Il rococò è uno stile ornamentale sviluppatosi in Francia nella prima metà del Settecento quale evoluzione del tardo barocco. Il termine deriva dal francese rocaille, un tipo di decorazione eseguita con pietre, rocce e conchiglie, utilizzate come abbellimento di padiglioni da giardino e grotte. Esso si distingue per la grande eleganza e la sfarzosità delle forme, caratterizzate da ondulazioni ramificate in riccioli e lievi arabeschi floreali, presenti soprattutto nelle decorazioni, nell'arredamento, nella moda e nella produzione di oggetti. Si pone in netto contrasto con la pesantezza e i colori più forti adottati dal precedente periodo barocco. Lo stile tende a riprodurre il sentimento tipico della vita aristocratica libera da preoccupazioni o del romanzo leggero piuttosto che le battaglie eroiche o le figure religiose. A fine secolo il rococò fu a sua volta rimpiazzato dallo stile neoclassico.
Dal barocco al rococò
Dopo l'opulenza del barocco, che aveva prosperato per tutto il XVII secolo annoverando grandi artisti come Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona, all'inizio del XVIII secolo, nasce in Francia lo stile rococò. Esso si sviluppa come una elaborazione estrema di motivi già presenti nel barocco, soprattutto nella decorazione d'interni e nell'arredamento oltre che nei piccoli oggetti di ceramica.
Storia del rococò
Lo stile rococò francese fu inizialmente utilizzato nelle arti decorative e per il design degli interni. La successione al trono di Luigi XV di Francia portò un cambiamento tra gli artisti di corte e in generale nella moda del tempo. Verso la fine del precedente regno, i ricchi motivi tipici del barocco stavano dando già spazio ad elementi più leggeri, con più curve e motivi più naturali. Un primo segno di evoluzione si ebbe sotto la Reggenza di Filippo II di Borbone-Orléans dove le linee morbide e i colori pastello vincono sul rigore e i colori audaci. Un esempio ne è la Galerie Dorée dell'Hôtel de Toulouse a Parigi. Questi elementi erano già evidenti e riscontrabili, ad esempio, nei progetti architettonici di Germain Boffrand e del suo allievo Nicolas Pineau. Durante il regno di Luigi XV la vita di corte si allontanò dal palazzo di Versailles portando il cambiamento artistico nel palazzo reale e poi permettendo il suo diffondersi in tutta l'alta società francese. La delicatezza e la gioia dei motivi rococò sono stati spesso visti come reazione agli eccessi presenti nel regime di Luigi XIV. Opera esemplare ne è il fastoso Hôtel de Soubise di Parigi. Il 1730 rappresentò il periodo di maggior vitalità e sviluppo del Rococò in Francia. Lo stile si sviluppò bene oltre l'architettura e investì anche l'arredamento, la scultura e la pittura. Fra i lavori più esemplificativi vi sono quelli degli artisti Germain Boffrand per l'architettura; Lambert-Sigisbert Adam, par la scultura; e Jean-Antoine Watteau, François Boucher e Jean-Marc Nattier, per la pittura. Il rococò mantenne ancora il sapore tutto barocco delle forme complesse e intricate ma da quel momento iniziò ad integrare diverse e originali caratteristiche quali l'inclusione di temi orientali o composizioni asimmetriche. Lo stile rococò si diffuse soprattutto grazie agli artisti francesi e alle pubblicazioni del tempo. Fu prontamente accolto nelle zone cattoliche della Germania, Boemia e Austria dove venne "fuso" con il barocco tedesco. In particolare nel sud, il rococò tedesco fu applicato con entusiasmo nella costruzione di chiese e palazzi; gli architetti spesso addobbavano i loro interni con "nuvole" di stucco bianco. Tra gli esponenti più importanti del rococò tedesco si possono citare lo scultore ed ebanista Guillielmus de Groff e l'architetto Joseph Greissing. In Italia lo stile tardo Barocco di Francesco Borromini e Guarino Guarini si è evoluto nel Rococò a Torino, Venezia, Napoli ed in Sicilia, mentre in Toscana ed a Roma l'arte rimase ancora fortemente legata al barocco. In Inghilterra il nuovo stile fu considerato come "il gusto francese per l'arte", gli architetti inglesi non seguirono l'esempio dei loro colleghi continentali, ciò nonostante l'argenteria, la porcellana e le sete furono fortemente influenzate dal rococò. Thomas Chippendale trasformò l'aspetto dell'arredamento inglese attraverso lo studio e l'adattamento del nuovo stile. William Hogarth contribuì a creare una teoria sulla bellezza del rococò; senza riferirsi intenzionalmente al nuovo stile, egli affermò nella sua Analisi della bellezza (1753) che le curve a S presenti nel rococò erano la base della bellezza e della grazia presenti in arte e in natura. La fine del rococò inizia intorno al 1760 quando personaggi come Voltaire e Jacques-François Blondel muovono delle critiche alla superficialità e alla degenerazione dell'arte. Blondel, in particolare, si lamentò dell'incredibile miscuglio di conchiglie, dragoni, canne, palme e piante nell'arte contemporanea. Nel 1780 il rococò smette di essere di moda in Francia ed è rimpiazzato dall'ordine e dalla serietà dello stile Neoclassico il cui portabandiera è Jacques-Louis David.Il rococò rimane popolare in provincia e in Italia fino alla seconda fase del Neoclassicismo, il cosiddetto "stile Impero", quando grazie al governo napoleonico è definitivamente spazzato via. Un rinnovato interesse per il rococò si ha tra il 1820 e il 1870. L'Inghilterra è la prima a rivalutare lo "stile Luigi XIV", così come fu erroneamente chiamato all'inizio, e a pagare grosse cifre per comperare gli oggetti rococò di seconda mano che si potevano trovare a Parigi. Ma anche artisti importanti come Delacroix e mecenati quali l'imperatrice francese Eugénie riscoprono il valore della grazia e della leggerezza applicata all'arte e al design.
Il rococò applicato alle arti
I temi leggeri ma intricati del design rococò si addicono meglio agli oggetti di scala ridotta piuttosto che imporsi (così come invece nel barocco) nell'architettura e nella scultura. Non sorprende quindi che il rococò francese fosse usato soprattutto all'interno delle case. Figure di porcellana, argenteria e soprattutto l'arredamento iniziarono ad applicare il rococò quando l'alta società francese cercava di arredare le sue abitazioni nel nuovo stile. Il rococò ama il carattere esotico dell'arte cinese e in Francia si sbizzarrisce nella produzione delle cosiddette Chinoiserie, le cineserie di porcellane e vasellame per la tavola, boiserie, paraventi. In Germania si creano grandiosi padiglioni e pagode nei giardini, come per esempio la bellissima Chinesische Haus del Parco di Sanssouci a Potsdam. Una dinastia di ebanisti parigini, alcuni dei quali nati in Germania, sviluppa uno stile di linee curve e sinuose in tre dimensioni, dove le superfici impiallacciate sono completate da intarsi in materiali preziosi come il bronzo, legni pregiati, tartaruga, marmo, avorio, madreperla. I maggiori autori di questi lavori rispondono ai nomi di Antoine Gaudreau, Charles Cressent, Jean-Pierre Latz, Jean-Françoise Oeben, Jean-Henri Riesener e Bernard II van Risenbergh. Disegnatori francesi come François de Cuvilliérs e Nicolas Pineau esportano lo stile a Monaco di Baviera e a San Pietroburgo, mentre il tedesco Juste-Aurèle Meissonier si trasferisce a Parigi. Il capostipite e precursore del rococò a Parigi è stato però Simon-Philippe Poirier. In Francia lo stile rimase abbastanza sobrio e caratterizzato da un'estrema eleganza e raffinatezza, dato che gli ornamenti, principalmente in legno, furono meno massicci e apparivano come un misto di motivi floreali, scene, maschere grottesche, dipinti e intarsi di pietre dure. In Baviera e in generale nella Germania meridionale, invece, lo stile si fece veramente ricco e ridondante, tanto da creare vere meraviglie. Il rococò inglese tende a essere più moderato, un po' per motivi puritanisti e un po' per quelli economici. Il disegnatore di mobili Thomas Chippendale mantiene le linee curve ma taglia corto con i costosissimi orpelli alla francese. Il maggior esponente del rococò inglese fu, probabilmente, Thomas Johnson, uno scultore e progettista di mobili attivo a Londra alla metà del 1700. In Italia il massimo esponente del rococò nell'arredamento è l'ebanista e intagliatore Pietro Piffetti, attivo a Torino tra terzo decennio del '700 e il 1777. Dal 1731 diviene primo ebanista di Carlo Emanuele III e molta produzione sarà destinata a casa Savoia. La cifra stilistica del Piffetti si esprime, contrariamente allo stile Chippendale, non tanto nelle curve quanto nella ricchezza dell'intaglio, con l'utilizzo di molti materiali anche preziosi (avorio, tartaruga, argento ecc.). Particolarmente suggestiva la Biblioteca realizzata per la Villa della Regina a Torino e ora al Palazzo del Quirinale.Biblioteca Piffetti - Palazzo del Quirinale
Pittura
Sebbene abbia avuto origine puramente nelle arti decorative, il rococò mostrò la sua influenza anche nella pittura. I pittori usarono colori delicati e forme curve, decorando le loro tele con cherubini e miti d'amore. Anche il ritratto fu popolare fra i pittori rococò. I loro panorami erano pastorali e spesso dipingevano i pranzi sull'erba di coppie aristocratiche. Con notevole successo in ambito aristocratico si affermò anche la scena galante, variante aristocratica della scena di genere, rappresentante donne impegnate nella toletta, in boudoirs o in riti edonistici che si fanno simbolo di una visione più smaliziata e mondana dell'arte. Il grande interesse verso un'indagine razionale della realtà trovò espressione nella pittura di vedute (vedutismo). Caratterizzata dalla fedele rappresentazione di luoghi e panorami, la vedutistica presenta finalità documentaristiche, nel rispetto degli indizi ottici ricavati da una diretta visione del reale. Tale genere si afferma soprattutto con il turismo culturale del Grand Tour. Grande successo, nell'ambito vedutistico, ebbe il cosiddetto capriccio. Legato alla dimensione del fantastico, il capriccio ha come oggetto paesaggi di pura invenzione disseminati di rovine classiche in realtà poste in siti differenti. Jean-Antoine Watteau (1684-1721) è considerato il più importante pittore rococò ed ebbe una grande influenza sui suoi successori, inclusi François Boucher (1703-1770) e Jean-Honoré Fragonard (1732-1806), due maestri del tardo periodo. Anche il tocco delicato e la melanconia di Thomas Gainsborough (1727-1788) riflettono lo spirito rococò.
Scultura
La scultura è un'altra area nella quale gli artisti rococò hanno operato. Étienne Maurice Falconet (1716-1791) è considerato uno dei migliori rappresentanti del rococò francese. In generale, questo stile fu espresso meglio attraverso la scultura di porcellana delicata piuttosto che quella di statue marmoree ed imponenti. Falconet stesso era direttore di una famosa fabbrica di porcellana a Sèvres. I temi dell'amore e della gioia furono rappresentati nella scultura, così come la natura e le linee curve e asimmetriche. Lo scultore Edmé Bouchardon (1698-1762) rappresentò Cupido occupato nell'intagliare i suoi dardi d'amore dalla clava di Ercole; questa statua oggi conservata al museo del Louvre rappresenta un simbolo eccellente dello stile rococò. Il semidio è trasformato nel bambino tenero, la clava che fracassa le ossa si trasforma in frecce che colpiscono il cuore, nel momento in cui il marmo è sostituito così liberamente dallo stucco. In questo collegamento si possono menzionare gli scultori francesi Nicolas Coustou, Guillaume Coustou, Robert Le Lorrain, Michel Clodion e Jean-Baptiste Lo stile galante fu l'equivalente del rococò nella storia della musica, così come tra musica barocca e musica classica, e non è facile definire questo concetto con le parole. La musica rococò si sviluppò al di fuori della musica barocca, particolarmente in Francia. Può essere considerata come una musica molto intimistica resa in forme estremamente raffinate. Fra i massimi esponenti di questa corrente si possono citare Jean-Philippe Rameau e Carl Philipp Emanuel Bach.
Il Rococò in Italia
Anche in Italia il Rococò, sull'esempio francese, creò un notevole rinnovamento nel settore delle decorazioni d'interni e nella pittura. Questo avvenne soprattutto nelle regioni del nord (Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto), mentre nell'Italia centrale, forse per l'influenza della Chiesa, lo stile non si sviluppò in maniera sensibile. Fa eccezione la cittadina marchigiana di Jesi che risentì di un certo influsso austriaco grazie alle imprese eroiche della famiglia dei marchesi Pianetti al servizio degli Asburgo nell'Assedio di Vienna contro i Turchi. Altro discorso ancora va fatto per la Sicilia; qui si sviluppò una evoluzione del barocco ma di gusto più spagnoleggiante e molto simile al plateresco. Nel campo della pittura i maggiori interpreti del rococò si possono considerare gli artisti che operano a Venezia; tra di essi le figure più importanti si possono considerare: Giambattista Tiepolo di cui si ricordano Ritratto di Antonio Riccobono, San Rocco e Ercole soffoca Anteo; Canaletto che realizzò opere tra cui: Piazza San Marco, San Cristoforo San Michele e Murano, I cavalli di San Marco sulla piazzetta, Il campo di Rialto a Venezia e Paesaggio fluviale con colonna ed arco di trionfo; Francesco Guardi che dipinse circa ottocentosessanta opere fra le quali si ricordano Miracolo di un santo domenicano, Concerto di dame al Casino dei Filarmonici e La Carità. Nella scuola napoletana le due personalità più rappresentative del periodo sono: Francesco De Mura e Corrado Giaquinto. Il primo, autentico dominatore della scena artistica locale dopo la morte del suo maestro Solimena, fu impegnato in molte chiese e palazzi della città, ma ricevette commissioni anche dai Borbone di Napoli e di Spagna e dai Savoia; mentre il secondo, tra i pittori più acclamati in quel periodo, dipinse opere ed affrescò chiese per i Papi a Roma, per i Savoia a Torino e per i reali di Spagna a Napoli e Madrid, tanto da influenzare anche Antonio González Velázquez ed altri pittori spagnoli. Altri artisti importanti anche se scoperti successivamente sono Giovanni Battista Piazzetta, Sebastiano Ricci. Nel settore della scultura, per la verità assai povero in questo periodo, si distingue Giacomo Serpotta che, soprattutto a Palermo, realizzò opere per diverse chiese della città fra le quali si possono citare gli Oratori di Santa Cita, di San Lorenzo e del Rosario a San Domenico e la Chiesa di San Francesco d'Assisi. Anche alcuni scultori che realizzarono fontane a Roma e nella Reggia di Caserta possono essere considerati ispirati allo stile rococò.
Il Rococò e la Chiesa cattolica
Una visione critica del rococò in contesti ecclesiastici fu sostenuta dall'Enciclopedia cattolica. Per la chiesa, si diceva, lo stile rococò può essere assimilato alla musica profana, contrapposta alla musica sacra. La sua mancanza di semplicità, la sua esteriorità e la frivolezza hanno un effetto che distrae dal raccoglimento e dalla preghiera. La sua mollezza e la grazia non si addicono alla casa di Dio. A questa affermazione si contrappone oggi quella di molti critici, che vede nella raffinata espressione rococò lo stile più vicino alla grazia e alla bellezza del paradiso. Nello sviluppo del rococò, sarà trovata una decorazione compatibile con l'aspetto sacro delle chiese. In ogni caso è molto diverso se lo stile è usato in forma moderata come dai maestri francesi o estremizzato dall'opulenza delle forme degli artisti tedeschi. Gli artisti francesi sembra non abbiano mai considerato la bellezza della composizione l'oggetto principale, mentre i tedeschi fecero dell'imponenza delle linee il loro scopo più importante. Nel caso di grandi oggetti, la scultura rococò può riuscire, ma qualora questa graziosità venga elusa si riscontra una somiglianza con il barocco. Gli elementi fantasiosi di questo stile mal si confanno con le grandi pareti delle chiese. In ogni caso tutto deve essere uniformato alle situazioni locali ed alle circostanze. Fra i materiali usati nello stile rococò figurano il legno intagliato, il ferro e il bronzo usati nella costruzione di balaustre e cancellate. Elemento distintivo è la doratura che rende i freddi materiali metallici più accettabili per l'inserimento in un ambiente non profano.
Anton Van Dyck
https://youtu.be/jZPM9FfKdRk
Pittore, nato ad Anversa il 22 marzo 1599, morto a Londra il 9 dicembre 1641. I suoi genitori, agiati mercanti, lo collocarono nel 1609 come apprendista presso Henri van Baelen, pittore molto meticoloso. Nulla invece di preciso si sa intorno a un suo tirocinio presso Rubens. Molto precoce, egli aveva già a 17 anni un proprio studio e degli allievi. L'11 febbraio 1618, a 19 anni, fu ammesso maestro nella corporazione dei pittori di Anversa; e cominciò allora la sua collaborazione con Rubens. Lasciò Anversa tra il 17 luglio e il 25 novembre 1620. Il 26 febbraio 1621 il re d'Inghilterra gli accordò una pensione annua; due giorni dopo V.D. ottenne un passaporto valido otto mesi, ma non partì subito per l'Italia, ritornò prima ad Anversa e ne partì il 3 ottobre 1621 per l'Italia. Il 20 novembre arrivava a Genova, dove prese stanza presso il pittore fiammingo Corneille de Wael. Viaggiò attraverso l'Italia: nel febbraio 1622 era a Roma, nel settembre a Venezia, alla fine dell'anno passava da Firenze per tornare a Roma; nel 1624 era a Palermo. Dalla fine del 1623 al 1627 risiedette specialmente a Genova, l'8 marzo 1628 era nuovamente ad Anversa. Nel 1632 ripartiva per Londra, dove (5 luglio 1632) il re d'Inghilterra lo nominava pittore aulico. Nel 1634 tornò temporaneamente ad Anversa; nel 1635 risiedeva nuovamente a Londra. Nel 1640 otteneva un passaporto per il Belgio, dove cercò di farsi ammettere come pittore alla corte di Bruxelles. Tornato a Londra nella primavera del 1641, nell'autunno era ad Anversa, andò quindi a Parigi, che lasciò per Londra, dove morì a soli 42 anni. Artista molto vario, nella giovinezza produsse opere piene di slancio, vigorose nel colore, che rivelano una conoscenza profonda del mestiere. Il suo fare si andò allora avvicinando a quello del Rubens: talvolta è solido e accurato, tal'altra brutale con impasti ruvidi e triti (serie dei Busti degli Apostoli, S. Martino a Saventhem, S. Girolamo in diverse redazioni, Susanna e i vecchioni a Monaco, Crocifissione di S. Pietro e Sileno ebbro Bruxelles, Cristo porta la Croce ad Anversa e varî ritratti). La collaborazione col Rubens non fece tuttavia del giovane artista un seguace di questo. Se nelle opere del Rubens, come nella serie della storia di Decio Mure (Gall. Liechtenstein, Vienna), usò lo stile del maestro con straordinaria duttilità, nel proprio studio continuò a lavorare con uno stile personale, evidente nei due S. Giovanni di Berlino, in cui sono già palesi l'eleganza particolare delle forme, i toni bruni, la maniera larga, le pennellate segnanti muscolatura e forme. Il lungo soggiorno in Italia lo volse a un altro fare mentre egli diveniva il ritrattista prediletto dell'alta società. A Genova conobbe i grandi ritratti di carattere decorativo eseguiti dal Rubens circa 15 anni prima. Alla maestà di questi unì l'eleganza e l'ingenuità proprie al suo temperamento (ritratti di Andrea Brignole-Sale, di Geromina Brignole-Sale, di Paola Adorno Brignole-Sale a Genova; di Corneille de Wael ad Anversa, di C. e Luc de Wael a Roma, del Cattaneo e della di lui consorte a Londra. A Roma dipinse i ritratti del cardinale Bentivoglio (Firenze), di Francesco Colonna (Roma), della marchesa Spinola (Berlino), notevoli, oltre che per la larghezza e la delicatezza della presentazione, per la sobrietà coloristica. Il V. D. deve al contatto con la cultura italiana lo sviluppo della dote propria al suo temperamento: il senso della forma elegante. Pure al contatto con la pittura italiana il V.D. poté acquistare quella maniera morbida e quella ritenutezza nell'uso del colore che conferiscono tanta finezza alla sua opera; quanto egli deve all'Italia si riassume un'ultima volta nel quadro di Palermo: Madonna del Rosario, eseguito alla fine del suo soggiorno in Italia. Tornato ad Anversa, la sua arte torna a imborghesirsi. L'eleganza acquisita si nota ancora in numerosi quadri, eseguiti in quella città tra il 1628 e il 1632 (Calvario e Pietà, ad Anversa; Nozze mistiche di S. Caterina, a Vienna; Madonna e Committenti, a Parigi); ma nei numerosi ritratti di borghesi della città mercantile un certo realismo s'infiltra nel senso di nobiltà acquistato in Italia (varî ritratti dello Snyders e della di lui moglie; Maria Luisa di Tassis, Gall. Liechtenstein, Vienna). Le tonalità si arricchiscono e le vibrazioni luminose si fanno più intense e più vive, come in un periodo di rinnovata collaborazione con il Rubens. Il V.D. preparava allora l'edizione dei ritratti incisi di 100 uomini illustri, edizione per la quale fece grandi ritratti o chiaroscurì. Una nuova fase dello stile del V.D. è segnata dal suo stabilirsi nel 1632 alla corte di Londra: sparito il vigore, il pittore si va facendo sempre più elegante, capriccioso, raffinato. Nei suoi ritratti muliebri e anche in quelli virili, le figure hanno un nobile portamento e dal colore sobrio e caldo emana un senso di turbamento e di seduzione. Alcuni dei ritratti fatti a Londra sono opere notevoli, che segnano il più alto grado di perfezione raggiunto allora nel ritratto in pittura (Carlo I a caccia, Parigi; Carlo I a cavallo, Windsor; ritratto dl Maria Antonietta, Windsor; I figli del re, Windsor e Torino; Filippo Warton, già a Pietroburgo, ora a Washington; I conti di Bristol e di Bedford, Althorp-Park; Joh e Bernard Stuart, Londra; L'abate Scoglia, ivi). Wel suo ultimo periodo l'artista sembra abbandonarsi al virtuosismo manuale: si faceva allora aiutare copiosamente, produceva in serie ritratti di dame, di fattura superficiale, se pur sempre idealizzate nella concezionc. Il V. D. è da annoverare tra i maggiori ritrattisti. Alle sue grandi composizioni fanno spesso difetto la profondità e la larghezza dell'intelligenza di un Rubens, difetto che si rileva anche in numerosi suoi ritratti. Ma nessuno seppe meglio di lui conferire ai ritratti tanta eleganza. Egli armonizzò mirabilmente colore e forma; di temperamento sensibile e delicato, risentì vivamente l'influenza dell'ambiente, seppe tradurre l'atmosfera in cui vivevano i suoi modelli.
Bartolomé Esteban Murillo
https://youtu.be/1PZ3O6PDzZ
Pittore, nato a Delft il 31 ottobre 1632, morto ivi il 15 dicembre 1675. É detto Jan Vermeer van Delft per distinguerlo dal suo contemporaneo, il paesista Jan Vermeer, o Van der Meer, da Haarlem (1628-91). Fra il 1652 e il 1654 fu allievo di Carel Fabritius, il geniale scolaro di Rembrandt; ma non può dirsi seguace di colui: forse sollecitato dal maestro, sviluppò nella propria arte quella tendenza alla luminosità, che già è palese nei suoi primi quadri. Accolto maestro nella compagnia dei pittori a Delft (1653), ne fu sindaco negli anni 1662-63 e 1670-71. Sembra che abbia dipinto relativamente poco; e oggi di lui sono noti soltanto 32 quadri. Per la rarità delle sue opere il V. cadde completamente in oblio e soltanto nel 1866 uno studio magistrale di W. Bürger (Thore; poi seguito dalle ricerche dell'Obreen e del Bredius) rivelò il suo genio, la cui fama oggi non cede che a quella di Rembrandt e di Frans Hals. È stato affermato che il campo della sua attività pittorica non fu molto vasto. Ma così non è. Fra le opere, pur così rare, si trovano almeno tre composizioni di figure quasi al naturale: Gesù con le sorelle Marta e Maria (firmato) nella Galleria nazionale della Scozia a Edimburgo; Diana con le ninfe (pure firmato) nella R. Galleria Mauritshuis a L'Aia; La Cortigiana (1656), nella Galleria di Dresda; due ritratti (Budapest e Bruxelles); varie teste muliebri evidentemente dipinte con non altro scopo che la soddisfazione del proprio impulso (la più famosa è la celeberrima Ragazza con la perla al Mauritshuis a L'Aia); due allegorie: la Religione (L'Aia, Mauritshuis), il Pittore e la Fama che gli posa (Vienna, Galleria Gernin); poi la celebre veduta di Delft (L'Aja, Mauritshuis) e il Vicoletto della raccolta Six (ora ad Amsterdam nel museo nazionale). A questo complesso già così vario di soggetti si aggiungono interni con una figura sola (un geografo, una fanciulla) o con due: signora e serva, damigella con il maestro di musica, ecc. Questi personaggi ora sono intere figure in diversi ambienti, ora sono mezze figure, attente alle più varie occupazioni: una signora legge una lettera (Amsterdam e Dresda), apre la finestra (Nuova York) o tocca il clavicembalo (Londra); la cuoca versa il latte (Amsterdam); la fanciulla civetta si mette una collana di perle (Berlino), ecc. Sono quadri di non grandi dimensioni, di fattura qualche volta minutissima, ma nel più dei casi di tocco vibrato, vivo fino al magico, esatto fino all'infallibilità. La più minuscola di queste opere, e pure la più franca, disinvolta e fine di esecuzione, è la celebre Dentelière al Louvre. Sovrana in tutte le composizioni del maestro è la luce, elemento essenziale, animatore, cagione per cui i quadri sono quali sono e che ci spiega perché furono creati appunto così e non diversamente. In molte delle sue opere domina un luminoso giallo che forma un accordo assai sentito con un azzurro ceruleo. Nelle opere del primo gruppo è palese un influsso italiano. Non è sicuro se il Vermeer l'ha subito indirettamente attraverso un maestro come Hendrik Terbrugghen, il quale sotto un certo rispetto, principalmente per la tendenza luministica, pare preannunziarlo, oppure direttamente mediante una conoscenza di qualche composizione di Orazio Gentileschi che aveva lavorato forse in Olanda prima di recarsi a Londra, dove morì nel 1646. Nella tavolozza dei due maestri pare che si riveli una certa affinità. Nell'arte del Vermeer quest'influsso italiano tuttavia non è stato dominante né costante. Intorno al 1658 esso svanisce. Scolaro del V. fu Pieter de Hooch.
https://youtu.be/V8waB8uoY4g
https://youtu.be/a4q3BhkALiA
https://youtu.be/Mm258AvGlyU
Pittore (Venezia 1696 - Madrid 1770). Tra i massimi esponenti del rococò e ultimo grande protagonista della decorazione monumentale in Europa. T. lavorò in Italia e all'estero, lasciando numerose opere, nelle quali, sempre aggiornato sulle ultime tendenze artistiche, mostra una stupefacente capacità di assorbire con naturalezza le intonazioni stilistiche dai più differenti pittori, rielaborandole poi con la propria sensibilità e una tecnica rapida. Grazie a lui la tradizione decorativa veneziana tornò a imporsi sulla scena artistica del suo tempo. Tra le opere più significative dell'evoluzione della sua arte vi sono gli affreschi del palazzo arcivescovile di Udine (1726-30), le tele per la Scuola del Carmine a Venezia (1743), uno dei suoi capolavori, e gli affreschi per la residenza di Carlo Filippo di Greiffenklau a Würzburg (1751-53).Cognato di Francesco Guardi, di cui sposò la sorella, Cecilia, dalla quale ebbe nove figli, e allievo di G. Lazzarini, fu presto attratto dalla pittura contrastata e tenebrosa e dallo stile espressivo e drammatico di G. B. Piazzetta e F. Bencovich (Madonna del Carmelo, 1720 circa, Brera; Martirio di s. Bartolomeo, 1722, Venezia, S. Stae). Con l'esordio di T. nel campo della decorazione e dell'affresco divenne presto evidente il nuovo interesse per l'arte di S. Ricci e il riferimento fondamentale a P. Veronese. Dopo la decorazione della volta della cappella di S. Teresa nella chiesa degli Scalzi a Venezia (1724-25; per alcuni critici 1728-29), che presenta ancora molti punti di convergenza con Piazzetta, con gli affreschi del palazzo arcivescovile di Udine si verificò una vera e propria svolta nell'arte di T.; la decorazione (Storie dell'Antico Testamento), che si estende nella galleria, nella volta dello scalone e nella Sala Rossa, è caratterizzata dall'uso di colori chiari e trasparenti, permeati di luce, e da composizioni spaziali aperte monumentali; la fantasiosa realizzazione scenografica lascia spazio alla resa del reale, come nei dettagli naturalistici dell'episodio di Rachele e Giacobbe. Negli anni successivi la fama di T. si consolidò in Italia e all'estero. Guardando, oltre che a Ricci, a G. A. Pellegrini e L. Giordano, ma soprattutto al classicismo veronesiano, l'artista sviluppò una versione personale del rococò attraverso la ricerca di luminosità atmosferica e di un nuovo rapporto forma/luce/colore, che non mira allo sfaldamento del volume ma piuttosto sottolinea la solidità e il plasticismo della figura umana, anche con l'uso di tinte esaltate dalla luce solare. Nelle sue composizioni, spesso osservate con sottile ironia, coniugò arguzia narrativa e finzione scenica, avvalendosi anche dell'apporto delle quadrature, spesso realizzate dal collaboratore G. Mengozzi Colonna. Al ritorno da Udine (dove aveva eseguito anche affreschi nel duomo) fu a Milano (decorazioni nei palazzi Archinto e Dugnani, 1731), a Bergamo (Cappella Colleoni, 1732-33), a Vicenza (villa Loschi-Zilieri). Accanto ai numerosi dipinti di soggetto profano, a questo periodo risalgono importanti realizzazioni per le istituzioni religiose di Venezia, come gli affreschi per la chiesa dei Gesuati (1737-39) e i dipinti per la chiesa del Carmine e per S. Alvise. Tra i maggiori risultati del sodalizio con Mengozzi Colonna è la decorazione del palazzo Labia (1747-50) con le Storie di Marcantonio e Cleopatra, con una splendida coreografia di architetture aperte sul cielo, popolata da personaggi in costumi contemporanei. Chiamato a Würzburg nel 1750 dal principe vescovo Carlo Filippo di Greiffenklau, realizzò la decorazione della residenza, con l'aiuto dei figli Giandomenico (v.) e Lorenzo (Venezia 1736 - Madrid 1776), attivi nella sua bottega. La decorazione, da molti ritenuta il suo capolavoro assoluto, raggiunge un effetto fastoso nel salone progettato da B. Neumann, ornato di stucchi bianchi e oro, e ancora di più nella volta dello scalone, con la grandiosa rappresentazione dell'Olimpo con le quattro parti del mondo. Tornato a Venezia (1753), T. assolse numerosissime commissioni di ogni genere: del 1757 sono gli affreschi di villa Valmarana presso Vicenza, mentre a Venezia lavorò in Palazzo Ducale (Nettuno offre doni a Venezia, 1748-50), e per nobili famiglie veneziane (affreschi in Ca' Rezzonico, 1758). Nel 1759 eseguì a Udine affreschi nell'oratorio della Purità, e nel duomo di Este la pala con S. Tecla libera Este dalla pestilenza; del 1761-62 è l'Apoteosi della famiglia Pisani nella villa Pisani a Stra, ultima opera eseguita in Italia. Nel 1762 il pittore si trasferì infatti a Madrid per affrescare le sale del nuovo Palazzo Reale (Apoteosi di Enea, Grandezza della monarchia spagnola e Apoteosi della Spagna), eseguite con l'aiuto dei figli tra il 1762 e il 1767. Dopo il compimento del ciclo T. rimase in Spagna; le sette pale d'altare dipinte per il convento di Aranjuez (1767-69; ora divise tra il Prado e il Palazzo Reale di Madrid), dall'intonazione più intimamente patetica, furono però poco dopo sostituite con altrettante tele di A. R. Mengs, segno dell'avvento del nuovo gusto neoclassico. Di notevole importanza è l'opera grafica di T.; di grande interesse i disegni (conservati soprattutto a Londra, Victoria and Albert Museum; Firenze, museo Horne; Stoccarda, Staatsgalerie; Venezia, museo Correr; Trieste, Museo Civico), in rapporto alla sua produzione pittorica, che seguono la sua evoluzione stilistica e ne rivelano la straordinaria fantasia e la vena satirica. Più limitata la produzione incisoria: tra le acqueforti ricordiamo i ventiquattro Scherzi e i dieci Capricci, di data incerta, e vari soggetti religiosi.
Johann Heinrich Füssli
https://youtu.be/Py3mkcZTyz4
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