venerdì 12 gennaio 2024

Corso di Architettura contemporanea: Lezione 7 IL REGIONALISMO CRITICO






https://youtu.be/FK1OzH2pRFU

Come reagisce la critica architettonica agli eccessi delle nuove avanguardie? Rivalutando le tradizioni regionali, in maniera critica. Nel 1983 Frampton pubblica il saggio Prospects for a Critical Regionalism. Da anni lavora sulla fenomenologia heideggeriana dello spazio. Viviamo, sostiene, in un mondo sempre più globalizzato che sta distruggendo ogni cultura locale, invadendo il pianeta con la stessa paccottiglia di prodotti tutti uguali. Se non si può fermare il processo moderno di civilizzazione, occorre cambiargli la direzione e fare uno sforzo, come auspica il filosofo Ricoeur, per comprendere in che modo si possa essere moderni e, allo stesso tempo, non perdere il contatto con le proprie origini. In architettura ciò comporta l'attenzione alle culture regionali, ai riferimenti urbani e geografici e ai valori tradizionali. Senza alcuna concessione al vernacolo, alle imitazioni degli stili locali o alle ricostruzioni alla Disneyland. Cita molti autori, ma due soprattutto, il ticinese Mario Botta ed il giapponese Tadao Ando. Agli antipodi geografici, accomunati però, nella loro modernità, da un comune dialogo con la tradizione locale. Un altro spunto di riflessione di questi anni, che si mescola all’attenzione per il contesto in cui si edifica, è la risposta che gli architetti danno alla sostenibilità ambientale ed al risparmio energetico. Nel 1987 Yeang scrive il saggio Tropical Urban Regionalism. No a edifici insensibili ai contesti locali: oggetti estranei ai luoghi che possono funzionare solo grazie ad un intollerabile spreco di risorse energetiche. Una maggiore consapevolezza ecologica impone oggi il rispetto della diversità ambientale con strutture che sappiano relazionarsi con il clima locale. Gli edifici non saranno più oggetti isolati e autoreferenziali, ma filtri ambientali in grado di attivare scambi tra il macroclima esterno e il microclima interno. Ciò può venire attraverso l'uso dell'informatica e la realizzazione di edifici intelligenti, che ricevono informazioni dall'esterno, le elaborano e, di conseguenza, attivano strategie diversificate. Come chi a seconda del clima, non utilizza sempre gli stessi vestiti ma si copre o sveste con il variare della temperatura. Grazie all'elettronica le strutture artificiali, prima inerti, possono oggi reagire come se fossero organiche. Le prime risposte si possono già intravvedere nella facciata dell'Institut du Monde Arabe di Jean Nouvel a Parigi, che cambia al variare della luce, attivando sensori collegati a sistemi computerizzati di controllo. Sulla stessa lunghezza d'onda di Nouvel si muovono Foster, Rogers, Grimshaw, Piano i quali, attraverso l'High Tech, sondano le possibilità offerte dalla tecnica per realizzare strutture intelligenti, ecologicamente corrette. Nasce l'Eco Tech che introdurrà, negli edifici i principi della sostenibilità ambientale. Saranno soprattutto l'elettronica e l'informatica, ma anche l'utilizzo di tecniche tradizionali, a farci entrare in relazione, in sinergia con lo spazio naturale. Un percorso per certi versi analogo lo compie nel 1988 Ito che basandosi su tecniche elettroniche, a Yokohama ricopre una struttura cilindrica in cemento armato, che serviva come serbatoio idrico e torre di ventilazione dei locali commerciali posti ai piani interrati, con 12 tubi al neon e 1280 lampadine collegate a una centralina che ne comanda l'accensione in relazione al variare dei venti e della rumorosità dell'ambiente circostante. Si tratta di una scelta radicale: la realizzazione di un organismo sensibile sia all'ambiente naturale che al contesto artificiale. Che senso ha continuare a produrre edifici che ingabbiano i loro abitanti senza farli partecipare al flusso della comunicazione con la natura e con l'ambiente metropolitano? Occorre creare un ambiente transfinito. Cosa intende? Sullo spazio transfinito Toyo Ito sta lavorando da diversi anni.Nel 1985 ha presentato a Dwelling for Tokio Nomad Women, una abitazione per le donne nomadi di Tokyo consistente in tre involucri trasparenti e essenziali (uno per truccarsi, uno per le attività intellettuali, uno per mangiare), che prenderanno il posto della casa nella metropoli contemporanea. Al di là della radicalità emblematica della proposta appare chiaro il versante verso cui si apre la riflessione. Perché realizzare pareti in uno spazio contrassegnato dallo scambio di flussi o avere abitazioni costipate di oggetti quando, attraverso il sistema odierno delle comunicazioni, è possibile accedere ai beni e ai servizi in tempo reale? E così il cerchio si chiude: locale e globale. Che è un po’ la direzione di ricerca che questi anni ottanta sembrano indicarci.



11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1

  

Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog  
HOMO LUDENS
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3

 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 3. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
 L’opera completa si compone di 3 volumi.

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