sabato 14 gennaio 2023

Corso Artisti Italiani del XX Secolo: Lezione 7 1940 - 1950 Paolini Boétti Dulbecco Prini Chia Penone De Silva Paladino Cucchi

Giulio Paolini






Giulio Paolini (Genova, 5 novembre 1940) è un artista, pittore e scultore italiano, la cui produzione si inscrive in un ambito di ricerca di matrice concettuale. Vive e lavora a Torino. Dopo l'infanzia trascorsa a Bergamo, nel 1952 si trasferisce con la famiglia a Torino. Frequenta l'Istituto Tecnico Industriale Statale per le Arti Grafiche e Fotografiche, diplomandosi nel 1959 nella sezione di Grafica. Fin da giovane si interessa all'arte, prima frequentando musei e gallerie e consultando periodici d'arte, poi, verso la fine degli anni cinquanta, sperimentando le prime prove pittoriche. La scoperta della grafica di impronta moderna durante gli studi e la presenza in casa di riviste d'architettura – il fratello maggiore, Cesare (1937-1983), è architetto – contribuiscono a orientarlo ad una linea di ricerca tesa verso l'azzeramento dell'immagine. Nel 1960 realizza la sua opera d'esordio, Disegno geometrico, costituita dalla squadratura a inchiostro della superficie di una tela dipinta a tempera bianca. Questo gesto preliminare di qualsiasi rappresentazione rimarrà il punto di “eterno ritorno” dell'universo di pensiero paoliniano: momento topico e istante originario che rivela l'artista a sé stesso, rappresenta il fondamento concettuale di tutto il suo lavoro futuro. Nei primi anni sessanta Paolini sviluppa la propria ricerca focalizzando l'attenzione sui componenti stessi del quadro, sugli strumenti del pittore e sullo spazio della rappresentazione. Nella sua prima mostra personale, nel 1964 a Roma alla Galleria La Salita diretta da Gian Tommaso Liverani, presenta una serie di pannelli di legno grezzo appoggiati alla parete, che suggeriscono l'idea di una mostra in allestimento. L'esposizione è visitata da Carla Lonzi e Marisa Volpi, che di lì a poco scriveranno i primi testi critici sul giovane artista. Nel 1965 Paolini introduce la fotografia, che gli consente di estendere la propria indagine alla relazione tra autore e opera (Delfo, 1965; 1421965, 1965). Nello stesso anno, grazie a Carla Lonzi, conosce Luciano Pistoi, titolare della Galleria Notizie a Torino, che lo avvicina a una nuova cerchia di amici e collezionisti e diventa il suo principale mercante fino all'inizio degli anni settanta. Tra il 1967 e il 1972 il critico Germano Celant lo invita a partecipare alle mostre sull'Arte Povera, che sanciscono l'associazione del suo nome a questa tendenza. Di fatto, la posizione di Paolini si distingue nettamente dal clima vitalistico e dalla “fenomenologia esistenziale” che distingue le proposizioni degli artisti appoggiati da Celant. Paolini dichiara ripetutamente la sua intima appartenenza alla storia dell’arte e si identifica in modo programmatico con l'io collettivo degli artisti che lo hanno preceduto. A questo intento, estraneo al panorama militante della fine degli anni sessanta, vanno ricondotte alcune tra le sue opere più note: Giovane che guarda Lorenzo Lotto (1967), gli “autoritratti” da Poussin e da Rousseau (1968) e i quadri in cui riproduce particolari di dipinti antichi (L'ultimo quadro di Diego Velázquez, 1968; Lo studio, 1968). Tra i principali riferimenti paoliniani di questi anni figurano Jorge Luis Borges, cui rende più volte omaggio, e Giorgio De Chirico, dal quale prende in prestito la frase costitutiva del lavoro Et.quid.amabo.nisi.quod.ænigma est (1969). Gli anni settanta coincidono con i primi riconoscimenti ufficiali: dalle mostre all'estero che lo inscrivono nel circuito delle gallerie d'avanguardia internazionali, alle prime esposizioni nei musei. Nel 1970 partecipa alla Biennale di Venezia con l'opera Elegia (1969), in cui utilizza per la prima volta un calco in gesso di un soggetto antico: si tratta di un calco dell'occhio del David di Michelangelo con un frammento di specchio applicato sulla pupilla. Tra le tematiche di rilievo in questo decennio figura lo sguardo retrospettivo sul proprio lavoro: dalla citazione letterale di dipinti illustri giunge all'autocitazione, proponendo una storicizzazione in prospettiva delle sue opere. Lavori come La visione è simmetrica? (1972) o Teoria delle apparenze (1972) alludono all'idea del quadro come contenitore potenziale di tutte le opere passate e future. Nella stessa linea d'intenti si colloca anche il motivo della prospettiva (La Doublure, 1972-73): la visione prospettica disegna uno spazio illusorio, che crea una distanza fondamentale rispetto all'opera. Altro tema indagato con particolare interesse in questo periodo è quello del doppio e della copia, che trova espressione soprattutto nel gruppo di lavori intitolati Mimesi (1975-76), costituiti da due calchi in gesso di una statua antica collocati uno di fronte all'altro, a porre in questione il concetto stesso di riproduzione e rappresentazione. Gli anni ottanta costituiscono il periodo più denso di mostre e retrospettive, accompagnate da importanti pubblicazioni monografiche. Nella prima metà del decennio inizia ad affermarsi una dimensione esplicitamente teatrale, segnata da lavori e allestimenti articolati nello spazio e contraddistinti da frammentazione e dispersione (La caduta di Icaro, 1982; Melanconia ermetica, 1983), nonché dall'introduzione di figure teatrali, quali i valets de chambre settecenteschi e altre controfigure dell'autore, indumenti e oggetti (Place des Martyrs, 1983; Trionfo della rappresentazione, 1984; Les instruments de la passion, 1986). La poetica paoliniana si arricchisce notevolmente di attributi letterari e riferimenti mitologici; il repertorio iconografico si estende fino a includere immagini cosmiche. Negli ultimi anni ottanta la riflessione paoliniana verte principalmente sull'atto stesso dell'esporre. A partire dalla personale al Musée des Beaux-Arts di Nantes nel 1987 il concetto di esposizione si configura progressivamente come “opera delle opere”: gli allestimenti privilegiano una visione associativa e dialogica dei lavori esposti. Nel corso degli anni novanta l'approfondimento dell'idea di esposizione si declina in altre e nuove modalità: gli allestimenti, sempre più complessi, osservano spesso una tipologia additiva (serialità, giustapposizione), oppure centrifuga (dispersione o disseminazione a partire da un nucleo centrale) o centripeta (concentrazione e sovrapposizione implosiva). Il luogo dell'esposizione diventa il palcoscenico per eccellenza del “teatro dell'opera”, ossia dell'opera nel suo farsi e disfarsi: il luogo che definisce l'eventualità stessa del suo accadere (Esposizione universale, 1992; Teatro dell'opera, 1993; Essere o non essere, 1995). Il compimento dell'opera è peraltro costantemente differito, lasciando lo spettatore in un'attesa perenne: la stessa che l'artista sperimenta sempre da capo al suo tavolo di lavoro, nell'attesa che l'opera si manifesti. Negli anni duemila acquista particolare rilievo – tanto nelle opere quanto negli scritti – un altro tema particolarmente caro a Paolini: l'identità dell'autore, la sua condizione di spettatore, il suo mancato contatto con l'opera, che sempre lo precede e lo supera. La poetica e la pratica artistica di Paolini si connotano, nel suo complesso, come una meditazione autoriflessiva sulla dimensione dell'arte, sulla sua “classicità” senza tempo e sulla sua prospettiva senza punto di fuga. Attraverso la fotografia, il collage, il calco in gesso e il disegno l'intento è sempre di nuovo quello di indagare, con grande rigore concettuale, la natura tautologica e nello stesso tempo “metafisica” della pratica artistica.

Alighiero 
Boétti






Artista concettuale italiano (Torino 1940 - Roma 1994). Esponente dell'arte povera e concettuale, instancabile sperimentatore, B. ha analizzato i temi dell'alternanza, del contrasto, del doppio e della propria identità (significativamente sdoppia il nome in Alighiero & Boetti). Tra le opere: Tutto (1987, ricamo), Autoritratto (1993, bronzo e dispositivo elettrico e idraulico). Vita e opereInterrotti gli studi in economia e commercio si è dedicato da autodidatta all'arte elaborando opere d'ispirazione neodadaista. Esponente del movimento definito dal critico G. Celant arte povera (1967), ha prodotto opere in forme e materiali eterogenei, che esprimono con ironia l'idea del contrasto (peso e leggerezza, trasparenza e opacità, eternità e fugacità) o dell'accumulazione: Colonne (1968, pile di centrini di carta); Cimento dell'armonia e dell'invenzione (1969, percorsi lineari infinitamente variati nati dal ricalco a matita di una carta quadrettata). Lunghi soggiorni in Afghānistān, viaggi in Europa, in Africa, negli Stati Uniti e in Giappone hanno reso più profondo e complesso il suo lavoro. Privilegiando sempre l'aspetto concettuale dell'operazione artistica, B. ha analizzato i temi dell'alternanza, del doppio e della propria identità giungendo significativamente ad adottare il suo nome sdoppiato (Alighiero & Boetti). La sua ricerca, ispirata all'incondizionata libertà dell'espressione artistica e contrassegnata da un costante sperimentalismo, si è esplicata attraverso opere di piccolo formato e progetti di grande impegno: Mappe (serie dal 1971, ricamo); Mettere al mondo il mondo (1972-73, penna a sfera su carta intelata); Tutto (1987, ricamo, Musée national d'art moderne, Parigi); Alternando da uno a cento e viceversa (serie di opere eseguite da artigiani afgani: 1987, ricamo; dal 1991, kilim); Autoritratto (1993, bronzo e dispositivo elettrico e idraulico). B. ha partecipato alle più importanti rassegne di arte contemporanea (When attitudes become form, 1969, Berna, Londra, Krefeld; Documenta di Kassel, 1972, 1982; Biennale di San Paolo, 1975; Biennale di Venezia, dal 1976; ecc.), e rilevanti mostre retrospettive della sua opera sono state presentate alla Galleria Civica di Torino (1996), alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma (1996-97), nonché al Museum für moderne Kunst di Francoforte (1998), alla Whitechapel art gallery di Londra (1999) e alla Biennale di Venezia del 2001 e alla Galleria d'arte moderna e contemporanea di Bergamo (2004). Nel 2009 una mostra curata da A. Bonito Oliva presso il Museo Madre di Napoli ha riproposto a ritroso il lavoro dell'artista nell'arco cronologico dal 1993 al 1962, mentre tra le esposizioni più recenti occorre ancora citare la grande retrospettiva allestita al Museo Reina Sofia di Madrid (2011) e trasferitasi l'anno successivo alla Tate Modern di Londra e al MoMA di New York, e la mostra Alighiero Boetti a Roma ospitata al MAXXI (2013).

Gian Paolo Dulbecco 

Gian Paolo Dulbecco (La Spezia, 21 settembre 1941) è un pittore italiano. Nasce a La Spezia nel 1941. A Milano, città dove la sua famiglia si trasferisce nel 1958, è allievo di Tommaso Gnone da cui apprende le tecniche d’incisione a puntasecca e inizia a dipingere. Nel 1965 si laurea al Politecnico continuando a coltivare l’interesse per l’arte. Nel 1969 vive a Roma dove conosce la pittura di Balthus esposta a Villa Medici; poi è nuovamente a Milano da cui si allontana per vari viaggi in Europa. In particolare in Belgio conosce la pittura di Delvaux e di Magritte e la grande pittura fiamminga. Inizia a sviluppare i temi delle Navi di pietra, come ricordo dell’Isola Tiberina, quelli dei Notturni e delle metafisiche Città ideali. Nel 1984 vince un premio acquisto di Cartier a Milano. Tocca anche il tema dell'arte sacra soprattutto con i Presepi ispirati alle Tebaidi quattrocencentesche. Numerose sono le mostre, sia personali che collettive, a cui prende parte in varie città italiane. Nel 1992 è tra i premiati dalla rivista Arte. Il critico Pierre Restany lo invita a presentare nel 1993 una serie di Tarocchi in Art & Tabac, collettiva itinerante esposta a Roma, Vienna e Amsterdam. Espone anche a Roma, Freiburg, Oporto, Londra, negli Istituti Italiani di Cultura di Lione, Lisbona e Bruxelles e infine a Tokyo. In Giappone esporrà nuovamente nel 1998 a Yokohama e ancora a Tokyo negli anni 1999 e 2001. Sul finire degli anni ’90 inizia a confrontarsi con il tema di Atlantide. Nel 2002 la Soprintendenza ai Beni Culturali di Salerno patrocina una sua mostra antologica a Ravello, dove espone nuovamente con Luzzati nel 2005. Sono questi gli anni in cui nella sua pittura inizia a comparire la maschera di Pulcinella, inteso come archetipo umano universale. Negli stessi anni si dedica ai Personaggi che lottano contro la propria ombra, i Labirinti, le Gabbie misteriose. Nel 2012 partecipa in Germania alla collettiva Dopo de Chirico dedicata alla pittura metafisica italiana contemporanea. È artista i cui lavori, in genere contenuti nelle dimensioni e spesso costruiti sulla sezione aurea, dalla critica sono stati accostati ai modi del Realismo magico.

Emilio Prini





Emilio Prini (Stresa, 1943 – Roma, 2 settembre 2016) è stato un artista italiano, esponente di quella corrente che il critico Germano Celant ha definito "arte povera". Originario di Stresa, Emilio Prini è stato incluso da subito nel collettivo di artisti fondatori della cosiddetta corrente Arte Povera. Il movimento, fondato dal critico d'arte Germano Celant nel 1967, include oltre a Emilio Prini i seguenti artisti: Giovanni Anselmo, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio. Emilio Prini ha caratterizzato la sua carriera artistica da un atteggiamento schivo e riservato. Il numero delle opere da lui prodotte è molto limitato. La sua arte concettuale è contraddistinta dalla cosiddetta non responsabilità soggettiva del proprio lavoro. Ha partecipato alle principali mostre internazionali della corrente dell'arte povera fra il 1967 e il 1971. Quindi se ne è distanziato unendosi alle mostre dedicate al movimento solo per Documenta X a Kassel nel 1997 e Arte Povera alla Tate Gallery di Londra nel 2001.

Sandro Chia





Sandro Chia, pseudonimo di Alessandro Coticchia (Firenze, 20 aprile 1946), è un artista, pittore e scultore italiano. È uno dei più importanti membri del movimento della Transavanguardia italiana (movimento noto in Europa anche con il nome di Neoespressionismo), assieme a Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria e Enzo Cucchi. Il movimento fondato dal critico Achille Bonito Oliva ha avuto il suo apice negli anni ottanta, per poi declinare progressivamente. Attualmente Chia vive e lavora dividendosi tra New York e Montalcino presso Siena. Ha esposto alla Biennale di Parigi, alla Biennale di San Paolo ed in diverse edizioni della Biennale di Venezia. Sandro Chia ha alle spalle una formazione artistica molto eterogenea. Nel 1969 si diploma all'Accademia di belle arti di Firenze, dove è entrato in contatto con le principali neoavanguardie europee e in seguito anche statunitensi; si trasferisce a Roma per un decennio e poi a New York per circa un ventennio. Sul finire degli anni settanta, dopo varie esperienze di viaggio in Asia ed Europa, egli si convertirà al figurativismo e si inserirà naturalmente e automaticamente nella Transavanguardia.

Giuseppe Penone






Giuseppe Penone (Garessio, 3 aprile 1947) è un artista e scultore italiano, esponente della corrente dell'arte povera, vive e lavora a Torino. Nasce a Garessio, in provincia di Cuneo, il 3 aprile 1947. Frequenta l'Accademia di Belle Arti di Torino, dove conosce Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto, con i quali entra a far parte del movimento dell'arte povera nel 1967. Espone per la prima volta nel 1968 al Deposito d'Arte Presente opere realizzate con materiali non convenzionali quali piombo, rame, cera, pece, legno, che in alcuni casi implicano persino l'azione naturale degli elementi (Scala d'acqua: corda, pioggia, sole). Nel bosco di Garessio l'artista mette in atto una serie di performance vòlte a sondare le possibilità che l'uomo ha di interagire con la natura e di modificarla, intervenendo, ad esempio, nel processo di crescita degli alberi (Alpi Marittime, 1968). Nel 1970 inizia a indagare il rapporto tra il corpo umano e l'ambiente esterno, questa volta cittadino e, in sintonia con le tendenze della body art, realizza opere quali Rovesciare gli occhi e Svolgere la propria pelle (1971), che individuano nell'epidermide umana la superficie di confine e di dialogo tra l'“io” interno e il mondo. Deriva da qui l'uso del calco e del frottage, che permettono all'artista di partire da un'immagine tanto automatica quanto inconscia come l'impronta, che poi questi rafforza con il disegno (Pressione, 1974). L'idea del contatto come generatore di memoria e di cambiamento diventa preminente nei lavori in terracotta della metà del decennio (Vaso, 1975; Soffio, 1978), giocate sulla proiezione all'esterno di ciò che il corpo contiene o della pelle che lo riveste, con le quali l'artista è presente a dOCUMENTA a Kassel (1972-87) e nel 1978 alla 38ª alla Biennale di Venezia, incentrata proprio su rapporto tra arte e natura. In alcuni casi i lavori acquistano dimensioni ambientali, come nelle installazioni realizzate per le personali al Kunstmuseum di Lucerna (1977), al Museum of Modern Art di New York (1981) o al Musée d'art moderne de la Ville de Paris (1984)[4]. La stessa idea è alla base dei grandi alberi in bronzo destinati a spazi pubblici: il Pozzo di Münster, compiuto nel 1987 per la prima edizione di "Skulpture Projects"; Faggio di Otterloo nel parco del Museo Kröller-Müller (1988); l'Albero delle vocali inaugurato nel 2000 alle Tuileries di Parigi, Elevazione a Rotterdam (2000-01) o Foglie di pietra a Roma (2017). Analogamente alla pelle, le unghie sono un elemento sensoriale e di rapporto con l'esterno, ispirando una serie di grandi sculture in vetro realizzate dal 1987 ed esposte nel 1998 al Musée Rodin di Parigi a contatto con materiali differenti[5]. Un' Unghia, realizzata fra il 1988 e il 1994, è installata all'esterno del complesso edilizio I-Land a NishiShinjuku (Tokyo). Il processo di assimilazione tra morfologia animale, vegetale e minerale messo in atto dall'artista è ribadita in Pelle di cedro del 2002, esposta nell'antologica organizzata dal Centre Georges Pompidou nel 2004. Nel 2007 l'artista è chiamato a rappresentante l'Italia alla 52ª Biennale di Venezia (Sculture di linfa) insieme a Francesco Vezzoli. Nel 1989 è stato tra gli artisti finalisti per il prestigioso Turner Prize. Nel 2014 è stato insignito del Premio Imperiale per la scultura. A Tokyo, nel 2014, ritira quello che viene considerato il “Nobel dell’Arte”: il Praemium Imperiale, per la scultura alla presenza del principe giapponese Hitachi, patrono onorario della japan Art Association". Nel 2015 realizza una personale, "Spazio di Luce", nella prestigiosa Galleria Gagosian di Roma. Nel 2016, una installazione di ampie dimensioni "Foglie di Luce" è tra le prime opere che entrano a far parte della collezione permanente del Louvre di Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti). Nel 2017 al Palazzo della Civiltà Italiana dell’Eur, a Roma, sede degli uffici della maison Fendi, viene allestita la mostra “Matrice”: selezione di 15 opere - alcune delle quali inedite - dello scultore piemontese. La mostra prende il nome dalla spettacolare opera “Matrice”, del 2015, che campeggia in una delle sale: un tronco di abete di 30 metri scavato lungo un anello di crescita con incastonata una forma di bronzo, a immortalare il flusso di vita della natura. Fanno parte della mostra: Ripetere il bosco (1969-2016), Soffio di foglie (1979), Spine d’acacia - Contatto (2006), Essere Fiume (2010), Indistinti confini: Anio (2012), Abete (2013) e la serie Foglie di pietra (2013). Nella primavera dello stesso anno, la maison Fendi regala alla città di Roma l’opera di Penone “Foglie di pietra”: imponente installazione in marmo e bronzo pensata appositamente per riqualificare l’area di Largo Goldoni: cuore del Tridente capitolino. I due imponenti alberi in bronzo di 18 e 9 metri si stagliano davanti alla maison Fendi sostenendo tra i rami un blocco di marmo di oltre 11 tonnellate. Giuseppe Penone vive e lavora a Torino

Luca De Silva 




Luca De Silva (Firenze, 13 dicembre 1947 – Firenze, 8 agosto 2018) è stato un artista italiano. Compie gli studi superiori presso l'Istituto d'arte di Firenze e successivamente si diploma all'Accademia di Belle Arti di Firenze. I suoi primi lavori si rifanno all'astrattismo e allo spazialismo. A partire dalla fine degli anni Settanta accantona la pittura, per rivolgersi ad altre forme d'arte, in particolare performance, installazioni e installazioni site specific. Un filone della sua produzione è costituito dalla creazione di libri d'artista, che espone in diverse mostre in Italia e all'estero. Svolge anche un'intensa attività di promozione culturale. Nel 1988, insieme a Roberto Venturi e Mario Daniele, fonda a Firenze la Galleria Container, mentre l'anno successivo è tra i fondatori del gruppo Artmedia Italia. Nel 2006 organizza a Firenze la mostra Il giardino immaginato : arte e progetti per il giardino del Palazzo San Clemente e nel 2009 è l'ideatore del ciclo Archi-té : incontri trasversali, presso la Biblioteca di architettura dell'Università di Firenze, dove ha lavorato da metà degli anni Ottanta al 2014. Muore l'8 agosto 2018.


Mimmo Paladino 




Pittore e scultore italiano (n. Paduli, Benevento, 1948). Artista versatile, esponente della transavanguardia, P. fonde elementi figurativi e riferimenti artistici provenienti dalle più diverse aree culturali. Ha sperimentato materiali e tecniche, lavorando su oggetti di recupero e scolpendo figure totemiche arcaizzanti. Vita e opereDopo una fase di sperimentazione di tecniche diverse, dal collage alla fotografia, si è dedicato alla pittura, ottenendo i primi riconoscimenti nell'ambito del gruppo della transavanguardia, con il quale ha esposto in Italia e all'estero, dalla Biennale di Venezia del 1980 a Documenta di Kassel del 1987. Dedicatosi inizialmente a una ricerca di ispirazione concettuale, P. ha poi elaborato un linguaggio che fonde con disinvoltura e vivacità cromatica elementi figurativi ispirati all'arte egizia, etrusca o paleocristiana (Sull'orlo della sera, 1983, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna; Sonata, 1985, Los Angeles, County museum of art). Nella sua opera frammenti di figure, teste, mani sono elementi di un linguaggio che fonde spazio e tempo, riferimenti culturali, mitici, iconografici del passato. Dal 1983 ha associato alle immagini dipinte oggetti di recupero e forme scolpite in legno e in bronzo, mentre dal 1985 ha prodotto opere tridimensionali, con serie di figure totemiche arcaizzanti in calcare. Ha poi continuato a sperimentare materiali e tecniche, realizzando incisioni, dipinti su metallo e materiali diversi (cicli Zenith, 1999, e Laboratorio, 2000), installazioni (ciclo Architettura, 2000) e sculture (Hortus conclusus a Benevento, 1992 e ciclo I dormienti, 1998, donato nel 2000 alla città di Poggibonsi). Nel 1990 ha realizzato la scenografia per La sposa di Messina di J. C. F. Schiller a Gibellina, costruendo per la prima volta la Montagna di sale, installazione poi riproposta a Napoli (1995-96); ha curato altre scenografie teatrali (Co'stell'azioni, 1992; Edipo re, 2000; Tancredi, 2002; Edipo a Colono, 2004; Oedipus rex e Cavalleria rusticana, 2007) e, più recentemente (2010), ha firmato la scenografia del tour di L. Dalla e F. De Gregori. Nel 2001 ha eseguito per il Comune di Roma un mosaico monumentale destinato al nuovo allestimento dell'Ara Pacis, Dal 1999 è membro onorario della Royal Academy di Londra. P. ha presentato la sua opera in numerose personali (Monaco di Baviera, Städtische galerie im Lenbachhaus, 1985; Firenze, Forte Belvedere, 1993; Napoli, Museo nazionale di Capodimonte, 1995-96; Londra, South London Gallery, 1999; Santuario di Oropa, 2001; Florida, Boca Raton museum of art, 2001; Prato, Centro d'arte contemporanea Luigi Pecci, 2002-03; Ravenna, Museo d'arte, 2005; Roma, Ara Pacis, 2008). Nel 2011 nel Palazzo Reale di Milano è stata allestita una grande retrospettiva che ripercorre gli ultimi quarant’anni di carriera del maestro campano. Nel 2012 l'artista ha pubblicato con il critico d'arte C. D'Orazio il libro Ritratti romani; sono datate allo stesso anno le personali Paladino. La scultura (Bari, Pinacoteca provinciale) e Paladino. Ceramiche (Faenza, Museo delle ceramiche). Nel 2015 ha ideato la statua La conoscenza, presentata a Expo Milano, in occasione delle celebrazioni per i 90 anni dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, mentre nel 2017 ha realizzato i nuovi paramenti sacri della Cappella Rucellai nel complesso dell'ex-chiesa di San Pancrazio a Firenze.

Enzo Cucchi




Enzo Cucchi (Morro d'Alba, 14 novembre 1949) è un artista, pittore e scultore italiano. Formatosi da autodidatta, dopo gli esordi in ambito concettuale, è approdato alla figurazione, diventando uno dei principali esponenti del nucleo storico della Transavanguardia italiana tematizzato da Achille Bonito Oliva. Nelle opere su tela, accompagnate da numerosi disegni e spesso presentate da testi poetici scritti dall'artista stesso, si riappropria con sguardo visionario del mito, della storia dell'arte e della letteratura (Cani con lingua a spasso, 1980 ed Eroe senza testa, 1981; Sia per mare che per terra, 1980), dando vita a composizioni di grande intensità simbolica, nelle quali spesso il mondo è rappresentato come campo di battaglia tra due principi opposti.  Dopo le grandi composizioni con l'uso del carboncino e del collage, ha sperimentato l'utilizzo di diversi materiali, tra i quali, la terra, il legno bruciato, i tubi al neon e il ferro (nella serie Vitebsk-Harar dedicata ad Arthur Rimbaud e Kazimir Severinovič Malevič), abbracciando nel contempo un uso quasi caravaggiesco della luce, che gli ha consentito effetti di profondità spaziale. Nel 1986 ha risposto alla chiamata del gallerista napoletano Lucio Amelio che, in seguito al terremoto dell'Irpinia del 1980, aveva chiesto ai maggiori artisti contemporanei dell'epoca di realizzare un'opera che avesse come tema il terremoto, da inserire nella collezione Terrae Motus. La sua opera Senza titolo è costituita da quattro pannelli di ferro invecchiati e arrugginiti, che rimandano alla violenza dell'usura del tempo, al centro dei quali campeggia un tondo con un vascello, immagine simbolica cara all'artista. Ha realizzato anche alcune sculture e la decorazione della cappella di Monte Tamaro, presso Lugano (1992-94, architetto Mario Botta).

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