lunedì 16 gennaio 2023

Corso Artisti Internazionali del XX Secolo: Lezione 5 1890 - 1895 Rodchenko Ernst Dix Majakovskij Grosz Miró Janco

Rodchenko 1891
https://youtu.be/JOFW_res1kk



Aleksandr Michajlovič Rodčenko (in russo: Александр Михайлович Родченко?; San Pietroburgo, 23 novembre 1891 – Mosca, 3 dicembre 1956) è stato un pittore, fotografo e grafico russo, che collaborò alla costituzione del movimento costruttivista. Figlio dello scenografo Michail Michajlovič Rodčenko e della lavandaia Ol'ga Evdokimovna, studiò all'istituto d'arte della città di Kazan', dove conobbe la futura moglie e artista Varvara Stepanova. Si interessò alla poesia di Vladimir Majakovskij e da questa si accostò alle nuovi correnti del futurismo e del suprematismo russo. Si trasferì alla Scuola di Arte e Design Stroganov e nel 1916 espose per la prima volta i suoi quadri in una mostra organizzata da Vladimir Tatlin. Si congedò dal servizio militare dopo pochi mesi e divenne membro del Narkompros (Commissariato per l'Istruzione). Insegnò al VChUTEIN (l'Istituto statale di arte e tecnica) e si interessò e praticò la tecnica del fotomontaggio e delle opere dei dadaisti. Si interessò del lavoro dei registi Ėjzenštejn e Dziga Vertov, con quest'ultimo collaborò intensamente producendo i manifesti per i suoi film. Nel 1921 inizia con le prime collaborazione in ambito teatrale, cinematografico e grafico. Nel 1923 realizzò la copertina per il poema di Majakovskij Di questo, e nello stesso periodo fu contattato da László Moholy-Nagy, interessato ad un suo saggio sul costruttivismo. Nel 1924 scelse la fotografia come mezzo artistico principale, abbandonando la pittura; proprio in quell'anno realizzò un manifesto passato alla storia, creato con la tecnica del fotomontaggio per la Lengiz (sezione di Leningrado della casa editrice Gosizdat) come campagna contro l'analfabetismo, in cui Lilja Jur'evna Brik grida: книги по всем отраслям знания (Knigi po vsem otraslam znanija, ossia "Libri per tutti gli ambiti della conoscenza"). Nel 1928 acquistò una Leica, con la quale catturò immagini con prospettive insolite e audaci, con l'intenzione di combattere tutte le convenzioni della fotografia artistica del periodo. Grazie a queste inquadrature insolite, isolò e mise in risalto i più semplici elementi grafici, linee, cerchi, curve. Come per Kazimir Malevič nella pittura, questo approccio rappresentò una frattura nelle norme rigorose di fine '800. Nel 1926 scrisse articoli sulla fotografia e sul cinema per la rivista Sovetskoe Kino (Cinema sovietico). È del 1927 la sua prima mostra fotografica, alla quale ne seguirono molte altre in patria e all'estero. Inviso dalle autorità per il suo stile definito troppo occidentale, gli venne ordinato nel 1933 di ritrarre solo eventi di stato. Con la compagna Stepanova lavorò fino al 1940, quando abbandonò la fotografia in favore della pittura. Morì nel 1956 a 65 anni. Rodchenko cominciò ad avvicinarsi alla fotografia per produrre materiali utili ai suoi fotomontaggi, che utilizzava per manifesti e per Illustrazioni di libri. In un paese, la Russia, in cui vi era un alto tasso di analfabetismo, il fotomontaggio si rivelò un innovativo ed efficace mezzo di comunicazione e si inseriva nella poetica costruttivista, nemica di uno stile individuale ed esclusivo. Il fotomontaggio era già usato alla fine della Grande Guerra come strumento di denuncia dai dada berlinesi (George Grosz e altri) e del Bauhaus (László Moholy-Nagy e altri), coi quali Rodchenko aveva stretti rapporti. In possesso di una camera Leica, Rodchenko cominciò a fotografare balconi, scale, finestre e muri, dando all'oggetto ordinario e quotidiano una nuova interpretazione, grazie a tagli obliqui e punti di vista inconsueti. Nel 1928 Rodčenko scriveva: «Se si desidera insegnare all'occhio umano a vedere in una nuova maniera, è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da prospettive ed angolazioni totalmente inaspettati e in situazioni inaspettate; gli oggetti nuovi dovrebbero essere fotografati da angolazioni differenti per offrire una rappresentazione completa dell'oggetto». Alla fine degli anni venti la posizione di Rodčenko divenne, tuttavia, sempre più difficile. Il suo modo di fotografare veniva considerato troppo "formalista" e, con l'avvento dello stalinismo e di un'estetica di stato, l'accusa divenne piuttosto grave. Fotografi come Šajchet e Al'pert accusarono Rodchenko di seguire le orme di fotografi "occidentali" come László Moholy-Nagy e Man Ray. Rodčenko fu inoltre accusato di aver dato troppa importanza all'estetica a scapito del contenuto, tradendo così quello che veniva considerato vero fotogiornalismo. In seguito, furono messe al bando le sue fotografie di giovani pionieri: il loro sguardo rivolto verso il cielo venne interpretato come un messaggio onirico e fantastico, non in linea con gli ideali del regime.

Ernst 1891
https://youtu.be/07vHwn0dods


Ernst, Max. - Pittore e scultore tedesco (Brühl, Colonia, 1891 - Parigi 1976). Importante esponente del movimento surrealista: dalla commistione di immagine e parola poetica negli esperimenti di 'scrittura automatica' nacquero i suoi collages e i romanzi-collage (La femme 100 têtes, 1929; Une semaine de bonté, 1934), tra le opere più rappresentative delle teorie dell'arte surrealista. Produsse anche sculture (Capricorne, 1948) e objects trouvés e realizzò composizioni e paesaggi fantastici. Primo premio per la pittura della Biennale di Venezia (1954).Vita e opereStudiò filosofia a Bonn (1909-14) e si formò alla pittura nell'ambito dei movimenti tedeschi d'avanguardia; nel 1913 partecipò alla esposizione del gruppo "Der Sturm", nel 1918 fondò a Colonia, con J. Th. Baargeld e H. Arp, un gruppo dadaista; dal 1922, a Parigi, ebbe una parte rilevante nel movimento surrealista. Illustrò i poemi di P. Éluard, collaborò a Littérature, compì, con Breton, Crevel, Éluard, Picabia e altri, i primi esperimenti di "scrittura automatica". Oltre ai molti collages, ai frottages (Histoire naturelle, 1926; Rêveries surréalistes, 1927), ai romanzi-collages (La femme 100 têtes, 1929; Rêve d'une petite fille qui voulut entrer au Carmel, 1930; Une semaine de bonté, 1934), alle sculture e agli objects trouvés, spesso pieni di allusioni ironiche, dipinse paesaggi fantastici e composizioni, un mondo di immagini che riflettono la sua ansia per la degenerazione della civiltà moderna, (serie sul tema della Forêt, della Ville, del Jardin gobe-avions, dei Barbares marchant vers l'ouest, ecc.). Nel 1938-39 eseguì sculture e affreschi per la sua casa a Saint-Martin d'Ardèche (Avignone). Nel 1939 fu internato in campo di concentramento; raggiunse gli Stati Uniti nel 1941 e vi restò fino al 1949, mantenendo contatti con i surrealisti ivi rifugiati (curò con M. Duchamp e A. Breton la rivista VVV), dipingendo opere come Europe after the rain II (1940-42, Wadsworth Atheneum, Hartford), Napoleon in the wilderness (1941, New York, Museum of modern art), Euclid (1945, Houston, Menil Foundation) e realizzando, nella sua casa di Sedona (Arizona) una delle sue sculture più significative, il gruppo monumentale Capricorne (1948; esemplare in bronzo, 1964, Parigi, Centre Pompidou). Stabilitosi di nuovo a Parigi, continuò a elaborare con sensibilità assai ricca verso la materia, composizioni in cui gli elementi intellettualistici del surrealismo si sciolgono in associazioni e dissociazioni dettate da un acuto sentimento poetico. Nel 1954 ottenne il primo premio per la pittura della Biennale di Venezia.

Dix 1891

Otto Dix (Gera, 2 dicembre 1891 – Singen, 25 luglio 1969) è stato un pittore tedesco, esponente di spicco della "Neue Sachlichkeit" (Nuova oggettività). Dipinse le sue opere più note durante gli anni della fragile Repubblica di Weimar, incentrate su temi forti e rappresentati con crudezza: la guerra e la morte al fronte, i reduci storpi nelle città del dopoguerra, le deformità, il rapporto tra eros e morte, oltre a numerosi ritratti e gli autoritratti che realizzerà con costanza per tutta la vita. Di origini proletarie, il padre era operaio in fonderia, nel 1909 entrò alla Scuola d'arti decorative di Dresda e più tardi all'Accademia di belle arti. La frequentazione di gallerie e mostre di pittura (sempre a Dresda, nel 1912, visitò una mostra di Vincent van Gogh, restandone fortemente colpito) fu determinante per il suo perfezionamento anche come autodidatta. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Dix si arruolò entusiasticamente volontario nell'esercito tedesco. In qualità di sottufficiale combatté sia sul fronte occidentale, contro l'esercito inglese e francese, che sul Fronte Orientale, contro l'esercito russo; nel corso della guerra fu ferito e decorato più volte. L'esperienza della guerra scioccò profondamente Dix, trasformandolo in un convinto pacifista: una parte importante dell'opera di Dix rifletterà proprio quel tragico periodo. Solo dopo alcuni anni arriverà a realizzare su quel tema la sua opera più intensa e significativa. Si tratta del polittico su legno intitolato "La guerra", realizzato a Dresda nel 1932, dopo un lungo periodo di incubazione, appena un anno prima che Hitler ottenesse la carica di cancelliere. Nel pannello centrale, tra corpi maciullati ed in decomposizione, emerge un'unica figura viva, uno spettrale soldato con maschera antigas; sovrasta il tutto uno scheletro impigliato fra travi d'acciaio, che sembra puntare l'indice della mano destra verso qualcuno o qualcosa. Successivo cronologicamente è "Le Fiandre", dipinto nel 1936, ultima opera sulla grande guerra, una drammatica esemplificazione della vita dei soldati in trincea. Al termine della Prima guerra mondiale, Dix tornò a Dresda. Nel 1919 aderì al gruppo espressionista della Secessione di Dresda (Dresdner Sezession) ma ben presto, con George Grosz, Rudolf Schlichter e John Heartfield, diede vita al gruppo dadaista tedesco, che prendeva ispirazione da quello di Zurigo, organizzando nel 1920 a Berlino la Prima fiera internazionale dada. In questo periodo Dix iniziò a produrre i dipinti che rappresentano gli ex combattenti orribilmente mutilati, le prostitute, i mendicanti. Dal punto di vista formale egli sperimentava l'intreccio di tecniche figurative diverse. Con questa scelta, Dix si proponeva di comunicare esplicitamente il suo rifiuto della tradizione. Nel 1922 si trasferì a Düsseldorf, dove nella locale accademia perfezionò il suo tipico stile: un realismo acuto, narrativo e morale, pieno di significati simbolici. Dix si mostrava estremamente critico nei confronti della società tedesca del tempo e le sue opere ne esprimevano gli aspetti più squallidi; tra questi, particolare enfasi è data al tema della guerra e alla conseguente emarginazione sociale dei reduci, temi sviluppati anche in ambito letterario da scrittori come Erich Maria Remarque. Come modelli usava spesso immagini reali di soldati sfigurati, raffigurando corpi squartati e decomposti in trincee e in campi di battaglia, servendosi di un realismo crudo e tragicamente impietoso per lanciare un violento atto d'accusa antimilitarista. Nella Germania del tempo, queste tele causavano un tale turbamento che spesso venivano rimosse dai musei e dalle gallerie d'arte dove erano esposte. Esemplare in tal proposito il caso del dipinto La trincea: realizzato nel 1920 e ripetuto nel 1923, fu acquistato da un Museo di Colonia nel 1923, ma venne restituito dal Direttore nel 1925 a seguito del giudizio scandalizzato dei critici. I nazisti nel 1937 la esposero come opera degenerata con l'indicazione "Sabotaggio alla difesa dipinto dal pittore Otto Dix"; il quadro finirà per scomparire, probabilmente bruciato. Nel 1925 Dix partecipò alla mostra della Nuova oggettività a Mannheim e nel 1927, dopo due anni di soggiorno a Berlino, fu chiamato a insegnare all'Accademia di Dresda. Nel 1933, con la presa del potere da parte di Adolf Hitler, Dix fu considerato un artista degenerato, perse l'incarico di professore all'Accademia di Dresda e gli venne proibito di esporre le proprie opere, alcune delle quali furono esibite nell'esposizione nazista d'arte degenerata e furono poi bruciate. Trasferitosi sul lago di Costanza, fu costretto a dedicarsi esclusivamente alla pittura di paesaggio, evitando i temi sociali. In quanto veterano pluridecorato della Prima guerra mondiale, allo scoppio della Seconda guerra mondiale Dix fu nuovamente richiamato nell'esercito tedesco; catturato dalle truppe francesi, fu rilasciato nel 1946. Nel dopoguerra riprese l'attività artistica realizzando soprattutto allegorie religiose e scene di sofferenze legate alla guerra. Otto Dix morì a Singen, in Germania, il 25 luglio 1969.

Majakovskij 1893

https://youtu.be/EUva9MbI3qc


Majakovskij ‹mëiëkòfsk'i›, Vladimir Vladimirovič. - Poeta, autore drammatico e pittore russo (Bagdadi, od. Majakovskij, presso Kutais, 1893 - Mosca 1930). Grande innovatore, esercitò enorme influenza sui movimenti artistici russi d'avanguardia. Militante nel partito bolscevico, fu inizialmente pittore e fece parte del gruppo dei cubofuturisti; nel 1923 organizzò il LEF (Leuyj Front iskusstv "Fronte di sinistra delle arti"). Tra le opere: i poemi Oblako v štanach  ("La nuvola in calzoni") e Flejta-pozvonočnik  ("ll flauto di vertebre"), entrambi del 1915; la commedia Misterija-Buff ("Mistero buffo", 1917), sulle vicende della Rivoluzione russa; il poema Vladimir Il´ič Lenin (1924).VitaAncora adolescente, svolse intensa attività politica nel partito bolscevico e fu arrestato tre volte. Dedicatosi poi allo studio delle arti figurative, fu espulso (1914) dall'Istituto di pittura, scultura e architettura di Mosca per la sua appartenenza al gruppo dei cubofuturisti. Nel 1913 apparve il suo primo libro, Ja! ("Io!"). Nel dic. 1913 interpretò a Pietroburgo, al teatro Luna Park, la propria tragedia Vladimir Majakovskij. Accolse la rivoluzione con entusiasmo e nel 1923 organizzò il LEF (Levyj Front iskusstv "Fronte di sinistra delle arti"), che raggruppò artisti, poeti, scenografi, registi, filologi vicini al futurismo, e pubblicò la rivista omonima. In quegli anni fu il simbolo di tutto ciò che v'era di moderno e di audace nell'arte sovietica. La campagna condotta contro di lui dalla critica di partito, le delusioni politiche e motivi amorosi lo spinsero al suicidio.OpereStrenuo innovatore, fuse le tendenze ribelli e anarchiche del futurismo con l'attività di tribuno e di agitatore durante la rivoluzione d'Ottobre. La sua opera maggiore prima della rivoluzione è il poema Oblako v štanach ("La nuvola in calzoni", 1915), in cui il motivo d'amore e quello sociale s'intrecciano in una trama iperbolica, esasperata. Gli stessi accenti ritornano nei poemi Flejta-pozvonočnik ("Il flauto di vertebre", 1915), Vojna i mir ("La guerra e l'universo", 1917), Čelovek ("L'uomo", 1916-17). Le vicende della rivoluzione sono trasposte su un piano biblico nella commedia Misterija-Buff ("Mistero buffo", 1917) e rivissute come scene di canti epici e di vignette popolari nel poema 150.000.000 (1921), che contrappone in un grottesco duello il gigante russo Ivan e Woodrow Wilson. Al tema d'amore M. tornò nei poemi Ljublju ("Amo", 1922) e Pro eto ("Di questo", 1923). La morte di Lenin gli suggerì il poema Vladimir Il´ič Lenin (1924) e il decimo anniversario della rivoluzione l'affresco epico Chorošo! ("Bene!", 1927). Accanto a queste ampie composizioni, scrisse odi d'intonazione oratoria, versi di propaganda commerciale e politica, poesie satiriche, scenari cinematografici, pantomime, canovacci per scene di circo, commedie come Klop ("La cimice", 1928) e Banja ("Il bagno a vapore", 1929). L'influenza di M. sui movimenti artistici russi d'avanguardia fu enorme. M. era stato inizialmente pittore, e della sua attività figurativa, dopo che si era dedicato agli scritti e all'azione politica, sono importanti le ricerche tipografiche e compositive fatte in collab. con A. Rodčenko (pagine della rivista Lef, 1923 segg.).

Grosz 1893







George Grosz, nome d'arte di Georg Ehrenfried Groß (Berlino, 26 luglio 1893 – Berlino, 6 luglio 1959), è stato un pittore tedesco. Tra il 1909 e il 1911 studiò all'Accademia di Dresda, con l'intenzione di comprendere a fondo le tecniche rappresentative degli autori classici. Eseguì quindi copie di opere dei maestri antichi, in particolare di Rubens, esposti nella pinacoteca di Dresda; in questo periodo eseguì anche disegni per giornali e riviste satiriche, utilizzando lo strumento della caricatura. Nel 1913 soggiornò a Parigi, dove entrò in contatto con le avanguardie del cubismo e del futurismo e dove poté ammirare da vicino le opere di Francisco Goya, di Honoré Daumier e di Henri de Toulouse-Lautrec. Fu in questi anni che il suo stile subì un processo di progressiva semplificazione delle forme, sotto l'influenza dell'espressionismo, del cubismo e del futurismo, diffusi tra i giovani artisti del tempo. Nel 1914 Grosz si arruolò nell'esercito tedesco, ma venne presto congedato per motivi di salute; sembra però che il vero motivo del congedo fosse uno shock psicologico per il quale fu ricoverato in un ospedale militare. Tornato alla pittura, tra il 1915 e il 1917 la riduzione grafica del segno si radicalizzò per esprimere il franamento morale seguito alla disfatta prussiana: su tale stile Grosz basò la produzione degli anni seguenti, caratterizzati dall'adesione al movimento dada berlinese e da posizioni politiche rivoluzionarie. Agli eventi che si situano fra il 1917 e il 1918 fa riferimento "Il funerale. Dedicato ad Oskar Panizza", un quadro emblematico in cui l'autore rappresenta l'allegoria dell'umanità impazzita preda della corruzione e del male. Si tratta di una visione grottesca, dissacrante e dai toni macabri dove gli stessi edifici che compaiono sulla scena sembrano sul punto di crollare e travolgere la folla. Di particolare effetto è la bara posta al centro della composizione dove è seduto uno scheletro bianco. Un'altra figura che spicca è il prete che, con le braccia sollevate, tiene nella mano destra un crocifisso bianco che ha la funzione di placare i tre esseri mostruosi e deformi che si parano davanti a lui e che rappresentano l'alcolismo, la sifilide e la peste. Il dipinto è dedicato ad Oskar Panizza il quale, al termine degli studi di medicina e dopo aver pubblicato poesie irriverenti verso il regime, è stato processato ed imprigionato per poi venire internato in alcuni ospedali psichiatrici e spegnersi definitivamente nel 1921. L'opera, pervasa da una vena altamente ironica e pessimistica da parte dell'autore, costituisce un attacco alla società borghese incapace, secondo Grosz, di impedire la tragedia della Prima guerra mondiale. Nel 1919 fu arrestato per aver partecipato alla rivolta spartachista; nello stesso anno si unì al Partito Comunista di Germania. A partire dal 1920 fu più volte denunciato e processato per incitamento all'odio di classe, oltraggio al pudore, vilipendio alla religione e ingiurie contro le forze armate.

Un mix di stili
La produzione artistica di quegli anni si basava su un linguaggio di matrice cubista e futurista che partiva da fonti artistiche auliche del passato per approdare a modelli iconografici popolari. Passò così da disegni caricaturali ad apocalittiche e violente vedute urbane ad una grafica programmaticamente politica, per approdare infine al movimento della Nuova oggettività, alla cui mostra di Mannheim del 1925 Grosz partecipò. Nei dipinti, ma soprattutto nei disegni e nelle litografie di questo periodo, si riflette l'immensa tragedia del dopoguerra tedesco. Strade, tuguri, salotti, caserme, sono come vivisezionati dalla matita corrosiva di Grosz, che senza ironia ne svela impietosamente l'ipocrisia e la violenza.Il suo stile duro e spigoloso, talvolta infantile e violentemente esplicito, è ideale per illustrare persone misere, prostitute, ubriachi, assassini, soldati feriti, con una violenta componente di critica sociale nei confronti della spietata avidità dei ceti dirigenti e di volgari uomini d'affari, nascosta sotto la maschera della rispettabilità. Le deformazioni dell'espressionismo e le semplificazioni del disegno infantile e dell'immaginazione popolare conferiscono una cruda incisività al segno, mentre i piani multipli e gli effetti simultanei del cubismo e del futurismo danno analisi e precisione nei particolari, in una struttura di insieme esaltata e visionaria. I suoi disegni, molti dei quali a inchiostro e acquerello, hanno contribuito notevolmente all'immagine che molti hanno della Germania degli anni venti. Nel 1933, con l'avvento del nazismo, George Grosz fu considerato un artista degenerato e per questo motivo lasciò la Germania per insegnare a New York; nel 1938 ottenne la cittadinanza degli Stati Uniti. La produzione del periodo americano è però meno incisiva, nonostante i ritorni, in chiave surrealista, alla grafia violenta e spietata di un tempo. Nel 1958 tornò a vivere in Germania. George Grosz morì a Berlino il 6 luglio 1959 a 65 anni. La causa del suo decesso è decisamente singolare: giunto a notte fonda davanti alla sua casa, molto ubriaco, aprì la porta della cantina anziché quella di ingresso. Il risultato fu una rovinosa caduta che gli costò la vita. Inventò, insieme a John Heartfield, la tecnica del fotomontaggio.

Miró 1893
https://youtu.be/JdxCpgPyM1U









Miró, Joan. - Pittore (Barcellona 1893 - Palma di Maiorca 1983). Studiò alla Scuola di belle arti di Barcellona e con F. Galí; frequentò l'ambiente dadaista che ruotava intorno alla personalità di F. Picabia. Dopo un primo periodo caratterizzato da uno stile drammatico ed espressionista, M. elaborò una sorta di realismo estatico, venato di un sofisticato primitivismo (La casa con la palma, 1918, coll. priv.; L'orto con l'asino, 1918, Stoccolma, Moderna Museet; Ritratto di fanciulla, 1918, Barcellona, Fundació Miró). In un primo soggiorno a Parigi (1919) incontrò Picasso e dopo il 1920 passò qui i suoi inverni, frequentando artisti e scrittori d'avanguardia (Jacob, Tzara, Breton, Aragon) e dipingendo opere come l'Autoritratto (1919, Parigi, Mus. Picasso), il Nudo con lo specchio (1919, Düsseldorf, Kunstsam. Nordrhein-Westfalen) e varie nature morte che nella geometrizzazione e semplificazione degli oggetti mostrano un'adesione ai metodi cubisti. Nel 1924 con la Terra arata (New York, Guggenheim Mus.) iniziò uno stile veramente personale; elementi biomorfi, stilizzati, collocati in uno spazio piatto, strutturato in zone orizzontali, trasformano la realtà in un mondo di sogno. Il mutamento fantastico si completa nel Dialogo d'insetti (1924-25, Parigi, coll. priv.) e nel Carnevale di Arlecchino (1924-25, Buffalo, Albright-Knox Art Gall.). Nello stesso anno si legò al gruppo surrealista: partecipò poi all'esposizione alla Galleria Pierre (1925); con M. Ernst disegnò costumi e scenarî per Giulietta e Romeo (1926, Balletti russi di S. P. Djagilev). Continuò la sua pittura onirica rarefacendo gli elementi, che prendono aspetto filiforme e amebico. Del 1928 è la serie dei famosi Interni olandesi. Apparvero anche i collages e le litografie, più schematici, assai vicini all'arte astratta. Per i Balletti di Montecarlo nel 1932 curò la scenografia di Jeux d'enfants. Nel 1940 si ritirò a Palma di Maiorca dove terminò la serie delle Costellazioni e si dedicò alle prime ceramiche, per le quali, anche in seguito, ebbe come stretto collaboratore Josep Llorens i Artigas (1892-1980). Nel 1944 tornò in Francia dove continuò a dipingere e, pur sperimentando nuove tecniche, mantenne della poetica surrealista il gusto del fantastico che nella sua visione poetica, non toccata da problemi di modellato, di prospettiva, di chiaroscuro, rimane allo stadio puro insieme raffinato e artigianale, venato di sottile umorismo. Tra le opere monumentali: la pittura murale (1950) e il murale in ceramica (1960), per la Harvard University, il Muro del sole e il Muro della luna nella sede dell'UNESCO a Parigi (1958) e il murale per l'aeroporto di Barcellona (1970). Dal 1975 a Barcellona la Fundació M. (arch. J. Sert) e dal 1992 a Palma la Fond. Joan e Pilar M. (arch. R. Moneo) oltre ad ospitare opere dell'artista, sono centro di vivaci attività culturali. Nel 1978 gli fu consegnato il premio internazionale Feltrinelli.

Janco 1895
https://youtu.be/3TNkeRTfZbk


Janco, Marcel (propr. Marcel Iancu). - Pittore romeno (Bucarest 1895 - Tel Aviv 1984). Studente di architettura a Zurigo, fu tra i promotori del movimento Dada (1915-18). In Francia fu in contatto con il gruppo dei futuri surrealisti, ma preferì tornare in patria dove guidò il movimento d'avanguardia romeno, dirigendo (1923-32) la rivista Contimporanul e aderendo ai gruppi Arta Noua e Criterion. Emigrato nel 1941 in Palestina, fu il capo riconosciuto dell'arte moderna in Israele: fondò sul Monte Carmelo il villaggio di artisti Ein Hod (1953), curandone anche la realizzazione del museo (1983). Dopo i rilievi in gesso bianco o colorato e i dipinti su gesso e tela di sacco, eseguiti tra il 1917 e il 1920, tra le prime espressioni dell'arte non figurativa, J. mantenne costante la sua ricerca strutturale rigorosa, toccata ora da un modulato lirismo, ora da intensa drammaticità. 

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