge alle sue estreme conseguenze: esse perdono ogni riferimento con la realtà esterna e si trasformano in spazi uniformemente colorati e illuminati da una luce piena. La sua arte non è una creazione spontanea o un'intuizione improvvisa; Léger parte da una serie di disegni e progetti ed elabora delle varianti, prima di approdare alla versione definitiva. Proprio mentre giunge alla completa dissoluzione delle forme, l'artista recupera la figura umana, non più presenza reale o verosimile, ma passata anch'essa attraverso un processo di semplificazione geometrica. Il risultato è di un rigoroso ascetismo, in cui gli oggetti perdono consistenza materiale per ridursi alla loro funzione simbolica. Così i personaggi sono del tutto privi di individualità e di espressione, trasformati in emblemi, come aveva fatto, secoli prima, l'arte bizantina. Nel secondo dopoguerra Léger si dedicò ai cicli intitolati I costruttori e Il circo. Morì a Gif-sur-Yvette il 17 agosto 1955; la moglie donò alla Francia le sue opere affinché venissero raccolte in un museo, inaugurato poi a Biot, vicino a Nizza.

Braque 1882


Georges Braque (Argenteuil, 13 maggio 1882 – Parigi, 31 agosto 1963) è stato un pittore e scultore francese, che assieme a Pablo Picasso è stato l'iniziatore del cubismo. Il cubismo analitico nasce tra il 1909 e il 1910, grazie a Picasso e Braque che si rendono conto che, spezzando troppo la superficie pittorica, i suoi singoli frammenti non sono più ricomponibili virtualmente e l'opera si avvicina sempre più ai caratteri dell'astrattismo, infatti i cubisti non vogliono perdere la riconoscibilità dell'oggetto. Queste idee le porteranno nel cubismo sintetico, evoluzione dell'analitico a partire dal 1912, fino al 1914, quando Braque verrà richiamato al fronte.Con la collaborazione di Juan Gris elaborano una serie di tecniche per uscire da questo paradosso in cui sono incappati portando alle estreme conseguenze la loro tecnica di rappresentazione del reale. Introducono nel quadro frammenti di realtà, di oggetti reali combinati alle parti dipinte (tecnica del collage), utilizzano mascherine con numeri o lettere (tecnica mista, tipo stencil); inseriscono "trompe l'œil" e riproducono l'effetto delle venature del legno con la tecnica del pettine passato sul colore fresco.Inoltre si assiste al ritorno del colore e soprattutto il processo dell'opera non ha inizio attraverso l'osservazione del reale, ma si creano sulla tela forme geometriche semplici variamente composte, in intersezione, orientate in vario modo e solo in un secondo momento queste suggeriscono oggetti reali. La realtà viene dunque sintetizzata, creata nell'immagine. Gli oggetti sulla tela non sono più copia del reale, esistono nel momento in cui vengono concretizzati nell'immagine pittorica, di essi c'è solo il concetto formale. Georges Braque nacque in Francia nel 1882, trascorrendo poi l'infanzia e la prima giovinezza a Le Havre. Frequentò i corsi serali alla scuola di belle arti dal 1897 al 1899. Poco dopo si trasferì a Parigi, dove fu apprendista presso un maestro decoratore ed ottenne l'abilitazione nel 1901. L'anno seguente si iscrisse all'Academie Humbert che frequentò fino al 1904, e dove incontrò Marie Laurencin e Francis Picabia. Durante l'inverno del 1905-1906, dopo essersi formato all'École des Beaux-Arts di Parigi e subendo l'influenza dell'opera di Henri Matisse, cominciò a dipingere alla maniera dei fauves, ricorrendo all'uso di colori brillanti e sfruttando la libertà della composizione: fanno parte di questo periodo opere quali Paysage à l'Estaque (1906, Museo dell'Annonciade, Saint-Tropez). Il 1907 fu un anno determinante nella formazione dell'artista che visitò la retrospettiva su Paul Cézanne presentata in occasione del Salon d'Automne, venne in contatto con Picasso impegnato nella realizzazione di Les demoiselles d'Avignon e cominciò a nutrire un considerevole interesse per l'arte primitiva. Ricorrendo a volumi geometrici e riducendo la tavolozza alle tonalità del verde e del bruno, Braque cercò di dare forma e di costruire lo spazio esistente tra i volumi della composizione senza l'ausilio di artifici quali la prospettiva e il chiaroscuro. In Grand Nu(1908, collezione privata, Parigi) egli costruisce l'anatomia con ampie e brevi pennellate che suggeriscono i volumi chiusi in una spessa e nera linea di contorno. Applicò questi stessi principi di costruzione geometrica sia ai paesaggi sia alle nature morte. Tra il 1909 e il 1914 i progressi nell'arte plastica di Braque e Picasso furono favoriti da una proficua amicizia. Da questo stimolante connubio nacque una nuova visione dello spazio pittorico, che presenta oggetti smembrati e sfaccettature creati dallo spezzettarsi dei piani: è la fase del cosiddetto cubismo analitico. In Violon et Palette (1909, Guggenheim Museum, New York), la rappresentazione così creata di un violino ne sottolinea i contrasti della composizione; allo spettatore vengono in questo modo offerti tutti i piani di una visione prospettica ridotta alla superficie del quadro e chiusa in uno stesso e coerente volume. La parte superiore del dipinto, dove appare raffigurato un chiodo che sostiene una tavolozza, simboleggia ironicamente le due possibilità della ricerca pittorica. Nello sforzo di rappresentare volumi sempre più complessi per renderli in ogni loro sfaccettatura, le tele di Braque divennero pressoché indecifrabili, a dispetto dell'astrazione che tanto aveva ricusato. Per questo, nell'autunno del 1911, egli introdusse nei suoi quadri segni riconoscibili quali lettere e cifre stampate (Le Portugais, 1911, Kunstmuseum, Basilea) e, l'anno seguente, sperimentò la tecnica del collage che gli consentì di creare una sintesi di elementi diversi per descrivere con chiarezza un oggetto attraverso la dissociazione di forme e colori. La proficua collaborazione tra Braque e Picasso si interruppe nel 1914, quando Braque fu chiamato alle armi.Dopo la prima guerra mondiale, durante la quale rimase ferito, lavorò autonomamente e sviluppò uno stile più personale, caratterizzato da colori vivaci e superfici a trama e, dopo il suo trasferimento sulla costa della Normandia, da la ricomparsa della figura umana. Ritrasse anche nature morte, vedute d'interni e paesaggi marini: sono di questo periodo le serie degli Ateliers (1948-1955) e degli Uccelli (1955-1963). In questo periodo realizzò anche alcuni lavori decorativi come la scultura della porta del tabernacolo della chiesa ad Assy nel 1948 o la decorazione del soffitto della sala etrusca al museo del Louvre dal 1952 al 1953.Riconosciuto universalmente come uno dei maggiori pittori del XX secolo, morì il 31 agosto 1963 a Parigi. Venne sepolto nel cimitero marino di Varengeville-sur-Mer in Normandia.

Hopper 1882
























Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – Manhattan, 15 maggio 1967) è stato un pittore statunitense esponente del realismo americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nell'American way contemporanea.

Hopper nacque il 22 luglio del 1882 a Nyack, piccola cittadina sul fiume Hudson, nel sud-est dello stato di New York. I suoi genitori, Garret Henry ed Elisabeth Griffiths Smith, erano titolari di un negozio di tessuti e provenivano dalla piccola borghesia angloamericana. Già dall'età di cinque anni Edward Hopper dimostrava una spiccata abilità nel disegno. I suoi genitori, scoperta questa dote, lo incoraggiarono facendogli leggere riviste e libri sull'arte. Nel 1895 dipinse il suo primo quadro dove mostrava particolare interesse verso le navi e tutto ciò che è legato ad esse. Nel 1899 si iscrisse a un corso per corrispondenza presso la New York School of Illustrating.

Gli inizi

Nel 1900 cominciò a frequentare la New York School of Art, diretta da William Merritt Chase, seguace dell'impressionismo europeo. Nell'istituto si trovò a fianco di altri futuri protagonisti della scena artistica americana dei primi anni cinquanta: Guy Pène dei Bois, Rockwell Kent, Eugene Speicher e George Bellows. Importante per la sua formazione e crescita fu il contatto con lo stesso William Merrit Chase, che lo avrebbe incitato a studiare, e con Robert Henri, titolare del suo corso di pittura, fautore del realismo e figura guida della Ashcan School, un gruppo di pittori che contestava il manierismo imperante all'inizio del secolo e sosteneva invece la trasposizione diretta della vita nelle strade sulla tela. Di questi primi anni è un gruppo di autoritratti dipinti a grosse pennellate su fondo scuro, in cui si avverte già il tentativo di esprimersi attraverso la luce.

Terminato il corso di studi, nel 1906 compì il suo primo viaggio a Parigi, prendendo alloggio alla Missione Battista in Rue de Lille, non lontano dal Louvre. Fu affascinato dalla pittura impressionista e dai poeti simbolisti. Tornato in patria, nel 1908 partecipò con un suo dipinto a una mostra collettiva organizzata nell'Upper East Side di Manhattan da Robert Henri per presentare le opere dei suoi allievi, ma i critici ignorarono il suo lavoro. Per mantenersi durante quel periodo, trovò lavoro come illustratore pubblicitario per la C. C. Phillips & Company. Questa occupazione costituì per lui fino al 1925 l'unica fonte di reddito.

A differenza di molti altri artisti americani, che come lui avevano esordito come illustratori, Hopper non gradiva quel tipo di lavoro. In un'intervista rilasciata nel 1935 al New York Post dichiarò: «Sono stato sempre molto attratto dall'architettura, ma i direttori dei giornali vogliono gente che muove le braccia». Se è vero che nelle sue opere mature il movimento o le interazioni tra i personaggi sono ridotte al minimo, è pur vero che l'esperienza acquisita come illustratore gli servì da stimolo a ricercare l'essenziale in pochi dettagli rivelatori.

I viaggi all'estero

Dopo Parigi, nel 1907 si recò in viaggio a Londra, Berlino e Bruxelles. Nel 1909 tornò a Parigi e vi rimase da marzo ad agosto, risiedendo nel Quartiere latino. La Senna che scorreva poco lontano e le numerose imbarcazioni che la solcavano gli diedero ispirazione per i quadri di ambiente parigino. Dipinse a Saint-Germain-des-Prés e a Fontainebleau facendo emergere dalla lezione impressionista uno stile personale ed inconfondibile, formato da precise scelte espressive. Tornando in patria, portò con sé una collezione di disegni umoristici di Albert Guillaume e Jean-Louis Forain. Al contrario della maggior parte degli studenti d'arte americani, a Parigi non volle iscriversi all'École des Beaux Arts o frequentare l'atelier di un artista francese, ma preferì vagabondare per la città osservando, disegnando e poi dipingendo quello che vedeva, istituendo una consuetudine da cui non si sarebbe più staccato.

Durante il suo terzo e ultimo viaggio all'estero, a Parigi e in Spagna nel 1910, Hopper perfezionò il suo particolare e ricercato gioco di luci e ombre, la descrizione di interni, imparata da Degas, e il tema centrale della solitudine e dell'attesa. Mentre proprio in quegli anni in Europa prendevano piede il fauvismo, il cubismo e l'astrattismo (il suo soggiorno a Parigi del 1910 coincide con una delle prime mostre del periodo cubista di Pablo Picasso), Hopper veniva attratto per lo più dai lavori degli artisti della generazione precedente quali Manet, Pissarro, Monet, Sisley, Courbet, Daumier, Toulouse-Lautrec e dal più antico Goya.

I primi quadri del periodo parigino erano di piccole dimensioni, avevano colori cupi e prediligevano spazi angusti: cortili, sottoponti, trombe di scale, stradine. Successivamente la tavolozza divenne più lieve, le composizioni rappresentavano in spazi più aperti soggetti come le chiuse dei canali, i rimorchiatori sulla Senna, il sole che si riflette sugli edifici.

Il ritorno in patria

Tornato stabilmente negli Stati Uniti, che non lasciò più, Hopper ebbe modo di esporre i lavori parigini in alcune mostre promosse dall'amico Guy Pène du Bois ma senza successo. Pur rimanendo francofilo per tutto il resto della vita (oltre ad avere un'assoluta padronanza della lingua, Hopper amava leggere i classici della letteratura francese in versione originale), alla ricerca di uno stile autenticamente americano, abbandonò le nostalgie europee che lo avevano influenzato sino a quel momento ed iniziò ad elaborare soggetti legati alla vita di tutti i giorni. Tra i soggetti che prediligeva vi erano soprattutto immagini urbane di New York e le scogliere e spiagge del vicino New England, in particolare paesaggi di Ogunquit e dell'isola di Monhegan nel Maine.

Nel 1913 si tenne a New York l'Armory Show, la prima mostra che introduceva al pubblico degli Stati Uniti la pittura delle avanguardie europee. Hopper partecipò a questa mostra con il suo dipinto Sailing che fu venduto per 250 dollari. Qualche mese dopo la morte di suo padre, avvenuta in settembre dello stesso anno a Nyack, Edward Hopper si trasferì all'ultimo piano del numero 3 di Washington Square, dove avrebbe lavorato e vissuto per tutto il resto della sua vita.

Dal 1915 abbandonò temporaneamente la pittura per perfezionarsi nella tecnica dell'incisione (di cui poi dirà che gli era stata utile per "cristallizzare" il suo stile pittorico), eseguendo puntesecche e acqueforti, grazie alle quali ottenne numerosi premi e riconoscimenti, anche dalla prestigiosa National Academy of Design.

Nel 1918 fu uno dei primi membri del Whitney Studio Club, il più vitale centro per gli artisti indipendenti americani dell'epoca. Proprio al Whitney Studio nel 1920 tenne la sua prima mostra personale, dove fra gli altri lavori venne esposto Soir bleu. Il titolo del dipinto si ispira al primo verso di Sensation[1], poesia di Arthur Rimbaud che parla dei piaceri del vagabondaggio. Hopper mette in scena sulla terrazza di un café parigino un insieme di personaggi eterogenei: a destra una coppia di borghesi, a sinistra un protettore. Al centro, di spalle un ufficiale, di profilo un personaggio barbuto, probabilmente un artista, di fronte un pierrot e sullo sfondo una prostituta. Questo lavoro segna in qualche modo l'addio all'atmosfera felice che aveva segnato i suoi soggiorni francesi e all'Europa che lo aveva fino ad allora ispirato. Fortemente criticata e perciò disconosciuta dall'autore, la tela, arrotolata e dimenticata, fu ritrovata nel suo studio solo dopo la sua morte ed è stata oggetto di un'attenta rivalutazione alla luce delle successive esperienze dell'artista e delle sue influenze europee.[2]

Il successo

Nel 1924 alcuni suoi acquerelli furono esposti a Gloucester nella galleria di Frank Rehn. La fortuna critica e il successo di pubblico diedero una significativa svolta alla carriera di Hopper, che finora si era guadagnato da vivere come illustratore di riviste. In quello stesso anno Hopper sposò Josephine Verstille Nivison, anch'ella ex-studentessa di Robert Henri alla New York School of Art. Josephine fu l'unica modella per tutti i personaggi femminili che avrebbe dipinto da allora in poi.

Il successo ottenuto con la mostra alla Rehn Gallery contribuì a fare di Hopper il caposcuola dei realisti che dipingevano la "scena americana". Nel 1925 la sua tela intitolata Apartment Houses venne acquistata dalla Pennsylvania Academy. Questo fu il suo primo lavoro a olio a entrare in una collezione pubblica e il primo quadro venduto dal 1913 in poi. Nel 1930 la famosa House by the railroad che sarebbe servita ad Alfred Hitchcock come modello per la casa in stile "secondo impero americano" di Psyco, venne donata dal collezionista Stephen C. Clark al MoMA di New York, entrando a far parte della collezione permanente del museo. Dopo tre anni, lo stesso MoMA gli dedicò la prima retrospettiva.

Nel 1934 Hopper acquistò una casa a Truro, nella penisola di Cape Cod, dove da allora iniziò a passare regolarmente i mesi estivi. Il paesaggio di Cape Cod, con le sue dune, case e fari, si ritrova in molti suoi dipinti, come The House on The Hill, Cape Cod Evening o Cape Cod Morning. Il Whitney Museum of American Art gli dedicò la seconda retrospettiva nel 1950, e nel 1956 la rivista Time gli rese omaggio con una copertina.

Hopper morì all'età di 84 anni nel suo studio nel centro di New York. Oggi è considerato uno dei grandi maestri americani, citato in qualche caso come precursore della Pop art.

La pittura

Hopper utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti che aveva visto dal vero a Parigi, ma di fatto il suo stile fu personalissimo e imitato a sua volta da cineasti e fotografi, quest'ultimi specialmente abituati allora alle lunghe esposizioni e confortati dalla resa delle lastre Autochrome, i cui bianchi pastello hanno corrispondenze con quelli dei quadri di Hopper. La sua evocativa vocazione artistica si rivolgeva sempre più verso un forte realismo, che risulta la sintesi della visione figurativa combinata con il sentimento struggente e poetico che Hopper percepiva nei suoi soggetti. Diceva: "non dipingo quello che vedo, ma quello che provo".

La pittura di Hopper predilige architetture nel paesaggio, strade di città, interni di case, di uffici, di teatri e di locali. Le immagini hanno colori brillanti ma non trasmettono vivacità, gli spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa di metafisico - altro elemento di corrispondenza con le lunghe esposizioni fotografiche coeve - che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine. Non a caso André Breton, nel suo esilio a New York, lo accostava a Giorgio de Chirico in un'intervista pubblicata su View nel 1941. La composizione dei quadri è talora geometrizzante, sofisticato il gioco delle luci fredde, taglienti e volutamente "artificiali", sintetici i dettagli. La scena è spesso deserta, immersa nel silenzio; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti. La direzione dei loro sguardi o i loro atteggiamenti spesso "escono dal confine del quadro", nel senso che si rivolgono a qualcosa che lo spettatore non vede. Di lui è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio".

Tra le sue opere più note vi è "I nottambuli", che racconta la solitudine di una notte a New York. Tre persone si raccolgono attorno al bancone di un bar, ognuna chiusa nella propria interiorità.

Particolare spazio nelle sue opere trovano le figure femminili. Cariche di significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo perduto nel vuoto o nella lettura, si offrono spesso seminude ai raggi del sole trasmettendo solitudine, attesa, inaccessibilità. Una dimensione psicoanalitica che ha permesso di interpretare meglio le emozioni dell'artista.

Delaunay 1885


Robert-Victor-Felix Delaunay (Parigi, 12 aprile 1885 – Montpellier, 25 ottobre 1941) è stato un pittore francese. Robert Delaunay nacque a Parigi, in Francia, il 12 aprile 1885, figlio di George Delaunay e della contessa Berthe Félicie de Rose, quando era ancora molto giovane i genitori divorziarono e lo affidarono alle cure della zia materna, Marie, e del marito Charles Damour, che vivevano a La Ronchère a pochi chilometri da Bourges. Cominciò a dipingere in giovane età, adottando, per l'ammirazione nutrita nei confronti di Paul Gauguin, di Georges-Pierre Seurat e dei fauves, una tecnica post-impressionista. A partire dal 1908, risentendo dell'influenza di Paul Cézanne e del cubismo, si indirizzò verso il rigore formale e verso una ricerca analitica sul colore in relazione alla moltiplicazione dei piani luminosi, di cui sono evidenti i risultati nelle serie di dipinti di intonazione modernista del periodo. A partire dal 1909, Delaunay cominciò a dipingere le serie della città di Parigi e della Torre Eiffel, in cui l'interesse si spostò gradualmente dalla scomposizione dei volumi, propria del cubismo analitico, alla scomposizione del colore e allo studio del movimento; in questa evoluzione, alcuni critici riconoscono l'influenza del futurismo. Nel 1910 sposò Sonia Terk, una pittrice di origine ucraina conosciuta nel 1908. Su invito di Vasilij Kandinskij, nel 1911 Delaunay si avvicinò al gruppo Der Blaue Reiter, un gruppo di artisti astratti di Monaco di Baviera: sotto l'influenza di Paul Klee, la sua arte si volse con sempre maggior decisione verso l'arte astratta. Intorno al 1912, Delaunay si allontanò dall'ortodossia del cubismo e, insieme alla moglie Sonia, creò all'interno del movimento cubista la corrente che Guillaume Apollinaire definì orfismo (termine che deriva da Orfeo, mitico musico della mitologia greca) per l'intima natura musicale, in cui le scomposizioni del colore con i loro effetti di compenetrazione, di simultaneità, di dinamismo, acquistano un valore autonomo, indipendente dagli oggetti rappresentati. Nelle prime opere di questo periodo sono presenti oggetti reali, anche se filtrati attraverso i colori iridescenti della luce, mentre i dipinti successivi sfociano in una pittura del tutto astratta, basata sull'espressività dei colori puri che infondono una vibrazione ritmica alla superficie pittorica. La geometria cubista è così resa sensibile e viva dal colore e l'artista trova una sintesi armoniosa tra rigore strutturale ed evasione lirica. Realizzò quindi dipinti astratti in cui i piani si sfaccettano moltiplicandosi nei colori dello spettro e ruotando in vortici luminosi. Nel 1913 Delaunay, insieme alla moglie, trascorre l’estate a Louveciennes, dove riesce a sperimentare su di sé precise sensazioni legate ai colori, osservando direttamente l’abbagliante luce solare e cercando di fissare sulla tela le immagini che persistevano nella sua mente una volta chiusi gli occhi. Alla ricerca di una pittura pura, permeata di luce e vibrata di “contrasti cromatici simultanei” assume la luce come elemento pittorico fondamentale, e le sue prime opere non figurative ebbero soprattutto il significato e il valore di esperienze di ordine tecnico, in funzione di tale ricerca. L’unità di base della sua pittura diventa il disco: simbolo non solo di luce, ma anche del Sole, realizzando così varie tele intitolate Contrasti simultanei e Forme circolari (1912-1931), composizioni raffiguranti un ritmico vortice cromatico, che schiarisce progressivamente man mano che ci si avvicina al centro del dipinto, dove i colori finiscono per fondersi in un bianco che pervade tutto. Dopo il 1914 Delaunay tornò a temi figurativi, sempre trasfigurandoli nel dinamismo del colore, non trovando però accenti di originalità e intensità poetica simili agli anni precedenti. Allo scoppio della Prima guerra mondiale si stabilì insieme alla moglie in Spagna e in Portogallo; durante questo periodo la coppia eseguì diversi lavori di design di costumi per l'Opera di Madrid. Tornarono a Parigi nel 1921 e nel 1925 Delaunay partecipò alla Mostra delle Arti Decorative. Dopo un breve intervallo in cui si avvicinò al realismo e in cui eseguì una serie di ritratti, intorno al 1930 ritornò all'astrazione. Cercando un'integrazione plastica con l'architettura, realizzò con la moglie Sonia decorazioni di palazzi in occasione dell'Esposizione universale di Parigi del 1937. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, i Delaunay si allontanarono da Parigi, nel tentativo di evitare l'invasore tedesco. Delaunay morì di cancro il 25 ottobre 1941 a Montpellier.

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