martedì 6 maggio 2025

Corso di storia dell'architettura: Behrens 1868

Behrens 1868


















Peter Behrens: architetto, designer e teorico della modernità

Origini e formazione

Peter Behrens (Amburgo, 14 aprile 1868 – Berlino, 27 febbraio 1940) rappresenta una delle figure più complesse e decisive della modernità architettonica e del design industriale. La sua formazione iniziale si colloca nell’ambito pittorico e grafico, con studi tra Amburgo, Düsseldorf e Karlsruhe. Il passaggio dalla pittura al progetto tridimensionale non fu immediato: la svolta avvenne con l’adesione alla colonia artistica di Darmstadt (1899), promossa dal granduca Ernesto Luigi d’Assia. Lì Behrens concepì la propria abitazione come un Gesamtkunstwerk, un’opera d’arte totale in cui architettura, arredi e oggetti quotidiani concorrevano a un’unità estetica. Questo momento segnò il distacco definitivo dallo Jugendstil verso un linguaggio più sobrio, quasi “classico”, aperto a un’idea di ordine che avrebbe caratterizzato tutta la sua opera futura.


Tra riforma e industria: il Deutscher Werkbund

Nel 1903 Behrens fu nominato direttore della Kunstgewerbeschule di Düsseldorf, contribuendo al rinnovamento dell’insegnamento delle arti applicate. Poco dopo, nel 1907, partecipò alla fondazione del Deutscher Werkbund, organismo che mirava a colmare il divario tra produzione artistica e industria.
A differenza dell’Arts and Crafts Movement inglese, il Werkbund non si limitava a difendere l’artigianato dall’industrializzazione, ma voleva orientare l’industria stessa verso criteri estetici e qualitativi, rifondando così il legame tra cultura materiale e società moderna. Behrens fu tra i protagonisti più coerenti di questa visione: per lui l’industria non era un nemico da arginare, ma il terreno fertile in cui sviluppare una nuova sintesi culturale.


Il laboratorio dell’AEG: nascita del design industriale

La svolta fondamentale si verificò nel 1907, quando l’AEG (Allgemeine Elektrizitäts-Gesellschaft) lo nominò consulente artistico generale. Il suo compito non fu solo architettonico, ma radicalmente innovativo: Behrens creò il logo aziendale, definì la grafica coordinata, progettò prodotti, lampade, ventilatori, materiali pubblicitari e stabilimenti industriali.
Per la prima volta un’impresa integrava la dimensione estetica e quella produttiva in un unico sistema coerente: per questo Behrens viene ricordato come il primo industrial designer della storia.

L’esempio più celebre è la Fabbrica di turbine AEG (1909), capolavoro in cui la funzione industriale trova espressione monumentale senza scadere nella decorazione superflua. La struttura rivela la logica costruttiva e la eleva a linguaggio architettonico: la macchina e l’edificio si fondono in un simbolo della modernità.


Nietzsche, ordine e classicità moderna

Il pensiero filosofico che nutre il percorso di Behrens è complesso. Egli trasse ispirazione da Nietzsche, ma non dal suo lato più eversivo e dionisiaco, bensì da una lettura disciplinata e “apollinea” del suo pensiero. Come hanno osservato Manfredo Tafuri e Francesco Dal Co, Behrens non vede nell’industria un segno di caos e disgregazione, bensì il presupposto di una nuova totalità, una “classicità” moderna che potesse conservare la Kultur pur integrando la Zivilisation tecnica.
In questo senso, Behrens non fu un rivoluzionario avanguardista, ma piuttosto un riformatore: un progettista che cercava una sintesi tra arte, tecnica e società, evitando tanto l’estetismo fine a sé stesso quanto la deriva puramente utilitaristica.


La scuola di Behrens: Gropius, Mies, Le Corbusier

Nello studio di Behrens, tra il 1907 e il 1912, si formarono alcune delle figure più influenti del XX secolo: Walter Gropius, fondatore del Bauhaus; Ludwig Mies van der Rohe, futuro direttore dello stesso; e Le Corbusier, che porterà a maturazione il linguaggio dell’architettura moderna.
Non è un caso: Behrens offriva non solo un modello progettuale, ma una visione culturale capace di orientare intere generazioni verso l’idea di architettura come fatto integrale, al tempo stesso tecnico, estetico e sociale.


Il Behrens maturo: industria, accademia e ambiguità politiche

Dopo la Prima guerra mondiale, Behrens continuò a lavorare per la grande industria tedesca, con opere come le acciaierie Mannesmann a Düsseldorf e gli edifici per la I.G. Farben. Parallelamente intraprese la carriera accademica, prima a Vienna (1922), poi a Berlino (dal 1936 come preside della facoltà di architettura).
Il rapporto con il regime nazista rimane controverso: sebbene Albert Speer lo considerasse una figura di rilievo, Behrens non fu mai pienamente integrato nel sistema di potere e rimase un personaggio in parte marginale, pur riconosciuto a livello internazionale.


Stile e pensiero: tra funzione e forma

L’evoluzione stilistica di Behrens è paradigmatica:

  • dagli esordi pittorici e liberty (linee curve, decorazioni plastiche),

  • al rigore geometrico e funzionale,

  • fino a una concezione architettonica sobria e monumentale, in cui l’ornamento cede il passo alla chiarezza costruttiva.

Il suo pensiero ruota attorno a un principio fondamentale:
la forma deve nascere dalla funzione e dalla logica produttiva, ma non può rinunciare al valore estetico e simbolico.
Questa posizione mediana, lontana tanto dal decorativismo quanto dal funzionalismo riduttivo, fa di Behrens una figura “classica” della modernità, un anello di congiunzione tra l’utopia dell’arte totale e la realtà dell’industria.


Conclusione

Peter Behrens non fu solo un architetto o un designer, ma un vero mediatore culturale tra arte e tecnica, tradizione e modernità, individuo e collettività.
Se la sua opera architettonica culmina nella Fabbrica di turbine AEG, il suo lascito più duraturo è l’aver fondato un metodo: concepire il progetto come strumento di sintesi, capace di unificare estetica e produzione, ordine e progresso.
Per questo Behrens può essere considerato non solo il primo industrial designer, ma uno dei padri spirituali dell’architettura e del design del XX secolo.

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