Esistono però diverse tipologie di lavori digitali che seppur creati per la rete non possono essere definiti opere di net art. Per questo motivo è necessario rintracciare alcuni elementi essenziali che rendono riconoscibile un'opera di Net art. Caratteri di un'opera di net.art sono:
• creati con linguaggio di programmazione e software
• l'intenzione artistica/estetica e di connessione fra più contenuti multimediali;
• l'interattività come elemento essenziale ma non sempre necessario;
• la fruibilità globale -l'accesso ad un'opera di Net.Art deve essere possibile da qualsiasi connessione ad Internet-;
• l'essere open source -modificabile da chiunque (in alcuni casi)
Un noto teorico, Lev Manovich, della net.art dice che è "la materializzazione dei social networks sulla comunicazione su internet". Infatti il gruppo precursore di questo movimento artistico è stato in grado di creare un genere artistico soprattutto attraverso la sua capacità di fare network e di connettere programmatori di tutto il mondo intorno ad una pratica creativa ma anche ironica. La net.art infatti ha giocato molto con la parodia, con l'errore e con la destrutturazione delle pagine web.
Oggi possiamo affermare che il movimento artistico della net.art (come movimento e non come forma artistica) si va spegnendo. Il senso di quel movimento veniva evidenziato dal fatto che solo in quegli anni il Web entrava per la prima volta nell'uso comune di milioni di persone che iniziavano a sperimentare il nuovo medium. Negli anni che vanno dal 94 al 2004 circa infatti si è vissuto un fermento in questo campo che ha prodotto quella che è divenuta una forma di arte.
Si può peraltro affermare che è ambiguo identificare in modo totale il termine "net art" con l'area artistica che ha usato "net.art" come etichetta per le proprie azioni.
Il termine "net art" potrebbe infatti includere al suo interno non soltanto i lavori di "net.art", ma anche una più vasta area di lavori che hanno usato le reti telematiche fin dalla fine degli anni Settanta in senso artistico all'interno di musei e istituzioni del sistema dell'arte ufficiale.
Secondo alcuni può addirittura essere considerata una forma di "net art" la creazione delle stesse prime reti telematiche negli anni Sessanta.
Se poi si estende il concetto di "net art" all'arte del fare network, si possono trovare molte anticipazioni nel Novecento a tale attitudine in campo artistico, non solo di tipo tecnologico, ma prioritariamente di tipo relazionale, comunicative e con una spiccata attitudine critica e controculturale.
Alla radice delle opere di net art, così come di net.art, vi è una fondamentale volontà di sovvertire i paradigmi dell'estetica tradizionale, così come del sistema economico fondato sul concetto di proprietà privata.
In tal senso si può trovare un'analogia tra il significato della cosiddetta " hacker art" e una specifica interpretazione del senso del termine "net art".
Le prime due opere di Net.Art, che possiamo qualificare storiche per la risonanza che esse hanno conosciuto e la loro qualità artistica, estetica e tecnica, sono apparse sul Web nel 1994.
WaxWeb di David Blair
Prima di arrivare a creare l'opera di Net.Art Waxweb, David Blair concepisce un film elettronico, “Wax or the discovery of television among the bees” (1991, 85 minuti), costruito da unità d'informazione collegate tra loro secondo un principio ipertestuale e d'associazione di idee. Dopodiché Blair lo importò sul Web e lo pubblicò in CD ROM. La base di WaxWeb è costituita da 600 nodi e 2000 immagini estratte dal film. Blair invita allora 25 autori di fama mondiale per collaborare e aggiungere testi, elementi narrativi, ecc. Anche il pubblico utilizzatore poteva aggiungere propri elementi. È un'opera evolutiva e di collaborazione nel corso della creazione. A causa dei limiti della tecnologia, WaxWeb fu all'inizio essenzialmente testuale e poi apparirono le immagini i suoni e i video. A seconda che si sia un partecipante attivo o un semplice navigatore WaxWeb si presenta a diversi livelli di complessità. Emerge l'interattività dell'opera, ogni fruitore può decidere e scegliere se vedere il filmato o altri tipi di animazione, fino ad arrivare ad animazioni che scompongono parti del filmato e ce le mostrano tramite il download di un software con la tridimensionalità virtuale.
The File Room di Muntadas è costruito grazie a diversi contributi sulla censura culturale nel mondo suddivisi con quattro criteri: l'epoca (dal quindicesimo secolo ai nostri giorni), il luogo (nei differenti paesi del mondo), i supporti (pittura, scultura, film, letteratura), la natura della censura (religiosa, politica, che riguarda le cosiddette buone maniere, ecc.). La rete è subito considerata un mezzo di democrazia e per la circolazione libera dell'informazione, anche se oggi stanno nascendo nuove forme di censura e di controllo, come ad esempio la legge sull'editoria informativa in Internet da poco emanata in Italia. L'arte in passato ha spesso subito diverse forme di censura, File Room è un'opera di denuncia ed esiste anche sotto forma di installazione nello spazio fisico.
Al principio questa tipologia di arte venne denominata Web Art e con molti altri appellativi, poi nel dicembre del 1995 Vuk Cosic, artista programmatore, ricevette un messaggio inviato via e-mail da un anonimo. La leggenda narra che, a causa dell'incompatibilità del software, il testo aperto fosse incomprensibile e indecifrabile, in linguaggio ASCII (American Standard Code for Information Interchange). L'unico frammento che diede a Cosic la curiosità di decifrarlo fu:
[...] J8~g#|\;Net. Art{-^s1 [...]
Vuk Cosic racconta di essersi sentito estremamente eccitato, la rete stessa aveva dato un nome all'attività nella quale egli era coinvolto. Egli cominciò immediatamente ad utilizzare questo termine. Dopo diversi mesi egli rispedì lo stesso messaggio ad Igor Markovic, che lo decodificò. Il testo appariva come un gradevole ma controverso e vago manifesto nel quale l'autore biasimava le tradizionali istituzioni artistiche e dichiarava libertà dell'espressione di sé e indipendenza per un artista in Internet. La parte del testo che prima abbiamo menzionato convertita diceva così:
«Tutto questo diviene possibile solo con l'emergere della Net.Art...» . Il resto del testo non era di grande interesse ma il termine Net.Art è ancora in uso. Dopo 25 anni la Net.Art è un fenomeno artistico entrato nel circuito internazionale dell'arte.
In realtà la net.art nasce con un gruppo di programmatori che lavorava insieme su internet. Il gruppo era formato da Vuk Cosic, Jodi, Alexei Shulgin, Olia Lialina e Heath Bunting. Questi venivano in parte dalla cultura hacker ed erano ispirati da un sentire comune che diveniva nell'operatività una parodia dei movimenti artistici di avanguardia.
In Italia la Net.Art inizia a diffondersi alla fine degli anni '90, ma molte sono le opere di net art realizzate prima di allora. Tra queste:
• Nel 1970 Pietro Grossi trasmette musica digitale attraverso un collegamento telematico fra la Fondazione Manzù di Rimini e il CNUCE di Pisa, forse il primo "audio streaming" della storia. (Invitato da lannis Xenakis, presenterà un altro concerto telematico tra Pisa e Parigi nel 1974).
• Nel 1983 il prof. Mario Costa di Salerno fonda il gruppo di ricerca sull'"Estetica della comunicazione".
• Nel 1986 alla Biennale di Venezia sono esposti diversi lavori di artisti internazionali che fanno uso delle reti telematiche.
• Nel 1989 l'artista fiorentino Tommaso Tozzi realizza come opera d'arte il virus informatico subliminale "Rebel! Virus" con l'aiuto di Andrea Ricci e ne pubblica il codice all'interno del libro "Opposizioni 80", Amen edizioni, 1991.
• Nel 1990 l'artista fiorentino Tommaso Tozzi realizza la banca dati telematica Hacker Art BBS come opera d'arte e la espone nel 1991 alla mostra Anni 90 alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna, insieme al virus informatico "Rebel! Virus".
• A gennaio del 1995 il gruppo Strano Network organizza al Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato il primo grande evento internazionale che coniuga l'ambito dell'arte (con una mostra di arte digitale e telematica all'interno degli spazi espositivi) con le riflessioni sul tema dei diritti a comunicare attraverso le nuove tecnologie della comunicazione. L'evento dal titolo "Diritto alla comunicazione nello scenario di fine millennio" vede in un giorno la presenza di circa 2.000 persone tra intellettuali, giornalisti, artisti, attivisti, critici, professori, ecc., con circa 70 relatori e la presentazione di una dozzina di network telematici nazionali ed internazionali, tra cui internet.
• Nell'estate del 1995 l'artista fiorentino Tommaso Tozzi idea come opera d'arte il primo " Netstrike" mondiale e lo organizza a dicembre insieme al gruppo Strano Network.
• Nel 1995 il poeta e teorico dell'arte Francesco Saverio Dòdaro fonda e dirige, per Conte Editore (Lecce), la collana "Internet Poetry", prima esperienza italiana di net poetry. La collana era suddivisa in due edizioni; a quella online (pubblicata come iper-testo su www.clio.it/sr/ce/ip/home.html, oggi non più online) faceva seguito una edizione cartacea formato cartolina, spedibile. Il primo titolo pubblicato fu "A tre deserti dall'ombra dell'ultimo sorriso meccanico" di Elio Coriano (1995), Premio Venezia Poesia nel 1996.
• A maggio del 1996 il gruppo Strano Network pubblica con la casa editrice AAA Edizioni il libro "Netstrike, no copyright, etc."
• Nel maggio 1996 a Trieste ha luogo il primo evento internazionale dedicato all'arte in rete: Net Art Per Se organizzata dallo sloveno Vuk Cosic.
• Nel 1997, netOper@: prima opera italiana multimediale e collettiva online. Esperienza multimediale aperta alla partecipazione online di designer, artisti e musicisti nel ruolo di autori ed esecutori. L'opera ha coinvolto in totale più di trenta (net) artisti, in un grande collage contenente file grafici e sonori, inclusi animazioni e pezzi sperimentali di musica interattiva ottenuta attraverso l'immagine, che viene letta come partitura musicale. Sergio Maltagliati compositore, programmatore e artista italiano, attivo nel campo dell'arte digitale e computer music, da una idea di Pietro Grossi, è autore del progetto che si propone di integrare nel suo corpus materiali provenienti dalla Rete in un grande collage sonoro e visuale, con esecuzioni anche on-line.
• Nel 1997, il critico d'arte e giornalista Fortunato Orazio Signorello promuove nella sede dell'Accademia Federiciana (Catania) la mostra "Originalità autonome", dove vengono esposte anche opere di artisti siciliani che fanno uso delle reti telematiche. Il finissage si conclude con un incontro che coinvolge 25 (net) artisti.
• Nel 1999 nasce il gruppo 80/81 con il progetto Island.8081.
• Nel settembre del 2000 si svolge a Bologna il D.I.N.A (digital_is_not_analog) un meeting che vuole far conoscere i principali esponenti della net art. Tra i partecipanti alla prima edizione vi sono Vuk Cosic e RTMark.
• Random, magazine di Exibart comincia a diffondere contenuti e informazioni sulle opere di net.art
• Nel 2001 nasce il gruppo EpidemiC.
• Nel 2001 alla Biennale di Venezia il gruppo EpidemiC insieme agli 1100101110101101.ORG espone un virus informatico: Biennale.py
• nel 2001 NeXtOper@, lavoro incompiuto di Pietro Grossi, collaborativo e interattivo attraverso internet e la rete gsm dei telefoni cellulari, con progetto didattico-educativo che ha coinvolto i ragazzi della scuola media statale Giusti-Gramsci di Monsummano Terme (pt).
• Nel settembre del 2002 ad Ancona viene organizzato BananaRAM a cui partecipano, come artisti: Maciej Wisniewski, Epidemic, 1100101110101101, Limiteazero, Nicola Tosic e Joey Krebs e come curatori: Maria Rita Silvestri e Valentina Tanni (direttore di Random).
Per la prima volta in Italia le opere ideate con software e linguaggi di programmazione vengono esposte come opere d'arte. I progetti esposti davano un panorama degli approcci artistici al Web: dal browser alternativo Netomat di Maciej Wisniewski (già esposto nel 2001 al Whitney Museum di New York), al PYR8FREETV telecast dalle strade di Los Angeles del graffitaro Joey Krebs, per il virus informatico biennale.py di 1100101110101101.ORG, creato per la Biennale d'Arte di Venezia del 2001.Gli epidemiC hanno esposto il programma peer to peer AntiMafia, mentre Nekada l'opera Community Mapping i Limiteazero hanno portato il software Active Metaphore, Thomson & Craighead, dot.store spagnolo Retroyou, e The Church of Software ha presentato la versione beta di SoftAid, un programma di aiuti umanitari sotto forma di file/software. Oggi BananaRAM non promuove più solo la net.art ma tutta l'arte che implica l'utilizzo delle nuove tecnologie, di cui la rete Internet è solo uno dei media.
Art
& Language è una collaborazione di artisti concettuali che ha subito molti
cambiamenti da quando è stata creata alla fine degli anni '60. Il gruppo è
stato fondato da artisti che condividevano il desiderio di combinare idee e
preoccupazioni intellettuali con la creazione artistica. Il primo numero del
giornale del gruppo, Art-Language, fu pubblicato nel novembre del 1969 a
Chipping Norton, in Inghilterra, e ebbe un'influenza importante sull'arte
concettuale negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il
gruppo Art & Language è stato fondato nel 1967 nel Regno Unito da Terry
Atkinson (nato nel 1939), David Bainbridge (nato nel 1941), Michael Baldwin
(nato nel 1945) e Harold Hurrell (nato nel 1940). Questi quattro artisti
iniziarono la loro collaborazione intorno al 1966 mentre erano insegnanti
d'arte a Coventry. Il nome del gruppo derivava dal loro giornale, Art-Language
The Journal of conceptual art, all’inizio creato come una conversazione di
lavoro nel 1966. Il gruppo era critico nei confronti di quelle che all'epoca
erano considerate le pratiche del corrente prevalente dell’arte moderna. Nelle
loro conversazioni di lavoro, hanno creato l'arte concettuale come parte delle
loro discussioni. Tra
il 1968 e il 1982, il gruppo riunì quasi cinquanta persone. Tra i primi a
raggiungere il gruppo c'erano critici e storici dell'arte, Charles Harrison e
l'artista Mel Ramsden. All'inizio degli anni '70 raggiunsero il gruppo persone
come Ian Burn, Michael Corris, Preston Heller, Graham Howard, Joseph Kosuth, Andrew
Menard e Terry Smith. Seguirono due collaboratori di Coventry, Philip
Pilkington e David Rushton. Il relativo grado di anonimato all'interno del
gruppo continua ad avere un significato storico rilevante nella comunità
artistica. A causa dell'incertezza delle liste esatte dei membri, è difficile
sapere non solo chi erano tutti i contributori, ma anche quali fossero i loro
esatti contributi. Il primo numero di Art-Language The Journal of conceptual
art (Volume 1, numero 1, maggio 1969) è sottotitolato The Journal of Conceptual
Art. Con
il secondo numero (Volume 1, Numero 2, febbraio 1970), divenne chiaro che
c'erano opere d'arte concettuali e artisti concettuali che non si riconoscevano
nella rivista. Per capire meglio lo scopo della rivista, il titolo fu
abbandonato. L'Art-Language aveva tuttavia portato alla luce l'inizio di un
nuovo movimento artistico. Fu la prima pubblicazione a identificare un'entità
pubblica chiamata Arte Concettuale. Il giornale è stato il primo del suo genere
a servire gli interessi teorici e conversazionali di una comunità di artisti e
critici, che erano anche i suoi produttori e utenti. Mentre quella comunità era
lontana da un accordo unanime su come definire la natura dell'arte concettuale,
i redattori e la maggior parte dei suoi storici contributori condividevano
opinioni simili su altri movimenti artistici. L'arte concettuale denunciava da
una parte la burocrazia e lo storicismo del modernismo, e dall’altra il
conservatorismo filosofico del minimalismo. La pratica dell'arte concettuale,
specialmente nei suoi primi anni, era basata principalmente sulla teoria e
sulla sua forma, prevalentemente testuale. Con
l'espansione della distribuzione della rivista e delle pratiche di insegnamento
degli editori e degli altri collaboratori, la conversazione è cresciuta fino a
includere un gran numero di persone. In Inghilterra, nel 1971, artisti e
critici tra cui Charles Harrison, Philip Pilkington, David Rushton, Lynn
Lemaster, Sandra Harrison, Graham Howard e Paul Wood raggiunsero il gruppo.
Nello stesso periodo a New York, Michael Corris lo raggiunse, seguito da Paula
Ramsden, Mayo Thompson, Christine Kozlov, Preston Heller, Andrew Menard e
Kathryn Bigelow. Il
nome Art & Language è rimasto fragile a causa delle varie interpretazioni
delle opere d'arte prodotte dal collettivo e dello scopo del gruppo. Il suo
significato, o la sua strumentalità, variava da persona a persona, da discorso
a discorso, da quelli di New York che per esempio hanno prodotto The Fox
(1974-1976), a quelli impegnati in progetti musicali e a quelli che hanno
continuato l’edizione del giornale. I membri non andavano d'accordo e, nel
1976, c'era un crescente senso di divisione che alla fine portò a individualità
in competizione e a preoccupazioni diverse. Durante
gli anni '70, Art & Language ha affrontato questioni sulla produzione
artistica e ha tentato di passare dalle forme convenzionali di arte "non
linguistica", come la pittura e la scultura, a opere più teoricamente
basate sul testo. Il gruppo ha spesso assunto posizioni critiche contro le
opinioni prevalenti di critici come Clement Greenberg e Michael Fried. Il
gruppo Art & Language che ha esposto nel 1972 alla mostra internazionale
della Documenta 5 comprendeva Atkinson, Bainbridge, Baldwin, Hurrell, Pilkington,
Rushton e Joseph Kosuth, editore americano di Art-Language. Il lavoro
consisteva in un sistema di archiviazione di materiale pubblicato e diffuso dai
membri di Art & Language.
VIDEO INSTALLAZIONE
La video installazione è un tipo di arte visiva nata intorno agli anni settanta. Si tratta di un'installazione, quindi di arte non mobile, mediata da uno schermo che ha come sua caratteristica principale il creare e rappresentare, per mezzo di una proiezione video, una realtà altra e artefatta con l'obiettivo di provocare nello spettatore particolari emozioni fruite in un dato contesto. La video-installazione ha come prerogativa quello di rendere sullo schermo la realtà voluta dall'artista. Questa rappresentazione tridimensionale è in continuo mutamento e coinvolge l'utente totalmente, rendendolo protagonista di questa realtà parallela ma soprattutto parte integrante dell'opera stessa. Lo spettatore non è posto di fronte all'opera in maniera distaccata, ma è catapultato e proiettato in essa, come se si trovasse in una realtà parallela.Il pubblico, come anche il luogo della proiezione, sono elementi essenziali dell'installazione. Ciò comporta che il loro variare determini sempre il mutare dell'installazione, a seconda dei luoghi e dei fruitori. Mutano così anche gli esiti dell'opera e le sue possibilità di lettura.
VIDEOARTE
La videoarte – in inglese video art – è un linguaggio artistico basato sulla creazione e riproduzione di immagini in movimento mediante strumentazioni video. Il termine videoarte (coniato dal mercato dell'arte newyorkese) segue cronologicamente la definizione di Nam June Paik (tra i pionieri, assieme ai Vasulka e a Godfrey Reggio, della prima epoca della videoarte), che intitolava una sua personale del 1968 a New York Electronic Art, dando una prima definizione di utilizzo del mezzo video, in particolare in questo caso corrispondente all'uso di televisori. Nel 1958 Wolf Vostell realizzò Das schwarze Zimmer, una installazione che incorporava un televisore e nel 1963 realizzò 6 TV Dé-coll/age una installazione che incorporava 6 televisori nella Smolin Gallery di New York e realizzò il video Sun in your head. Possiamo identificare nella seconda metà degli anni sessanta il momento della nascita della videoarte. Nel 1963 Nam June Paik realizza Exposition of Music-Electronic Television, considerato oggi il primo atto concreto di pratica della videoarte. La svolta decisiva e il riconoscimento ufficiale di questa nuova sperimentazione artistica è comunque nel 1968 con la mostra curata da Pontus Hulten al MOMA di New York The machine as seen at the end of the mechanical age che segna il passaggio dall'epoca della macchina a quella della tecnologia. In questa mostra Nam June Paik utilizza per la prima volta un primitivo videoregistratore e nello stesso anno, dall'altra parte dell'oceano, all'Institute of Contemporary Art di Londra Jasia Reichardt realizza il progetto espositivo Cybernetic serendipity insieme ad un esperto di tecnologia ed uno di musica: i visitatori vengono avvertiti che non avrebbero capito con facilità se le opere erano state realizzate da un artista o da uno scienziato. Il binomio arte e tecnologia è stato incalzante fin dall'inizio, se pensiamo che nel gennaio del 1969, all'Armory di New York, viene organizzata la serie di eventi 9 evenings dal gruppo di artisti Eat – Experiments in art and technology, che ha iniziato a riunirsi già nel 1966.Attualmente lo sviluppo della tecnologia, cui è legata questa forma di espressione, rende particolarmente vivace la produzione nel campo della videoarte, che in modo esteso si avvale di ogni tipo di piattaforma e di supporto disponibile: basti pensare all'utilizzo di schermi al plasma e LCD, di proiezioni sempre più luminose e di supporti digitali, del personal computer, del web, dei minischermi LCD di cui sono muniti gli smartphones, fino alle possibilità date dalle nuove tecnologie HD, con evoluzioni in direzione di una qualità sempre maggiore.La stretta interazione tra arte e scienza/tecnologia ha imposto specifici parametri di fruizione rispetto all'arte tradizionale e riaperto la riflessione sull'incontro tra produzione creativa e processo tecnologico, che Walter Benjamin aveva individuato in L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, del 1936, con riferimento alla fotografia e alla questione dell'originalità delle opere fotografiche prodotte in più esemplari. La problematica è condotta alle estreme conseguenze dalla riproducibilità totale dell'opera digitale, in cui le copie sono identiche all'originale e possono essere modificate.Lontana da un utilizzo passivo del mezzo tecnologico, la videoarte si serve del medium per precise finalità comunicative e non si ferma ad una pura documentazione della realtà. La sua capacità di intervenire sul reale e sulla sua percezione si traduce nella messa in discussione della posizione dello spettatore. Questo avviene in particolare nelle opere interattive. Ne sono un esempio l'installazione Videoplace dei primi anni settanta di Myron Krueger che riproduceva col colore su un monitor i movimenti dello spettatore, e l'intervento a circuito chiuso di Dan Graham che in una sua mostra riprendeva il pubblico e lo mostrava nella sala successiva. In questo caso, soggetto e fruitore corrispondono, come del resto avviene con la Tv, che rimanda alla società le immagini della società stessa. Questo meccanismo autoreferenziale è stato anticipato e sintetizzato perfettamente da Nam June Paik nell'opera del 1974 Tv Buddha in cui una statua della divinità osserva la propria immagine ripresa e trasmessa nella TV che sta di fronte. La videoarte ha, infatti, in più occasioni messo in discussione i meccanismi televisivi che si avvalgono dei medesimi mezzi tecnologici, ma solo in rari casi la videoarte è riuscita a raggiungere, con questo punto di vista critico, la diffusione propria della televisione: è riuscito a farlo ad esempio Jan Dibbets che ha sostituito per alcuni istanti le trasmissioni con l'immagine di un fuoco, di un'intimità domestica che solitamente lo spettatore perde guardando la TV.
Varietà delle forme espressive
La videoarte si articola in molteplici forme espressive, che vanno dalla registrazione di azioni e performance (videoperformance), a strutture complesse multimediali, come:
La videoarte si articola in molteplici forme espressive, che vanno dalla registrazione di azioni e performance (videoperformance), a strutture complesse multimediali, come:
• installazioni, video-installazioni e installazioni interattive
• videoscultura
• videoambienti
• sistemi video che interagiscono in vari modi in tempo reale con la performance
• cortometraggi, e talvolta lungometraggi, d'arte, immagini in movimento, arte digitale
• videopoesia, poesia elettronica
La concomitanza tra l'avvento del video e un clima di attivismo e agitazione sociale assicura al mezzo un inizio esplosivo. Negli anni sessanta, il video mette in discussione l'oggetto artistico ancora più drasticamente di quanto facciano forme d'arte come l'happening o la performance. Un fattore comune di queste esperienze consiste nella cosiddetta "dematerializzazione" dell'oggetto artistico, la possibilità di un'arte fondata sul tempo anziché sullo spazio, presagio delle Avanguardie Storiche (si pensi alla quarta dimensione di Picasso o all'attenzione dei Futuristi per la radio e il cinematografo).
Rapporto ambiguo intrattiene poi la videoarte con la televisione, alla quale è legata dalla medesima tecnologia. "VT is not TV", il videotape non è televisione, si rimarcava negli anni sessanta ma con il tempo i videoartisti cominciano a nutrire la speranza di diffondere le proprie ricerche sul mezzo di comunicazione di massa per eccellenza. Parimenti, le forme televisive entrano nella videoarte attraverso la pratica del Found footage (letteralmente, "pellicola ritrovata"). La ristrutturazione delle immagini televisive crea dei messaggi divertenti e sovversivi, come dimostra l'esempio italiano di Blob. Del film d'artista, invece, la videoarte rappresenta l'erede ideale. La maggiore accessibilità (tecnica ed economica) del video rispetto alla tecnologia cinematografica ha reso quest'ultimo il mezzo privilegiato per la sperimentazione. Una delle caratteristiche fondamentali di questa duttilità è il particolare rapporto del video con la dimensione sonora.
A differenza del cinema, nato muto accompagnato da un'orchestra in carne e ossa, nel video i suoni provengono dalla stessa sorgente, sono entrambi tensioni e frequenze. Particolarità che i primi videoartisti, provenienti in larga parte dal mondo della musica (v. Paik, Vostell, Viola), non hanno mancato di sottolineare nella loro pratica. In Violin Power opera del 1978, ad esempio, Steina Vasulka genera con la sua musica distorsioni nell'immagine trasformando il suo violino «in una macchina per la ri-presa e la trasformazione - emotiva e fisica - della realtà» (Marco Maria Gazzano).
Tra i maggiori pionieri ed esponenti della videoarte internazionale ricordiamo, Nam June Paik, Wolf Vostell, Peter Campus, Bill Viola, Robert Cahen, Gary Hill, Bruce Nauman, Laurie Anderson, Dara Birnbaum, Marina Abramović, Fabrizio Plessi, Vito Acconci. Tra gli artisti più giovani, affermatisi sullo scenario internazionale: Shirin Neshat, Pipilotti Rist. Alcuni videoartisti hanno operato specificamente nella videopoesia, creando opere legate alla dimensione testuale e poetica, tra questi: Laurie Anderson, Gary Hill, Gianni Toti, che negli anni 80 ha coniato il termine "poetronica", Arnaldo Antunes, Caterina Davinio. Altri esempi storici di videoarte italiana: Gianfranco Baruchello, Alberto Grifi, Fabio Mauri, Luca Maria Patella, Sirio Luginbühl, Vincenzo Agnetti, Vettor Pisani, Ketty La Rocca, Giuseppe Chiari, Franco Vaccari, Pier Paolo Calzolari, Maurizio Camerani; e dagli anni Ottanta Studio Azzurro (Milano, installazioni interattive), Mario Canali e Correnti Magnetiche (Milano, arte della realtà virtuale, animazioni), Ernst Pantofalo (Bologna), Giovanotti Mondani Meccanici (Firenze), creatori di installazioni interattive, citati nei saggi sopra riportati. Dalla fine degli anni 90 ad oggi il video si è affermato come medium trasversale e la produzione è molto vasta. Nel variegato panorama italiano ne citiamo alcuni: Francesco Vezzoli, Vanessa Beecroft, Stefano Cagol, Filippo Porcelli, Chiara Passa, Diego Fiori. Altre artisti legati alla videoarte sono Bas Jan Ader, Aldo Tambellini, Matusa Barros, Toshio Matsumoto, Marc Lee, Michel Chion...
Per quanto riguarda i primi sviluppi della videoarte, anche se da molti storici è stato ignorato o dimenticato, in Italia sorsero ben presto importanti centri di produzione, di rilievo internazionale, in cui iniziarono ad operare alcuni di quelli che sono ora riconosciuti come i maggiori esponenti storici della videoarte. In particolare: la Galleria del Cavallino, a Venezia, diretta da Paolo e Gabriella Cardazzo, dal 1972 al 1979 ha prodotto video di artisti che operavano costantemente con la galleria, come Claudio Ambrosini, Guido Sartorelli, Michele Sambin, Luigi Viola, e di altri come Vincenzo Agnetti, Marina Abramovic, Anna Valeria Borsari, Stephen Partridge; il Centro Video Arte di Palazzo dei Diamanti, a Ferrara, diretto da Lola Bonora poi da Carlo Ansaloni, ed attivo dal 1972 al 1994 con finanziamenti pubblici, ove tra gli altri fecero i loro primi video Fabrizio Plessi, Ricci Lucchi e Yanikian, Cristina Kubisch; art/tapes/ 22, a Firenze, operativo tra il 1973 ed il 1976, diretto da Maria Gloria Bicocchi, ove si produssero video di artisti locali come Alberto Moretti, Ketty La Rocca e Maurizio Nannucci ed ove un giovanissimo Bill Viola iniziò a lavorare come tecnico alle riprese. Notevole iportanza ha avuto anche la collezione di videotape di Luciano Giaccari, che tra le sue varie iniziative, nel progetto Televisione come memoria, del 1968, ha documentato in tempo reale le 24 ore di Non stop teather, manifestazione da lui organizzata a Varese.
ARTE FRATTALE
L'arte frattale è creata calcolando funzioni matematiche frattali e trasformando i risultati dei calcoli in immagini, animazioni, musica, o altre forme di espressione artistica. Le immagini frattali sono grafici dei risultati dei calcoli, le animazioni frattali sono sequenze di questi grafici. La musica frattale associa ai risultati dei calcoli dei toni musicali o altri suoni. L'arte frattale è creata solitamente con l'ausilio di un computer, al fine di accelerare il processo di calcolo della funzione frattale. Altra voce è eclettismo frattale dell'artista Fedhan Omar scomparso di recente.I frattali possono essere suddivisi in quattro larghe categorie riguardanti l'arte frattale:
• Quelli per cui l'appartenenza di un punto ad un insieme frattale può essere determinata con l'applicazione iterativa di una semplice funzione. Esempi di questo tipo sono l'insieme di Mandelbrot, il frattale di Lyapunov, e il frattale Burning ship.
• Quelli per cui esiste una regola di sostituzione geometrica. Tra gli esempi ci sono la polvere di Cantor, il triangolo di Sierpiński, la spugna di Menger e la curva di Koch.
• Quelli creati con sistemi di funzioni iterate, in particolare le fiamme frattali.
• Quelli che sono generati da processi stocastici invece che deterministici (Es. paesaggi frattali).
Tutti e quattro i tipi di frattali sono stati utilizzati come base per arte e animazione digitali. A partire dai dettagli bidimensionali dei frattali come l'insieme di Mandelbrot, i frattali hanno trovato applicazione artistica in vari campi quali la produzione di tessuti, la simulazione della crescita delle piante, la generazione di paesaggi.
I frattali sono stati anche usati nel contesto degli algoritmi evolutivi del progetto Electric Sheep. I partecipanti ad esso utilizzano come salvaschermo i frattali ottenuti col calcolo distribuito, votando quelli che preferiscono. In questo modo, il server riduce i tratti indesiderabili e aumenta quelli desiderabili, producendo infine un'opera artistica.
I due più famosi programmi per la creazione di immagini frattali sono probabilmente Ultra Fractal e Apophysis. Quest'ultimo è un generatore di fiamme frattali, il precedente un programma di uso più generale. Durante gli anni novanta, Fractint è stato il software più famoso per la creazione di frattali da PC. Altri due programmi sono Sterling e il più recente Fracty.
La musica frattale è in grado di produrre suoni naturali e delicate melodie più realistici rispetto agli approcci convenzionali. FractMus è un software freeware per la generazione di musica frattale.
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