lunedì 2 gennaio 2023

Corso di Storia dell'arte: Lezione 14 ROMANTICA

 
https://youtu.be/-hPNB2WqAlU










L'arte romantica si sviluppa verso la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo in Germania, per poi diffondersi in Francia, Inghilterra, Italia e Spagna. L'arte romantica investe principalmente la pittura.
Ideali dell'arte romantica
La stagione romantica, preludio all'Arte moderna propriamente detta, si configura per dei tratti essenziali che connotano, più in generale, tutta la corrente del romanticismo:
La natura viene letta in chiave romantica come l'espressione del divino in terra, l'immanenza dell'assoluto nel mondo sensibile, di cui l'uomo non è che una caduca manifestazione. La natura con la sua bellezza fa scaturire nell'uomo sentimenti contrastanti in grado di terrorizzarlo quanto di rasserenarlo. Il catastrofismo, in particolare, suscita nell'animo umano un senso di inquietudine misto a orrore, ma là dove l'uomo riesca a cogliere in tutto ciò una qualsivoglia forma di bellezza, si realizza il concetto di sublime, così come teorizzò Edmund Burke.
Ritorno al passato medievale: si traduce in un vero e proprio tuffo nella fede, con opere che esprimono il bisogno di riconciliare l'uomo con Dio, un rapporto che è possibile ricucire in virtù di una ritrovata spiritualità. Si riprende il concetto di vanitas, così com'era percepito dal Masaccio e da altri artisti del primo Rinascimento, ossia l'ineluttabilità della morte. In pittura si è fatto largo uso di ruderismo per esprimere al meglio l'impossibilità dell'uomo e, più in generale, di tutte le opere umane, di fuggire alla decadenza. L'assenza di una netta prevalenza di uno stile rispetto a quello passato significò in architettura la compresenza nello stesso edificio di due generi a volte antitetici: si parla quindi di eclettismo storicistico.
Aspirazione all'assoluto e all'infinito: l'idea che lo spirito assoluto sia il modo con cui diviene la realtà è un'istanza propria dell'idealismo e traccia un filo comune a tutti i caratteri dell'arte romantica. L'uomo è una tappa necessaria dello spirito che se ne serve per perfezionarsi: l'essere umano vive in funzione di un infinito processo di automiglioramento dello spirito che immane alla realtà, una perenne tensione verso la perfezione (titanismo).
Pittura romantica
La pittura è l'arte figurativa per eccellenza del romanticismo e assume sfaccettature molto diversificate a seconda del territorio in cui si è sviluppato. Tra i grandi precursori del movimento romantico ci fu Francisco Goya.
In Inghilterra
In Inghilterra si distinsero tre correnti artistiche: la corrente visionaria onirica, la corrente del sublime e la corrente pittoresca. I massimi esponenti di ciascuna di esse furono rispettivamente William Blake, William Turner e John Constable. Blake dipinse principalmente visioni e sogni, sull'orma del pittore svizzero Johann Heinrich Füssli, per poi dedicarsi alla rappresentazione di episodi tratti da grandi classici del passato, in particolare la Divina Commedia e il Paradiso perduto (Paradise Lost) di John Milton. Turner incarnò nei suoi soggetti il sublime delle catastrofi naturali, dando espressione all'ardore e al dinamismo degli incendi ad esempio, secondo una tecnica che focalizzava grazie all'uso di linee circolari-ellissoidali il centro della scena: la spettacolarità della natura coinvolge così lo spettatore che apprezza la scena come se fosse stata sfuocata da una lente opaca. Infine Constable si concentrò nella riproduzione realistica dei paesaggi arcadici delle campagne inglesi, cogliendo di volta in volta il cambiamento dei fenomeni atmosferici: intendeva stimolare un sentimento di dolce nostalgia, per mezzo di colori soffusi e di linee morbide e decorative.
In Germania
Il più grande esponente della pittura romantica in Germania, e più in generale la figura che meglio incarna i canoni dell'arte romantica è Caspar David Friedrich. Il pittore tedesco aveva come soggetti per lo più paesaggi, da leggersi sotto una chiave interpretativa del tutto diversa da quelli che caratterizzavano i dipinti di Constable: la natura viene rappresentata in tutta la sua sconfinatezza, quasi a voler dare espressione al senso d'impotenza dell'uomo, essere finito, di fronte alla natura, manifestazione infinita. Non a caso l'uomo è sempre rappresentato o di spalle o in lontananza tale che non lo si possa mai guardare in faccia. Ruderismo e spiritualità sono due costanti nei quadri di Friedrich: paradigmatica La croce sulla montagna, in cui la luce che si diffonde da dietro il pinnacolo montagnoso può essere assimilata sia ad un'alba quanto alla luce di Dio, che, verosimilmente, quivi coincidono. Nella sua opera più nota, Viandante sul mare di nebbia, l'artista connota i tratti del sublime con incredibile maestria, offrendo un panorama mozzafiato. Inoltre,in Germania, si sviluppò il gruppo pittorico dei nazareni.
In Francia
In Francia si distinsero due sottocorrenti: il romanticismo fiammeggiante e il romanticismo lacrimoso. I massimi esponenti furono rispettivamente: Eugène Delacroix e Jean-Louis-Théodore Géricault da un lato, Camille Corot e Théodore Rousseau dall'altro. Delacroix pose l'accento sulla questione dell'identità nazionale, cercando di conquistare il valore della nazionalità facendo riferimento ad episodi di cronaca del tempo. Nel celeberrimo dipinto La Libertà che guida il popolo, in un'esplosione di colori, si trova l'incarnazione della Libertà la quale si propone come spinta rivoluzionaria contro l'anacronistico Carlo X di Francia: il disegno ripropone un modello piramidale assimilabile a molte opere di Leonardo da Vinci. Molto interessante è anche Il massacro di Scio, col quale l'artista intende evidenziare il difficile cammino della rivoluzione greca, in un paese oppresso dal governo dell'Impero Ottomano. Gericault, di formazione neoclassica, abbandona presto i canoni accademici per riproporre anch'egli interessanti soggetti di cronaca, intesi, diversamente da Delacroix, come stimolo di riflessione sulla condizione miserabile comune agli uomini colpiti da una catastrofe: se si pensa a La Zattera della Medusa, in cui ancora una volta ricompare, in questo caso doppia, la struttura piramidale.
In Italia
Contemporaneo al movimento romantico, in Italia si sviluppò il purismo, di ispirazione analoga a quella dei nazareni tedeschi. Tuttavia anche qui si radicò una corrente del romanticismo, il cosiddetto romanticismo storico, il cui massimo esponente è Francesco Hayez. I dipinti di Hayez e della corrente del romanticismo storico tendono a rappresentare soggetti del passato, per lo più medievale, nel tentativo di ritrarre situazioni assimilabili al suo tempo (esattamente come Alessandro Manzoni conseguì nell'Adelchi). Il suo repertorio annovera ritratti di celebri figure del suo tempo, a partire dal già citato Manzoni fino a Camillo Benso di Cavour, nonché una serie di opere che raffigurano due amanti uniti da un bacio appassionato: il suo più noto dipinto, intitolato semplicemente Il bacio (1859), rappresenta un uomo in procinto di fuggire ma capace di dedicare all'amata un bacio appassionato e sincero, identificando quindi il primato del sentimento su qualsiasi altra cosa. Insieme ad Hayez, che lavorò soprattutto nel Lombardo-Veneto, i maggiori pittori della prima metà dell'Ottocento furono Bezzuoli e Podesti, come testimonia lo stesso Mazzini. 

Francisco José Goya y Lucientes
https://youtu.be/Z3LE1Bvvebg








Pittore, nato a Fuendetodos (Aragona) presso Saragozza il 30 marzo 1746, morto a Bordeaux il 16 aprile 1828. Mostrò fin dalla più tenera età disposizioni notevolissime per il disegno e per la pittura. Il padre, un modesto doratore, incoraggiò il talento del giovane e lo affidò a Don Felice Salzedo che lo condusse nello studio di uno dei più noti pittori di Saragozza: José Luzán y Martínez (nato nel 1710), il quale aveva allora circa 50 anni, ed aveva fatto i suoi studî in Spagna e in Italia, specialmente a Napoli, dove aveva studiato con Mastroleo, era stato condiscepolo del Solimena, e, continuando in certo modo la tradizione di Luca Giordano e di Pietro da Cortona, aveva appreso dai maestri italiani una grande facilità di mano, una grande rapidità di esecuzione e un certo gusto per la decorazione e per l'armonia del colore. Egli aveva sentito anche l'influenza del Tiepolo. Senza raggiungere grandi altezze e senza avere grandi doti di creatore, Luzán fu pittore scrupoloso ed esatto, maestro coscienzioso e disinteressato per i suoi allievi. Nello studio di Luzán a Saragozza il G. trovò molti compagni e fece rapidi progressi nella pittura. Nello stesso tempo divenne anche abile musicista. Nella capitale dell'Aragona il G. passò circa cinque anni, dal 1760 al 1765, che segnarono i primi successi della sua lunga e agitata vita di artista. Nel 1765 si recò a Madrid presso il suo condiscepolo Francesco Bayeu. Più che le sue doti di pittore egli amava allora mettere in vista le sue qualità di elegante cavaliere e di audace avventuriero. Egli era sempre il primo quando si trattava di passare la notte nelle osterie a bere e a suonare, o nelle strade silenziose a fare le serenate sotto le finestre delle belle madrilene. Non contento delle risse e dei colpi di spada, volle gustare le emozioni dell'arena, e si arruolò in una cuadrilla di toreros, nella quale trovò modo di spiegare la sua audacia e la sua agilità. Ciò nonostante, questi anni passati in Madrid (1765-1769) ebbero una grande influenza sulla sua educazione artistica: i grandi capolavori dei vecchi maestri, specialmente quelli di Velásquez, svegliarono in lui sempre più possente l'ardore per la pittura. Erano gli anni in cui Tiepolo era occupato nelle grandi decorazioni del Palazzo Reale (1762-1770) e in cui R. Mengs teneva le redini dei circoli artistici di Madrid, come P. G. Batoni teneva nello stesso tempo quelle dei circoli romani. Forse in seguito ai consigli. del Mengs stesso, e anche perché compromesso in una rissa in cui era rimasto gravemente ferito, G. partì per Roma (1769). Sul suo soggiorno in Italia abbiamo poche notizie esatte. Appena arrivato nella città eterna cadde gravemente ammalato, e solo per le cure assidue di una vecchia donna poté ricuperare la salute. Roma in quel momento era veramente un grande centro artistico e l'atmosfera satura di cultura, di arte e di lusso, costituivano un ambiente unico in Europa, di fronte al quale Saragozza e Madrid dovettero sembrare assai provinciali al giovane artista. Le grandi processioni religiose, le feste carnevalesche, la varietà dei tipi e dei costumi insieme coi monumenti del passato, offrivano agli artisti una visione incomparabile e una sorgente inesauribile di ispirazione. La colonia spagnola era assai numerosa in Roma.Il G. si fa un modo tutto suo per studiare le opere dei grandi maestri italiani. Intollerante di ogni disciplina e di ogni metodo, osserva molto, ma dipinge poco. È un lavoro di osservazione e di assimilazione continua che lascerà tracce profonde nell'educazione artistica del G., ma di cui non si vedono le conseguenze immediate. Egli fortifica le sue doti naturali, e prende cognizione sempre più profonda dei diversi metodi seguiti dai grandi maestri. Guida unica rimane sempre per l'artista il suo genio, il suo temperamento indipendente ed esuberante. Innamoratosi di una bella trasteverina, rinchiusa dai parenti in un convento, egli la rapisce. Perseguitato della polizia si rifugia presso l'ambasciatore spagnolo che lo rimpatria a sue spese. Nel 1772 G. è di nuovo in Spagna, prima a Saragozza, poi a Madrid. In questo stesso anno 1772 egli ebbe la commissione di decorare a fresco la cattedrale di Nuestra Señora del Pilar a Saragozza. Secondo alcuni egli avrebbe visitato Roma (forse una seconda volta) dopo quell'anno. Nel 1775 G. sposò Josefa Bayeu, sorella del pittore suo grande amico. Da allora cominciò a dedicarsi alla pittura con maggiore assiduità e serietà. Data da questo momento la serie dei suoi ritratti che rappresentano il meglio della sua attività. Egli vi raggiunse le più alte vette dell'arte, soprattutto quando era in simpatia col suo modello. I ritratti della moglie (al museo del Prado) e quello di Francesco Bayeu sono fra i suoi capolavori.Contemporaneamente, essendosi già da molto tempo esercitato nell'acquaforte, incise per la Calcografia reale l'ammirabile serie di ritratti equestri del Velásquez, che va sotto il nome de I Cavalli. Entrato in relazione col Mengs, allora soprintendente alle Belle Arti, egli inizia la serie dei cartoni per la manifattura reale degli arazzi di Santa Barbara. I cartoni sono oggi per la maggior parte riuniti nel Museo del Prado; gli arazzi sono disseminati al Prado, all'Escoriale e al Palazzo Reale. I cartoni innalzarono immediatamente l'artista alla celebrità. Il loro successo fu grandissimo, tanto nelle classi aristocratiche come nel popolo, per il gusto finissimo accoppiato a un carattere schiettamente e vivacemente popolare. Il G. infatti vi inaugurò un genere completamente nuovo, ispirandosi per le sue composizioni ai giuochi e ai costumi popolari, e animandoli con uno spirito vivacissimo nella varietà dei soggetti e degli aggruppamenti, completamente immune da qualsiasi influenza manieristica o accademica. Alcuni particolari fanno pensare al Watteau, altri alle migliori opere del Guardi e del Longhi e ad alcuni schizzi di Tiepolo. Si è fatto anche il nome del Hogarth come termine di paragone. Ma il G. rimane profondamente originale, essenzialmente spagnolo, di una freschezza, di una spontaneità che solo paragonabile a quella di certi affreschi primitivi. Nessun artista poteva dare una visione più rappresentativa della Spagna del secolo XVIII. La Merenda, il Ballo di S. Antonio della Florida, il Mercante di Piatti, la Mosca cieca, la Fiera di Madrid e tante altre composizioni sono fra i capolavori dell'artista.Con queste opere il G. comincia il periodo più brillante della sua carriera artistica, e prende coscienza del suo grande valore di pittore nazionale. Parallelamente all'esecuzione dei cartoni per arazzi, egli eseguisce alcuni affreschi e quadri religiosi per varie chiese (fra i più importanti gli affreschi di S. Antonio della Florida), ritratti e pitture di genere. La sua fantasia è inesauribile; inestinguibile la sua sete di riprodurre la vita sotto tutti gli aspetti più seducenti. La sua tecnica diviene sempre più spigliata e robusta, il suo spirito sempre più fine e penetrante. Una delle opere principali di questo periodo (1787-1798) sono i ventidue pannelli decorativi eseguiti per l'Alameda, casa di campagna del duca di Ossuna nei dintorni di Madrid, con soggetti per la maggior parte idillici, dipinti con una finezza e un gusto che rievocano le più galanti composizioni dei pittori francesi del sec. XVIII (v. la Romeria de San Isidro al Museo del Prado).Nel 1780 il G. era stato nominato membro dell'accademia di pittura di S. Fernando: nel 1785 ne fu eletto presidente. Consolidata la sua posizione egli è all'apice del periodo più brillante della sua carriera. Nel 1788, salito Carlo IV al trono di Spagna, fu nominato pittore di corte. I ritratti dei personaggi della famiglia reale sono fra i più noti, se non sempre i più interessanti, pittoricamente, perché spesso obbligati da esigenze auliche ed ufficiali. Il pittore diviene ben presto uno degl'intimi della corte, indispensabile in tutti i ricevimenti e nelle riunioni galanti, il familiare della regina Maria Luisa, della contessa di Benavente e del principe della Pace Godoy (v. i ritratti di Godoy e della sua famiglia presso il marchese Ruspoli Boadilla in Firenze), l'amante della duchessa d'Alba (la Maja vestita e la Maja nuda). In mezzo alle peripezie di una vita agitata e avventurosa produce in questi anni una serie di opere, specialmente ritratti, che sono gl'interpreti più fedeli della vita del suo tempo, e hanno un profondo valore, oltre che pittorico, anche psicologico e filosofico. La forza dello spirito del G. è veramente di una profondità impressionante. Come giustamente osserva il suo biografo Ch. Yriarte, egli ha indovinato e presentito tutto, egli è un enciclopedista, e rappresenta in Spagna i grandi demolitori della Rivoluzione francese. I suoi Capricci sono nella loro amara ironia un corso di alta morale. Bisogna dunque, se si vuole capire e apprezzare intimamente le opere del G. considerarle nel loro ambiente storico e politico, nel grande dramma della nazione spagnola che si conclude con la caduta di Carlo IV e le scene terribili dell'invasione francese. Il quadro del Dos de Mayo (Prado) è uno dei più tragicamente e ferocemente potenti che l'artista abbia mai dipinto, e la serie dei Disastri della guerra non è altro che un grido di rivolta contro l'invasore. Nella serie delle sue incisioni, oltre i Capricci e i Disastri, vanno ricordati la Tauromachia, i Proverbî ("Disparates"), i Prigionieri e le Opere scelte. La maggior parte dei disegni originali per queste acqueforti si conservano al Prado.La restaurazione di Ferdinando VII (1814) cambiò completamente le condizioni politiche e sociali di Madrid, e il G., ormai settuagenario, si sentiva a disagio col nuovo sovrano. Afflitto dalla solitudine e dalla sordità si ritirò nella sua Quinta del sordo, piccola casa di campagna sulle rive del Manzanares, presso Madrid, che egli stesso aveva decorato di quegli affreschi spaventosi che, distaccati, si conservano nel Museo del Prado. Dopo un soggiorno di qualche mese a Parigi, si ritirò a Bordeaux in compagnia della sua fedele e ancor giovane amica Madame Léocadie Weiss, natura espansiva e vivace che col suo spirito e con la sua devozione allietò la triste vecchiaia dell'artista fino alla sua morte.L'influenza del G., come pittore e acquafortista, è stata grandissima non solo sull'arte del suo tempo e del suo paese, ma su tutta l'arte moderna europea.

Caspar David Friedrich

https://youtu.be/GITlnz8Ee-k

Pittore tedesco (Greifswald 1774 - Dresda 1840), tra i più intensi e profondi del periodo romantico. Studiò a Copenaghen, dove eseguì numerosi acquerelli e studî di paesaggi dal vero (Paesaggio con Padiglione, 1795, Amburgo, Kunsthalle). Nel 1779 si stabilì a Dresda dove, salvo brevi viaggi, svolse la sua intensa attività. Nel 1808 dipinse Croce in Montagna (Dresda, Gemäldegalerie) in cui già si evidenzia la riduzione degli elementi formali in un'atmosfera rarefatta e suggestiva dove l'esperienza spirituale e simbolica trova nel paesaggio la sua espressione più diretta ed esauriente (La grande riserva, 1832, Dresda, Gemäldegalerie; L'età dell'uomo, 1834-35, Li psia, Museum der Bildenden Künste).

John Constable
https://youtu.be/9IiLfwXIo00

Pittore (East Bergholt, Suffolk, 1776 - Londra 1837). Fu, con W. Turner, il maggior paesista inglese. L'amore per la natura e per il paesaggio fu per lui, figlio di un mugnaio e cresciuto nel Suffolk, quasi una inclinazione naturale, sollecitata dall'incontro con l'amatore inglese Sir George Beaumont (1795). Cominciò allora a dipingere paesaggi ispirandosi a Th. Gainsborough. Recatosi a Londra alla Royal Academy (1799), studiò a fondo J. Ruisdael, R. Wilson, G. Dughet, Cl. Lorrain e gli acquerelli di Th. Girtin. Dal 1802, tuttavia, i bozzetti a olio, eseguiti all'aperto, i disegni e gli studî, corredati di minute osservazioni sulle condizioni atmosferiche, e, seppure in maniera più elaborata e filtrata, le composizioni presentate alle esposizioni della Royal Academy, rivelano un atteggiamento nuovo, che, rifiutando modelli, solo dalla natura vuole trarre ispirazione, e un sentimento che, lontano dalle poetiche del pittoresco e del sublime, presenta assonanze con la contemporanea poesia di Collins e di Wordsworth. Gli anni più intensi della sua produzione vanno dal 1815 al 1827 circa; nel 1824 le sue opere, esposte al Salon di Parigi, influirono fortemente sul rinnovamento della pittura di paesaggio francese per l'immediatezza degli effetti di luce e d'atmosfera e per lo splendore della materia colorata. Oltre alla fondamentale collezione di opere conservate al Victoria and Albert Museum di Londra (95 bozzetti ad olio, 297 disegni, tre quaderni di schizzi, donati dalla figlia dell'artista), si ricordano, sempre a Londra, tra quelle della National Gallery: Malvern Hall (1809), Cimitero di East Bergholt (1810), La baia di Weymouth (1816 c.), La brughiera di Hampstead (1823), Il campo di grano (1826), La cattedrale di Salisbury e la casa dell'arcidiacono Fisher dal fiume; e, alla Tate Gallery: Il mulino di Flatford (1817), Il mulino di Dedham (1819 c.), Il carro di fieno (1821), Lungomare e molo della catena a Brighton (1827), Cenotafio (1836).

Francesco Hayez
https://youtu.be/ZdzQT7riu5Y



Pittore (Venezia 1791 - Milano 1882). Allievo di D. Maggiotto dal 1804 al 1808, frequentò l'Accademia di Venezia, per poi completare i suoi studî a Roma (1809-16) dove, protetto e consigliato da A. Canova, tese a fondere i canoni classici con il colorismo di tradizione veneta (Laocoonte, 1812, Milano, pinacoteca di Brera; Rinaldo e Armida, 1813, Venezia, Cà Pesaro). Ottenuto un ampio consenso con l'opera Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri (1820, Milano, coll. priv.) che, sebbene ancora classicheggiante e accademica nelle forme, già rivelava l'intento di trovare nuovi contenuti attinti dalla storia nazionale, H. si trasferì definitivamente a Milano. Professore all'Accademia di Brera dal 1850, in contatto con A. Manzoni, S. Pellico, G. Berchet, T. Grossi, C. Cattaneo, fu un significativo esponente della corrente romantica; oltre alle grandi composizioni storiche (Vespri Siciliani, 1822, Brescia, pinacoteca Tosio Martinengo; La sete dei Crociati, 1838, Torino, Palazzo Reale; Marin Faliero, 1867, Milano, pinacoteca di Brera) nelle quali emerge la preoccupazione di esprimere con magniloquenza la carica passionale, dipinse numerosi ritratti (A. Manzoni, Milano, pinacoteca di Brera; M. Juva Branca, 1851, Milano, Galleria d'arte moderna; La principessa di S. Antimo, Napoli, Museo Nazionale) eseguiti con finezza di segno e di colore, che testimoniano delle sue più schiette qualità di freschezza inventiva e introspezione psicologica.

Jean-Louis-Théodore Géricault
https://youtu.be/Ynvpsaoy0nw





Pittore (Rouen 1791 - Parigi 1824). Di famiglia colta e benestante, nel 1798 si trasferì a Parigi dove frequentò gli atelier di C. Vernet e poi di Ch. Guérin, ma sulla sua formazione influì soprattutto A. Gros e lo studio, al Louvre, della pittura fiamminga ed olandese del Seicento e della pittura veneziana. Nel 1812 aprì un proprio studio e dipinse numerosi quadri che sono esaltazioni della vita militare interpretata in chiave eroica: Ufficiale dei cacciatori all'attacco (1812, Louvre), Cavallo spaventato dal fulmine (1813, Londra, National Gallery), Corazziere ferito (1814, Louvre), ecc. Nel 1816 compì un viaggio in Italia, dove la conoscenza delle opere di Raffaello, di Michelangelo e di Caravaggio influì notevolmente sulla maturazione del suo stile (Corsa dei barberi, 1816, Rouen, Musée des beaux arts; La corsa dei barberi, 1817, Baltimora, Walters Art Gallery). Tornato a Parigi conobbe Delacroix e nel 1819 presentò al Salon La zattera della Medusa, quadro gigantesco (35 m2), fonte di accese polemiche per la fusione, realizzata con romantica intensità drammatica, tra gusto compositivo classico e dinamica rappresentazione della realtà. Recatosi in Inghilterra nel 1821, ebbe modo di conoscere la libera e non accademica pittura di Constable e Lawrence. Sono di questo periodo litografie con scene della vita inglese e il Derby di Epsom (1821, Louvre), capolavoro di quegli anni. G. fu un importante tramite alla conoscenza in Francia della pittura inglese: conoscenza che concorse al superamento della tradizione accademica. Di ritorno in Francia, dall'amicizia con lo psichiatra parigino Georget nacque una impressionante galleria di ritratti di nevrotici (Alienata con mania del gioco, 1822, Louvre; Folle assassino, 1823, Louvre, ecc.). Oltre a penetranti studî, disegni e litografie, egli eseguì alcune interessanti figure modellate in cera.

Eugène Delacroix
https://youtu.be/bKqaQhC_BSw
Pittore (Charenton-Saint-Maurice 1798 - Parigi 1863), figlio di Charles de Contaut. È il maggiore pittore romantico francese: la sua opera segna una svolta decisiva nella storia della pittura e apre la strada alle correnti realiste ed espressioniste. Allievo di P.-N. Guérin, nel cui studio conobbe Géricault, da D. considerato come maestro, si formò soprattutto studiando al Louvre le opere di P. P. Rubens e di P. Veronese. Grande fu l'impulso dato alla sua fantasia dalla lettura di Shakespeare, Goethe, Byron e W. Scott. La prima opera di D., la Barca di Dante (1822), suscitò violente reazioni per quella che colpiva come confusione compositiva, mancanza di disegno, esagerazione di sentimento. Altra polemica suscitò il Massacro di Scio (1824), prima opera di soggetto "orientale" di D.; in questa opera è notevole la suggestione di Géricault. Nel 1825 D. compiva un viaggio in Inghilterra, e qui era impressionato da Turner e da Constable e specialmente si stringeva d'amicizia con R. Bonington, che lo seguiva a Parigi. La Morte di M. Falier, sotto l'impressione della grande pittura veneziana, è ispirata al Byron. Nel 1827 il Salon presentò a fronte J.-D. Ingres, capo della corrente classicheggiante, e il D., capo della corrente romantica (questi vi espose, tra l'altro, la Morte di Sardanapalo). Le guerre per l'indipendenza ellenica avevano suscitato in D. un profondo interesse per il mondo orientale, cui egli si rivolgeva anche attraverso notevoli studî di miniature persiane. Egli conobbe direttamente l'Oriente soltanto nel 1832 (viaggio in Marocco), e ne riportò un'impressione immediata, che introdusse il mondo islamico nella pittura francese come tema pittorico attuale, di ambiente e di paesaggio, e non soltanto come suggestione letteraria e fantastica. Fu, questo viaggio, uno dei rari avvenimenti della vita del D. (il viaggio in Italia, accarezzato in gioventù, non fu mai compiuto) che fu interamente dedicata alla pittura, sì che il catalogo della sua opera elenca ben 9140 lavori. Grande amico del D. fu Ch. Baudelaire, che all'amico pittore dedicò le pagine più belle della sua prosa critica. Il D. stesso lasciò documenti scritti della più grande importanza: un Journal in tre volumi (1893-95), una vasta corrispondenza, articoli di giornale e di periodici. Enormi furono la fama del D. e le ripercussioni delle sue opere, esposte regolarmente nei Salons parigini, per molti anni. Dopo gli anni durissimi del 1827-30, la rivoluzione di luglio aprì improvvisamente al D. nuove prospettive di vita e di lavoro; ebbe incarichi di vaste decorazioni: dell'aula e della biblioteca della Camera dei deputati (1835; 1838-47); del soffitto della galleria d'Apollo al Louvre (1849-51); della Cappella dei Santi Angeli a St.-Sulpice (1853-61). In questi grandi dipinti D. appare ormai distaccato dalla polemica romantica. Oltre alle grandi opere (quali: Donne di Algeri, 1834; la Battaglia di Taillebourg, 1837; Medea 1838; la Giustizia di Traiano, 1840; I Crociati a Gerusalemme, 1841; il Naufragio di don Juan, 1841, ecc.) sono da rammentare le numerose tele di minori dimensioni, ma d'alta qualità per la nervosità di segno e il colore brillante e intenso, con una inesauribile curiosità e vastità d'interessi: paesaggi, animali, belve in lotta, ecc.; i ritratti carichi di una grande forza espressiva; le nature morte, i disegni; le illustrazioni a Goethe, W. Scott, ecc.  Le sue opere si trovano, per la maggior parte, nei musei francesi (particolarmente numeroso il gruppo conservato nel Louvre).

Théodore Rousseau
https://youtu.be/7KUNrXtoJnw

Pittore (Parigi 1812 - Barbizon 1867). Fondamentalmente autodidatta, pur se l'esempio di J. Constable dovette impressionarlo profondamente, fin da principio si pose a dipingere direttamente di fronte alla natura, con entusiasmo lirico e grande impegno morale. Rifiutato un suo quadro al Salon del 1836 (La discesa delle vacche dagli altipiani del Giura, 1835, L'Aia, Museo Mesdag), si ritirò a Barbizon, presso Fontainebleau, dove con lui si adunò una colonia d'artisti che dovevano costituire la maggiore scuola romantica francese di paesaggio, detta appunto di Barbizon. R. ne è considerato il capo per la serietà e coerenza degli assunti e per l'altezza delle attuazioni. Dopo il 1848, riapertaglisi la possibilità di esporre al Salon, si andò rapidamente affermando e riportò un successo clamoroso all'esposizione universale del 1855. Amò soprattutto ritrarre grandi alberi, a massa, in terreni piatti e paludosi dai lontani orizzonti, usando un colore greve, denso e affocato, lavorato dal pennello (Viale dei castagni presso Bressuire, 1837-40; Effetto di pioggia, ambedue al Louvre; La passerella, 1855 circa; Strada nella foresta di Fontainebleau; effetto di uragano, 1860-65, ambedue a Parigi, Musée d'Orsay).



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