sabato 14 gennaio 2023

Corso Artisti Italiani del XX Secolo: Lezione 5 1920 - 1930 Bortoluzzi Crippa Scanavino Sanfilippo Baj Merz Rossello

Bortoluzzi 1920









Ferruccio Bortoluzzi (Venezia, 6 dicembre 1920 – Venezia, 25 maggio 2007) è stato un artista italiano tra i fondatori del Centro di Unità della Cultura L'Arco. Vive un'infanzia contraddistinta dalla povertà. Alla vigilia della guerra si arruola volontario in Marina, ma durante il servizio militare si ammala gravemente e viene congedato. I successivi sono anni decisivi per la sua formazione artistica; nel 1943 espone per la prima volta alla Galleria della Fondazione Bevilacqua la Masa (Venezia). Bortoluzzi non è cresciuto in una famiglia dove l'arte veniva praticata, non ha studiato l'arte con nessun maestro, non ha frequentato nessuna scuola. È un autodidatta nel senso completo del termine. Dalla sua città sembra aver acquisito l'amore per il silenzio, il raccoglimento, la meditazione. Nelle opere realizzate durante gli anni '40, si presenta come pittore d'immagini: predilige nudi, scorci di Venezia, e rappresentazioni d'interni; il colore delle tele è atono, la sua pittura appare incoerente, quello che rimane sempre costante è il senso di vuoto, di abbandono che questi lavori trasmettono. Nel 1947 si diploma all'Istituto d'Arte, successivamente insegna al Corso Superiore di Disegno Industriale con Giulio Ambrosini, Mario Deluigi, Giuseppe Mazzariol e Italo Zannier; in seguito, all'Istituto d'Arte dove ha studiato e infine al Liceo Artistico. È uno dei fondatori del Centro di Unità della Cultura L'Arco insieme ad artisti e letterati veneziani. L’Arco non costituiva un vero e proprio movimento artistico, ma cercava di avvicinare la popolazione all'arte e alla grande cultura internazionale attraverso concerti, mostre d'arte, incontri con poeti e scrittori. Nel 1951 si trasferisce a Parigi, dove frequenta l'ambiente artistico parigino e conosce Gino Severini. Dopo questo periodo d'intenso confronto, Bortoluzzi si isola nel proprio lavoro; in una meditazione solitaria dalla quale scaturiscono immagini diverse e inedite che abbandonano la precedente ricerca. Ecco quindi l'artista lavorare ancora seguendo l'istanza figurativa, ora però egli si concentra soprattutto sulla realizzazione di soggetti d'ispirazione religiosa. Agli inizi degli anni '60 Bortoluzzi raggiunge la piena maturità artistica; sedimentate le esperienze figurative giovanili, sperimenta un nuovo linguaggio espressivo del tutto personale. I quadri si trasformano in "oggetti", in un processo di simbiosi tra pittura e scultura. Composizioni realizzate con materiale recuperato dalla realtà: tavole di legno consunto, ferri arrugginiti, chiodi, corde, anelli esprimono una manifestazione di forza che commuove per la sua umanità, il coraggio e la validità culturale del messaggio di cui l'artista si fa interprete semplice e rigoroso. Si può parlare di una sorta di “arrivo” dopo anni di lavoro instancabile. Attorno agli anni '70 si dedica anche alla produzione di Carte Bruciate, una serie di opere costituite da fogli di carta strappati e parzialmente combusti, che assumono particolari tonalità e si trasformano, tanto da ricordare nei colori, il legno e il ferro tipici materiali di cui egli si avvale nelle Composizioni. Sempre in questi anni sperimenta la tecnica serigrafica che meglio si presta a tradurre i Collages strutturati in campiture di colori omogenei, forme geometriche in equilibrio dove un frammento, una lacerazione, testimoniano l'esistenzialità della ricerca. I maggiori critici italiani tra cui Giulio Carlo Argan, Umbro Apollonio, Giuseppe Mazzariol e altri ancora hanno riconosciuto e apprezzato la sua arte. Ampia documentazione relativa al suo lavoro è consultabile presso l'Archivio Storico d'Arte Contemporanea di Venezia.Roberto Crippa






Gaetano detto Roberto Crippa (Monza, 7 maggio 1921 – Bresso, 19 marzo 1972) è stato un pittore, scultore e aviatore italiano. Dopo aver cominciato a dipingere nel 1945, in stile figurativo con influenze cubiste vicine allo stile di Picasso, aderì al movimento spazialista con Lucio Fontana, Gian Carozzi, Giorgio Kaisserlian, Beniamino Joppolo, Milena Milani, Sergio Dangelo, Carlo Cardazzo, Cesare Peverelli. Diplomatosi in arte nel 1947/1948 all'Accademia di Brera (dove incontrò Aldo Carpi, Carlo Carrà e Achille Funi), partecipò l'anno successivo alla Biennale di Venezia, ed espose opere alla Triennale di Milano. Di nuovo nel 1950, 1954 e 1956 fu presente alla Biennale e sempre nel 1950 espose a Trieste nel corso di una collettiva dal titolo Arte spaziale. A seguito dell'amicizia con Lucio Fontana, fu uno dei firmatari del terzo "Manifesto dello Spazialismo" (Proposta di un regolamento) del 1950. Nel 1951 partecipò anche al "Manifesto dell'Arte Spaziale". L'opera di Crippa all'inizio degli anni cinquanta si incentrava attorno a serie di dipinti detti Spirali, di carattere geometrico e astratto: con il gesto geometrico quasi-circolare (ma mai perfettamente tondo) Crippa creava degli spazi involuti, da cui si generavano raggi che idealmente si proiettavano fuori dalla bidimensionalità della tela, in linea coi principi del "Manifesto" spazialista. Divenuto noto anche all'estero per le sue opere, Crippa raggiunse New York, dove conobbe i surrealisti Max Ernst, Victor Brauner e Yves Tanguy, ed espose alla galleria di Alexander Iolas. Le Spirali cambiarono, divenendo più pesanti, incisive ed involute, interlacciate tra di loro. Queste figure, sviluppate tra il 1954 e il 1956 vengono definite Totem. Nel 1955 passò alla produzione di opere polimateriche, che popolarono una mostra personale presso la galleria del Naviglio di Milano. L'anno successivo l'ispirazione dei dipinti polimaterici venne sviluppata ulteriormente, con la produzione di opere in ferro, bronzo, acciaio ispirate al simbolismo primitivo. Con queste opere partecipò alla Biennale del 1958. L'uso di materiali originali nel 1960 sfociò nella produzione di opere in amianto, sughero, carta di giornale e velina, unite con diversi materiali e colori. Le opere furono esposte in una mostra itinerante che raggiunse il Giappone, gli Stati Uniti e l'Australia. Nel 1962 rimase vittima di un incidente di volo: Crippa era un appassionato di acrobazia aerea, tanto che nel 1971 fu invitato come rappresentativa italiana ai Campionati Mondiali di acrobazia aerea. L'incidente del '62 lo costrinse sulla sedia a rotelle per quasi un anno: ciò nonostante, partecipò con i suoi quadri a diverse esposizioni in Europa e Stati Uniti. In questa fase Crippa passò a dipingere paesaggi (Landscape), con la tecnica polimaterica e con il consueto stile astratto. Sempre di questo periodo sono le amiantiti, non-dipinti realizzati con sottili fogli di amianto applicati su una tavola incisa.  Nel 1967 lo Stato della Rhodesia dedicò a Crippa un francobollo; l'anno successivo l'artista, pienamente ripresosi, partecipò alle Biennali di Venezia e di Mentone. Negli anni Settanta Roberto Crippa si è occupato anche di arte postale (mail art). Una sua cartolina , indirizzata ad Eraldo Di Vita a Milano, è pubblicata anche sulla sua monografia. Nel 1972, durante un volo di preparazione ai Campionati Mondiali l'aereo di Crippa precipitò nei dintorni dell'aeroporto di Bresso, uccidendo l'artista e il suo allievo Piero Crespi.

Emilio Scanavino













Emilio Scanavino (Genova, 28 febbraio 1922 – Milano, 28 novembre 1986) è stato un pittore e scultore italiano. Nel 1938 si iscrisse al Liceo Artistico Nicolò Barabino di Genova, dove conobbe il professor Mario Calonghi, figura di grande stimolo culturale per la sua prima formazione. Nel 1942 fece la sua prima mostra personale presso il Salone Romano di Genova. Nello stesso anno si iscrisse alla Facoltà di Architettura dell'Università di Milano. Nel 1946 si sposò con Giorgina Graglia. Nel 1947 Scanavino si recò per la prima volta a Parigi dove soggiornò per qualche tempo ed ebbe modo di incontrare poeti e artisti come Édouard Jaguer, Wols, Camille Bryen. L'esperienza parigina si rivelerà fondamentale nel suo percorso stilistico, in particolare per gli echi del postcubismo che assimilò e interpretò in chiave personale fin dal 1948, quando espose alla Galleria Isola di Genova. Nel 1949 nacque Sebastiano, il primo dei due figli. Nel 1950 espose alla XXV Biennale di Venezia. Nel 1951 in occasione di una mostra personale alla Apollinaire Gallery visse per qualche tempo a Londra, dove conobbe e frequentò Philip Martin, Eduardo Paolozzi, Graham Vivian Sutherland, Francis Bacon. Nello stesso anno aprì il suo primo studio a Milano in una mansarda di Foro Bonaparte. Il critico Guido Ballo e i galleristi Guido Le Noci, Arturo Schwarz si occuparono del suo lavoro. L'anno dopo, 1952, lavorò anche nella fabbrica di Ceramiche Mazzotti ad Albissola Marina, dove incontrò numerosi artisti e strinse amicizia con alcuni di loro, tra questi Lucio Fontana, Asger Jorn, Guillame Corneille, Roberto Matta, Wifredo Lam, Giuseppe Capogrossi, Enrico Baj, Sergio Dangelo, Roberto Crippa, Gianni Dova, Agenore Fabbri, Aligi Sassu e altri. Nel 1952 nacque la seconda figlia Paola. Nel 1954 espose alla XXVII Biennale di Venezia e l'anno dopo ricevette il Premio Graziano. Nel 1956 le sue opere furono esposte, unitamente alle opere dell'artista americana Sarah Jackson, nella mostra This is Tomorrow alla Whitechapel Art Gallery di Londra. Nel 1958 vinse il Premio Lissone e partecipò con una sala alla Biennale di Venezia, vinse il Premio Prampolini. Nello stesso anno firmò un contratto con la Galleria del Naviglio diretta dal grande gallerista Carlo Cardazzo con il quale intrattenne un importante rapporto di amicizia e di lavoro. Si trasferì con la famiglia a Milano. Molti critici si occuparono della sua opera tra cui Enrico Crispolti, Guido Ballo, Giampiero Giani, Édouard Jaguer, Gillo Dorfles, Roberto Sanesi, Franco Russoli e Alain Jouffroy. Nel 1960 vinse il Premio Spoleto, il Premio Sassari, il Premio Valsesia e il Premio Lignano ed venne invitato, con sala personale, alla XXX Biennale di Venezia. Nel 1962 acquistò una vecchia casa a Calice Ligure, che trasformò in atelier. A Milano conobbe il collezionista Gianni Malabarba con il quale in seguito ebbe un intenso rapporto di amicizia. Nel 1963 ricevette il Premio La Spezia proprio mentre Carlo Cardazzo, che per sette anni aveva sostenuto Scanavino con l'impegno d'amico, moriva improvvisamente: questo lutto colpì profondamente il pittore. Renato Cardazzo proseguì il lavoro del fratello come mercante d'arte e contribuì ad allargare la fama di Scanavino in Italia e all'estero. Nello stesso anno una sua opera venne esposta alla mostra Contemporary Italian Paintings, allestita in alcune città australiane. Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d'aujourd'hui, organizzata in medio oriente e in nordafrica. Nel 1966 alla XXXIII Biennale di Venezia, dove espose nuovamente in una sala personale, vinse il Premio Pininfarina. Nel 1967 viene invitato con Carlo Nangeroni, Arturo Bonfanti, Carmelo Cappello e Renato Volpini alla "Art Alliance Foundation" di Filadelfia. Nel 1968 trasferì il suo studio a Calice Ligure. In questa località si stabilirono numerosi artisti che costituirono attorno a Scanavino una piccola comunità. Nel 1970 ricevette il Gran Premio alla Biennale di Mentone. Il collezionista Franco Castelli, direttore de "L'uomo e l'Arte", divenne suo amico e suo sostenitore. Nel 1971 subisce una delicata operazione alla testa in seguito ad emorragia cerebrale, la guarigione diede l'avvio a una nuova fase creativa della sua pittura, l'abbandono della sperimentazione e il ritorno su percorsi più consueti. Nel 1971 insieme allo scultore Alik Cavaliere per Biennale di San Paolo del Brasile, crea la grande opera "Omaggio all'America Latina" olio su tavola e tecnica mista, bronzo, alluminio, 480 x 285 x 130 cm. Non viene esposto perché cita i nomi di desaparecidos, in polemica con il regime militare allora al governo in Brasile. Oggi è esposto al Museo della Permanente di Milano. Tra il 1973 e il 1974 la Kunsthalle di Darmstadt presentò una sua vasta mostra antologica che, con alcune varianti, passò a Venezia a palazzo Grassi e poi a Milano a palazzo Reale, nel 1974. Nel 1982, nonostante il progressivo aggravarsi della malattia, continuò a lavorare e ad avere un'intensa attività espositiva in spazi pubblici e privati e nel 1986 venne invitato ad esporre alla Quadriennale di Roma. Morì a Milano il 28 novembre del 1986. Dopo un inizio figurativo la pittura di Emilio Scanavino assunse ben presto caratteristiche postcubiste, con le forme che si stilizzarono progressivamente sino a dissolversi del tutto nei primi anni '50. Nel '54 nelle sue tele comincia ad affiorare quello che poi diventerà il suo segno caratteristico, vale a dire il nodo stilizzato che caratterizzerà tutta la sua produzione successiva. I lavori degli anni '50 sono considerati fra i suoi più belli, in quanto è possibile vedere in essi la genesi di quella trasposizione pittorica dell'interiorità con tutti i suoi tormenti, che rende inconfondibile la sua arte. Nei suoi quadri più tardi degli anni '70 il "nodo" è perfettamente delineato e riconoscibile, declinato in inquietanti forme, talvolta minacciose e macchiate di rosso sangue. Sebbene Scanavino sia un artista di difficile collocazione in una specifica corrente, lo si può considerare un astrattista informale, vicino all'Espressionismo astratto e alla ricerca artistica di Hans Hartung e Georges Mathieu.

Antonio Sanfilippo









Antonio Sanfilippo (Partanna, 8 dicembre 1923 – Roma, 31 gennaio 1980) è stato un pittore italiano, che con la sua pittura ha contribuito dal 1945 all’affermazione dell'astrattismo in Italia. Artista tra i più importanti dell'arte italiana ed europea del secondo dopoguerra, nasce nel 1923 a Partanna in provincia di Trapani. Dopo gli studi al Liceo artistico di Palermo, dove è allievo di Michele Dixitdomino e, per Storia dell'arte, di Guido Ballo, frequenta l'Accademia di belle arti di Firenze, allievo di Felice Carena, e l'Accademia di belle arti di Palermo, allievo di Giovanni Rosone, e si avvicina al Neocubismo. Nel 1947 aderisce al formalismo e firma, con gli amici Pietro Consagra, Ugo Attardi, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Giulio Turcato e con Carla Accardi, che sposerà nel 1949, il manifesto del Gruppo Forma 1 dando vita all'omonimo gruppo di avanguardia di ispirazione marxista: "Noi ci proclamiamo formalisti e marxisti, convinti che i termini marxismo e formalismo non siano inconciliabili", si legge nel primo ed unico numero della rivista Forma pubblicato il 15 aprile 1947. Espone alla XXIV Biennale di Venezia del 1948; parteciperà anche alle edizioni del 1954 e del 1964 e, con una sala personale, a quella del 1966; nel 1948 partecipa alla Rassegna nazionale di arti figurative (V Quadriennale Nazionale d'Arte) di Roma; esporrà anche alla VII Quadriennale di Roma del 1955. La sua fu sempre una ricerca basata sul segno. Muore a Roma in un incidente stradale il 31 gennaio del 1980 all'età di 56 anni. Sue opere sono presenti nella Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea di Roma (GNAM) (Sala 19: Evoluzione e approdi dell'arte astratta: Paesaggio, 1949) e alla Galleria La Salerniana di Erice. Nel 2007 è stato pubblicato il Catalogo generale di Antonio Sanfilippo.

Enrico Baj   







Pittore e scultore italiano (Milano 1924 - Vergiate 2003). Fondò a Milano, con R. Crippa e G. Dova, il Movimento nucleare (1951) e la rivista Il Gesto (1955), aderì al Mouvement international pour un Bauhaus imaginiste e partecipò a varie esposizioni internazionali surrealiste (Parigi, 1959, 1965; Stoccolma, 1970, ecc.). Con una libertà assoluta nell'impiego di materiali eterogenei (da passamanerie a medaglie, materie plastiche, strutture di meccano), B. ha creato nei suoi collages e assemblages, con pungente spirito satirico, un mondo popolato di personaggi storici, generali e dame.

Mario Merz







Mario Merz (Milano, 1º gennaio 1925 – Torino, 9 novembre 2003) è stato un artista, pittore e scultore italiano, esponente della corrente dell'arte povera. Era marito dell'artista Marisa Merz. Cresciuto a Torino, frequentò per due anni la Facoltà di Medicina all'Università degli Studi di Torino. Durante la seconda guerra mondiale entrò nel gruppo antifascista Giustizia e Libertà e nel 1945 fu arrestato e imprigionato, durante un volantinaggio. Dopo la Liberazione, incoraggiato anche dal critico Luciano Pistoi, si dedicò a tempo pieno alla pittura, cominciando dall'olio su tela. Cominciò con uno stile astratto-espressionista, per poi passare a un trattamento informale del dipinto. Nel 1954 viene allestita, presso la galleria La Bussola di Torino, la sua prima personale. A metà degli anni sessanta iniziò ad abbandonare la pittura per sperimentare materiali diversi, come i tubi al neon, con cui perforava la superficie delle tele per simboleggiare un'infusione di energia, oppure il ferro, la cera e la pietra, con cui sperimentava i primi assemblaggi tridimensionali, le "pitture volumetriche". Fu presente fin dalle prime mostre dell'arte povera, insieme con gli artisti che avevano partecipato alla collettiva organizzata da Germano Celant alla Galleria La Bertesca di Genova (1967) e si riunivano presso la Galleria torinese di Gian Enzo Sperone: Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone, Luciano Fabro e altri. Diventò presto un punto di riferimento del gruppo. Il clima del '68 e l'idea di un rinnovamento politico e sociale si rifletterono nelle sue opere: Merz riproduceva con il neon gli slogan di protesta del movimento studentesco. Dal 1968 iniziò a realizzare strutture archetipiche come gli Igloo realizzati coi materiali più disparati, che divennero caratteristiche della sua produzione e che rappresentavano il definitivo superamento, da parte dell'artista, del quadro e della superficie bidimensionale. Dal 1970 introdusse nelle sue opere la successione di Fibonacci come emblema dell'energia insita nella materia e della crescita organica, collocando le cifre realizzate al neon sia sulle proprie opere sia negli ambienti espositivi, come nel 1971 lungo la spirale del Guggenheim Museum di New York, nel 1984 sulla Mole Antonelliana di Torino, nel 1990 sulla Manica Lunga del Castello di Rivoli, nel 1994 sulla ciminiera della compagnia elettrica Turku Energia a Turku, in Finlandia, e inoltre sul soffitto della stazione metropolitana Vanvitelli (metropolitana di Napoli) con forma a spirale. Nel 1992, installò "L'uovo filosofico". Spirali rosse realizzate con tubi al neon e animali sospesi recanti i numeri della successione di Fibonacci nell'atrio della stazione centrale di Zurigo. Nel 1970 introduce anche il "tavolo", quale ulteriore elemento tipico e archetipico del suo lavoro, e dalla metà del decennio esegue installazioni complesse combinando igloo, neon, tavoli, sulle cui superfici disponeva frutti in modo che, lasciati al loro decorso naturale, introducessero nell'opera la dimensione del tempo reale. Alla fine degli anni settanta Merz tornò all'arte figurativa, delineando grandi immagini di animali arcaici (come coccodrilli, rinoceronti e iguane), su tele non incorniciate di grandi dimensioni.


Mario Rossello





Mario Rossello (Savona, 8 dicembre 1927 – Milano, 14 dicembre 2000) è stato un ceramista, pittore e scultore italiano di fama internazionale. Nato a Savona nel 1927 si forma come ceramista ad Albisola Superiore dove assorbe una tradizione antica di artigianato ed espressione artistica che trovano sintesi ed unità nella materia dipinta e cotta. Dopo un inizio figurativo post cubista si avvicina alla pittura astratta, nei primi anni '50 frequenta Milano e i suoi artisti. Partecipa nel 1957 alla mostra presso la Galleria San Fedele di Milano "ARTE NUCLEARE" insieme a Baj, Bemporad, Bertini, Dangelo, Yves Klein, Piero Manzoni, Arnaldo Pomodoro, Gio Pomodoro, Sordini, Verga, Jorn e Vandercam. La prima mostra personale è del 1954 alla galleria Sant'Andrea di Savona, in quello stesso anno ad Albissola si celebrano gli Incontri internazionali della Ceramica che rendono la città ligure il centro europeo dell'arte contemporanea. La sua pittura continua a mantenere forti richiami "nucleari" e sul finire degli anni '60 prende una strada più astrattista per poi approdare alla serie dei robot, e sul finire degli anni '70 l'opera che lo ha più caratterizzato, gli Alberi. Intorno al 1960 mette su casa anche a Milano, senza abbandonare la sua Albisola, e partecipa da protagonista al vivace dibattito in corso nella città lombarda, legando il suo nome alla corrente Nuova figurazione. Alcune delle sue mostre più significative sono la Biennale di Venezia del 1986 e la quadriennale di Roma. Nel 1985 FIAC a Parigi, 1976 Palazzo Grassi di Venezia, e 1973 Palazzo Reale a Milano. È degli anni settanta il suo soggiorno parigino, che lo porta a vivere ancora intensi e significativi scambi culturali. Continuerà a lavorare dividendosi tra Albissola e Milano fino alla sua morte.


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