sabato 14 gennaio 2023

Corso Artisti Italiani del XX Secolo: Lezione 6 1930 - 1940 Castellani Mariani Manzoni Schifano Pascali Bonalumi Mambor Griffa Kounèllis Fabro ColomboCeroli

Enrico Castellani






Enrico Castellani (Castelmassa, 4 agosto 1930 – Celleno, 1º dicembre 2017) è stato un pittore italiano, considerato una delle figure di maggior rilievo dell'arte europea della seconda metà del Novecento. Nato a Castelmassa, in provincia di Rovigo, studia arte, scultura e architettura in Belgio fino al 1956, anno in cui si laurea alla École Nationale Superieure. L'anno successivo torna in Italia, stabilendosi a Milano, qui diviene esponente attivo della nuova scena artistica. In particolare stringe rapporti di amicizia e collaborazione con Piero Manzoni, con il quale forma un sodalizio artistico che incuriosiva i commentatori dell'epoca per il contrasto tra le loro personalità: tanto era vulcanico, scapigliato e giocoso Manzoni quanto Castellani era serio, distinto e riflessivo. Dopo prime esperienze di carattere informale, ispirate all'action painting americana e soprattutto da Mark Tobey, riconoscendo questo tipo di arte come maturo per un superamento, elabora con la collaborazione alla rivista Azimuth da lui fondata insieme a Manzoni, un nuovo inizio, che propone l'azzeramento totale dell'esperienza artistica precedente, basato su un nuovo patto con il progresso sociale. Tale azzeramento viene realizzato da Manzoni, Castellani e Bonalumi con l'utilizzo di tele monocrome (spesso totalmente bianche) estroflesse con varie tecniche in modo da creare effetti di luci ed ombre cangianti con l'inclinazione della sorgente luminosa. Si trattò di un'esperienza del tutto originale e considerata di fondamentale importanza nella storia dell'arte astratta del novecento, non solo per quanto riguarda la scena italiana, ma soprattutto di quella internazionale, la cui eco influenzò ed ispirò Donald Judd che in un articolo del 1966 definì Castellani padre del minimalismo. Se Piero Manzoni scelse come materiali prediletti il caolino e il cotone per i suoi celeberrimi Achromes, Castellani avvia un percorso rigorosissimo di studio ed analisi delle possibilità fornite dall'estroflessione della tela mediante l'utilizzo di chiodi e centine inserite dietro la tela. È nel 1959 che Castellani realizza la sua prima superficie a rilievo, dando vita ad una poetica che sarà la sua cifra stilistica costante e rigorosa e definendo ciò che la critica ha chiamato “ripetizione differente”, considerata da molti critici di estrema purezza, dove la ripetizione accuratamente scelta dei pieni e dei vuoti data dalle ritmiche estroflessioni della tela costituisce un percorso sempre nuovo, anche se coerente e intenso. Da allora il suo procedere continua a svilupparsi nell'ambito dell'estroflessione, ma nella sua compatta e coerente produzione troviamo alcune opere che si discostano nettamente dalle superfici a rilievo, rivelando molto su temi cari a Castellani quali il tempo, il ritmo e lo spazio. Anche nelle rare opere su carta Castellani è riuscito a realizzare il suo personalissimo stile di estroflessioni ritmiche. Nel 1967 realizza Ambiente bianco per la mostra Lo spazio dell'immagine, a Palazzo Trinci, a Foligno; nel 1968, in occasione de Il teatro delle mostre, alla galleria La Tartaruga di Roma, viene presentato Il muro del tempo; nel 1969 realizza Spartito e nel 1970 Obelisco. Dal suo esordio sino ad oggi si susseguono una serie di importanti esposizioni in spazi pubblici e privati. Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1964, nel 1966 (con una sala personale), nel 1984 e nel 2003. Nel 1965 partecipa alla collettiva The Responsive Eye al MoMA di New York e alla VIII Biennale di San Paolo in Brasile. Nel 1970 prende parte alla collettiva Vitalità del negativo nell'arte italiana, a cura di Achille Bonito Oliva, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1981 partecipa a Identité Italien. L'art en Italie depuis 1959, a cura di Germano Celant, al Centre Pompidou di Parigi. Nel 1983 è a Palazzo Reale di Milano per la mostra Arte Programmata e cinetica 1953-63; nel 1994 è invitato alla mostra The Italian metamorhosis al Salomon R. Guggenheim Museum di New York. Tra le mostre più recenti ricordiamo le personali nella Galleria Lia Rumma di Milano nel 1999 e quelle nella Galleria Fumagalli di Bergamo nel 1997 e nel 2001. Nel 2001 è invitato alle collettive Materia/Niente, curata da Luca Massimo Barbero, alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e a Belvedere italiano- Linee di tendenza nell'arte contemporanea 1945/2001, curata da Achille Bonito Oliva, al Centre for Contemporary Art di Varsavia. Un'importante mostra antologica curata da Germano Celant è stata allestita alla Fondazione Prada di Milano nel 2001 e a Kettle's Yard a Cambridge nel 2002, anno in cui presenta il suo lavoro anche nella Galleria di Franca Mancini a Pesaro e in quella di Greta Meert a Bruxelles. Nel 2004 espone a Parigi nella Galerie di Meo e nel 2005 al Museo Pushkin delle Belle Arti, a Mosca, viene allestita una sua mostra curata da Bruno Corà. Nel 2006 espone alla Galleria Lia Rumma a Napoli e all'Auditorium a Roma. Nel 2009 una serie di lavori recenti accostati ad un grosso nucleo di opere storiche sono proposte da Haunch of Venison a New York in una mostra curata da Adachiara Zevi mentre nella sede di Londra della stessa galleria le opere di Castellani vengono esposte in dialogo con quelle di Dan Flavin, Donald Judd e Günther Uecker. Il 13 ottobre 2010 Enrico Castellani riceve dal Principe Hitachi, Patrono Onorario della Japan Art Association, il Praemium Imperiale per la pittura, il più alto riconoscimento artistico a livello internazionale. Nel 2012, Castellani partecipa con altri sette artisti (Getulio Alviani, Pablo Atchugarry, Fernando Botero, Piero Guccione, Marcello Lo Giudice e Thomas Ruff) al progetto Save the Mediterranean Sea in collaborazione con Christie's London e la Prince Albert II of Monaco Foundation, a favore della salvezza dei nostri mari. Le opere di Castellani, nel mercato dell'arte, sono fra le più ricercate e costose fra quelle del novecento italiano, con quotazioni che hanno ampiamente superato il milione di dollari e sono regolarmente scambiate nelle aste più prestigiose quali le famose Italian Sales di Londra.

Carlo Maria Mariani








Pittore italiano (n. Roma 1931). Formatosi all'Accademia di belle arti di Roma, dopo esperienze iperrealiste e concettuali si è affermato soprattutto dalla fine degli anni Settanta con un linguaggio figurativo che rielabora, attraverso una pratica di matrice concettuale, stilemi neoclassici e citazioni iconografiche dall'arte antica accanto a suggestioni surreali o metafisiche (Ercole che riposa, 1976; Monumento alla poesia, 1994-95; Giudizio universale, 1996; Mal du siècle, 1998-99). Le opere di M. sono state presentate in importanti rassegne periodiche (Biennale di San Paolo, 1981; Documenta di Kassel, 1982; Biennale di Sydney, 1986; Biennale di Venezia, 1982, 1984, 1990; Quadriennale di Roma, 1992), oltre che in mostre tematiche e in varie personali. Ha avuto importanti commissioni negli Stati Uniti, dove si è trasferito nel 1993 (Il Giorno e La Notte, 1989-90, New York, Millennium Hotel; tre grandi dipinti per il Bellagio Complex a Las Vegas, 1998). Vincitore del Premio Marche per l'arte contemporanea ad Ancona (1997), ha ottenuto nel 1998 il Premio Antonio Feltrinelli dell'Accademia nazionale dei Lincei per la pittura.

Piero Manzoni





Pittore italiano (Soncino, Cremona, 1933 - Milano 1963). Ebbe frequenti contatti col gruppo nucleare (E. Baj, L. Fontana, ecc.) e col gruppo tedesco Zero; partecipò alla realizzazione della rivista Azimuth. Accanto a esperienze di tipo materico (serie degli Achromes), M. svolse un tipo di sperimentalismo neodadaista con proposte provocatorie che mettono in discussione il significato stesso della ricerca artistica in quanto prodotto, il ruolo dell'artista e quello del pubblico (serie delle Linee, Fiato d'artista, serie di nuovi Achromes e delle Basi magiche). Nel 2013 F. Gualdoni ha dedicato al pittore la biografia Piero Manzoni. Vita d'artista, mentre l'anno successivo una grande retrospettiva della sua opera è stata allestita presso il Palazzo Reale di Milano.

Michelangelo Pistolétto 









Pittore e scultore italiano (n. Biella 1933). Esponente della pop art e dell'arte povera, dagli anni Sessanta ha sviluppato originali soluzioni artistiche, sperimentando numerosi materiali e tecniche, con l'intento di coinvolgere attivamente lo spettatore all'interno della sua opera. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti: il Leone d'oro alla carriera alla 50° Biennale di Venezia (2003); il Wolf Foundation Prize in Arts (2007); il Praemium Imperiale dalla Japan Art Association (2013). Vita e opere. Professore all'Accademia di Belle Arti di Vienna (1991-2000). Dopo le giovanili esperienze nel campo del restauro, con il padre, e della pubblicità, con A. Testa, e un approccio tradizionale alla pittura, incentrata sulla figura umana e il suo rapporto con il fondo (serie di autoritratti), ha iniziato la sua attività verso la fine degli anni Sessanta. L'opera di P. s'inserisce nell'ambito della cosiddetta «nuova oggettività» di cui è in Italia uno dei più significativi interpreti. L'uso di una tecnica personale assolutamente inedita quale il riporto di fotografie di oggetti o di persone a grandezza naturale su vaste superfici di acciaio inossidabile specchiante (veline dipinte su acciaio inox lucidato a specchio) e nei plexiglas (Pila di dischi, 1964), diviene una sua cifra costante a partire dal 1963. La tematica dell'«uomo-oggetto», l'ambiguità del rapporto tra realtà e immagine trovano in tale tecnica un codice espressivo particolarmente provocante dato dall'apparente oggettività dell'universo proposto, dove l'immagine riprodotta si trova inserita nel trompe-l'œil del reale ambiente circostante. Nel 1959 è stato invitato alla Biennale di San Marino: fin dagli inizi le sue opere gli valsero un immediato interesse a livello internazionale. Fu del 1960 la sua prima personale alla Galleria Galatea a Torino; nel 1964 espose a Parigi presso la Galleria Sonnabend. Da allora venne invitato costantemente alle più significative manifestazioni internazionali. Nel 1969 ha ottenuto il premio della Critica al Palais des Beaux Arts a Charleroi. Seguono, nella costante interrelazione di realtà e apparenze, coinvolgente ambiente e spettatore, una serie di installazioni e opere che utilizzano materiali eterogenei, dagli stracci alla carta, ai fili elettrici (Oggetti in meno, 1966; Venere degli stracci, 1967; Mappamondo, 1966-68; Divisione e moltiplicazione dello specchio, 1975-76; Il pavone, 1979), sculture di poliuretano rigido, gesso, cemento, marmo (Annunciazione, 1980, Iesi, Pinac. comunale; Gigante di marmo, 1982-83). P. ha realizzato anche happening e azioni teatrali (Opera Ah, 1979; Anno Uno, 1981). Nel 1998 ha fondato, a Biella, il centro multiculturale e plurisettoriale Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, con lo scopo di «ispirare e produrre un cambiamento responsabile nella società attraverso idee e progetti creativi». Sue opere sono presenti nei maggiori musei d'arte moderna e contemporanea; ha partecipato a nove edizioni della Biennale di Venezia (1966, 1976, 1978, 1984, 1986, 1993, 1995, 2003, 2005) e a quattro della Documenta di Kassel (1968, 1982, 1992, 1997). Tra le più recenti mostre personali a lui dedicate si ricordano quella alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma nel 1990; al Kunstbau Lenbachhaus di Monaco nel 1996; alla Galleria Civica d'Arte Moderna di Modena nel 2005; al MAMAC di Nice nel 2007; al Louvre di Parigi nel 2013; al Blenheim Palace di Londra nel 2016. Nel 2013 l'artista ha pubblicato con A. Elkann il testo autobiografico La voce di Pistoletto, in cui sono ricostruiti la sua vita e il suo percorso creativo, mentre è del 2017 il saggio Ominiteismo e Demopraxia. Manifesto per una rigenerazione della società.

Mario Schifano






Pittore italiano (Homs, Libia, 1934 - Roma 1998). Nel dopoguerra a Roma, lavorò come restauratore presso il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia e si dedicò da autodidatta alla pittura, esordendo in ambito informale. Partecipe, dopo un viaggio negli USA (1964), dell'atmosfera pop, S. ricercò nuove modalità espressive attraverso una rivisitazione delle avanguardie o il recupero di frammenti di immagini proprie del paesaggio urbano. Per le sue opere, spesso sviluppate in cicli (Tutte stelle; Paesaggi TV; Gigli d'acqua; ecc.), sfruttò materiali (tele emulsionate, carta, plexiglass, ecc.) e tecniche diverse (fotoimpressioni, collages, ecc.) mantenendo un costante interesse per il linguaggio filmico. Dagli anni Ottanta S. tornò alla pittura con quadri di grande formato dai colori accesi e brillanti. Opere in vari musei tra i quali quelli d'arte moderna a Roma e Torino. Nel 2012 il suo ex assistente L. Ronchi ha pubblicato la biografia Mario Schifano, che ripercorre la vicenda artistica e umana del pittore.

Pino Pascali






Pino Pascali (Bari, 19 ottobre 1935 – Roma, 11 settembre 1968) è stato un artista italiano.Nato da genitori di Polignano a Mare, trascorre l'adolescenza a Bari, dove frequenta il liceo scientifico, ma, già ripetente, si trasferisce e si diploma al liceo artistico di Napoli. Nel 1956 si trasferisce a Roma, dove si iscrive all'Accademia di Belle Arti e frequenta le lezioni di Toti Scialoja. Dopo il diploma comincia a lavorare come aiuto scenografo alla RAI. Nel contempo inizia una collaborazione, che diventerà poi continuativa, con Sandro Lodolo, realizzando Caroselli, spot pubblicitari e sigle televisive.Negli anni sessanta partecipa a varie mostre collettive, e nel 1965 realizza la sua prima personale presso la galleria romana La Tartaruga. L'anno successivo espone alla Galleria L'Attico. In soli tre anni ottiene un notevole riscontro da parte della critica e viene notato da influenti galleristi italiani e internazionali. Proprio all'apice della sua carriera, mentre alcune sue opere erano in mostra alla Biennale di Venezia, muore prematuramente a Roma nel 1968 per le conseguenze di un grave incidente in motocicletta, sua grande passione. La sua tomba si trova nel cimitero di Polignano a Mare. Artista eclettico, Pascali fu scultore, scenografo e performer. Nelle sue opere riunisce le radici della cultura mediterranea (i campi, il mare, la terra e gli animali) con la dimensione ludica dell'arte: un ciclo di opere è dedicato alle armi, veri e propri giocattoli realizzati con materiali di recupero (metalli, paglia, corde) e molti suoi lavori ripropongono le icone e i feticci della cultura di massa. Nella serie Ricostruzione della natura, iniziata nel 1967 Pascali analizza il rapporto tra la produzione industriale in serie e natura. È ritenuto uno dei più importanti esponenti dell'arte povera, insieme a Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Mario Merz, Eliseo Mattiacci, Renato Mambor, Sergio Lombardo e Cesare Tacchi. Fu il primo a formalizzare le pozzanghere con l'acqua vera, da cui nacque la mostra Fuoco immagine acqua terra avvenuta all'Attico nel maggio 1967.

Agostino Bonalumi






Agostino Bonalumi (Vimercate, 10 luglio 1935 – Desio, 18 settembre 2013) è stato un pittore italiano, considerato una delle figure più rilevanti dell'arte astratta del '900. Dopo studi di impostazione tecnico-meccanica Bonalumi si inserì giovanissimo nel clima artistico di Milano, frequentando lo studio di Enrico Baj dove conobbe Lucio Fontana, Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Riconoscendo la fine della spinta propulsiva dell'arte informale, collaborò alla rivista Azimuth che proponeva l'azzeramento totale dell'esperienza artistica precedente ed un nuovo inizio, basato su un nuovo patto con il progresso sociale. Tale azzeramento venne realizzato da Manzoni, Castellani e Bonalumi con l'utilizzo di tele monocrome (spesso totalmente bianche), estroflesse con varie tecniche in modo da creare effetti di luci ed ombre cangianti con l'inclinazione della sorgente luminosa. Piero Manzoni scelse come materiali prediletti il caolino e il cotone per i suoi Achromes, mentre Enrico Castellani e Bonalumi avviarono un percorso di studio ed analisi delle possibilità fornite dall'estroflessione della tela mediante l'utilizzo di chiodi e centine (Castellani) e di sagome di legno e metallo inserite dietro la tela (Bonalumi). L'opera di Agostino Bonalumi, pur nella costante fedeltà al mezzo artistico inizialmente scelto, è considerata da molti critici estremamente fantasiosa e sempre nuova nella creazione di giochi di luci ed ombre nuovi ed originali. Particolare attenzione va segnalata sul lavoro degli anni settanta-ottanta, con ombre prospettiche contrarie alle direzioni delle normali sorgenti di luce, creando appunto un effetto disorientante, questo approccio è da spiegarsi come elemento di rottura agli standard pittorici tradizionali, di fatto se nel corso della storia dell'arte l'uomo ha sempre studiato la prospettiva per creare un effetto pittorico realistico, Bonalumi la ribalta, o la distorce creando un suo personale "punto di vista" in linea con il movimento primiano di cui faceva parte. La sua prima personale risale al 1956 presso la Galleria Totti di Milano. Nel 1958 con Castellani e Manzoni espone alla Galleria Pater di Milano, seguiranno altre mostre a Roma e Milano. A Losanna, nel 1961, alla Galleria Kasper è tra i fondatori del gruppo ''Nuova Scuola Europea''. Nel 1965 Arturo Schwarz presenta una mostra personale di Bonalumi nella sua galleria di Milano. Nel 1966 inizia un periodo di collaborazione con la Galleria del Naviglio di Milano, pubblicando nel 1973 per le Edizioni del Naviglio una monografia a cura di Gillo Dorfles. Sempre nel 1966 è invitato alla Biennale di Venezia con un gruppo di opere. Bonalumi espose in una sala personale alla Biennale di Venezia del 1970. Partecipò alla Biennale anche negli anni 1966 e 1986. Nel 1980 le sue opere furono esposte in una grande mostra personale presso il Palazzo Te di Mantova. Nel 2001 ottenne il premio del Presidente della Repubblica. Nel 2002 ha presentato l'opera ambiente al Museo Guggenheim di Venezia. Ha esposto anche, fra le numerose mostre a lui dedicate, alla Biennale di San Paolo del Brasile (1966), alla Biennale di Parigi (1968) e al Museum of Art di Fort Lauderdale in Florida nel 1981. Nel 2006 ha riceuto il Premio Artista dell'anno. Le opere di Bonalumi sono attivamente ricercate dai collezionisti di tutto il mondo ed è costantemente scambiato nelle aste più prestigiose quali le famose "Italian Sales" di Londra. Non di secondaria importanza è l'attività poetica di Agostino Bonalumi, che ha pubblicato, tra il 2000 e il 2010, sei libri di poesia: scherzo io (Colophon, 2000); Da te ascolto tornare le cose (con un pensiero di Concetto Pozzati, Book Editore, 2001); Difficile cogliersi (Edizioni Il Bulino, 2002); Giusto provarci (Colophon, 2006); è stato un nulla (Book Editore, 2008); Difficile esserci (con un'introduzione di Leonardo Conti, Vanillaedizioni, 2010).
Nel 2018 Palazzo Reale di Milano in collaborazione con il Museo del Novecento gli dedica la mostra Bonalumi 1958-2013, antologica comprensiva di oltre 120 opere.

Renato Mambor 








Renato Mambor (Roma, 4 dicembre 1936 – Roma, 6 dicembre 2014) è stato un pittore e attore italiano. Protagonista di spicco del fenomeno artistico sperimentale noto come giovane scuola di Roma sviluppatosi nella Capitale negli anni sessanta, in compagnia di nomi quali Mario Schifano, con il quale il giovane Mambor ebbe modo di sperimentare le sue prime visioni artistiche nell'appartamento di Cinecittà. Ha modo di far conoscere i suoi primi lavori in occasione di un premio organizzato nel 1958, destando perplessità a causa della peculiari caratteristiche d'avanguardia delle opere esposte, oltre che da Mambor, anche da altri suoi amici quali lo stesso Schifano, Franco Angeli, Tano Festa, Cesare Tacchi, Francesco Lo Savio e Sergio Lombardo. La sua prima esposizione ha luogo nel 1959 a Roma, alla Galleria "L'Appia Antica". Nel giugno dell'anno successivo vince uno dei "Premi di incoraggiamento" della Galleria d'Arte Moderna, per poi esporre alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis nel 1963, 1964 e negli anni successivi.Contemporaneamente si dedica anche al cinema, iniziazione di una successiva sperimentazione fotografica, partecipando come interprete a La dolce vita di Federico Fellini e lavorando, fra gli altri, con Ugo Tognazzi, Walter Chiari, Totò, Chet Baker, Damiano Damiani e legandosi sentimentalmente con Paola Pitagora con la quale, dopo un rapporto durato molti anni, conserverà un forte legame di amicizia. Dal 1975 dirige la compagnia teatrale Gruppo Trousse (nome tratto dalla scultura di metallo da lui realizzata) concentrandosi su una ricerca interiore alla sfera dell'uomo, soprattutto negli aspetti cognitivi, emotivi, nervosi. Dal 1975 al 1987 è autore e regista di opere teatrali, e proprio nell'esperienza teatrale viene accompagnato dalla donna che diventerà sua moglie, Patrizia Speciale. Parallelamente al campo teatrale si applica nella realizzazione di fotografie, performance, video e filmati, trascurando la pittura, cui tornerà a dedicarsi nel 1989 dopo una pausa decennale, cui seguirà un'interruzione dovuta a problemi di salute e una successiva ripresa del percorso artistico pittorico. Ha continuato a dipingere e ad esporre fino all'inizio di dicembre 2014, quando è morto nella sua Roma.

Giorgio Griffa






Giorgio Griffa (Torino, 29 marzo 1936) è un pittore italiano, tra i principali esponenti a livello internazionale della ricerca pittorica contemporanea dagli anni '60 a oggi. Inizia a dipingere ancora bambino e riceve i primi insegnamenti dai pittori tradizionali che all'epoca frequentavano il Circolo degli Artisti, antica istituzione torinese. Nel 1958 consegue la laurea in giurisprudenza e da allora esercita la professione d'avvocato.  Dal 1960 al 1963 è allievo di Filippo Scroppo, pittore astratto nonché docente all'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, collaboratore di Felice Casorati e membro del Movimento Arte Concreta o MAC. Tuttavia solo a metà degli anni '60 nei quadri figurativi di Griffa iniziano a comparire elementi astratti che sanciscono l'avvio di quelle riflessioni sullo statuto della pittura, sugli strumenti del dipingere e sulla posizione dell'artista che porteranno al ciclo dei "segni primari" con cui ha inizio l'impronta del suo percorso pittorico. Saranno proprio le tele dei "segni primari" a porlo tra i protagonisti del dibattito di quegli anni, che si sviluppa sulle ceneri dell'informale e si snoda attraversando la pop-art americana e l'arte concettuale. In quel periodo, su stimolo di Aldo Mondino viene in contatto con l'opera di Giulio Paolini che lavorava alla scissione delle diverse componenti dell'oggetto artistico: un percorso differente ma con punti di contatto. L'approdo di Griffa alla Galleria Sperone a fine anni '60 lo pone in relazione con una serie di artisti alla cui opera viene attribuita l'etichetta di Arte povera, tra cui, in particolare, diventano per Griffa interlocutori significativi Giovanni Anselmo, Gilberto Zorio e Giuseppe Penone. Alleato per poetica e ideologia sarà anche Marco Gastini: un intreccio significativo tra i loro lavori è testimoniato da una mostra nel 1972 alla Galleria Fiori a Firenze, "pensata" e allestita insieme. Dal 2007 è tra i novanta accademici nazionali dell'Accademia di San Luca di Roma. Nonostante sia stato associato a movimenti come l'Arte Povera la Pittura Analitica o il Minimalismo, il percorso artistico di Giorgio Griffa rimane tuttavia per lo più solitario e non inquadrabile in una corrente specifica. Dagli esordi della sua personale formula di pittura sono passati ben più di 40 anni, ma Griffa prosegue sulle sue orme originali di pittore, sempre a Torino, dove vive e dipinge tuttora. A molti anni di distanza dalla sua prima mostra negli Stati Uniti nel 1970 presso la galleria di Ileana Sonnabend a New York, a dicembre 2012 una sua personale Fragments 1968 – 2012 alla Casey Kaplan gallery sempre di New York, lo ha portato a essere menzionato come una delle «10 riscoperte più emozionanti del 2012». Nella sua recensione della mostra, la critica d'arte americana Roberta Smith ha scritto sul The New York Times: «La sua arte merita un posto nella storia mondiale dell'astrattismo». Nel 1968, Giorgio Griffa abbandona la pittura figurativa e inizia a portare sulla tela quei segni elementari che caratterizzano ancora oggi il suo lavoro. Dipinge principalmente con colori acrilici a base acquosa su tela grezza (iuta, canapa, cotone e lino) non preparata, né montata su telaio. Le sue tele vengono poi fissate direttamente alla parete con una serie di piccoli chiodi lungo il loro bordo superiore. Quando non sono esposte le sue opere vengono ripiegate e impilate, con la formazione di conseguenti pieghe che creano una "griglia" che soggiace alla pittura. In linea con l'idea che la pittura sia un "costante non finito", molte delle sue opere mostrano un deliberato punto di sospensione che è stato descritto come il «fermare un pensiero a metà frase». La sua produzione artistica si articola sugli elementi tradizionali della pittura e così anche acquerelli, incisioni e altre tecniche.


Jannis
 Kounèllis 








Pittore e scultore greco (Pireo 1936 - Roma 2017), dal 1956 stabilitosi in Italia. Staccandosi assai presto dal figurativismo pop, K. ha anticipato e accompagnato lo sviluppo dell'arte povera: i Fiori di fuoco (immagini di fiori recanti al centro della corolla una fiamma che scaturisce da un becco di gas), il pappagallo vivo sullo sfondo di una superficie grigia (1967), i carrelli di carbone, le lane e altri elementi naturali o artificiali. Negli anni Settanta, con gli "ambienti" e le performances, K. appare più decisamente orientato verso un'arte dell'evento e del comportamento. A partire dagli anni Ottanta le sue opere, che spesso recuperano frammenti e oggetti antichi, evocano la nostalgia di un mondo arcaico e simbolico-mitologico. Nel 1995, in piazza Plebiscito a Napoli, ha installato, montandole su di un tabellone metallico, delle bombole a gas con tubi a cannella. Nel 2002, presso la Galleria nazionale di arte moderna di Roma, K. ha allestito Atto unico, un percorso di lamiere di ferro nei corridoi e nelle sale della galleria, lungo il quale sono posizionati sacchi di iuta, pietre, carbone e altri oggetti. Dei suoi lavori successivi, menzione particolare merita la Porta dell'orto monastico della basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma (2007); nel 2011 hanno suscitato ampio dibattito i suoi sette Sudari proposti da A. Fendi nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia, mentre è datata al 2016 l'installazione realizzata per il Centro arti visive Pescheria di Pesaro, fortemente allusiva alla realtà industriale del luogo. Tra le mostre si ricordano quelle allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1990-91), alla Galleria Tretjakov di Mosca (1991), alla Biennale di Venezia (1993) e alla Kunsthalle di Amburgo (1995); del 2006 è un'ampia retrospettiva (con le opere realizzate tra il 1969 e il 1994) al Museo d'arte contemporanea Donna Regina di Napoli, cui hanno fatto seguito le personali organizzate dalla Galleria Fumagalli e dal Museo Adriano Bernareggi di Bergamo (2009) e la mostra Disegni e progetti ospitata nella Galleria Vannucci di Pistoia (2010). Nel 2016 un'esposizione alla Monnaie di Parigi ha compiutamente ricostruito il suo percorso artistico, ed è dello stesso anno la mostra Kounellis. 14 disegni / 1991 presentata al Museo della scultura contemporanea di Matera, in cui sono stati esposti quattordici studi per l’installazione Senza titolo, realizzata nel 1991. Nel 2019 è stata allestita presso la Fondazione Prada di Venezia la prima vasta retrospettiva dedicata all’artista dopo la sua scomparsa.

Luciano Fabro






Luciano Fabro (Torino, 20 novembre 1936 – Milano, 22 giugno 2007) è stato uno scultore e scrittore italiano. Dopo l'infanzia vissuta in Friuli, terminati gli studi classici, si trasferì a Milano, dove poi ha sempre vissuto, nel 1959. Qui sin da subito strinse amicizia con gli artisti più interessanti che vi lavoravano: Lucio Fontana, Piero Manzoni, Dadamaino ed Enrico Castellani. La prima mostra personale è del 1965 alla Galleria Vismara; vi espone lavori realizzati con vetri, specchi e metallo tesi ad istituire relazioni aperte con i visitatori. Nel 1967 partecipa alla mostra Arte Povera Im Spazio curata da Germano Celant alla galleria La Bertesca di Genova. Parteciperà da quel momento in poi a tutte le mostre del gruppo dell'Arte Povera. Dal 1968 elabora le serie dei Piedi (1968-1972) e di Italia in cui gioca sugli accostamenti tra materiali e iconografie feticistiche o simboliche. In particolare, nella serie Italia espone silhouettes della penisola in posizioni inusuali. Dal 1978 ridà, con Hidetoshi Nagasawa e Iole De Sanna, vita alla Casa degli artisti a Milano che diventerà per quasi trent'anni luogo d'incontro e di discussione tra artisti di diverse generazioni. In seguito, negli anni ottanta si dedica a opere riguardanti lo spazio (opere, nell'insieme, che chiamerà Habitat), mentre il decennio successivo lo vede soprattutto impegnato in commissioni riguardanti opere pubbliche. Dal 1983 insegnò all'Accademia di Brera. È morto a Milano nel 2007, mentre preparava una mostra al Museo d'arte contemporanea Donnaregina (MADRE) di Napoli, il cui allestimento è poi stato terminato dalla figlia Silvia che, assieme a Rudi Fuchs, ha inteso aderire nel modo più preciso possibile all'idea che l'artista aveva formulato per questa esposizione, restituendone fedelmente la struttura e le scelte. La mostra, intitolata Didactica magna minima moralia, è stata inaugurata il 20 ottobre 2007. Nel 2008, ad un anno dalla sua morte, la XV Quadriennale di Roma commemora Luciano Fabro e gli rende omaggio: la scultura Autunno, viene esposta per la prima volta in Italia aprendo la mostra nella Sala della Rotonda di Palazzo delle Esposizioni. Anche il catalogo della mostra si apre con un testo dell'artista. Nel 2011 la rivista alfabeta2 dedica a Luciano Fabro il numero di giugno con fotografie dell'artista e delle sue opere tutte realizzate dal fotografo milanese Giovanni Ricci, una sua intervista con Francesca Pasini sulla sua opera Prometeo e la sua lezione accademica "Arte è ciò che trasforma". Nel 2014 si inaugura una sua grande retrospettiva al museo Reina Sofia a Madrid.

Gianni Colombo
Operatore artistico italiano (Milano 1937 - ivi 1993). Nel 1959 ha costituito a Milano il Gruppo T con G. Anceschi, D. Boriani e G. De Vecchi; nel 1963 ha partecipato al movimento internazionale Nouvelle Tendence. Nella sua ricerca, iniziata con opere polimateriche non figurative, particolare importanza hanno i fenomeni visivi, percettivi, cinetici e di animazione elettromeccanica.

Mario Ceroli 







Mario Ceroli (Castel Frentano, 17 maggio 1938) è uno scultore e scenografo italiano. Formatosi all'Accademia di belle arti di Roma, sotto la guida di Leoncillo Leonardi, Pericle Fazzini e Ettore Colla, di cui diventa assistente, indirizza il suo interesse sulle opere in ceramica e riproduceva inizialmente sculture di ceramica. Nel 1957 sperimenta l’uso del legno, prevalentemente tronchi di albero trapassati da chiodi, con cui nel 1958 vince il premio per la giovane scultura italiana. Alla fine degli anni Cinquanta, il legno diventa il suo materiale espressivo prediletto. Negli anni Sessanta intaglia grandi sagome umane nel legno grezzo che spesso ripetute in modo seriale, diventando un segno distintivo di gran parte della sua produzione. È quindi negli anni sessanta, impressionato dalla Pop art tramite le opere di Louise Nevelson e di Joe Tilson, che arriva ai materiali e alle forme che avrebbero caratterizzato successivamente le sue creazioni: silhouette di oggetti sagomate inlegno, prive di colore, talvolta ripetute in serie (Ultima Cena, 1965, Galleria nazionale d'arte moderna a Roma; Uomo di Leonardo, 1964; La Cina, 1966, La Grande Cina, 1968), connesse ad uno spazio che diventa tema essenziale (Cassa Sistina, 1966), oppure tracciate a tempera e a inchiostro (La porta, il cenacolo, 1981; Giorno, Notte, 1982). Il Centro studi e archivio della comunicazione di Parma conserva un fondo dedicato a Ceroli, consistente di 2 sculture, pubblico e parzialmente consultabile per motivi conservativi. Nel 1967-1968 prese parte alle mostre del gruppo dell'Arte povera, di cui Ceroli può essere considerato un precursore in quanto già agli inizi degli anni ’60 introduce nelle sua produzione artistica materiali come: legni bruciati, vetri, piombo, stracci ghiaccio, carta, cenere etc. . Nel 1966 Cassa Sistina, viene premiata alla Biennale di Venezia. Le forme, sagomate nel legno, comprendono lettere, numeri, geometrie, oggetti, riconducibili alla ricerca Pop e alla reinterpretazione dei grandi classici della storia dell’arte: da Leonardo da Vinci a Michelangelo a P. Uccello, fino a G. De Chirico. Contemporaneamente realizza allestimenti scenici per il teatro, il cinema e la televisione. Infatti il carattere "invasivo" del suo lavoro lo porta a sconfinare nel cinema, nella scenografia, nel disegno di ambienti, nella progettazione di chiese e del loro arredo interno, fino a un progetto, mai completato, di teatro. Ha realizzato a Bologna nel 1988 la cosiddetta "Casa del Nettuno", un contenitore ligneo decorato con la silhoutte Uomo galleggiante, che ha costituito il cantiere di restauro della statua bronzea del Nettuno del Giambologna. Suo è l'Unicorno alato (1990), in legno rivestito di oro, esposto all'ingresso della sede Rai di Saxa Rubra. Ha curato l'arredo della chiesa di Porto Rotondo (1971), di Santa Maria Madre del Redentore di Tor Bella Monaca, a Roma, nel 1987 e di San Carlo Borromeo al Centro Direzionale di Napoli, nel 1990. Ha svolto anche un'intensa attività di scenografo, collaborando con il Teatro Stabile di Torino (scenografia del Riccardo III di Shakespeare, 1968, per cui ha realizzato la scultura La grande cina, invenzione che vede in scena il sistema delle grandi sagome umane i cui movimenti sono sospesi in uno spazio metafisico, oggi conservata allo CSAC di Parma) e con la Scala di Milano, 1972 (scenografia della Norma di Vincenzo Bellini). Dalla metà degli anni Ottanta introduce nella sua opera l’uso di lastre di vetro e realizza numerose installazioni monumentali in spazi pubblici, tra cui il Cavallo alato del Centro Rai di Saxa Rubra a Roma (1990). Nelle sue sculture, frequenti le citazioni da famose opere del passato, come da quelle di Leonardo, di cui ha parafrasato con i suoi legni il disegno dell'"uomo vitruviano" (Disequilibrium, 1967) e l'Ultima Cena (legno dipinto, 1981). Nel 1997 donò al paese d'origine, Castel Frentano, una copia della scultura lignea L'uomo vitruviano collocandola nel piazzale della Concezione. Nel 2007 è stato chiamato dal Palazzo delle Esposizioni di Roma a partecipare alla sua riapertura ufficiale, dopo lunghi anni di lavori di ristrutturazione, con una scelte delle sue principali opere. Autore del proprio ambiente di vita e di lavoro, Ceroli ha raccolto alle porte di Roma, in uno spazio di 3000 metri quadrati i suoi lavori, in una sorta di casa-museo, luogo straordinariamente suggestivo che raccoglie i suoi lavori, oltre 500, in una specie di museo in continuo mutamento e accrescimento, che avrebbe intenzione di aprire al pubblico per renderlo vivo, fruibile, utile come stimolo e modello alle più recenti generazioni di artisti.

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