venerdì 12 gennaio 2024

Corso di Architettura contemporanea: Lezione 16/16 NEOM THE MUKAAB NEW MURABBA SINDALAH OXAGON TROJENA THE LINE

NEOM

https://youtu.be/z2Fy4e-ZUb8?si=h2-1MYM_e9IeC0kJ






 THE MUKAAB

https://youtu.be/Dj2jErpwQQk?si=FEFjDEkaSOGcHKzS






NEW MURABBA

https://youtu.be/bRh_oy6yItI?si=RFxK_hG4VaTOCp-0




SINDALAH


https://youtu.be/waraq6ejbGw?si=S2mTXEBFY0dIXn7C





OXAGON

https://youtu.be/gDNFFiGySFU?si=BTiGHUY5JxxUO0dZ





TROJENA

https://youtu.be/BwJTc7BTvCE?si=JL85-aazvYwMzfsy






THE LINE


https://youtu.be/asoKD90kd1s?si=wza139EbLSw9v-BJ
















Corso di Architettura contemporanea: Lezione 15 IL MUSEO GUGGENHEIM A BILBAO



https://youtu.be/8mFRAu3k4qg

Gli anni novanta sono caratterizzati da una serie di edifici destinati a fare epoca.

Nel 1997 Gehry inaugura a Bilbao il museo Guggenheim, un edificio prepotentemente egocentrico. La scelta e’ vincente al di sopra di ogni previsione: delle 500.000 presenze annue previste ne totalizzerà il triplo. Settimanali di moda, costume e attualità di ogni parte del globo, dedicano alla struttura un numero di servizi mai concesso prima ad alcuna opera di architettura. Anche le riviste specializzate decretano il successo: Bilbao è un capolavoro che segna il secolo, in grado di competere con il Guggenheim di New York di Wright.

Anche il dissenso e’ contenuto: Eisenman ne critica l’eccessiva spettacolarizzazione, Moneo vede un’estetica della frammentazione, solo l'antropologo basco Zulaika e’ molto critico, parla di imperialismo culturale della società delle immagini e dello spettacolo, di un'impostura all'ombra del mondo delle merci.

Hanno tutti ragione e tutti torto. Le contraddizioni e le innovazioni a Bilbao infatti non mancano. Ma il saldo e’ certamente positivo.

E’ vero che il direttore della Fondazione Guggenheim, Krenz, ha proposto un museo in franchising, come i fast food della Mc Donald. Ma che altro poteva fare? Il marchio Guggenheim vale da solo un sacco di visitatori, cioe’ quattrini sonanti.

La Municipalità di Bilbao con quest’opera ha evitato la decadenza finanziaria e produttiva della citta’. Certo ha scelto di farlo con un museo in grado di catalizzare beni immateriali, pubblicità e flussi culturali, anziché creare posti di lavoro nell'industria. Ma la bussola economica dell’economia postindustriale segna questa direzione.

L’edificio non e’ un edificio classicamente inteso. E’ una grande scultura, irripetibile, composta da migliaia di componenti, ognuno diverso dall'altro, che Gehry ha realizzato attraverso l'uso di strumentazioni elettroniche che, dai plastici di studio, passano ai disegni esecutivi ed infine alle macchine che, automaticamente realizzano i componenti dell'edificio. Il computer ha reso intelligibili e costruibili le nuvole, le onde e le montagne. Certamente le maestranze edilizie locali, con le loro tecnologie classiche, semplici, seriali e standardizzate non sarebbero state in grado di realizzarlo. Certamente cio’ e’ destabilizzante, perché getta una inquietante ombra di obsoleto su in un universo edilizio poco propenso all’innovazione, esemplificando perfettamente il passaggio epocale dal meccanico all'elettronico, dalla civiltà industriale a quella postindustriale.

Ci sono anche perplessità sulla qualità della collezione d’arte contenuta. Ma anche in cio’ Bilbao segna un nuovo punto di non ritorno: e’ specialmente l’edificio museale ad attrarre il pubblico, simbolo di una rinascita dell'architettura e del modo di fare expo. La grandiosità dell’opera porta i detrattori a gridare allo scandalo economico. Bilbao e’ un monumento allo spreco. Ma, fatti i conti, si scopre esattamente il contrario. In linea con i preventivi di spesa, è costato 120 milioni di dollari. Il prezzo per metro quadrato e’ il più basso della maggior pare degli altri musei recentemente edificati. C’e’ poi chi critica l’arbitrarietà della scelta formale. Ma anche questo attacco non regge. Bilbao è il frutto di una razionalità puntuale, in cui ogni decisione è stata valutata in relazione al contesto esterno, alla struttura formale dell'edificio, alla scelta dei materiali, al controllo dimensionale: il Puente de la Salve valorizzato, il fiume Nervion reso protagonista con la scelta delle squame di titanio (metafora del pesce o della nave) ed i riflessi delle superfici metalliche sull'acqua, la torre alta 60 metri per essere un richiamo visibile, un polo e un segnale urbano, la pietra adoperata per le superfici squadrate, che richiama quella degli antichi edifici circostanti, le vetrate luminose per mediare gli attacchi dei volumi realizzate con un livello di finitura ineccepibile, che valorizza le scelte formali. Lo schema distributivo interno ha come fulcro un atrio centrale, alto 50 metri (l'atrio del Guggenheim di New York è alto “solo” 35 metri), a cui si accede “scendendo e non salendo” antiretoricamente le scale. Da esso partono 19 gallerie di tre diverse tipologie espositive: sale classiche, di forma tradizionale per la collezione permanente; spazi poco convenzionali per lavori commissionati ad hoc agli artisti; un gigantesco loft per le esposizioni temporanee.

Era molto tempo che non si vedeva realizzato un edificio di cosi’ sconvolgente novità e se ne resta stupefatti: Bilbao insomma e’ un capolavoro e come tale sfugge a molti criteri consolidati di critica. La fortuna turistica ed economica della cittadina basca sta ora nel suo museo.

 11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1

  

Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.

12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog  “Homo ludens” (
https://nonmirompereitabu.blogspot.com/). L’opera completa si compone di 3 volumi.



13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 3
. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/) L’opera completa si compone di 3 volumi.

Corso di Architettura contemporanea: Lezione 14 IL MUSEO EBRAICO DI BERLINO





https://youtu.be/XjG_hEsPziw

Nel 1999 Libeskind inaugura a Berlino lo Jewish Museum, il museo ebraico. L'impressione che suscita l’opera e’ notevolissima. Folle enormi lo visitano e, come già era successo a Bilbao, ancora una volta l’edifico e’ ritenuto più importante degli oggetti esposti. Il carattere di novità della proposta e’ certamente assai alto, ma soprattutto e’ in antitesi rispetto alle scelte culturali berlinesi fino all’epoca effettuate, che miravano alla salvaguardia del tessuto storico urbano e delle tipologie edilizie tradizionali, affidando la realizzazione ad architetti postmodernisti o classicisti quali Ungers, Rossi, Gregotti, Krier, Grassi e Stirling.. Gehry si reca a Berlino ed esclama “Libeskind conosce veramente l'arte di costruire lo spazio”.. Tra l’altro “l’inesperto” professionista, che fino allora ha progettato moltissimo, ma ha al suo attivo solo poche opere realizzate, puo’ vantarsi di aver chiuso il difficile Jewish Museum con uno scarto di appena il 4% rispetto al budget prefissato. Libeskind usa un approccio decostruttivista: geometrie disarticolate, spazi frammentati, dettagli stridenti, materiali di produzione industriale. L’edificio, altamente retorico, si basa su direttrici che rievocano, non sempre in maniera evidente, temi, simboli, geografie e vicissitudini della comunità ebraica berlinese, prima dello sterminio nazista. Prevale il motivo di una linea a zig zag, quella degli ambienti espositivi intersecata da una linea rettilinea, un taglio longitudinale che scava la serpentina, creando alcune corti interne impraticabili che rappresentano, simbolicamente, lo spazio vuoto lasciato dall’Olocausto. Accanto sorge una struttura cava in cemento, la Torre dell’Olocausto, e un giardino artificiale, l’Hoffmann Garden, composto da 49 prismi inclinati in cemento, al cui interno sono rinchiusi altrettanti alberi. Il Jewish Museum appare come un edificio-fortezza entro cui si sviluppano percorsi continui, privi di soste, senza pausa, senza meta, cunicoli, quasi labirinti, spazi-corridoio per le esposizioni. Lo spazio è metafora dell'incedere del popolo ebraico. La "raum", cioè la stanza, il luogo dello stare e dell'esserci di Heidegger, non esiste più. Ha ceduto il posto al "mauer", cioè al muro, che delimita un percorso, una traiettoria, una condizione di nomadismo. Da un museo contenitore ad un museo itinerario metafora di una diaspora senza fine.

11 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 1

  

Vi racconto la Storia dell’Architettura 1 raccoglie in maniera divulgativa e narrativa le lezioni tenute nel corso di molti anni d’insegnamento superiore ed universitario e pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

12 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 2


 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 2. In questo secondo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione prebellica ed interbellica pubblicate nel blog  
HOMO LUDENS
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)
L’opera completa si compone di 3 volumi.

13 VI RACCONTO LA STORIA DELL'ARCHITETTURA 3

 
Vi racconto la Storia dell’Architettura 3. In questo terzo volume sono raccolte le biografie e le opere degli architetti della generazione postbellica pubblicate nel blog HOMO LUDENS 
(https://nonmirompereitabu.blogspot.com/)

 L’opera completa si compone di 3 volumi.