sabato 14 gennaio 2023

Corso Artisti Italiani del XX Secolo: Lezione 2 1890 - 1900 Savinio Depero Prampolini Rosai Fontana Pirandello

 Alberto Savinio

Pseudonimo dello scrittore, pittore e musicista Andrea De Chirico (Atene 1891 - Roma 1952), fratello di Giorgio. A Parigi (dove soggiornò a più riprese, frequentando anche i surrealisti) pubblicò sulla rivista Les soirées de Paris il poemetto drammatico Le chants de la mi-mort (1914). Collaborò successivamente alla Voce e alla Ronda, ma il suo gusto tendente al metafisico, al surreale, al magico, lo avvicina piuttosto al Bontempelli delle esperienze "novecentiste". La sua narrativa (Hermaphrodito, 1918; La casa ispirata, 1925; Angelica o la notte di maggio, 1927; Tragedia dell'infanzia, 1937; Achille innamorato. Gradus ad Parnassum, 1938; Infanzia di Nivasio Dolcemare, 1941; Narrate, uomini, la vostra storia, 1942; Casa "La vita", 1943; Tutta la vita, 1945) si segnala per il gusto del pastiche, del capriccio, della fantasia capace di cogliere inedite analogie tra l'uomo e le cose, oltre che per un'ironica rivisitazione dell'eredità classica che caratterizza anche la sua opera teatrale (Il capitano Ulisse, 1934; Emma B. vedova Giocasta, 1949; Alcesti di Samuele, 1949; Orfeo vedovo, 1950). E se talvolta sul sentimento poetico prevale il gioco intellettualistico, questo è tuttavia reso in una prosa nitida ed elegante, la stessa che caratterizza la sua opera di saggista (Dico a te, Clio, 1940; Ascolto il tuo cuore, città, 1944; La sorte dell'Europa, 1945; Vita di Enrico Ibsen, post., 1979) e la sua copiosa produzione critica e giornalistica, raccolta in numerosi volumi postumi (Scatola sonora, 1955, che comprende scritti musicali; Nuova enciclopedia, 1977; Torre di guardia, 1977; Il signor Dido, 1978, brevi racconti apparsi sul Corriere della sera tra il 1949 e il 1952; Il sogno meccanico, 1981, scritti sul cinema; Palchetti romani, 1982, che riunisce le cronache teatrali scritte per Omnibus tra il 1937 e il 1939). Un gusto analogo a quello dello scrittore si ritrova nel S. pittore e disegnatore, nel quale a volte più esplicito è il gioco sui dati della mitologia e della storia, svolto in termini fra onirici e ironici, in opere che sono nelle principali collezioni italiane e straniere. Per la sua produzione di musicista si segnalano i balletti Perseo (1924), La morte di Niobe (1925), Ballata della stagione (1925).

Fortunato Depero
Pittore italiano (Fondo 1892 - Rovereto 1960). Aderente al movimento futurista, fu tra i firmatarî del manifesto dell'"aeropittura" (1926) e, con E. Prampolini, tra i più vivaci rappresentanti del "secondo futurismo" (La rissa, Roma, Galleria d'arte moderna; Nitrito in velocità, 1932, Genova, collezione Della Ragione). Egli apportò al futurismo un gusto spontaneo per la battuta sapida, di carattere popolare e più precisamente radicato nel folclore dell'Alto Adige (Sbornia monumentale, 1946, Milano, collezione A. Palazzolo) e con Balla e Prampolini studiò le applicazioni del futurismo alle "arti applicate" (tipografia, pubblicità, e, soprattutto, arazzi, cui si dedicò per venti anni). Esercitò anche con successo la scenografia.

Enrico Prampolini 

https://youtu.be/goLq4-8-VsI

Enrico Prampolini (Modena, 20 aprile 1894 – Roma, 17 giugno 1956) è stato un pittore, scultore, scenografo e costumista italiano. Allievo di Duilio Cambellotti all'Accademia delle belle arti di Roma, fu un esponente di primo piano del Futurismo ed ebbe stretti contatti con i rappresentanti delle avanguardie artistiche europee, col dadaismo con la Section d'Or, il Bauhaus, il De Stijl, il gruppo Abstraction-Création, con Pablo Picasso, Piet Mondrian, Vasilij Kandinskij e Jean Cocteau, operando teoricamente e praticamente anche nel settore dell'architettura. Dal 1913 per un periodo collabora con la rivista mensile milanese Varietas.Il 10 febbraio 1914 fu iniziato in Massoneria nella Loggia Giosuè Carducci di Reggio Emilia. Nel 1917 fonda con Bino Sanminiatelli la rivista Noi, e nello stesso anno cura le scenografie per i film di ispirazione futurista Thaïs e Perfido incanto entrambi diretti da Anton Giulio Bragaglia, per i quali crea interni di tipo onirico e soffocante, anticipando, secondo alcuni commentatori i contenuti del cinema d'avanguardia francese e russo e dell'espressionismo tedesco. Prampolini occupa un posto a sé nel panorama europeo dell'arte astratta, caratterizzandosi per il suo profondo interesse per il dinamismo e l'organicismo, che si manifesta negli anni trenta e quaranta in visioni cosmiche ed oniriche. Nel 1927 fonda il Teatro futurista di Prampolini. Nel 1928 concepisce il Padiglione Futurista all'Esposizione del Valentino a Torino, eseguito da Fillia e Pino Curtone. Con Fillia realizza nel 1933 un grande mosaico Le comunicazioni per la torre del Palazzo delle Poste della Spezia. Nel 1934 organizza, con Fillia e Defilippis, a Genova, la Prima Mostra di Plastica Murale per l'Edilizia Fascista, fortemente voluta da Marinetti, risultandone infine vincitore, con l'opera Sintesi cosmica dell'Italia fascista, davanti ad Alf Gaudenzi e Giovanni Braggion. Dopo l'esperienza futurista, realizza anche opere polimateriche e, sempre alla ricerca del divenire della materia, dipinge opere bioplastiche, in cui appare talora influenzato da visioni del microcosmo. Suo intento fu, come disse lui stesso, esprimere le estreme latitudini del mondo introspettivo. Prampolini, assieme a Alberto Magnelli, Mauro Reggiani, Atanasio Soldati, può considerarsi il pioniere dell'astrattismo in Italia. Muore nel 1956 ed è sepolto nel Cimitero del Verano. Nel 1963-64 una sua opera è esposta alla mostra Peintures italiennes d'aujourd'hui, organizzata in medio oriente e in nordafrica. La sua produzione più tipica è da ricercare nei bozzetti per scenografie: fu anche titolare della cattedra di Scenografia all'Accademia di Brera, nel 1944 è segretario del Sindacato italiano scenografi, nel 1945 diviene direttore artistico della Compagnia Balletti Russi Alanova, con la quale progetta costumi e scene per le varie rappresentazioni in vari teatri italiani. Tra le sue innumerevoli interessanti opere particolarmente suggestiva è Maternità cosmica, conservata alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. L'archivio personale dell'artista è stato donato dagli eredi al Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive del Comune di Roma nel 1992 ed è consultabile on-line nell'ambito del progetto Archivi del Novecento.

Ottone Rosai
https://youtu.be/6HtegLodUjE

 

Pittore e scrittore (Firenze 1895 - Ivrea 1957). Inizialmente vicino alle tematiche futuriste, dopo la Prima guerra mondiale, alla quale prese parte, nell'ambito di un più ampio ritorno all'ordine che caratterizza la pittura italiana di quegli anni, si avvicinò alla costruttività cezanniana senza mai tralasciare la tradizione toscana. Vita e opere. Dopo aver frequentato l'accademia di belle arti di Firenze, aderì al futurismo (1913-14), per poi accostarsi, in un desiderio di saldezza formale, sull'esempio di A. Soffici, alla costruttività cezanniana; esperienza, questa, sulla quale innestò un proprio senso realistico paesano, colto nei suoi aspetti più semplici e quotidiani, che affondava le radici nella tradizione toscana ottocentesca (Piazza del Carmine, 1922, Firenze, Gall. d'arte moderna; L'omino di sagrestia, 1922-23, Torino, Gall. d'arte moderna; I filosofi, 1929, Milano, Gall. d'arte moderna). Nel secondo dopoguerra affiancò a intensi e drammatici autoritratti grandi paesaggi pervasi di luce e scene di vita popolare (Autoritratto a Venezia, 1952; Via de' Massoni, 1956, Firenze, Gall. d'arte moderna; Giocatori di toppa, 1957) che ripropongono, in una dimensione sospesa dai densi impasti cromatici, temi già trattati. Una vena polemica e popolareggiante, vicina ai modelli di Soffici e del primo Papini, caratterizza anche la scrittura di R.: collaboratore di Lacerba e del Selvaggio, pubblicò ricordi della prima guerra mondiale (Il libro di un teppista, 1919; Dentro la guerra, ed. integrale su rivista 1932, ed. ridotta in vol. 1934) e una raccolta di brevi prose, Via Toscanella (1930); nel 1951 una scelta dei suoi scritti fu riunita in Vecchio autoritratto (nuova ed. Ricordi di un fiorentino, 1955). Postuma (1974) è apparsa l'edizione delle Lettere (1914-1957), a cura di V. Corti.

Lucio Fontana 









Lucio Fontana (Rosario, 19 febbraio 1899 – Comabbio, 7 settembre 1968) è stato un pittore, ceramista e scultore italiano, argentino di nascita, fondatore del movimento spazialista. Figlio dello scultore italiano Luigi Fontana e di madre argentina, comincia l'attività artistica nel 1921 lavorando nell'officina di scultura del padre e del collega e amico del padre Giovanni Scarabelli. Diventa poi seguace di Adolfo Wildt. Sin dal 1949, infrangendo la tela con buchi e tagli, egli supera la distinzione tradizionale tra pittura e scultura. Lo spazio cessa di essere oggetto di rappresentazione secondo le regole convenzionali della prospettiva. La superficie stessa della tela, interrompendosi in rilievi e rientranze, entra in rapporto diretto con lo spazio e la luce reali. Alla fine degli anni quaranta, collabora con la Fontana Arte alla realizzazione di basi in ceramica per tavoli e tavolini (su disegno dell'architetto Roberto Menghi), e con la ditta Borsani. Lucio nasce da una relazione fra Lucia Bottini, figlia dell’incisore svizzero Jean e che poi sposerà Juan Pablo Maroni, e il padre Luigi che terrà con sé il figlio e sposerà successivamente Anita Campiglio, considerata sempre da Fontana come una vera mamma. La famiglia Fontana era abbastanza agiata, quindi il giovane Lucio viene mandato in Italia a studiare prima in importanti collegi e poi all’Istituto tecnico Carlo Cattaneo e al liceo artistico di Brera. Nel 1917 si arruola volontario nell’esercito. Nel 1921, ottenuto il diploma di perito edile fa ritorno in Argentina. Nel 1924 dopo aver lavorato con il padre apre il suo studio a Rosario abbandonando lo stile realistico del padre e guardando invece i modi cubisti di Aleksandr Archipenko come in Nudo (1926) e in La mujer y la balde (1927). Nella prima opera si notano influenze di Archipenko e del secessionismo, mentre nella seconda opera si nota la lezione di Aristide Maillol. Nel 1927 torna a Milano e si iscrive all’Accademia di Brera e si diploma nel 1930. Subisce l'influenza del suo professore Adolfo Wildt. Dirà nel 1963 “Avevo per guida un grande maestro: Wildt, ero considerato l’allievo migliore del corso. E Wildt, anzi, mi aveva espresso più volte che io diventassi continuatore della sua arte. Invece, appena uscito dall’Accademia, ho preso una massa di gesso, le ho dato una struttura approssimativamente figurativa di un uomo seduto e le ho gettato addosso del catrame. Così, per una reazione violenta. Wildt si è lamentato, e cosa potevo dirgli? Avevo una grande stima di lui, gli ero riconoscente, ma a me interessava trovare una nuova strada, una strada che fosse tutta mia.” È nata così una delle opere più importanti del primo periodo di Fontana: L’uomo nero (1930- oggi perduta). Ricordando opere di Archipenko e Zadkine cerca un ritorno alle origini della forma. Il catrame nero e la massa quasi informe, sono in contrasto con il recupero delle forme romane ed etrusche di Arturo Martini e Marino Marini. Insieme a Renato Birolli e Aligi Sassu ritiene l’espressionismo una alternativa alla moda del Novecento come in Campione olimpico (o Campione in attesa) (1932). Realizza anche numerose ceramiche dai colori accesi. Conosce le avanguardie architettoniche milanesi: Figini e Pollini e il gruppo BBPR cioè: Belgioioso, Banfi, Peressutti, Rogers. Ha acquisito la lezione di Le Corbusier. La vicinanza all’architettura è visibile chiaramente nel monumento a Giuseppe Grandi (Il grande scultore della "Scapigliatura" lombarda) purtroppo mai realizzato (1931) e progettato insieme con il cugino architetto Bruno Fontana e l’ingegnere Alcide Rizzardi. Il progetto prevede un cono rovesciato e dei cristalli. Si nota la derivazione dalle opere costruttiviste e razionaliste: vedi Melnikov (Faro di Colombo 1929) e Tatlin (monumento alla III Internazionale). Negli anni trenta Fontana è sempre in bilico tra figurazione espressionista e rarefazione della forma e bidimensionalità. Vedi Il fiocinatore (1934) o Scultura astratta (1934). Nel 1937 si reca a Parigi per l’Esposizione universale. Conosce Tristan Tzara e Costantin Brancusi e vede le opere di Picasso. Visita i laboratori di ceramica di Sèvres e realizza nuove ceramiche. Dal 1940 al 1947 vive in Argentina e insieme con altri artisti astratti scrive Il manifiesto blanco: Si richiede un cambiamento nell'essenza e nella forma. Si richiede il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica. È necessaria un'arte maggiore in accordo con le esigenze dello spirito nuovo. Nel 1947 insieme con Beniamino Joppolo, Giorgio Kaisserlian, Milena Milani scrive il Primo Manifesto dello Spazialismo È impossibile che l'uomo dalla tela, dal bronzo, dal gesso, dalla plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa, come fu impossibile che dalla grafite non passasse alla tela, al bronzo, al gesso, alla plastilina, senza per nulla negare la validità eterna delle immagini create attraverso grafite, bronzo, tela, gesso, plastilina.[9] Seguito poi dal Manifesto tecnico dello spazialismo nel 1951 (La prima forma spaziale costruita dall'uomo è l'aereostato. Col dominio dello spazio l'uomo costruisce la prima architettura dell'Era Spaziale- l'aeroplano. A queste architetture spaziali in movimento trasmetteranno le nuove fantasie dell'arte. Si va formando una nuova estetica, forme luminose attraverso gli spazi. Movimento, colore, tempo, e spazio i concetti della nuova arte.). Nel 1952 segue il Manifesto del movimento spaziale per la televisione: Noi spaziali trasmettiamo, per la prima volta nel mondo, attraverso la televisione, le nostre nuove forme d'arte, basate sui concetti dello spazio, visto sotto un duplice aspetto: il primo quello degli spazi, una volta considerati misteriosi ed ormai noti e sondati, e quindi da noi usati come materia plastica; il secondo quello degli spazi ancora ignoti del cosmo, che vogliamo affrontare come dati di intuizione e di mistero, dati tipici dell'arte come divinazione. La televisione è per noi un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti. Siamo lieti che dall'Italia venga trasmessa questa nostra manifestazione spaziale, destinata a rinnovare i campi dell'arte.Le sue tele monocrome, spesso dipinte a spruzzo, portano impresso il segno dei gesti precisi, sicuri dell'artista che, lasciati i pennelli, maneggia lame di rasoio, coltelli e seghe. Tutto è giocato sulle ombre con cui la luce radente sottolinea le soluzioni di continuità. L'opera Il fiore (o Concetto spaziale) del 1952 introduce il movimento: un fiore costituito da lamelle di ferro verniciato di giallo con una serie di buchi ordinati e in movimento tra di loro. Ma forse l'opera più interessante di questo periodo è la Struttura al neon per la IX Triennale di Milano del 1951. Un neon continuo che si intreccia più vote appeso a un soffitto colorato di blu (progettato insieme con gli architetti Baldessari e Grisotti) e sembra cristallizzare il movimento di una torcia elettrica oppure il movimento di uno schizzo su carta (come si può vedere dagli schizzi preparatori) simile ai tracciati spiraliformi di Hans Hartung. Nei successivi anni '50 realizzerà una serie di opere sempre più rappresentative del pensiero informale. La serie delle Pietre, la serie dei barocchi e quella dei gessi. Conosce Yves Klein, che a sua volta lo ammira. Fontana apre un varco verso una ricerca di infinito, di spazio, di spiritualità. La stessa ricerca di spiritualità operata da Kandinskij, Pollock, Yves Klein e da Rothcko. Fontana giunge alla sua poetica delle opere più famose (i tagli sulla tela), nel 1958, meditando la lezione del barocco, in cui, come egli scrisse le figure pare abbandonino il piano e continuino nello spazio. Come gesti apertamente provocatori vanno intese certe sue tele monocrome che, quali i buchi e i tagli, scandalizzarono il pubblico anche per la facilità con cui è possibile rifarle. Su uno sfondo sempre più monocromo, egli incide la tela con un uno o più tagli per cui si interrompe la illusorietà della tela come supporto per un disegno e l'opera diventa una materia che tramuta la tela in una scultura tridimensionale. Le tele caratterizzate dai tagli sono chiamate anche Concetto spaziale-Attese (o Attesa) a seconda del numero dei tagli. Le tele all'inizio presentano molti tagli anche disposti in serie più o meno ordinate e sono colorate con aniline; in seguito i tagli si riducono, le tele sono colorate con idropittura e i tagli chiusi nel retro da garza nera. Ecco raggruppati per tema le serie di opere di Lucio Fontana:

Le Sculture (1925-1967), I Buchi (1949-1968), Le Pietre (1952-1956), I Barocchi (1954-1957), I Gessi (1954-1958), Gli Inchiostri (1956-1959);
Gli Olii (1957-1968), I Tagli (1958-1968), I Quanta (1959-1960), Le Nature (1959-1960), I Metalli (1961-1968), La Fine Di Dio (1963-1964);

I Teatrini (1964-1966), Le Ellissi (1964-1967), Le Ambientazioni (1926-1968), I Disegni (1928-1968), Le Ceramiche (1949-1968).

Numerosi furono i falsari, ma pochi con un segno altrettanto sicuro. Fontana, per cautelarsi, scrisse sul retro di ogni tela frasi insensate, semplice appiglio per una perizia calligrafica. È stato pittore, scultore, ceramista, mosaicista, ha trattato il Cemento Dipinto, ha praticato anche l'Architettura. In Piazza Pozzo Garitta, ad Albissola Marina, si trova lo "Spazio Lucio Fontana" ove, negli anni '50 e '60, era ubicato l'atelier dell'artista, che, per la locale "Passeggiata degli Artisti" fece un disegno per un mosaico e fuse una scultura metallica. Ad Albissola Marina, lavorò anche in via Ferdinando Isola, nella Fornace "APA Assalini Poggi Albisola". Agli inizi degli anni Sessanta ebbe corrispondenze con degli ammiratori, fra questi col critico d'arte Eraldo Di Vita. Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d'aujourd'hui, organizzata in medio oriente e in nordafrica. Morì a Comabbio, in provincia di Varese, il 7 settembre del 1968, all'età di 69 anni. La moglie Teresita Rasini, nel 1982, ha dato vita alla Fondazione Lucio Fontana, alla quale lasciò oltre seicento opere dell'artista e di cui è stata presidente fino alla sua scomparsa nel 1995. La fondazione collabora all'organizzazione di mostre, ospitate da importanti istituzioni pubbliche o private come: la grande antologica, la mostra Guggenheim, la personale itinerante, in Giappone e l'esposizione al Centre Pompidou di Parigi. Attualmente il presidente della fondazione è Nini Ardemagni Laurini. Il 12 aprile del 2008 nella sala d'asta di Christie's di Londra, l'opera dell'autore "Concetto spaziale. Attesa", stimata tra i 3,5 e i 5,5 milioni di sterline, è stata aggiudicata nell'asta "Post-War and Contemporary Art" a 6.740.500 sterline, pari a 9.018.789 euro.

Fausto Calogero Pirandello







Fausto Calogero Pirandello (Roma, 17 giugno 1899 – Roma, 30 novembre 1975) è stato un pittore italiano, figlio di Luigi Pirandello e uno dei rappresentanti della cosiddetta Scuola Romana. Figlio ultimogenito di Luigi Pirandello e di Maria Antonietta Portolano, entrambi originari di Agrigento, nacque dunque dopo il fratello Stefano e la sorella Lia. Trascorse l'infanzia tra Roma e le vacanze in Sicilia, terra che gli infonderà la passione per quelle tonalità che saranno poi tra le caratteristiche inconfondibili della sua pittura. Nel 1917 riceve la chiamata alle armi, tra i Ragazzi del ’99, ed è costretto ad interrompere gli studi classici anche se non viene immediatamente inviato al fronte per motivi di salute. Passa quindi il periodo della guerra in ospedale e un periodo di ricovero a Firenze. Dopo la guerra non riprende gli studi e manifesta la volontà di dedicarsi alla scultura anche se, sempre per problemi legati alla salute, sarà costretto ben presto a passare alla pittura (già praticata come svago in casa Pirandello, sia dal padre che dal fratello maggiore, Stefano). Il suo primo insegnante d'arte è Sigismondo Lipinsky, scultore e incisore simbolista, presso il quale segue nel 1919 un corso di disegno della durata di un anno. È quindi del 1920 la decisione di lasciare definitivamente la scultura e dedicarsi interamente alla pittura. Nel 1922 si iscrive infatti alla Scuola d'Arte agli Orti Sallustiani, aperta a Roma da Felice Carena, Attilio Selva e Orazio Amato, che frequenterà fino al 1923. Qui conosce i pittori Emanuele Cavalli, Onofrio Martinelli e Giuseppe Capogrossi, con i quali trascorre lunghi soggiorni estivi ad Anticoli Corrado. Felice Carena è colui che introduce realmente Pirandello nel mondo di Anticoli Corrado, paese dell'Alta Valle dell'Aniene molto popolare fra gli artisti dell'epoca alla ricerca di paesaggi pittoreschi e modelle di posa, e dove nel 1924 Fausto apre il suo primo studio di pittura. Nello stesso anno conosce ad Anticoli lo scultore Arturo Martini, appena giunto nel paesino al seguito del pittore e scultore statunitense Maurice Sterne, in qualità di collaboratore artistico. E ad Anticoli Corrado Fausto conosce anche Pompilia D'Aprile, già modella di posa per i pittori Francesco Trombadori e Amleto Cataldi, che sposerà nel 1927 (matrimonio mantenuto segreto al padre fino al 1930) e dalla quale avrà due figli, Pierluigi e Antonio. Nel 1925 Pirandello fa la sua prima apparizione in pubblico alla III edizione della Biennale Romana, con l'opera Bagnanti e l'anno successivo alla XV Biennale Internazionale d’Arte della Città di Venezia, con Composizione, rassegna che lo vedrà esporre con continuità dal 1932 al 1942. Nel 1927 Fausto Pirandello decide di stabilirsi a Parigi con la moglie Pompilia. Risiede a Montparnasse e prende un piccolo studio a Montrouge. Il viaggio è una vera e propria fuga, un tentativo di allontanarsi dai condizionamenti psicologici del padre ma anche un'occasione per esperire nuove soluzioni nell'ambito della sua pittura. A Parigi frequenta il gruppo degli Italiens de Paris (specialmente Giorgio De Chirico e Filippo de Pisis), conosce più da vicino le opere di Cézanne, dei cubisti (Picasso e Braque) e dei pittori della Scuola di Parigi (l’École de Paris) esposti nelle Gallerie più in vista della città. E nella Ville Lumiére Fausto diventa padre di un maschio, Pierluigi, il 5 agosto del 1928. La sua prima esposizione parigina è insieme a Emanuele Cavalli e a Francesco Di Cocco, in casa della contessa Castellazzy-Bovy; in seguito alla Galerie Vildrac (1929), dove allestisce la sua prima vera personale e a cui segue una seconda personale all'estero, a Vienna, nel 1929. Nel 1930 torna definitivamente a Roma con la moglie Pompilia e il figlio Pierluigi, prendendo dimora in via Valenziani, dove allestisce uno studio all'ultimo piano con vista sui tetti di Roma e dove soggiornerà fino al 1954 (si trasferirà in seguito in via degli Scialoja). Trascorre le estati con la famiglia ad Anticoli Corrado, dove Pompilia possiede ancora una casa, ambiente che gli ispirerà la maggior parte delle composizioni di paesaggio. Durante gli anni Trenta espone con frequenza alla Galleria di Roma, alle Sindacali del Lazio e alle Quadriennali Romane e si lega, pur mantenendo sempre un percorso individuale, all'ambiente della Scuola romana, all'interno della quale sarà più vicino al gruppo dei cosiddetti 'tonalisti' come Giuseppe Capogrossi, Emanuele Cavalli e Roberto Melli. La perdita del padre Luigi (Premio Nobel nel 1934) avviene nel 1936 e l'anno successivo nasce a Roma il secondogenito di Fausto Pirandello, Antonio († 2006). Nei primi anni Quaranta numerose sono le esposizioni e i riconoscimenti per la sua pittura, sia in Italia che all'estero: primo premio alla ‘II Mostra dello Sport’ (1940), personale alla sala delle Mostre d'Arte alle Terme di Roma (1941) e presso la Galleria Gian Ferrari di Milano (1942), dove tornerà ad esporre di frequente e poi ancora a Roma presso la Galleria del Secolo (negli anni 1944 e 1947). I Pirandello resteranno a Roma fino al precipitare degli eventi bellici, nel 1942, anno in cui decidono di trasferirsi ad Anticoli Corrado: torneranno nella Capitale soltanto nel gennaio 1944. La residenza provvisoria questa volta è a Villa Medici, grazie ad un permesso speciale, dove Pirandello può continuare a svolgere l'attività pittorica in uno spazio a lui dedicato. Nel dopoguerra si intensifica l'attività espositiva, con regolari partecipazioni alle Quadriennali Romane, alle Biennali di Venezia e presso Gallerie private, e non solo nelle città di Roma e di Milano. Nel 1947 Pirandello riceve la nomina di ‘Accademico residente dell'Accademia di San Luca', insieme a Giorgio De Chirico, Ferruccio Ferrazzi e Tullio Bartoli, segno della stima che si era sino ad allora conquistata nell'ambiente artistico romano e nazionale. Durante gli anni Cinquanta partecipa a numerose esposizioni in Italia e all'estero e viene supportato dall'opera di critici come Virgilio Guzzi (che nel 1950 ne redige la prima monografia), Fortunato Bellonzi, Lionello Venturi, Nello Ponente, Raffaele Carrieri. Espone le sue opere in numerose ed importanti rassegne personali (come l'antologica di Palazzo Barberini, a Roma, nel 1951) e collettive in Italia e all'estero, ottenendo ancora molti riconoscimenti: riceve il Primo Premio alla VI edizione della Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma del 1951, il Premio Gualino nell'ambito della XXVI Biennale di Venezia del 1952 (che gli dedicherà una sala personale nell'edizione del 1956), il Premio Marzotto, nel 1953, e nel 1957 il Premio del Fiorino. Nel 1955 Pirandello terrà la sua prima personale negli Stati Uniti, presso la Catherine Viviano Gallery di New York. Per l'intensa attività artistica svolta fino ad allora, nel 1956 Fausto Pirandello viene insignito della Medaglia d'oro come benemerito della cultura e dell'arte dall'allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi. Sono questi gli anni in cui Pirandello si dedica anche alla scrittura d'arte su riviste del settore, come Quadrivio, La Fiera Letteraria e L'Europa Letteraria, sulle cui pagine partecipa attivamente al dibattito artistico nazionale dell'epoca. Durante gli anni Sessanta sono ancora numerosi i riconoscimenti nazionali per la sua lunga carriera di artista: nel 1960 Pirandello è infatti tra i pittori della Scuola Romana premiati alla XIII Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma, nel 1964 riceve il Premio Michetti e nel 1967 il Premio Villa. Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d'aujourd'hui, organizzata in medio oriente e in nordafrica. Fausto Pirandello muore nella sua città natale, Roma, il 30 novembre 1975, all'età di 76 anni, a seguito di un enfisema polmonare. Fausto Pirandello si colloca tra gli esponenti della Scuola romana, ma distinguendosi da essi per originalità e ricerca solitaria. L'originalità della sua pittura è orientata verso un realismo del quotidiano che si manifesta negli aspetti anche più impietosi e spiacevoli, esprimendosi mediante una materia pittorica densa e scabra.[6] La sua visione, sostanzialmente intellettualistica, traduce tuttavia il dato naturalistico anche più brutale in una sorta di realismo magico di sapore arcaizzante e metafisico. Il suo stile spazia dal cubismo, al tonalismo, a forme realistico-espressioniste: Gianfranco Contini parla ad esempio di «pittura espressionistica» in una lettera a Carlo Emilio Gadda Importante in questo periodo la sua partecipazione all'attività di Corrente di Vita. Le opere di Pirandello diventano pregevole testimonianza di un poeta che interpreta in pittura lo spirito indagatore e psicologico del padre Luigi. Pirandello evolve il suo stile intorno agli anni cinquanta, riassorbendo le suggestioni dei modelli cubisti (Braque e Picasso), vivendo la difficile fase di travaglio che coinvolge tutta la pittura italiana, tra realismo e neocubismo, per giungere, attraverso deformazioni di tendenza espressionistica, a originali soluzioni formali a mezzo tra astrazione e figurazione. La sua pittura ricerca una nuova definizione in cui si avverte molto forte il riferimento a una sintassi cubista nelle tassellature del colore e nelle composizioni in cui il dato narrativo perde via via importanza. Numerose sono le mostre ed esposizioni tenute dall'artista nel corso della sua vita pittorica, dalle collettive alla Biennale di Venezia e alle Quadriennali romane, alle personali presso la Galleria della Cometa, Galleria del Secolo, Galleria di Roma. Tra le occasioni espositive del dopoguerra, da ricordare sono la vasta antologica all'Ente Premi Roma nel 1951, la personale del 1955 alla Catherine Viviano Gallery di New York e la personale alla Nuova Pesa di Roma, nel 1968. Nel 2012 Ottavio Rosati utilizza dodici sue opere come scenografie virtuali per “Fantasmi al Valle” con il figlio PierLuigi e sua moglie Giovanna Carlino Pirandello al teatro Valle di Roma. Altre opere di Fausto Pirandello sono al centro del video "La Torre" girato con Cinecittà Holding per "Fantasmi" (2002), con Leo Gullotta nel ruolo di Luigi Pirandello, il socioplay di Rosati che inaugura il nuovo Auditorium dei Benedettini della Facoltà di Lettere dell'Università di Catania. Primogenito di Fausto, avvocato per 50 anni e promotore culturale, Pierluigi Pirandello crea nel 2011 la "Fondazione Fausto Pirandello", realizzando importanti mostre itineranti delle opere del padre e in generale della Scuola romana sia in Italia che all'estero, oltre che cataloghi e un libro-intervista, Il Pirandello dimenticato (2018). L'ultimo nipote di Luigi Pirandello, Pierluigi, muore a quasi novant'anni, il 1º marzo del 2018, a Roma.

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